la polemica non è un male, è solo una forma di confronto crudo sincero, diciamo tutto quello che pensiamo fuori dai denti, e vediamo se riusciamo a far venir fuori le capacità di cui siamo portatori e spenderle per il Bene Comune.
Produrre, organizzare, trovare soluzioni,
impegnarci a far rete, razionalizzare e mettere in comune, attingere alle nostre risorse. CUI PRODEST?
Pensa cchiu' a chi o' dicè ca' a chello ca' dice
L'albero della storia è sempre verde
L'albero della storia è sempre verde
"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"
Democrazia inaridita e nessuna politica sull'immigrazione
di Vincenzo Pacifici
In questa situazione di caos, appaiono articoli, che
consentono e riflessioni a più larga e soprattutto profonda prospettiva.
Il primo, di
Michele Ainis, guarda ad un problema, che viene da lontano e che negli ultimi
anni si è ingigantito, senza provocare le preoccupazioni e gli allarmi invece
necessari. E’ il problema dell’astensione, “fenomeno” di cui “non sembra
preoccuparsi nessuno, spesso commettendo un errore”. “Qualche dichiarazione
preoccupata, qualche pensoso monito quando si chiudono le urne, ma tre ore dopo
i partiti sono già impegnati nella conta degli sconfitti e dei vincenti”. I
partiti, senza distinzione alcuna, pensano, si preoccupano e guardano alla
ripartizione delle poltrone e all’articolazione dei seggi. “E’ un errore –
osserva fondatamente Ainis – perché qualsiasi maggioranza rappresenta ormai una
minoranza” e perché “se l’onda diventa una marea, significa che esprime un
sentimento d’indifferenza, migliore dei casi, d’avversione, nel peggiore”.
Ormai il rifiuto è trasversale ed i partiti non sanno, non vogliono e non
possono cercare antidoti e contromisure. Non si vota più a sinistra per i dubbi
e le perplessità crescenti sull’operato dell’esecutivo, non si esprimono più
gli elettori moderati stanchi delle incertezze e delle lotte personalistiche di
Berlusconi, rifuggono dalle urne gli ex sostenitori di Alleanza Nazionale,
annoiati ed infastiditi dall’inconcludenza degli eredi.
Ainis avanza una
proposta, a suo stesso avviso forse bislacca, quella del dimezzamento dei seggi
in caso di frequenza al 50%. Esistono altri avvisi ma è indispensabile capire
che in questa crescente e dilagante percentuale di astensionismo, a patire
essenzialmente è la democrazia “perché il non voto ne sta essiccando le radici”.
Ma si vede all’orizzonte qualcuno che sia consapevole dell’inaridimento della
democrazia? Si sente qualche confessione di errore?
Ostellino smaschera
dal canto suo “la confusione e la mancanza di idee nelle quali si dibatte la
nostra politica dell’immigrazione che un
giorno sostiene una cosa e il giorno dopo l’opposto”. Il nodo è rappresentato
dall’incapacità di sfuggire “gli interessi corporativi a utilizzare gli
immigrati come manodopera a basso prezzo imposti dalle organizzazioni
cattoliche e da quelle di una sinistra affarista”. Finalmente con Ostellino
risuona quella denunzia esplicita e puntuale che le opposizioni non sanno o non
vogliono esprimere: “Renzi privilegi gli interessi corporativi, di parte, che
sono, poi, i suoi e quelli del suo partito, rispetto a quelli nazionali e
generali. Abbiamo un governo che l’opposto di ciò che si aspetta da lui secondo
la definizione classica di politica e di Stato”. Ostellino aggiunge che l’ex
sindaco di Firenze fa , al governo. I fatti suoi e quelli del suo partito […]
Non fa gli interessi del Paese, un po’ perché non li sa fare, molto perché non
gli conviene. Ha distrutto il Partito democratico, per diventarne segretario,
sta distruggendo in Paese dopo esserne diventato presidente del Consiglio e
restarci a lungo. E’ la conseguenza della crisi culturale, prima che politica,
nella quale è piombato il Paese”. Peccato che di ciò non si rendano conto le
forze, che dovrebbero operare per un capovolgimento, in nome di ideali e di
propositi antitetici e non davvero complementari a quelli di Renzi e dei
suoi cerchi magici.
Io ancora dubito che si arriverà al
default della Grecia, in troppi hanno da rimetterci e non solo i cittadini
ellenici. D'altronde manca poco: questo weekend la pantomima, chiamarla
tragedia mi pare offensivo verso i maestri della Grecia classica, dovrebbe
finire. Ciò che non finirà mai, a meno che non si arrivi a una ridiscussione
dell'Ue stessa, e l'egemonia tedesca sul Continente. E non parlo solo dei
surplus illegali che la Germania colleziona da ormai sei anni, non parlo dei
veti di Berlino su tutto ciò che va contro i suoi interessi e nemmeno del fatto
che, a differenza nostra, i tedeschi tutti d'un pezzo si sono fatti pagare da
noi cicale il salvataggio delle loro Landesbanken e non conteggiano la Cassa
depositi e prestiti nel computo del debito pubblico. No, parlo di altro e di
peggio. Parlo del fatto che la Bundesbank sta volontariamente sabotando il Qe
della Bce, facendo correre rischi inenarrabili a tutti i partner europei e ai
mercati.
Guadate il grafico a fondo pagina, ci
mostra come la svendita di Bund occorsa nelle scorse settimane sembrasse - a
una prima visione - niente più che uno squeeze temporaneo, con la posizione più
ampia del mercato - ovvero proprio il trade della Bce attraverso il programma
di stimolo - terminata sotto pressione dopo un dato del primo trimestre
dell'economia Usa (quello pubblicato il 29 aprile) più debole del
previsto.
Peccato che a occhio e croce, le cose
non stiano così e che non siano le dinamiche di fornitura dei bond e l'errata
comunicazione della Bce ai mercati a dover essere chiamate in causa per quella
scelta, ma il fatto che la Bundesbank abbia cominciato a comprare di meno, in
termine di scadenza delle obbligazioni, abbassando la maturity della carta e
quindi potenzialmente minando la credibilità stessa del Qe attraverso
l'indebolimento del canale di bilanciamento del portafoglio. Insomma, se
all'inizio di maggio la tesi era quella di un mercato spiazzato dal -0,7% del
Pil Usa, visto che operava sul presupposto base di una crescita statunitense
più forte e quindi quasi costretto a reagire vendendo Bund e mandando al rialzo
il cross euro/dollaro (caso strano, il 29 aprile anche il Dax a Francoforte ha
patito pesanti perdite), da allora qualcos'altro è entrato nelle dinamiche. A
partire dall'atteggiamento della Bce stessa e dei suoi membri.
Il 18 maggio, infatti, il solito Benoit
Coeure, membro del board, parlò della rapidità degli scostamenti del rendimento
del Bund come qualcosa di "preoccupante", citando questi movimenti
come un altro esempio di estrema volatilità nei capital markets globali. Il 3
giugno, invece, Mario Draghi in persona parlando al termine della riunione del
board, inviò ai mercati il messaggio opposto: ovvero, «una lezione che dobbiamo
imparare è quella di abituarci a periodi di alta volatilità». E una settimana
dopo, chi parlò? Ancora Benoit Coeure, il quale cambiava completamente
prospettiva, dichiarando il 10 giugno che «la Bce non intende contrastare la
volatilità del Bund nel breve termine».
Confusione totale, ma con una finalità
comprensibile, in fondo, visto che uno degli obiettivi non ufficiali ma
potenzialmente perseguibili del Qe della Bce è proprio quello di rendere i beni
rifugio europei più cari, al fine di spingere gli investitori verso asset più
rischiosi come le equities o l'Europa periferica.
Peccato che questa ambivalenza abbia inviato ai mercati il
segnale opposto, tanto più che il Qe della Bce è iniziato solo da tre mesi e
gli investitori ancora non hanno una strategia precisa nel front-run: ragione
per la quale, nonostante il miglioramento di alcuni dato macro Usa (come vendite
al dettaglio e occupazione), il cross euro/dollaro sia rimasto al rialzo. Ora
guardate il grafico a fondo pagina, il quale ci dimostra che attorno al Bund
c'è qualcosa di più di errori di comunicazione o dinamiche di offerta sul
mercato. Qualcosa che, se proseguito e portato allo scoperto sui mercati, può
minare la credibilità stessa (quella residua) del Qe firmato Eurotower.
La Bundesbank, infatti, come tutte le
Banche centrali è chiamata a comprare un quantitativo di propri titoli di Stato
al mese nel quadro del Qe: peccato che la stessa Buba abbia ridotto la media
ponderata sulla scadenza dei suoi acquisti di Bund, scendendo da 8,1 anni di
marzo ai 5,7 anni di maggio, in netto contrastato con il resto dell'Eurosistema
che preso nella sua interezza ha una media di 8 anni circa. Quindi, non è che
la Bundesbank non compri abbastanza, il denaro lo spende (visto che in maggio i
suoi acquisti sono cresciuti), ma è come lo spende che conta: basta guardare il
secondo grafico per capire quale sia il nodo del problema, semplicemente
prendendo in esame i dati pubblicati mensilmente dalla Bce riguardo gli
acquisti nell'eurosistema.
Vedete che se gli acquisti nostri e
della Spagna hanno una scadenza media che supera lo stock di debito in
circolazione, quelli della Bundesbank sono andati al ribasso sulle scadenze
dall'inizio del programma. Se infatti i rendimenti dell'Europa core salgono e
diventano più volatili, il portafoglio di acquisti della Bce ha effetti molto
indeboliti. In parole povere, la Buba starebbe focalizzandosi su bond con
scadenze ravvicinate, di fatto buttando via soldi perché comprare quella carta
costa di più, trattandosi di coupon cosiddetti "high cash", rispetto
a quelli a lunga scadenza e i detentori di bond che li hanno chiedono ovviamente
di più.
Insomma, a che gioco sta giocando la
Bundesbank e quindi la Germania? Tanto più che con il default della Grecia
sempre più probabile, i Bund a lunga scadenza potrebbero diventare ancora più
cari quando la Buba dovrà intervenire sul mercato per comprarli e dimostrare al
mondo che il contagio del "Grexit" non c'è. Qualcuno sta scherzando
con il fuoco ed è bene sapere che non si tratta solo di Alexis Tsipras. In
compenso, alla Bce quando vogliono sanno essere estremamente diretti e precisi
nella comunicazione.
Che ne dite di queste parole?
«Nell'area euro in prospettiva, saranno necessari interventi di risanamento
aggiuntivi per ricondurre l'elevato rapporto tra debito pubblico e Pil su un
percorso discendente sostenibile. Vi sono rischi connessi all'inversione delle
riforme pensionistiche adottate, come lasciano intendere le recenti discussioni
avviate in alcuni Paesi (vago riferimento all'Italia?, ndr)». Lo ha
sottolineato la Bce nel suo bollettino mensile, pubblicato ieri, nel quale gli
esperti dell'Eurotower hanno lasciato sostanzialmente invariate le stime di
crescita dell'Eurozona: le proiezioni macroeconomiche per l'area dell'euro
formulate a giugno prevedono una crescita annua del Pil in termini reali pari
all'1,5% nel 2015, all'1,9% nel 2016 e al 2% nel 2017. Cosa fumino a
Francoforte non lo so ma dev'essere roba forte. Scherzi a parte, il Consiglio
direttivo «ritiene che i rischi per le prospettive dell'attività economica, pur
rimanendo orientati verso il basso, siano divenuti più bilanciati grazie alle
proprie decisioni di politica monetaria e agli andamenti dei corsi petroliferi
e dei tassi di cambio». Per quanto, però? Sia dollaro che petrolio, attenzione,
non resteranno l'uno sopravvalutato e l'altro sottovalutato ancora per molto,
fidatevi.
Poi, la bordata, diretta, secca, non
interpretabile. Per la Bce, «tuttavia alcuni fattori continuano a frenare la
ripresa dell'attività complessiva. L'indebitamento del settore pubblico è
aumentato ancora, benché a un ritmo più lento, e dovrebbe mantenersi su livelli
elevati in alcuni Paesi. Gli andamenti nei mercati del lavoro, seppur in generale
miglioramento, rimarranno condizionati da elevati tassi di disoccupazione
strutturale, specie in alcuni Paesi particolarmente colpiti dalla crisi.
Entrambi questi fattori dovrebbero contribuire a mantenere le pressioni al
rialzo sul risparmio a scopo precauzionale da parte delle famiglie. La lenta
attuazione delle riforme strutturali continua a gravare sulla crescita in
diversi Paesi».
Prepariamoci, perché se l'estate sarà
calda, l'autunno si prospetta addirittura rovente. E la Bce, questa volta, non
ha commesso errori di comunicazione. Ce lo ha detto chiaro e tondo. E temo che
Matteo Renzi sia già pronto a dire signorsì e a mettere mano al sistema
pensionistico, con coté di manovra correttiva.
“Quello del Papa è il più radicale messaggio anticapitalistico. Ed è
anche un attacco alla politica diventata serva del mercato e ai politici
diventati maggiordomi della finanza”. L’analisi del filosofo Diego Fusaro non lascia spazio alle interpretazioni. Nella conversazione con Intelligonews
spiega perché sta col Papa scagliandosi contro i “laicisti che lottando
contro Dio e la religione, lavorano per il capitale”. Non manca una
sottolineatura sul cattolico Renzi…
Il Papa che dice no a logiche di mercato, sì all’uso sociale dei beni, cosa rappresenta per l’uomo della strada?
«Significa
che è la più radicale presa di posizione oggi esistente contro il mondo
della finanza e del capitale. Significa quello che anche io dico da
tempo e cioè il fatto che nel tempo che viene dopo la fine dei
comunismi, il messaggio del Papa e della Chiesa resta l’unico vero
messaggio antagonista di tipo anticapitalistico. Quindi, nel fronte
unico della lotta contro il capitale, il Papa e il Cristianesimo sono
con noi, sono preziosi alleati di questo fronte comune che deve
costituirsi e che deve rimettere al centro l’uomo contro le cose, il
valore contro il prezzo, la dignità umana contro la merce».
Come valuta il j’accuse alla finanza nel passaggio dedicato alle banche salvate coi soldi del popolo?
«Lo
condivido al cento per cento e cioè il fatto che oggi siamo al cospetto
di uno strapotere della finanza, degli apparati bancari che addirittura
vengono salvati con i soldi pubblici. La politica diventa una semplice
serva dell’economia e i politici diventano i maggiordomi della finanza.
Contro tutta questa follia, occorre ripartire dal messaggio di Tommaso
d’Aquino, non meno che da quello di Marx».
L’attacco
del Papa alla finanza è netto anche quando dice che la logica del
profitto soffoca l’economia reale. Qual è la sua valutazione?
«Certamente
è un attacco politico e dirò di più: è il più radicale attacco politico
che si registri oggi nel panorama politico in cui destra e sinistra
sono ugualmente serve del mercato e della finanza. Il Papa è l’unica
voce che ancora sappia contrapporsi a tutto questo. Che lo sappiano
oppure no, i laicisti che io chiamo ‘l’armata Brancaleone dei laicisti’,
lottando contro Dio e la religione lavorano per il capitale che deve
esso stesso distruggere la religione e il Cristianesimo per imporre il
monoteismo del mercato».
Dall’analisi dell’Enciclica che Papa viene fuori? Francesco è un rivoluzionario, un peronista… sicuramente non è liberale.
«Direi
che questo è un Papa secondamente non liberale che è in grado di
presentare un ideale alternativo rispetto a quello neoliberista che oggi
vuole presentarsi come il solo possibile. E se è vero che occorre
valorizzare tutte le resistenze al capitale, io personalmente ritengo
che Papa Francesco oggi debba essere massimamente appoggiato. Sono gli
stessi rapporti di forza a dircelo: occorrerebbe chiedersi perché la
Chiesa e il Cristianesimo oggi sono tanto invisi alla finanza e al
mercato».
E’ anche un duro monito ai politici e ai governi. Come lo prenderà il cattolico Renzi?
«Per
ora quella del Papa appare una voce del tutto inascoltata nell’ambito
della politica. Renzi tra Cristo e la finanza non vi è dubbio che sta
con la finanza».
Si parla di controllo a distanza dei lavoratori, perché con il Jobs act
le aziende potranno verificare personal computer, mail e cellulari
senza intese preventive. Tutto questo non rappresenta altro che un nuovo
tassello, e non certamente l’ultimo, di un puzzle che ci sta portando a
vivere sempre più come nel Grande Fratello, una grande casa nella quale
perdere la naturalezza del proprio agire, continuamente minati nella privacy da parte di chi vuole utilizzare dati sensibili che ci riguardano a proprio uso e consumo.
Il timore deriva da uno dei 4 decreti legislativi in attuazione del Jobs act, il quale andrebbe a modificare l’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori
nel punto in cui vieta l’uso di apparecchiature per controllare a
distanza i dipendenti. In poche parole, queste apparecchiature potranno
essere installate anche senza un accordo con i sindacati, e i dati
utilizzati potranno essere utilizzati per fini disciplinari.
Si tratta di dati che le aziende già possiedono, la differenza
consiste in un utilizzo più vasto di questi dati, infatti serviranno non
solo a dimostrare la sottrazione di un bene, ma tutto quello che verrà
svolto nell’arco della giornata lavorativa. L’azienda sarà in ogni caso
vincolata da due punti: deve informare il lavoratore sulle informazioni
in suo possesso, senza che queste ledano la sua privacy.
In tempi nei quali la corruzione dilaga inarrestabile, certamente
grazie ad una politica avida e sempre più aliena a questa umanità, i più
vessati sono sempre i lavoratori, sempre più spolpati nel loro potere
d’acquisto, continuamente erosi nella loro dignità. Siamo alle prese con
una crisi senza precedenti e a pagare sono sempre i soliti noti, visto
che bisogna salvare le banche perché ci prosciughino sino al midollo, e
le imprese perché possano prosciugarci a loro volta per poi buttarci via
quando non serviamo più.
Si parla di modernizzazione dello Statuto dei lavoratori,
ma non sarebbe il caso di geolocalizzare e controllare chi ruba
veramente a scapito della povera gente che non sa come arrivare alla
fine del mese? Non quelli no, anzi vengono premiati e riciclaclati,
d’altra parte sono messi lì apposta, e visto che svolgono molto bene la
loro opera meritoria, vengono continuamente foraggiati. Qualche volta
vengono condannati, ma prima o poi, in un grado di giudizio o in un
altro, si riapproprieranno della loro verginità senza che nulla sia
successo… per loro.
Poi si parla di cyber security, ma io vorrei parlare
di umanità senza la quale corriamo il serio rischio di mettere a
repentaglio la nostra vera natura. L’umanità viene trattata alla stregua
di un gregge da mungere e nulla più, continuamente resa schiava e
anestetizzata da chi teme il suo risveglio che, prima o poi accadrà,
perché possiede un’anima che non può essere soppiantata, anche se
l’ignoranza e l’avidità rappresentano aspetti molto pericolosi su cui
fanno leva forze che di umano hanno ben poco. Svegliamoci gente, questi esseri sono peggio dei pitoni,
i quali non sono velenosi, ma ti stringono sempre più, e ogni volta
l’abbraccio diviene sempre più pressante perché istintivamente ci si
contrae per poter respirare un po’ meglio, per poi essere vittime di un
grado maggiore di stritolamento. Svegliamoci gente, non facciamoci stritolare,
cerchiamo di conservare la nostra umanità, insieme ce la possiamo fare,
perché è questo che temono, altrimenti non si darebbero tanto da fare
per instupidirci e dividerci, rendendo sempre più difficile il contatto
con l’anima.
Fonte: articolo di Rita Querzé pubblicato sul Corriere della Sera il 18 Giugno 2015
Gasdotto Tap: Michele Emiliano, no al “tubo sotto il sedere della gente”
Il presidente della Regione Puglia si esprime contro l'approdo a Melendugno
“La spiaggia di San Foca è talmente bella che l’idea
che qualcuno possa stendersi sull’asciugamano con il tubo sotto il
sedere scatena la rabbia della gente”. Michele Emiliano, presidente
della Regione Puglia, ha detto questo per esprimere la sua contrarietà
all’approdo del gasdotto Tap a Melendugno. Si faccia, magari, più in
prossimità di siti industriali, se proprio dev’essere.
“Ma
quale enciclica marxista, piuttosto i liberisti si dovrebbero pentire
per i disastri che hanno combinato”. Così il prestigioso economista Giulio Sapelli, nel commentare ad IntelligoNews l’enciclica “Laudato si” che resta “in linea con la dottrina sociale della Chiesa”.
Molti commentatori parlano di un’enciclica modello Al Gore soprattutto sul Climate change, lei che ne pensa?
“La
trovo in linea con la teologia e, sinceramente, non è un'enciclica che
aggiunge molto su quello che hanno già detto i padri della Chiesa
sull’argomento. Quindi da questo punto di vista è un po’deludente.
Tuttavia Francesco ha fatto benissimo a sottolineare tre problematiche
principali; quella dell’acqua, della perdita della biodiversità e il
deterioramento della qualità della vita. La vera novità di questa
enciclica è che non afferma che manca il cibo, questo ne produciamo
anche troppo, ma che vi sono troppo persone in povertà che non possono
permetterselo. Il degrado sociale e la povertà sono al centro del testo
del Papa, mentre al cambiamento climatico è dedicato solo un breve
passaggio. Chi parla tanto di clima evidentemente non l’ha letta”
Sui temi economici colpisce il passaggio in cui si criticano le logiche di mercato si invita all’uso sociale dei beni…
“Fa
benissimo ed è in continuità con uno dei più grandi Papi dell’ultimo
secolo, ovvero con Benedetto XVI e la sua Caritas in veritatis, anzi non
aggiunge nulla rispetto alla grande enciclica di Ratzinger che faceva
un duro attacco alla finanza speculativa. D’altra parte è noto a tutti
il valore del no profit. Gli ospedali ebraici sono tutti no profit e
funzionano benissimo”.
E quando dice che il popolo ha pagato il salvataggio delle banche che effetto le fa?
“Con
l’attacco alle banche non fa che dire la verità, in Italia abbiamo
trasformato il debito delle banche in debito sovrano e abbiamo distrutto
il sistema delle banche popolari(quell'imbecille di Renzi, martelun)che erano le uniche più vicine alle
reali necessità del popolo”.
Secondo alcuni analisti questo è Papa marxista…
“Ma
non diciamo stupidaggini, ma cosa c'entra il cattolicesimo sociale con
il marxismo che è un’ideologia atea. Quello che dice Francesco è
un'evoluzione in linea con la dottrina sociale della chiesa. Chi dice
che questo Pontefice è marxista non ha mai letto un libro, Dio ce ne
scampi viviamo in mezzo agli zulu! I liberisti hanno condotto il mondo
alla catastrofe, si dovrebbero pentire ma non lo faranno mai perché non
credono, sono atei”.
Cdp, il premier caccia Bassanini E scoppia subito un'altra grana
Il
premier costringe il presidente di Cassa depositi e prestiti a
dimettersi per diventare suo consulente per la banda larga. Peccato che
l'ex ministro sia presidente di Metroweb, uno degli operatori
Franco
Bassanini lascia la presidenza di Cassa depositi e prestiti; al suo
posto arriva il merchant banker Claudio Costamagna, candidato di Palazzo
Chigi.
Tutto secondo le previsioni, quindi. O quasi. Per il momento,
ad esempio, resta al suo posto l'amministratore delegato Giovanni Gorno
Tempini, espressione del ministero del Tesoro. Ma il suo mandato è
comunque alla fine e sta trattando la parte economica. La sua poltrona -
a meno di sorprese - sembra comunque essere destinata a Fabio Gallia,
attuale ad di Bnl.
La vera sorpresa, arrivata via comunicato
ufficiale di Matteo Renzi, è che Bassanini diventerà consulente di
Palazzo Chigi per le questioni che riguardano la banda larga. «Gli ho
prospettato l'intenzione di continuare ad utilizzare le sue competenze e
la sua esperienza al servizio del Paese per altri incarichi». Sarà
«consigliere speciale» e predisporrà «analisi e soluzioni su specifici
problemi, continuando a dare il suo contributo sul piano banda
ultralarga». Ma Bassanini resterà anche alla guida di Metroweb.
«Lavorerò sui dossier che di volta in volta Renzi mi affiderà,
contribuirò al Piano Banda Ultralarga come Presidente Metroweb», ha
twittato.
Più che una contropartita personale il governo ha
concesso a Bassanini un riconoscimento ufficiale di quanto fatto. Una
non sconfessione nella gestione della partita più importante tra quelle
avviate dalla Cassa, cioè la creazione della rete in fibra ottica per la
trasmissione dei dati. Piano sul quale governo e Cdp non sono sempre
stati dalla stessa parte.
Sulla fibra ottica le carte del governo
sono copertissime. Vero che a Palazzo Chigi arriva un'altra voce a
favore di Metroweb. E che Bassanini conserva la carica nella Spa
milanese. Però, spiegavano fonti governative, non è detto che le cose
volgano a sfavore di Telecom Italia, concorrente di Metroweb su questo
progetto. Così il governo pensa di evitare le inevitabili accuse di un
conflitto di interesse. Il timone è in mano a Renzi. L'ennesima nomina
ultra renziana, insomma, rafforza l'influenza del premier Pd e costringe
i protagonisti delle Tlc a fare riferimento al premier.
L'intesa
governo-fondazioni bancarie (azionisti di minoranza della Cdp) non è
completamente chiusa. Palazzo Chigi e lo stesso Bassanini hanno scelto
di accelerare la prima comunicazione ufficiale sul caso per frenare le
tante indiscrezioni uscite in questi giorni. Ma i contatti tra le parti
vanno avanti.
Renzi per il momento vuole mettere mano alla
governance della Cassa. Una cassaforte che raccoglie la gran parte del
risparmio nazionale che vuole trasformare in uno strumento di politica
industriale. «Le riforme strutturali - ha spiegato Renzi - l'attrazione
degli investimenti e una politica di bilancio basata sul taglio delle
tasse sul lavoro stanno riportando il Paese alla crescita(?!?!, Martelun). In questo
contesto il rafforzamento del ruolo di Cdp risulta ancora più cruciale.
Ho parlato col presidente Bassanini dell'esigenza - avvertita dal
governo e dalle Fondazioni - che tale processo sia accompagnato da una
riflessione» sulla governance.
Il cambio di testimone alla Cassa è
il risultato di un accordo tra il governo e le fondazioni bancarie,
alle quali, per statuto, spetta la nomina del presidente. A comunicare
il cambio di passo delle Casse di risparmio - dopo le chiusure del
congresso dell'Acri di mercoledì scorso - è stato Renzi: «Si sono
dichiarate disponibili a una designazione concordata» di Claudio
Costamagna alla presidenza di Cdp. Una «intesa volta a garantire la
massima efficienza operativa, stabilità patrimoniale e adeguata
redditività», spiega il presidente del Consiglio. Come dire, il
dividendo per gli azionisti di Cdp sarà confermato. Ma d'ora in poi
decido io.
“Per definizione il debito aumenta,
bisogna vedere se l’aumento è maggiore o minore del Pil nominale”, ha
detto il ministro dell’Economia, parlando in un Forum con Il Mattino di
una “disinformazione” che lo manda “ogni volta in escandescenze”
Con tutto il rispetto per la persona, in realtà di noioso in questo Paese, ci sono solo le chiacchiere del ministro Padoan.
L’abbiamo scritto più volte… alcuni
economisti scelgono, per ragioni non economiche e non scientifiche, un
orientamento politico e una serie di alleati politici, e girano e
regolano le loro ipotesi fino a giungere alle conclusioni che meglio si
adattano al loro orientamento e che possono compiacere gli
alleati…(BradDeLong)
La sintesi è che in due mesi il nostro
debito pubblico è esploso di quasi 25 miliardi, buona parte grazie alla
gentile collaborazioni delle pubbliche amministrazioni centrali.
La realtà invece ve la spiega con un semplice grafico Paolo Cardenà nel suo blog…
La sintesi è che l’aumento del Pil nominale negli ultimi sette anni è stato di soli 8 miliardi! Il debito …lasciamo perdere
Grazie a Mario Seminerio inoltre…
Dal dato Istat scopriamo che
il Pil espresso a prezzi correnti è cresciuto nel primo trimestre 2015
dello 0,3% rispetto allo stesso trimestre del 2014. Per contro,
dai dati di Bankitalia apprendiamo che il debito delle amministrazioni
pubbliche a marzo 2015 era pari a 2.184.492 milioni di euro, mentre a
marzo 2014 era pari a 2.119.471 milioni di euro (qui, tavola 4 pagina 9). Con un complesso algoritmo, ciò significa che in un anno lo stock di debito è aumentato del 3,07%.
Quindi: il Pil corrente è cresciuto nell’ultimo anno dello 0,3%, mentre lo stock di debito è aumentato del 3%,
dieci volte tanto in percentuale. Con un’ardita inferenza, possiamo
quindi segnalare al ministro Padoan che le sue escandescenze,
ineccepibili sul piano metodologico, sono purtroppo rese non
giustificabili dalla realtà dei numeri. Ahinoi. Sperando che la tendenza
si inverta presto. Phastidio
No, non ci siamo, non possono essere così stupidi, sono semplicemente disperati non sanno più cosa dire, cosa raccontare.
Non solo, abbiamo un altro campione
nostrano, una sorta di economista editorialista che ogni giorno sul
corriere racconta un sacco di balle, smascherato persino da Martin Wolf,
sul Financial Times e da un economista irlandese Whelan, come ci
raccontano gli amici di Vocidallestero Il FT delude nuovamente: Francesco Giavazzi sulla Grecia
Grexit o quarto reich? Quali prospettive per l'Europa
La prossima uscita della Grecia dalla moneta unica è la
fine del sogno europeo o la realizzazione del sogno teutonico?
Grexit o quarto reich? Prospettive per l'Europa
La rata da pagare
Come ci si aspettava da tempo, la Grecia ha dichiarato che non avrà denaro sufficiente per pagare la rata del finanziamento concesso dal FMI. Che fare quindi? Allontanare i debitori dalla valuta comune o assecondarli ancora una volta? Ed in che modo?
Possibilità 1: Grecia in Europa
La prima possibilità, quella richiesta dal Governo di Tsipras,
chiede che il debito venga spalmato su un orizzonte temporale più lungo,
in modo da abbassare sia le rate da pagare e permettere all'economia
Greca di riprendersi gradatamente. Tuttavia la poca credibilità dei
governanti greci ha portato a far perdere di valore tale ipotesi, troppe
parole, poche fatti dicono da Francoforte e allora si fa largo la
seconda ipotesi, ossia l'uscita della Grecia dall'Euro.
In realtà è da tempo che ci si prepara. Se la Grecia uscisse e non
pagasse il suo debito pubblico e chi ne subirebbe le conseguenze sono le
banche tedesche, inglesi e francesi che hanno acquistato titoli del
debito pubblico negli anni scorsi. E' per questo che negli ultimi anni
gli istituti finanziari hanno ben pensato di rafforzare la loro
posizione patrimoniale a scapito dei prestiti alle famiglie. Con
l'accordo di Basilea 3 i Governatori delle banche
Centrali e i capi delle autorità di vigilanza del G20 hanno aumentato
gli standard di liquidità e di patrimonio e hanno introdotto misure
anticicliche in modo da mettere da parte un gruzzoletto in caso di forti
crisi, per non fare la fine della Lehman Brothers, lo spauracchio di
tutti i banchieri.
Ecco quindi che oggi che la struttura finanziaria nordeuropea non è
più minacciabile da Atene, che eventualmente può cercare aiuto a Mosca,
che da secoli cerca un alleato con sbocco sul Mediterraneo. Ma allora,
se si lascia andare chi ha sbagliato e ha bisogno di un aiuto per salire
sulla barca dell'Euro, che senso ha l'Europa? Pare invece che quando ci
sia bisogno di un sostegno comune per affrontare assieme un problema,
ognuno fugge e nessuno si accolla alcun onere. Se l'Europa anela a
diventare uno Stato unico, com'era nelle intenzioni dei padri fondatori
della CEE, perché parte del debito pubblico greco non viene spalmato su
tutte le economie Europee sulla base della capacità di sopportarne il
fardello? Se l'Oklahoma è in deficit viene espulsa dagli Stati Uniti
d'Europa? Se vogliamo andare verso gli Stati Uniti d'Europa, perché oggi
i Paesi Europei si rifiutano di accogliere i migranti che arrivano sulle coste Siciliane?
L'Europa di ieri e di oggi.
L'Europa appare oggi divisa nei secoli passati e ieri come oggi i
territori sono terreno di conquista del più forte. Un tempo si
combatteva con le armi, oggi si combatte con l'economia. A breve uscirà
la Grecia, poi a chi toccherà? Varoufakis ha già fatto una previsione,
toccherà al paese al di là dello Ionio, all'Italia. I dati
macroeconomici ci sono tutti, alto debito, crescita inesistente,
problemi cronici irrisolti. E poi? Poi l'Europa non esisterà più. Potrà
esserci spazio per un'unione mediterranea che escluda la Germania e ne
limiti la calvinistica pretesa di essere guida dell'intero continente,
potrà esserci spazio per nuovi accordi con la Russia o addirittura con
la Cina. E' presto per fare previsioni, ma quel che è sempre più chiaro è
l'idea di una Europa economicamente e non solo finanziariamente unita,
che è già tramontata di fronte ad una Germania sempre più Calvinista, il nuovo reich europeo.
Il debito nazionale degli Stati Uniti è fuori controllo. Washington Times
Le
prospettive a lungo termine per il bilancio federale sono peggiorate
notevolmente negli ultimi anni. L'Ufficio di Bilancio del Congresso,
L'aumento del debito nazionale degli Stati Uniti minaccia di soffocare la crescita economica in un decennio, scrive il Washington Times in riferimento alla relazione dell'Ufficio di Bilancio del Congresso, CBO.
Le previsioni di bilancio federale a lungo termine sono peggiorate
notevolmente negli ultimi anni, secondo il rapporto del CBO, e il debito
federale potrebbe crescere fino a un livello record rispetto alle
dimensioni dell'economia degli Stati Uniti.
"Il nostro debito nazionale sta andando fuori controllo"
, ha detto il presidente della Commissione Bilancio della Camera dei
Rappresentanti, il repubblicano Tom Price. Secondo gli analisti, non si
sa quando sarà raggiunto il punto limite sulla questione del debito
nazionale, ma ad un certo punto gli investitori dubiteranno della capacità degli Stati Uniti di far fronte alla situazione. Allora cominceranno a chiedere tassi di interesse più elevati, causando una crisi finanziaria, scrive il Washington Times .
Secondo Robert Bixby, direttore esecutivo della 'Concord Coalition', un
gruppo bipartisan che ha tra i suoi obiettivi la riduzione del deficit
del governo, il prossimo presidente degli Stati Uniti deve agire
rapidamente e in modo efficace per portare lo Stato su un percorso più
sostenibile.
Per evitare un tale scenario, le autorità statunitensi dovrebbero
tagliare il budget e aumentare le tasse, secondo il CBO, che sostiene
anche che il rinvio delle misure di austerità non farà che aggravare la
situazione.
Al fine di mantenere il debito pubblico ai livelli attuali, la classe
media americana dovrebbe pagare 750 dollari in più di tasse ogni anno,
secondo il quotidiano capitolino.
Anche se nei prossimi anni l'economia americana potrebbe mostrare un
miglioramento in materia di bilancio, fattori quali l'invecchiamento
della popolazione, l'aumento dei costi dell'assistenza sanitaria, come
pure le promesse generose di aiuti di Stato, invertiranno il trend
positivo, scrive il quotidiano.
Il Comitato di
Verità sul Debito Pubblico greco ha dichiarato il debito nei confronti
della troika "illegale, illegittimo e odioso"
"La dignità del popolo vale più di un debito illegale, illegittimo, odioso e insostenibile"
"Tutte le prove che presentiamo in questo report dimostrano che la
Grecia non solo non ha la capacità di onorare questo debito ma, anche,
che non dovrebbe prima di tutto pagarlo, perchè il debito che emerge
dagli accordi della troika è una violazione diretta dei diritti
fondamentali umani dei cittadini greci. Da cui siamo giunti alla
conclusione che la Grecia non ha da pagare questo debito in quanto illegale, illegittimo ed odioso”
E’ risultato al Comitato che l’insostenibilità del debito pubblico
greco era evidente fin dall’inizio ai creditori internazionali, alle
autorità elleniche, ai media del sistema. Ma le autorità
elleniche, insieme con altri governi nella UE, hanno cospirato contro la
ristrutturazione del debito pubblico nel 2010 onde proteggere le
istituzioni finanziarie, I media del sistema hanno nascosto la
verità al pubblico dipingendo una situazione in cui il salvataggio era
detto essere a beneficio della Grecia, mentre si agitava una narrativa
intesa a dipingere la popolazione come colpevole delle sue disgrazie”.
Queste parole concludono la relazione preliminare presentata dalla "Commissione
per la verità sul debito pubblico", creata nell'aprile di quest'anno
dal Parlamento greco, il cui scopo era quello di "indagare quanta parte
del debito fosse illegale ", al fine di cancellarlo.
Come commenta il blog americano ZeroHedge,
la Grecia ha appena dichiarato che non ci sarà un default sul proprio
debito nei confronti del FMI (o qualsiasi altro debito - nota che la
temuta parola "Troika" fa finalmente la sua comparsa dopo che è stata
ufficialmente vietata) semplicemente perché il debito non è legale, vale
a dire che è "odioso".
Se è così, questo ha appena complicato ulteriormente non solo i
negoziati sul debito greco, ma le trattative di tutte le altre nazioni
europee periferiche che prontamente chiederanno che i loro debiti siano,
allo stesso modo, dichiarati "illegali, illegittimi e odiosi"
E un'altra domanda: ora che la Grecia dice che il debito è illegale e
non effettuerà il pagamento del 30 giugno, quale sarà la risposta della
Troika: confisca dei beni greci all'Argentina, dichiarare
involontariamente un default, citare il paese a L'Aia?
Il capitolo 9 del rapporta affronta la questione delle "fondamenta giuridiche per ripudiare e sospendere il debito sovrano greco".
“Diversi argomenti legali consentono ad uno Stato di ripudiare
unilateralmente il suo debito illegale, odioso ed illegittimo. Nel caso
greco, tale atto unilaterale può essere basato sulla malafede dei
creditori che hanno spinto la Grecia a violare la legge nazionale e le
obbligazionbi internazionali relative ai diritti umani; alla preminenza
dei diritti umani sugli accordi che i precedenti governi hanno contratto
con la Troika; dalla coercizione; dai termini sealli che apertamente
infrangono la sovranità e la costituzione greca; e infine dal diritto
riconosciuto nelle norme internazionali per uno Stato di prendere
contromisure contro atti illegali dei suoi creditori, i quali
volontariamente danneggiano la sua sovranità di bilancio, la obbligano
ad assumere un debito illegittimo, illegale ed odioso…”
La dignità del popolo vale più di debito illegale, illegittimo, odiosa e insostenibile.
Dopo aver concluso un' indagine preliminare, il Comitato ritiene che la
Grecia è stata ed è tuttora vittima di un attacco premeditato e
organizzato dal Fondo Monetario Internazionale, la Banca centrale
europea e la Commissione europea.
Eccessivo ricorso ai mercati. Investimenti limitati. Derivati onerosi.
Incertezza. Il rosso del nostro Paese è senza freni. E il governo non
trova il rimedio giusto.
Pier Carlo Padoan derubrica la vicenda come «una cosa veramente noiosa». Acuita e alimentata da un dibattito «fuorviante».
Sarà, intanto il debito pubblico continua a bruciare ogni record.
Lunedì 15 giugno la Banca d'Italia ha comunicato che a maggio
l'indebitamento dell'Italia ha raggiunto quota 2.194,5 miliardi di euro,
con un aumento di 10 miliardi rispetto al mese precedente.
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DISPONIBILITÀ LIQUIDE A 83,1 MLD. Quel
che è peggio è che in una fase come questa lo Stato s'indebiti -
emettendo titoli - più di quanto serva: infatti, a maggio il totale di
quanto sottoscritto dai nostri creditori è stato quasi il doppio
rispetto allo stesso mese dello scorso anno (6,4 miliardi).
Con il risultato che quei 4,2 miliardi di differenza hanno portato le disponibilità liquide del Tesoro a 83,1 miliardi.
Non meno preoccupante - in anni di spending review - è che siano
soprattutto le amministrazioni centrali ad aumentare il loro livello di
indebitamento (9,9 miliardi in più soltanto tra aprile e maggio), mentre
il patto di stabilità ha costretto enti locali (+0,1 miliardi nello
stesso periodo) ed enti previdenziali a essere virtuosi. DEBITO-PIL 70 PUNTI OLTRE IL LIMITE.
L'Italia, stando alle intenzioni del governo, porterà a fine anno il
suo rapporto debito-Pil al 132,5%. Oltre 70 punti rispetto a quanto
previsto dai trattati europei.
L'ultimo Documento di economia e finanza ha previsto che
l'indebitamento crescerà in termini nominali fino al 2019, quando
arriverà a 2.218,2 miliardi di euro. Eppure, come ha spiegato Padoan, al
Tesoro non sono preoccupati, visto che scommettono sia sulla ripresa
(l'altro denominatore che fa abbassare il rapporto previsto tra i
parametri di Maastricht) sia sull'aumento dell'inflazione che
alleggerisce il costo del servizio al debito. IL GETTITO FISCALE TIENE.
Per non parlare del fatto che, nonostante la perdita di sette punti di
Pil dall'inizio della crisi, il gettito fiscale regge: nel primo
quadrimestre del 2015 le entrate tributarie sono state complessivamente
pari a 115,2 miliardi, lievemente superiori rispetto a quelle relative
allo stesso periodo dell’anno precedente (114,4 miliardi).
Prima la politica accomodante della Bce che ha portato il costo del
lavoro quasi a zero, poi gli acquisti in massa del Quantitative easing:
l'Italia paga interessi relativamente bassi sulle sue emissioni,
nonostante la sua forte esposizione.
In tre anni riconosciuti ai creditori 318 miliardi di euro
È questa una tentazione alla quale nessun governo sa mai cedere: non a
caso la corsa del debito è ripresa quando il governo Letta ha deciso di
accelerare sulla restituzione dei debiti (all'epoca erano 130 miliardi)
della Pubblica amministrazione.
E sulla stessa tendenza si sta muovendo l'attuale esecutivo, che dopo
essere visto imporre il rimborso ai pensionati per la mancata
indicizzazione, il prossimo 23 giugno potrebbe ritrovarsi a dover
risarcire anche gli statali che dal 2009 non vedono rinnovati i loro
contratti. È stato calcolato nell'ipotesi peggiori un esborso per lo
Stato di 35 miliardi di euro.
Eppure, nonostante le rassicurazioni di Padoan, l'Italia fa fatica a
recuperare risorse per gli investimenti o per estendere le politiche di
welfare, visto che negli ultimi tre anni ha dovuto riconoscere ai suoi
creditori 318 miliardi di euro. ECCESSIVO RICORSO AI MERCATI. Le
società di rating continuano a tenere basso il giudizio sulla stabilità
italiana - cosa che poi si ripercuote sulle nostre aziende quando sono a
caccia di denaro - mentre l'Unione europea da almeno un quinquennio
impone a Roma politiche di rigore.
Per non parlare dell'approccio schizofrenico della nostra politica
finanziaria: l'Italia infatti si finanza sia attraverso un'alta
tassazione sia con un eccessivo ricorso ai mercati. In quest'ottica non
investe in strumenti per la crescita e prova a tenere i conti in ordine
con interventi di rigore, in grado però soltanto di depotenziare la
ripresa.
Ma l'eccessivo indebitamento porta con sé altre incertezze sul futuro
italiano. Innanzitutto il nostro Paese - come dimostra l'estate calda
del 2011 - non è in grado di difendersi dalla speculazione, quando ci
sono turbolenze finanziarie. L'INCOGNITA GRECIA. Nelle
ultime settimane l'allungamento nelle trattative tra la Grecia e l'ex
Troika, lo spread tra Bund e Btp decennali è salito progressivamente
verso i 150 punti, dopo essere tornato verso quota 100 nei giorni in cui
Mario Draghi ha dato il via al suo Quantative easing.
In attesa poi di capire le conseguenze del caos greco, non è mancato
chi ha criticato le capacità del Tesoro di interloquire con i mercati.
Come dimostra l'affaire derivati, dopo che i governi precedenti
(soprattutto quello Ciampi) avevano sottoscritto questi contratti per
159 miliardi per proteggersi da rischi come l’oscillazione delle valute o
dei tassi d’interesse. IL PESO DEI DERIVATI.
Soltanto dal 2011 al 2014, lo Stato italiano ha visto un aggravio del
proprio debito di 16,95 miliardi di euro proprio per le clausole onerose
di quei contratti.
Secondo le opposizioni, Movimento 5 stelle in testa, l'esecutivo oltre a
non garantire trasparenza su questo fronte, avrebbe pagato più del
dovuto proprio per l'incapacità a rinegoziarli.
Ma dal Tesoro si è subito fatto sapere che cancellare questi derivati
(anche perché stipulati con grandi istituti come Bank Of America,
Barclays, Bnp Paribas, Citibank, Credit Suisse, Deutsche Bank, Goldman
Sachs, Hsbc, Ing, Morgan Stanley, Nomura, Ubs) costerebbe almeno 41
miliardi di euro.
Draghi invece di regalare 60 miliardi mesi alle banche, dovrebbe darli alle imprese, agli stati per investimenti in ricerca, tecnologia, migliorare le scuole, in investimenti stratetegici come ENERGIA PULITA, INFRASTUTTURE DIGITALI, invece blatera su conti e disoccupazione che con il metodo affrontato da lui e da tutti gli euroimbecilli portano a niente altro che austerità che è la fonte primaria che impoverisce i popoli e fa ingrassare il Capitalismo UltraFinanziario. Draghi è un traditore del popolo italiano e dei popoli europei. Martelun
analisi
Draghi mette in guardia l'Italia su pensioni e debito pubblico
Nell'area euro "in prospettiva, saranno necessari interventi di
risanamento aggiuntivi per ricondurre l'elevato rapporto tra debito
pubblico e pil su un percorso discendente sostenibile". Lo ha
sottolineato la Bce nel suo bollettino mensile, aggiungendo che "vi sono
rischi connessi all'inversione delle riforme pensionistiche adottate,
come lasciano intendere le recenti discussioni avviate in alcuni Paesi".
Il riferimento all'Italia è chiaro.
Gli esperti della Bce
hanno lasciato sostanzialmente invariate le stime di crescita
dell'Eurozona. Le proiezioni macroeconomiche per l'area dell'euro
formulate a giugno prevedono una crescita annua del pil in termini reali
pari all'1,5 per cento nel 2015, all'1,9 per cento nel 2016 e al 2 per
cento nel 2017.
Rispetto all'esercizio svolto dagli esperti
della Bce a marzo 2015, le proiezioni per il tasso di crescita del pil
in termini reali rimangono sostanzialmente invariate nell'orizzonte
previsivo. Il Consiglio direttivo, si legge nel bollettino della Bce,
"ritiene che i rischi per le prospettive dell'attivita' economica, pur
rimanendo orientati verso il basso, siano divenuti più bilanciati grazie
alle proprie decisioni di politica monetaria e agli andamenti dei corsi
petroliferi e dei tassi di cambio".
Secondo la Bce, Le
incertezze legate alla Grecia e le tensioni geopolitiche esterne
all'area euro sono tra i fattori che "continuano a frenare la ripresa"
dell'area euro. La crisi greca ha determinato anche un ampliamento dei
differenziali di rendimento a dieci anni rispetto alla Germania, che è
cresciuto di circa 40 punti base in Italia e Spagna e di circa 60 punti
base in Portogallo.
"I mercati del lavoro dell'area dell'euro",
ha spiegato l'istituto di Francoforte, "dovrebbero migliorare
ulteriormente nel breve e nel medio periodo. Si prevede che la crescita
dell'occupazione registri una lieve accelerazione nei prossimi
trimestri, sulla scia di un consolidamento della ripresa, che dovrebbe
portare a un'ulteriore diminuzione del tasso di disoccupazione nell'area
dell'euro".
Tuttavia, ha sottolineato la Bce, "alcuni fattori
continuano a frenare la ripresa dell'attività complessiva.
L'indebitamento del settore pubblico è aumentato ancora, benché a un
ritmo più lento, e dovrebbe mantenersi su livelli elevati in alcuni
Paesi. Gli andamenti nei mercati del lavoro, seppur in generale
miglioramento, rimarranno condizionati da elevati tassi di
disoccupazione strutturale, specie in alcuni Paesi particolarmente
colpiti dalla crisi. Entrambi questi fattori dovrebbero contribuire a
mantenere le pressioni al rialzo sul risparmio a scopo precauzionale da
parte delle famiglie. La lenta attuazione delle riforme strutturali
continua a gravare sulla crescita in diversi Paesi. Inoltre, le
prospettive relativamente deboli per la crescita potenziale, il
protrarsi delle incertezze circa la situazione della Grecia, oltre alle
tensioni geopolitiche esterne all'area dell'euro potrebbero pesare
ancora sulla spesa per investimenti".
Michele Emiliano: "Il mare di Puglia non si trivella, Matteo Renzi sta con le lobby del petrolio"
Il Fatto quotidiano
Pubblicato:
Il governatore della Puglia, Michele Emiliano, raccoglie le
lamentele dei cittadini pugliesi e si dichiara contrario alle
trivellazioni nel mare della regione.
Riporta Il Fatto quotidiano:
Io
e il presidente Vendola abbiamo deciso senza indugio di impugnare
questa decisione. Respingiamo l'idea che si possa trivellare il nostro
mare, trovare eventualmente il petrolio e mettere a rischio la pesca, il
turismo, la qualità delle acque. Noi andiamo verso un modello
energetico diverso non fondato sui combustibili fossili".
Una
battaglia che, assicura il governatore, "sarà un processo
istituzionale. Ci muoveremo come Regione Puglia senza considerare il
fatto che a Roma c'è una maggioranza di governo, ma rappresentando gli
interessi del territorio. Bisogna dimostrare a cosa servono queste
trivellazioni. Se lo scopo è accontentare qualche lobby a me non sembra
un modo preciso di ragionare. Capisco le pressioni a cui è sottoposto il
governo, ma questa ricerca di petrolio nel mare pugliese è molto
rischiosa".
Emiliano, ricorda il Fatto quotidiano, ha già manifestato la propria contrarietà al decreto La Buona Scuola.
"Le
autorizzazioni concesse coprono una superficie di mare pari a quasi
50mila chilometri quadrati, di cui oltre il 70% è pugliese - spiega
l'ingegner Giuseppe Deleonibus, consulente tecnico del Comune di
Polignano a Mare -. I sondaggi per la ricerca di idrocarburi autorizzati
dal governo, le cosiddette proiezioni geosismiche, sono molto
pericolosi. Vengono effettuati con una tecnica chiamata Air Gun, cannoni
ad aria compressa che emettono onde anche di 260 decibel. Le
conseguenze di tutto ciò potrebbero tradursi nello spostamento in massa
della fauna marina e nella morte della stessa".
Prende corpo un nuovo soggetto politico che può sparigliare il quadro,
l’alleanza tra la Lega Nord e il Movimento 5 Stelle. Un progetto che
nasce dal basso e non, per intenderci, di Salvini e Grillo, ma tra quei
parlamentari della Lega e del M5S che stanno raggiungendo significative
convergenze di programma nel Parlamento italiano ed in quello Europeo e
che si sentono pronti per governare il Paese.
I sondaggi riservati commissionati a Nicola Piepoli (legge elettorale e
vincolo di coalizione) confermano che il bacino di utenza a cui si
rivolgono è enorme e potrebbe, unito, «sfondare» su temi che fanno
breccia sullo stremato elettorato sia di destra che di sinistra. Giulio
Andreotti mi diceva sempre che per capire ciò che poteva accadere in
Italia bisognava sempre tener d’occhio la Sicilia e l’Alto Adige. E non a
caso proprio in provincia di Bolzano, nel Sud Tirolo, a Laives, Leifers
in tedesco, si è verificata una svolta storica , benedetta dai vertici
nazionali. M5S ha deciso di appoggiare il sindaco Christian Bianchi
della Lega Nord. «A pensar male si fa peccato ma spesso si indovina…»,
commenterebbe oggi il «Divo».
L’anticasta, l’immigrazione, Equitalia e un ripensamento dell’euro e
dell’Europa. Questi i punti fondamentali su cui sta prendendo forma
l’intesa. Matteo Salvini e Beppe Grillo ancora non si sono visti ma i
loro parlamentari stanno costruendo una tela, sicuri come sono che è
l’unica possibilità per diventare alternativi a quel fu 40% di Matteo
Renzi e del PD,
E Berlusconi? Il Cavaliere non viene nemmeno considerato come un
soggetto da interpellare. Però chi sta portanto avanti «Lega5Stelle» ha
già avvicinato quei parlamentari di Forza Italia e alcuni di NCD,
soprattutto nel Sud, capaci di aggregare consensi. (...)
Del resto, Silvio proprio in queste ore ha troppe preoccupazioni dentro
il suo strettissimo cerchio magico, dentro il suo partito e dentro le
sue stesse aziende. E forse per questo pensa solo a ristabilire un
rapporto con il presidente del Consiglio, per offrirgli i suoi voti
rimasti in cambio di un ingresso al governo. Ma certo che un possibile
asse tra Salvini e Grillo non lo fa certo stare tranquillo. E Renzi, per
questo progetto non pensa di scrivere un tweet, «Matteo, stai sereno».
Una public company come Telecom Italia può
essere acquisita da chiunque. L’ingresso in Metroweb, che prevede
investimenti per 4-5 miliardi di euro, è invece capitolo chiuso
Dopo lo scioglimento di Telco, Telecom Italia è un public company. E chiunque la può acquisire: da Vivendi a Cdp. Lo ha dichiarato il presidente di Telecom Italia, Giuseppe Recchi intervistato a SkyTg24 Economia: “I capitali non hanno passaporto. Tutti gli azionisti sono benvenuti se portano valore aggiunto e sinergia“, spiegando che, se Cassa depositi e prestiti (Cdp) avesse mission diversa, potrebbe fare il suo ingresso in Telecom Italia: “La società è una public company, chiunque se la può comprare“. image: http://www.itespresso.it/wp-content/uploads/2015/06/telecom_italia_public_company.jpg Non solo Vivendi: anche Cdp potrebbe comprare Telecom Italia
Parlando di un eventuale ingresso di Telecom in Metroweb, Recchi ha seccamente negato l’ipotesi: “L’argomento è chiuso“.
E intanto Metroweb ha in cantiere un piano per la rete telefonica in banda larga con investimenti previsti per 4-5 miliardi di euro: “Le
trattative per la definizione del piano industriale di Metroweb
Sviluppo sono quasi ultimate e prevedono che la società possa arrivare a
investire 4-5 miliardi per realizzare la rete a banda ultralarga in
linea con le indicazioni del governo“, ha spiegato l’AD di Vodafone Italia, Aldo Bisio, a margine della presentazione della relazione annuale Antitrust.
“Il piano è finalizzato al 90-95% e prevede obiettivi in linea
con quelli indicati dal governo e collegamenti in fibra ottica fino alle
case“, ha sottolineato. “La stima dell’investimento è di 4-5 miliardi“. “Ora
si deve mettere a punto la governance e studiare il piano finanziario
che, viste le dimensioni, richiede un’ingegneria finanziaria ad hoc“, ha aggiunto.
A fine maggio la Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) ha espresso la volontà di aprire il progetto banda larga in Italia a tutti gli operatori e investitori. Cdp ha annunciato anche la lettera di intenti tra Vodafone e Wind e i soci Metroweb, Fondo Strategico Italiano (Fsi), controllato da Cdp, e F2i, per realizzare la rete.
Bisio spera che Cdp continui a sostenere Metroweb anche in caso di
sostituzione del presidente Franco Bassanini e dell’AD Giovanni Gorno
Tempini. Candidati per il nuovo vertice, secondo indiscrezioni, sono
Claudio Costamagna alla presidenza e Fabio Gallia come AD.
E, intanto, tutti i player aspettano il decreto sulla banda larga.