Gli alleati supportano la difesa aerea turca
Gli Alleati hanno infatti reso nota l’impegno di rafforzare, entro poche settimane, la difesa aerea turca sul confine con la Siria e l’Iraq, punto nevralgico per la sicurezza nazionale della Turchia e il confine meridionale della NATO.
Il supporto militare dovrebbe prevedere l’invio di aerei da ricognizione tedeschi e britannicii, unità navali tedesche e danesi a supporto della flotta della NATO nel Mediterraneo orientale, e di ulteriori batterie missilistiche Patriot, che dovrebbero aggiungersi all’unica schierata dalla Spagna presso Adana ,nel sud-est della Turchia, a seguito del ritiro in questi giorni delle quattro restanti che gli Stati Uniti e la Germania avevano dispiegato nel gennaio del 2013.
Al momento, tuttavia, e fino alla sua definitiva formalizzazione, questa decisione resta una sonora dichiarazione di intenti atta a “rassicurare” la Turchia sulle future violazioni del suo spazio aereo e, in misura molto minore, su un’eventuale minaccia balistica proveniente dal confine con la Siria, definito dagli Alleati “fortemente instabile”.
A fronte delle cinque batterie di sistemi missilistici superficie-aria che erano state posizionate a sud della Turchia da oltre due anni (su espressa richiesta del Governo di Ankara), la sola batteria spagnola sarebbe del tutto insufficiente a un rafforzamento della difesa aerea turca.
In questo senso, lo stesso abbattimento del bombardiere russo potrebbe aver rappresentato un ulteriore ed estremo pretesto per rafforzare le proprie richieste, dimostrando la consistenza della minaccia e la capacità di essere capace di intercettare gli aerei stranieri impegnati in operazioni militari in Siria. Del resto, se per ipotesi il bombardiere russo avesse effettivamente violato lo spazio aereo turco, non sarebbe un caso isolato.
In proposito sembra che le massicce operazioni aeree che la Russia ha condotto a novembre contro lo Stato islamico (IS) e gli altri movimenti anti-Assad si siano concentrate in gran parte nella regione siriana limitrofa al confine con la Turchia, colpendo numerose postazioni dell’opposizione turcomanna, popolazione turcofona con una forza stimata di 5/9 mila combattenti con forti legami etnico-storici con Ankara. Questo porta a ritenere che l’abbattimento dl velivolo russo possa essere vista come un tentativo di provocare il diretto coinvolgimento dell’Alleanza Atlantica nella crisi siriana, senza però sortire alcun effetto.
Una simile ipotesi sembra essere confermata, in particolare, non solo dalla proposta dei giorni scorsi a Podgorica di entrare a far parte dell’Alleanza ma anche dal contestuale annuncio che, entro dicembre, gli Stati Uniti trasferiranno il proprio equipaggiamento militare (70 unità militari tra cui carrarmati, veicoli da combattimento per la fanteria e artiglieria) in Romania e Bulgaria, all’interno dell’operazione “Atlantic Resolve” a cui partecipano anche i Paesi baltici e la Polonia, allo scopo di favorire le esercitazioni congiunte e migliorare la capacità operativa degli Alleati
L’allargamento della NATO a Est è definito dal Cremlino come una delle principali minacce alla propria sicurezza nazionale, come tracciato dalla nuova dottrina militare russa, e l’incremento della quantità di mezzi e personale militare nelle basi di Novo Selo (Bulgaria) e di Michail Kolganiceanu (Romania) non fa che intaccare direttamente gli interessi strategici russi in Europa Orientale a favore di un atlantismo, che riflette sempre più l’influenza statunitense.
In proposito, alcuni Paesi NATO, tra cui l’Olanda e la Germania (interessata a garantire le sue esigenze logistico-militari soddisfatte dal progetto russo-ucraino Ruslan Salis, di cui resta uno dei maggiori clienti) si sono detti aperti a riattivare la cooperazione militare con Mosca tramite il regolare funzionamento del Consiglio NATO-Russia, fermo dal giugno del 2014. In uno scenario globale dove cresce la minaccia terroristica, lo scambio reciproco di informazioni non farebbe che ridurre i rischi.
È bene ricordare infatti, che il documento fondativo dei rapporti tra Mosca e la NATO (1997) resta ancora del tutto valido, e afferma che le parti non si considerano nemiche, differentemente dalla posizione di Washington dei confronti di Mosca e di quest’ultima nei confronti della NATO.
Di fronte al crescente prestigio russo e allo spettro di una nuova coalizione anti-IS, in grado di avvicinare Mosca a Parigi e di porsi in concorrenza con quella guidata da Washington, il recente allargamento della NATO a Est e la scelta americana di dispiegare i propri mezzi in Bulgaria e Romania, sembrano mosse deliberate per innalzare la tensione con Mosca.
In maniera lenta ma percettibile, sembra profilarsi un nuovo scontro di interessi tra la Russia e gli Stati Uniti, che potrebbe essere comodamente camuffato dietro al riaccendersi delle tensioni tra l’Alleanza e Mosca, proprio ora che quest’ultima era pronta a ricostruire la cooperazione tecnico-militare all’interno del Consiglio NATO-Russia.
Foto AFP, AP, Aeronautica Russa e Stato Islamico
Nessun commento:
Posta un commento