Vi spiego che significa lo yuan nel paniere Fmi
L'analisi dell'economista ed ex ministro Paolo Savona
Il 2015 si chiude con una storica decisione monetaria: lo
yuan-renminbi, la moneta del popolo cinese, entra nel canestro delle
monete “perfettamente convertibili” che concorrono a determinare il
valore della “moneta immaginaria” moderna, i diritti speciali di
prelievo del Fondo monetario internazionale (gli Sdr nell’acronimo
inglese). La moneta non coniata, o immaginaria, fu inventata da Carlo Magno
che verso la fine del VII secolo pose fine al disordine monetario del
tempo indicando che una libra d’argento (434,16 grammi) fosse pari a 240
monete, senza che la libra fosse mai stata creata, né lo sarebbe stata.
Gli Sdr sono la nuova moneta immaginaria il cui valore è dato dalla
media dei cambi del dollaro Usa, dell’euro, dello yen giapponese e della
sterlina inglese, alle quali si aggiunge oggi il renminbi, ponderata
per il peso delle rispettive economie.
La condizione per partecipare al canestro delle principali monete
prevista dallo Statuto del Fondo monetario internazionale è che la
valuta sia perfettamente convertibile nelle altre principali monete.
Questa non è la condizione del renminbi, la cui accettazione è pertanto
una finzione che contrasta con lo Statuto del Fmi; a questa accusa la
direttrice Christine Lagarde ha risposto affermando che
la Cina ha raggiunto un ruolo importante nei movimenti di capitali
globali e nel commercio mondiale, quindi, era giusto che la sua moneta
facesse parte del paniere di calcolo degli Sdr. Non credo sia questa la
ratio perché l’accordo di Bretton Woods aveva previsto che i movimenti
di capitale dovessero essere controllati per conciliarli con i cambi
fissi e piena convertibilità tra monete (una volta in oro, ma dal 1971
solo tra di loro), proteggendo l’indipendenza della politica monetaria.
La Cina ha un regime monetario internazionale in linea con lo spirito di
Bretton Woods, anzi essa è molto più vicina a esso di quanto non lo sia
gli Stati Uniti. Il problema è quindi la convertibilità imperfetta, un
test al quale le autorità cinesi devono ottemperare, ben sapendo che
nelle relazioni internazionali gli accordi si rispettano se convengono e
si violano se accade l’opposto. Gli Stati Uniti, infatti, nel 1971,
hanno violato l’Accordo di Bretton Woods sulla convertibilità del
dollaro in oro e i cambi fissi.
Ciò premesso, il membri del Fmi hanno fatto bene a includere il
renminbi tra le monete di calcolo del valore degli Sdr, ma essi devono
provvedere a vigilare seriamente sul rispetto della convertibilità che
la Cina promette di praticare, perché con la loro decisione hanno creato
un altro grave pericolo per la stabilità finanziaria del mondo. Infatti
si deve ritenere che sul mercato internazionale ci sarà un afflusso
significativo di titoli denominati nella moneta cinese, sul cui
collocamento le finanziarie globali faranno grandi guadagni, ma li
collocheranno nel portafoglio dei risparmiatori senza questi abbiano una
garanzia formale che essi saranno rimborsati alla scadenza in una
valuta convertibile in dollari o altra valuta del canestro. È un rischio
che non va sottovalutato, ma che non ha oggi un centro di controllo.
La scelta fatta pone quindi un’altra pietra tombale sulle tradizioni
monetarie del mondo. Ormai non siamo più governati da leggi – e anche lo
Statuto del Fondo lo è – ma da uomini, i quali decidono quella che
secondo loro è l’interpretazione delle norme, mentre ciò che di fatto
praticano è il loro superamento.
Si usa il termine realpolitik, non a caso circolato in tedesco, ma di
fatto è la fine dello Stato di diritto, soprattutto internazionale, che
invero non è mai stato tale, né sembra possa diventarlo, perché come
diceva il nostro Giolitti, la legge per gli amici si interpreta e per i
nemici si applica. È evidente che i cinesi sono ormai diventati nostri
amici, cosa che non può se non far piacere, ma occorre porre molta
attenzione sullo scivolamento verso forme che hanno poco di democrazia e
molto di mercato governato dalle autorità, ossia un mercato non
competitivo dove qualcuno fa il prezzo e decide cambio e convertibilità
della propria moneta. Nei primi assegnat emessi dopo la Rivoluzione
francese vi erano due icone: sulla sinistra in alto, la libertà con in
mano la legge e, sulla destra, sempre in alto, il re che la osserva.
Come noto prevalse la decisione di decapitare il re, negando uno dei
fondamenti del sistema delle libertà, quello del diritto alla vita, e la
legge non è più frutto della libertà, ma del combinato effetto del
potere pubblico e del grande capitale, in gran parte finanziario. Non si
sente una voce che ricorda questo fondamentale principio di civiltà.
Con la politica monetaria stiamo conducendo in tutto il mondo
sperimentazioni ardite, una volta temute per l’inflazione che esse
avrebbero dovuto causare, un’interpretazione olistica (cioè con una
parte si ritiene di spiegare il tutto) che ha sempre fatto comodo alle
banche centrali per ottenere e mantenere l’indipendenza dalla
democrazia; oggi invece la moneta è considerata lo strumento con cui si
permette all’economia di uscire dalla crisi produttiva, altro infondato
olismo. Le banche centrali stanno muovendosi verso un futuro incognito,
potenzialmente disastroso, dopo aver raccolto il testimone della corsa
iniziata dalla finanza innovativa, chiamando “non convenzionali” le loro
scelte di creazione monetaria in eccesso rispetto ai bisogni della
produzione e del commercio, mentre esse sono solo la vecchia forma
Caccomodante; questa politica fa credere che chi ha moneta, come chi ha
altre forme finanziarie, possiede ricchezza come chi ha beni produttivi o
reali, mentre dietro ognuna attività finanziaria vi è una passività di
cui qualcuno dovrà pur rispondere, mentre la ricchezza reale è un
rapporto che si esaurisce nel binomio “uomo-proprietà”. Si rischia così
una brutta crisi. L’Europa si è mossa per prima emanando una direttiva
secondo cui anche i depositi bancari di minore importo possono non
essere rimborsati in caso di crisi della banca che li detiene, peggio
per il risparmiatore che non è stato attento alla gestione della banca
dove detiene la sua moneta. I funzionari responsabili, non di rado ben
pagati, se ne lavano le mani. Ritengo che, a queste condizioni, il
sistema dei pagamenti debba passare nelle mani dello Stato, dato anche
che esso si avvia a divenire interamente elettronico, distinguendo la
domanda di moneta da quella di attività finanziarie.
Un mondo composto da persone responsabili è un mondo libero per
definizione. Nella seconda parte del XX secolo i popoli civili hanno
deciso di darsi garanzie collettive, chiamandole welfare. Si è
certamente esagerato e si va provvedendo a riportare in equilibrio l’uso
delle risorse tra settore pubblico e privato, ma una crisi di mercato
gonfio di moneta e titoli di credito a causa della maggiore creazione di
base monetaria da parte di tutti i paesi le cui monete sono nel paniere
degli Sdr – quella che oggi viene chiamata da alcuni quantitative
easing, ma è praticata da tutti – snatura la funzione tradizionale delle
banche centrali, ivi inclusa quella peculiare del Fmi, e carica il
sistema di rischi senza avere un’idea di come affrontarli se dovessero
approfondirsi in intensità. Questo sbocco venne chiamato da Keynes
“eutanasia del risparmiatore”, ma trovava giustificazione sul piano
etico nella dimostrazione che il sacrificio del rendimento, non del
valore capitale, richiesto ai piccoli risparmiatori servisse per
superare le difficoltà produttive e occupazionali; aveva cioè uno scopo
vantaggioso per tutti, che oggi una politica di mera immissione
monetaria non possiede, perché impone un sacrificio senza contropartita.
Si sostiene che il Qe degli Stati Uniti ha ben funzionato e, quindi,
anche quello europeo e giapponese, oltre quello cinese, dovrebbero
operare dando gli stessi vantaggi. La realtà è che gli Stati Uniti e la
Cina hanno immesso direttamente nella domanda aggregata la base
monetaria di nuova creazione, mentre l’Eurosistema non lo ha fatto e ha
mirato soprattutto a stabilizzare i debiti sovrani dell’Euroarea e a
dare ossigeno alle borse valori, sperando che la ripresa produttiva
seguisse; però, ancor prima di verificare l’efficacia dell’intervento,
si è vantata dei risultati raggiunti soprattutto a seguito della
svalutazione dell’euro che ha stimolato le esportazioni aumentando la
crescita reale di poche decine di punto, dato la domanda estera non pesa
più di un quarto/quinto del Pil totale.
La Cina, che va attraversando un periodo delicato di crescita
economica e di squilibri monetari e finanziari entra nel club di coloro
che non sanno quale sarà il futuro delle attività finanziarie che esse
hanno contribuito e continueranno a creare. La scelta di accettare il
renminbi nel canestro delle valute che concorrono a formare il valore
degli Sdr non è, come è stato scritto, simbolico, almeno secondo l’uso
fatto di questo termine. Lo è come attestazione del fatto che la
globalizzazione richiede che tutti abbiano le mani sul tavolo. Il
rapporto tra la ricchezza finanziaria e quella reale è sproporzionato.
Ciò è dovuto al fatto che gli Statuti monetari vengono violati un pò da
per tutto e il mondo non è più governato da leggi, ma da uomini che
decidono di interpretarle senza modificarle. Un solo sbocco di questa
situazione appare chiaro: l’agnello sacrificale sarà il piccolo
risparmiatore, senza che un dio fermi la mano delle autorità. Non è una
grande novità, ma è giusto almeno ricordarlo.
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