la polemica non è un male, è solo una forma di confronto crudo sincero, diciamo tutto quello che pensiamo fuori dai denti, e vediamo se riusciamo a far venir fuori le capacità di cui siamo portatori e spenderle per il Bene Comune. Produrre, organizzare, trovare soluzioni, impegnarci a far rete, razionalizzare e mettere in comune, attingere alle nostre risorse. CUI PRODEST? Pensa cchiu' a chi o' dicè ca' a chello ca' dice
L'albero della storia è sempre verde
L'albero della storia è sempre verde
"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"
sabato 8 agosto 2015
una cordata toscana ha regalato al papà di Renzi 263mila euro di soldi pubblici, ora si accapigliano su chi deve gestire la fonte di clientelismo
Chi vuole i depositi di rifiuti nucleari? Devono dare corrispettivi sostanziosi
Rapporto Ispra, in Italia 30.025 metri cubi di rifiuti nucleari. Latina è tra i depositi
Questi rifiuti sono così ripartiti: 9.973 dalle centrali nucleari, inclusi alcuni rifiuti da attività preliminari di smantellamento già prodotti; 6.874 dagli impianti del ciclo del combustibile (fabbricazione, riprocessamento, ecc…); 4.270 dalla ricerca; 8.908 di origine medica e industriale.
A quelli presenti – segnala l’Ispra – si aggiungeranno, nel prossimo futuro, i rifiuti che saranno generati dallo smantellamento delle installazioni nucleari, stimabili in alcune decine di migliaia di metri cubi di rifiuti condizionati prevalentemente di seconda categoria.
Intanto si attende la scelta del luogo dove sarà realizzato il deposito nazionale dei rifiuti nucleari.
http://www.latina24ore.it/latina/111327/rapporto-ispra-in-italia-30-025-metri-cubi-di-rifiuti-nucleari-latina-e-tra-i-depositi
Napolitano sempre più invasivo ed intollerante
Ci stanno consegnando a un regime di stampo autoritario. Grazie Napolitano!
NEWS, POLITICA venerdì, 7, agosto, 2015 “Non è stata una lettera normale, un’opinione, quella pubblicata ieri in prima pagina dal ‘Corriere della Sera’. Quello del presidente emerito Napolitano è stato un ‘pronunciamento’. ” Così scrive Renato Brunetta, deputato di Forza Italia, sulla sua pagina facebookNapolitano: il comunista amato dagli americani e gli accordi segreti con gli USA
- Riforme costituzionali, “il comportamento di Napolitano preoccupa”
- Napolitano da’ ordini al Governo dalle colonne del Corriere
- Riforme, Napolitano: “il traguardo non può essere allontanato”
I Fratelli Musulmani turchi vogliono occupare un pezzo di Siria e in questo hanno l'appoggio degli Stati Uniti
Dottori: pressioni USA dietro la guerra di Ankara
da Il Corriere del Ticino del 5 agosto 2015
“Non sono del tutto sicuro che quanto sta accadendo dipenda interamente dal Presidente turco, ho la netta impressione che Erdogan stia subendo le decisioni che gli vengono attribuite”. Germano Dottori , analista e docente di Studi strategici presso l’università a LUISS-Guido Carli di Roma, offre un’interpretazione dell’interventismo di Ankara che rispecchia la complessità degli scenari.
Cosa ha spinto a suo avviso Erdogan a rompere gli indugi ed entrare in guerra con ISIS e PKK?
Sul piano internazionale, Ankara è contesa. Da un lato, c’è chi, come i sauditi, la vorrebbero al loro fianco per bilanciare la prevedibile ascesa di un Iran da pochi giorni riabilitato dall’Occidente.
Dall’altro, vi sono invece coloro che vedono la Turchia come il canale naturale per far giungere il metano persiano all’Europa, in modo tale da depotenziare la valenza strategica del gas russo. Questa è la visione di Washington.
Che ha quindi bisogno di una leadership turca affidabile nei confronti dell’Europa e riallineata in senso ostile a Mosca. Io penso che Erdogan e Davutoglu stiano quindi reagendo ad una fortissima pressione americana. Poi, c’è il problema interno. Dopo le recenti elezioni, l’Akp non può più governare da solo.
Ma il Premier Davutoglu ha un’occasione straordinaria per emanciparsi dal suo capo.
Sta quindi trattando una soluzione con i kemalisti e da qualche giorno anche con i nazionalisti per salvare la legislatura e mettere nell’angolo il suo Presidente, ormai da più parti ritenuto incontrollabile.
Gli americani sarebbero lietissimi di un rientro dei kemalisti nella stanza dei bottoni – un po’ meno dell’arrivo dei nazionalisti – e sicuramente li incoraggiano a cercare un compromesso. Una politica estera anti-curda e di rottura con lo Stato Islamico potrebbe facilitare l’accordo.
Si può combattere l’ISIS e al tempo stesso i curdi che sono i più fieri avversari dello Stato Islamico?
Quanto ai curdi, mi sembra che i turchi stiano conducendo una campagna selettiva, che penalizza il Pkk ed i curdi siriani, con i quali i rapporti non sono stati mai buoni, evitando di mettere apertamente nel collimatore anche i peshmerga di Barzani.
Quest’ultimo ha appena intimato ai seguaci di Ocalan giunti nel Kurdistan iracheno per aiutarlo di andarsene quanto prima: un segno evidente del fatto che i curdi iracheni non vogliono rompere con Ankara, anche se gli attacchi di questi giorni sono destinati a lasciare strascichi.
Hanno pesato più valutazioni di sicurezza nazionale o il calcolo politico di sbarazzarsi del partito filo curdo HDP?
Chi vuol salvare l’esperimento del governo islamico turco deve aver tratto la conclusione di non poter più andare avanti sulla strada tracciata da Erdogan. Che peraltro fa buon viso a cattivo gioco per mascherare il suo indebolimento.
La verità è che con le scelte degli ultimi giorni il progetto neo-ottomano di Ankara è naufragato, probabilmente per sempre, mentre sta riaffiorando il più moderno e pragmatico nazionalismo turco. Non c’è più spazio per protettorati di fatto di Ankara in Siria ed Iraq. Ecco perché i kemalisti potrebbero recuperare terreno ed essere cooptati in un nuovo governo che nascerebbe solo per fermare Erdogan, con il beneplacito degli Stati Uniti.
Usa ed Ankara sembrano d’accordo nell’imporre sul nord della Siria una zona cuscinetto/no fly- zone. Ma per il diritto internazionale non sarebbe necessaria una risoluzione dell’ONU per sottrarre la sovranità di Damasco su un pezzo di Siria?
Comunque la zona cuscinetto servirebbe anche ad impedire ai curdi siriani di mantenere la continuità territoriale appena conquistata e di consolidare i ponti gettati verso il Kurdistan iracheno e quello anatolico. Erano vicini come non mai al doppio traguardo dell’unità e dell’indipendenza. Non è difficile immaginare che il risentimento dei curdi aumenterà.
Forse si volgeranno verso Mosca. O forse verso Israele. L’attacco del Pkk ad Agri potrebbe anche esser stato un segnale in questa direzione, avendo bloccato per tre giorni l’unico gasdotto che colleghi al momento Turchia ed Iran.
La guerra all’ISIS è sempre più ambigua. Ormai quasi tutti i membri della Coalizione hanno obiettivi diversi e a volte contrapposti alla distruzione del Califfato. Così non si corre il rischio di far esplodere tutta la regione?
Anche se si vuol portare il metano persiano sul Mediterraneo, la logica dell’equilibrio che gli americani hanno abbracciato anche in Medio Oriente esige che l’Iran sia territorialmente separato dal Libano e da Israele. Non escludo che lo Stato Islamico sia considerato da alcuni utile in questa prospettiva.
Lo sono in fondo, e per la stessa ragione, pure i ribelli di al-Nusra, dichiaratamente affiliati ad al-Qaeda, eppure indirettamente beneficiari di aiuti anche occidentali.
La disponibilità della base di Incirlik farà la differenza nella finora blanda campagna aerea degli USA?
Se si fa davvero sul serio contro lo Stato Islamico, oppure se ciò che conta è il cedimento politico della Turchia agli Stati Uniti. L’apertura di Incirlik ai caccia statunitensi, in effetti, restaura in qualche modo le credenziali atlantiche di Ankara, che per molti erano ormai in dubbio.
E marca una discontinuità con le politiche di distanziamento dall’America iniziate nel 2003 con il rifiuto di Erdogan di concedere al Pentagono la possibilità di attaccare l’Iraq di Saddam anche da nord. Non poco, specialmente se si crede che l’obiettivo di tutto questo sia normalizzare la Turchia.
Foto: US DoD, Getty Images, AP, Anadolu, Forze Armate Turche
Gianandrea Gaiani
www.presseurop.eu/en/content/author/269701-gianandrea-gaiani
La Sicilia è la pancia dell'Italia
La conversazione
Saro, i buchi neri e una trazzera verso il nulla
Dialogo sui mali della Buttanissima Sicilia
Sabato 08 Agosto 2015 -
Colloquio tra GIUSEPPE SOTTILE E PIETRANGELO BUTTAFUOCO. L'uno
(Giuseppe Sottile) ci mette il neretto delle domande e dei rumori
'fuori scena'. L'altro (Pietrangelo Buttafuoco) si occupa delle risposte
e del clamore delle nostre cose. Insieme ci raccontano, per filo e per
segno, le 'mille e una disgrazia' della nostra terra.
Ma come? Sono urgenti e ci sono dovuti. Pochi, maledetti e subito.
“Servono solo a sbiancare il buco nero del deficit”.
Adagio…
“Insomma, servono a somministrare un brodino al moribondo governo di Rosario Crocetta; portano ossigeno alla macchina dell’impiego pubblico, metastasi del tumore numero uno qual è lo Statuto speciale regionale e non vanno, questi soldi, ad avviare lo sviluppo. Saranno anche 500.000.000 di euro ma non potranno certo impedire quello che succede in ogni famiglia, in Sicilia: la fuga dei ragazzi, tutti scappati di casa per cercare il futuro altrove".
Ma dove sei, adesso, ti sento così nervoso…
"Sono ad Agira, passo da Leonforte, attraverso in lungo e in largo il cosiddetto entroterra, è piena estate e non c’è che lo svuotarsi di tutto. Neppure gli emigrati tornano più".
Ormai sono tutti nonni, gli emigrati. Che vai cercando?
"E che vergogna anche tutto questo vivamaria dei Cinque Stelle per una trazzera di collegamento al posto dell’autostrada Catania-Palermo".
Via dell’onesta!
"Ma per favore. Ci stiamo ubriacando con una trazzera quando in Egitto, e dico in Egitto, con tutti i suoi guai, allargano il Canale di Suez. La stradina è come la traversata a nuoto dello Stretto di Beppe Grillo: un capolavoro mediatico. Tanto di cappello. Ma è solo fumo negli occhi: una distrazione di massa. E se invece ci fosse stata una tratta ferroviaria di Alta Velocità, oleata da robuste tangenti, realizzata da magnaccia corrotti, occhiuti e realisti, capaci di prendere e però dare anche, con un’infrastruttura funzionale e moderna, com’è d’obbligo nella politica tutta di sangue e merda?".
Non diciamo le parole sporche…
"Il guaio vero della Sicilia è di avere avuto politici di mezza molatura – sia a destra, sia a sinistra – e pecore zoppe adesso risultano questi populisti grillini, bravi a fare spuma di niente…".
Ma come? La società civile!
"Il mito della società civile fa danni peggio della grandine. A inseguire i grillini, l’allora segretario del Pd, Pierluigi Bersani, dovette capitolare. Ed è per questo se ci ritroviamo oggi con Laura Boldrini presidente della Camera e Pietro Grasso presidente del Senato, due dilettanti allo sbaraglio. Alla Rai, ricordi? Vennero nominati Benedetta Tobagi e Gherardo Colombo, due signori di passaggio. E non dobbiamo dimenticare che la società civile – il cui latrato, orchestrato dai Cinque Stelle, era Rodotà-tà-tà al tempo delle Quirinarie – si accompagna alle facce di Ignazio Marino a Roma o dello stesso Crocetta qui, in Sicilia. Per non dire del think…".
Il think?
"Certo, il think-tank, il ritorno di Gianni & Riotto detto Johnny a Palermo. La sua trasmissione di Rai3 in diretta dallo Spasimo con i panettoni di Castelbuono, le focaccine di Costa, l’intervista itinerante al sindaco Leoluca Orlando e il risultato dello 3,6%, ovvero seicentomila spettatori in tutta Italia. Praticamente, in Sicilia, tra nove milioni di abitanti, neppure suo cugino l’ha voluto vedere. Ma sono gli inconvenienti della società civile. Adesso lo chiamano Johnny Flop".
Senta, mi consenta: la fissazione è peggio della malattia.
"Che fissazione, che malattia. Proprio un doppio flop e lo stesso Matteo Renzi, che pure doveva raccogliere il grido di dolore di Johnny, non è andato a raccogliere invece il pianturello sul Sud di Roberto Saviano?".
E va bene, proseguiamo.
"Io non ne capisco di vicende elettorali ma di politica sì, e solo la politica, in forza anche della sua capacità di rottura, può essere utile adesso".
Quale rottura?
"Ecco, appunto, i grillini: avrebbero dovuto seguire l’esempio dell’unico vero e serio politico in questo frangente, ossia Fabrizio Ferrandelli, il giovane deputato del Pd che ha tirato la somma dopo tante sottrazioni di dignità e onore dell’Assemblea regionale siciliana e se n’è andato per davvero. Non ha annunciato le dimissioni. Le ha da-te! E i Cinque Stelle, invece di scegliere di stare dalla parte dello stipendio, avrebbero dovuto fare come Ferrandelli e farlo in blocco, anche a costo di farsi subentrare da mangiapane a tradimento. Avrebbero dovuto accendere l’attenzione con un gesto simbolico, e forse anche più costoso della trazzera, su un fatto inoppugnabile: non si può stare un minuto di più in un’istituzione al cui vertice c’è Rosario Crocetta. Non dico che anche i deputati di destra l’avrebbero potuto fare…".
Perché non lo dici?
"Perché ho capito cosa sono".
Cosa sono?
"Sono idealisti. Ovvero, hanno solo l’idea della lista. E’ una formula di Augusto De Marsanich, il segretario nazionale del Msi prima di Giorgio Almirante. E’ una battuta che Nello Musumeci conosce bene ma sono sicuro che lui saprà comandare ai suoi un'immediata uscita dall'elenco degli accomodati all'Ars e voglio proprio ricordarlo questo benedetto idealismo perché i parlamentari di destra, centrodestra o moderati che dir si voglia, avrebbero dovuto anche loro consegnare in blocco, e non minacciarle – come hanno fatto, temendo di essere presi sul serio – le loro dimissioni. Anche a costo di far subentrare in parlamento dei crocettiani di complemento, come si sono rivelati nella maggior parte dei casi lungo tutta questa legislatura i vari figuri dell’area moderata. Gli uomini di Angelino Alfano hanno tenuto la candela a Crocetta e, paradosso, anche le truppe di Micciché".
Perché paradosso? Micicchè, di fatto, è stato il grande elettore di Crocetta.
"E paradosso è perché difficilmente gli interessi di Angelino convergono con quelli di Gianfranchino. L’eletta di quest’ultimo, a Enna, la signora Luisa Lanteri, è una supporter del governatore…".
E chi è la signora Lanteri?
"E che ne so. Ho fatto un esempio. Io, a Enna, conosco solo Vladimiro Crisafulli…".
Lo stesso Crisafulli che ha dato la sua solidarietà a Crocetta contro il tuo articolo, pubblicato sul Fatto Quotidiano, sullo sbiancamento anale…
"Ma il mio non era un articolo contro Crocetta, anzi, dicevo che grazie alla sua stagione se ne vedevano delle belle. Tu che sei stato anche a Detroit, tu sapevi dell’esistenza di questa tecnica?".
Ma ti ha chiesto un milione di risarcimento!
"Ma non per lo sbiancamento. Lo ha fatto per la scena in cui Antonio Presti, peraltro simpaticamente, gioiosamente, goliardicamente, trovando i cronisti a Tusa, tutti in attesa del presidente, si mette sotto al suo balcone, lo chiama e dice…".
Non lo dire altrimenti i milioni diventano due.
"Ma io trasecolo! Presti è un gran signore, un uomo di grande spirito, si diverte nella disarticolazione del linguaggio, è un vero dada. Anche a me, quando ci siamo incontrati a Capo d’Orlando, a una cena, mi ha detto: 'Dove te ne vai tutta sola?'. Io dovevo proprio andarmene, non stavo in piedi dalla stanchezza e lui, sempre simpaticamente, gioiosamente, goliardicamente, soggiungeva: 'E che, fu coitus interruptus?'".
Simpatico, in effetti.
"Appunto, un uomo brillante Presti. E’ un numero uno, il suo Atelier sul Mare, a Tusa, è il biglietto da visita della Sicilia migliore. E’ un uomo veramente libero ed è per questo che Crocetta lo ha, di fatto, sabotato".
Ancora la fissazione. Ma Crocetta è così nefasto per te?
"Nefasto lo è per la Sicilia. Dopo di che mi smuove un sentimento di compassione. Chi gli sta accanto lo fa solo per spremerlo e cavarne utili, in termini di carriera e di potere. E’ un uomo solo. Spero che un giorno ci si possa incontrare per parlare, fuori dall’agone della gara perché non mi sento in gara. Una volta mi telefonò e mi disse: ‘avveleniamoci con dolcezza’. Quando tutto sarà finito gli porterò in omaggio, a consolazione di tanta delusione, un verso di Ibn Hamdis. Lui è solo un personaggio, è arrivato a palazzo d’Orleans come da un reality. Non è cosa sua fare il presidente della Regione. Non è mestiere adatto a tanti, troppi…".
A proposito...
"Appunto: non mi candido. Non è cosa mia. Risulterei peggio di Crocetta. Non ho la necessaria moquette".
Moquette?
"Sì, il pelo, il pelo sullo stomaco. E poi sono, come si dice oggi, divisivo. Pensa che qualche avvocaticchio, in servizio permanente effettivo nell'esercito dei mestatori si adopera nel fornire dossier, nel redigere carte di mezze verità mescolate a doppie bugie, per intimidirmi. E io, come Totò con Aldo Fabrizi in Guardie e ladri, pur sparato a uso di intimidazione... Non mi intimidisco".
Un avvocaticchio?
"Anche due. E con loro tutta la testuggine dell'antimafia degli impresentabili. Quando sul Fatto Quotidiano mi sono occupato di un potente e pericoloso boss dell’antimafia, questi, senza smentire una sola cosa da me riferita nel mio servizio giornalistico, s'è limitato a inviare alla direzione del mio giornale una informativa accuratamente confezionatagli da un avvocaticchio – un picciotto, appunto - dove venivo descritto nella multiforme veste di nazista, stragista, mafioso va da sé, ovviamente omofobo, nonché satrapo di Enna, amico di Giuliano Ferrara e forse anche di Marcello Dell'Utri".
E a che cosa puntavano?
"Era chiaro che boss e picciotto mirassero alla mia cacciata da Il Fatto Quotidiano o, quantomeno, alla mia delegittimazione ed è uno stilema, questo, tipico dell'antimafia degli impresentabili su cui proprio tu, su Il Foglio, hai scritto le parole definitive. E quando Manfredi Borsellino, alla cerimonia in memoria del padre, tra le braccia di Sergio Mattarella dice quelle cose che ha detto sulla giostra delle antimafiuzze di pronto accomodo non c'è da aspettare intercettazioni fantasma o meno, come quelle dell'incauto Espresso, per capire come è andata a finire. E mi ripeto: una cosa è la mafia, un'altra è la mafia dell'antimafia. Dopo di che c'è la lotta alla mafia. Ed è qualcosa di vero e di serio su cui, personalmente, scelgo di consigliarmi, affidarmi e farmi spiegare da Claudio Fava e non certo dagli avvocaticchi in servizio permanente ed effettivo presso i sottoscala di questura".
Sei stato investito da una polemica nata a destra sul tuo essere…
"Saraceno. Ebbene sì, il guaio è che questi di destra – la pur formidabile Giorgia Meloni – non sanno quanto sia di destra l’essere saraceni. Era solo un calcoluccio elettorale quello della Meloni, credono che tutto sia come una volta. Coi deputati depositari di voti ed equilibri. Pezzenterie di botteguccia. In verità è più efficace mobilitarsi così, con la parola e la libertà, piuttosto che con le alchimie elettorali. Sono pur sempre ludi cartacei".
Però fai politica.
"Certo. Con i miei articoli. E con i miei libri. E facendo politica mi sono convinto di un fatto: è necessario mobilitare l’opinione pubblica di Sicilia sull’urgenza di cancellare l’autonomia e dunque privarsi dello statuto speciale. E’ impossibile governare la Sicilia col ricatto del consenso ed è infattibile che si possa costruire la speranza con questo ceto politico regionale. Il fatto che tutti loro – tutti questi deputati - non si dimettano, la dice lunga".
E come la racconteremo?
"La racconteremo ancora a lungo. Con Buttanissima Sicilia a teatro, Salvo Piparo, in scena, cosa fa? Aggiorna lo spettacolo di continuo. Tutto quel grande successo al Teatro Biondo, per esempio...".
Quello del debutto o quello della replica?
"Quello del sold out, per dirla con Johnny Flop... Furono entrambe le serate un gran successo, un tutto esaurito rotondo. Non certo un flop. Il Teatro Biondo pieno come un uovo. Tutto quel successo del Biondo, insomma, si ripeterà con gli aggiornamenti dettati dalla realtà. Dal pilone della Palermo-Catania allo sbiancamento plastico del sederino. Tutta Italia aspetta le ultime nuove di questo cuntu, per dirla con la cantata che fa in scena Costanza Licata".
Tutta Italia?
"E certo, anche in continente: ricordi a Perugia, al Festival Internazionale del Giornalismo? Che spavento. Ce ne stavamo soli soli, buttati in due poltrone, io e il regista...".
Già, il regista...
"Sì, il regista: Giuseppe Sottile del Basto! Insomma, te lo ricordi? Io e te, terrorizzati di fare il forno, il fiasco e il flop e, invece, anche in continente, con un pubblico in larga parte di stranieri, il tuo canovaccio ebbe un grande successo. In soli cinque minuti il teatro si riempì. E non solo in platea: tanta gente in piedi! E quella signora, poi, ricordi? Ci disse: ho capito solo il 70 per cento ma quello che ho compreso mi ha divertito tanto... Era inglese quella signora. Pensa dove può arrivare il palermitano stretto di Salvo Piparo. A proposito: giorno 27 agosto, Buttanissima Sicilia, sarà a Messina, al Giardino Corallo. E il 28, dunque il giorno dopo, sarà di scena a Palazzo Donnafugata, a Ragusa, mentre in autunno la compagnia tornerà ancora in Continente, a Torino: quattro serate al Carignano".
E i piemontesi come se lo gusteranno lo spettacolo?
"Con il filtro dell'esotismo. Sono pur sempre le Mille e una disgrazia di Sicilia".
http://livesicilia.it/2015/08/08/saro-i-buchi-neri-e-una-trazzera-verso-il-nulla-dialogo-sui-mali-della-buttanissima-sicilia_654660/
Energia pulita, mentre in Italia la politica pensa ad accaparrarsi potere, la creatività italiana si ingegna per far sopravvivere l'industria
Fotovoltaico e internazionalizzazione delle PMI italiane: nasce 'Solar Breeder'
Rimandare di nove mesi il processo-boomerang per diffamazione di Renzi a Maiorano era troppo, anticipata prima udienza al 13 novembre
Escort a Firenze, Taormina: ‘Processo contro Maiorano diventerà contro Renzi’
Chiamati a testimoniare anche Boschi e Lotti
di Barbara Laurenzi - ItaliaChiamaItalia
Roma – Rinviata da giugno a marzo, poi nuovamente anticipata all’autunno. Si terrà il prossimo 13 novembre la prima udienza del processo che vede Alessandro Maiorano, dipendente comunale di Palazzo Vecchio, imputato per diffamazione dal premier Matteo Renzi in seguito a una serie di dichiarazioni rese alla stampa, tra le quali un’intervista a ItaliaChiamaItalia pubblicata nel giugno 2013.
La procura di Firenze ha di fatto accolto le istanze di Maiorano e del suo legale Carlo Taormina che, dopo avere appreso dell’iniziale slittamento di nove mesi, avevano richiesto di abbreviare i tempi. Come già raccontato da Maiorano a ItaliaChiamaItalia, l’avvocato Taormina ha elaborato un fascicolo di cinquantadue pagine nelle quali spiega e motiva punto per punto ogni accusa mossa dal dipendente fiorentino all’ex sindaco e chiama a testimoniare una lista di nomi eccellenti, tra i quali non mancano alcuni attuali ministri.
La linea della difesa è semplice. Poiché Matteo Renzi accusa Alessandro Maiorano di diffamazione, si dimostrerà in aula che, al contrario, tutto quello che è stato detto è vero, a partire dalle presunte spese incontrollate fino ad arrivare al giro di escort che avrebbero frequentato Palazzo Vecchio.
Inoltre, proprio effettuando delle ricerche anagrafiche per preparare la linea difensiva in seguito alla querela per l’intervista pubblicata su ItaliaChiamaItalia, Maiorano e Taormina si sono imbattuti nel caso della residenza del premier in via Alfana, spostata in tutta fretta e il cui affitto veniva pagato dal fedelissimo Marco Carrai.
Avvocato, la procura ha accolto la vostra richiesta anticipando la prima udienza al 13 novembre. Quale sarà la linea difensiva?
Questo processo presenta diversi filoni, ai quali sono collegati differenti testimoni e situazioni. Un ruolo importante è sicuramente quello giocato da amministrativi e funzionari da un lato e potere politico dall’altro. Molte delle spese alle quali abbiamo fatto riferimento riguardano sia la Florence Multimedia, sia la Fondazione Strozzi sia, infine, il Genio Fiorentino. Per ciascuno di questi tre settori, moltissime delle rogazioni a favore di Renzi venivano effettuate sulla base di delibere che avrebbero dovuto essere esaminate sotto il profilo della legittimità ma, di fatto, venivano fatte dai dirigenti senza passare dal controllo politico. Il cuore delle nostre testimonianze, quindi, è rappresentato dalla giunta e dai funzionari responsabili delle erogazioni.
Qual è il ruolo di Florence Multimedia in relazione alle spese contestate da Maiorano?
Esistono alcuni aspetti riguardanti la Florence Multimedia in relazione alle campagne elettorali fatte a favore di Renzi che, in parte, utilizzavano questi meccanismi di divulgazione di attività teoricamente legate alla provincia. Dall’altro lato è emerso il ruolo delle fondazioni che facevano capo al solito Carrai. Lui è il perno di tutto, intorno a lui ruotano tutte le spese per tutte le campagne elettorali, sia per le primarie che per le altre, ad esempio il comune, sia per tutto ciò che riguarda le controprestazioni che sembrerebbe aver avuto in termini di fornitura per un museo di Firenze, per la presenza come amministratore dell’aeroporto di Firenze e nella Firenze Parcheggi, due grandi municipalizzate dove troviamo sempre e immancabilmente Carrai.
Per quale motivo, nel vostro fascicolo, è citato anche l’ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi?
Perché è stato proprio Lusi a versare una somma consistente a Renzi e, quindi, dobbiamo sapere da dove vengono questi soldi. Se sono parte di quelli per i quali Lusi è stato condannato per appropriazione indebita, allora si configurerebbe il reato di ricettazione.
Come farete a risalire ai soldi versati da Lusi?
Ne abbiamo prodotto le fatture all’interno del fascicolo.
Come avete fatto ad averle?
Abbiamo queste fatture perché somme, ufficialmente, venivano date a determinati soggetti, mentre poi i soldi andavano a Renzi.
Quindi ipotizzate un giro di false fatturazioni?
Sì, certamente.
Per quale motivo avete chiamato a testimoniare anche il ministro Boschi e il sottosegretario Lotti?
Perché indagando sulle attività delle spese per sostenere l’ascesa di Renzi troviamo quelli che oggi sono ministri ma, all’epoca, avevano un ruolo molto importante che a noi interessa per capire quali fossero le reali utilizzazioni dei soldi erogati. Soldi che risultano dovuti per certe attività e che, invece, riguardano iniziative delle quali la provincia non si sarebbe mai dovuta interessare. Quindi questi soldi sono stati impiegati o per attività che non hanno una compatibilità istituzionale, oppure sono andati in una direzione diversa da quella dichiarata. A queste spese poco limpide si sommano quelle messe in conto per alberghi, viaggi, ristoranti e caffè, ma ammontano a poco meno di un milione di euro e sono una cifra poco significativa, se confrontata con il totale dei trentuno milioni contestati.
È vero che la questione della residenza di Renzi in via Alfani 8 emerse proprio mentre svolgevate le indagini per preparare la difesa di Maiorano?
Sì, effettuando delle ricerche si scoprì che lui, in un brevissimo lasso di tempo, forse solo una giornata, trasferì la residenza da via Alfani a Pontassieve quando, secondo quella che è la nostra impostazione accusatoria, si rese conto che quella sua presenza avrebbe potuto scottare, sulla scia di quanto accade a Fini per la casa di Montecarlo ad esempio. In via Alfani c’era un contratto di locazione intestato a una persona, mentre il canone veniva pagato da Carrai, lo stesso che gestisce le fondazioni ed è presidente di AdF, ossia Aeroporti di Firenze.
Per quale motivo, secondo lei, la procura ha cambiato idea ed ha accolto la vostra richiesta?
Secondo me perché non potevano fare altrimenti, è un principio generale, le procure sono impersonali, il pm può essere chiunque, anche se devo dire che, quando si tratta di processi delicati, si fa in modo che sia sempre lo stesso pm a seguire il tutto. Però, in questo caso, c’era una particolarità. La nostra era un’udienza di transito per ammettere le prove per poi rinviare alla prima udienza vera e propria, quindi qualsiasi pm andava bene. Poi, da quello che ci risulta, il pm era impedito a presentarsi in aula solo fino al giorno seguente, quindi l’udienza si sarebbe potuta tenere anche a due giorni dopo. Invece hanno rinviato fino al 21 marzo e noi, di contro, abbiamo presentato l’istanza ma, per non darci soddisfazione e non poterci far dire che eravamo stati noi a determinare l’anticipazione, è stato poi il pm stesso a spostare la data.
Quali assi calerete nel corso del dibattimento?
Abbiamo diverse cose interessanti che non posso anticipare, naturalmente c’è tutto il capitolo delle escort che deve essere scandagliato e, nella lista dei testi, abbiamo le indicazioni di coloro che possono testimoniare la frequentazione di escort a Palazzo Vecchio, che è poi la vicenda per la quale Renzi ha sporto querela.
Su quali aspetti insisterà la difesa in aula?
In buona sostanza, poiché agiremo in exceptio veritatis e poiché in questo processo si giudica per diffamazione, dovremo dimostrare che non abbiamo commesso diffamazione e che quelle spese furono realmente ‘spese pazze’. Il primo agosto è un anno che la Procura di Firenze ha le nostre contestazioni, un fascicolo di decine di pagine, e finora non ha fatto nulla. Ora la Procura dovrà attivarsi. Paradossalmente, il processo contro Maiorano diventerà invece il processo contro Renzi.
Renzi, massoneria, Maggioni
Postato il Venerdì, 07 agosto di davide
DI SERGIO CARARO
contropiano.org
La Maggioni ha partecipato agli incontri di questa organizzazione riservatissima dei potenti del mondo e lo aveva fatto facendosi legittimare proprio dalla Rai di cui si apprestava a diventare presidente. La Rai, sollecitata da un’interrogazione del presidente della Commissione Vigilanza Roberto Fico (M5S) in merito alla partecipazione della Maggioni alla riunione del Bildeberg del 29 maggio scorso, si era sentito rispondere: “Si conferma che la Dottoressa Monica Maggioni ha partecipato a Copenaghen al meeting annuale di Bilderberg nel periodo compreso tra il 29 maggio e il 1° giugno. La Rai - ancorché la partecipazione citata sia avvenuta a titolo personale - ritiene assolutamente legittimo che, nell’ambito della propria attività professionale, un suo dipendente possa partecipare se invitato, a prendere parte ad eventi organizzati da un think tank di tale rilevanza internazionale e che tale partecipazione costituisca elemento di prestigio per l’azienda stessa”.
Per onestà occorre sottolineare come la Maggioni non sia affatto l’unica giornalista di comando a partecipare alle riservate riunione del Bildeberg. Negli anni passati negli hotel di lusso che ospitavano gli incontri si potevano incontrare Lilli Gruber, Gianni Riotta, Ugo Stille, Arrigo Levi, Ferruccio de Bortoli, Lucio Caracciolo. Soprattutto quelli del Corriere della Sera, erano di casa.
Sulla funzione del Bilderberg come “facilitatore” nel controllo dei punti strategici del comando, è interessante il meccanismo descritto nel libro di Domenico Moro (“Club Bildeberg”), ossia quello delle “porte girevoli”, per cui un ministro (o, nel caso degli USA, un segretario di Stato) si ritrova poi al vertice di una multinazionale, o magari ne aveva fatto parte prima, mentre grandi manager pubblici come Romano Prodi dopo aver portato avanti massicce privatizzazioni si ritrovano presidenti del Consiglio o ai vertici dell’Unione europea; o ancora uomini come Mario Draghi, che passano da presidente del Comitato economico e finanziario del Consiglio della UE a direttore generale del Ministero del Tesoro italiano, per poi diventare vicepresidente della Goldman-Sachs, dopo di che governatore della Banca d’Italia e infine presidente della Banca centrale europea.
Insomma una vera e propria oligarchia esclusiva che occupa sistematicamente tutti i posti rilevanti nell’economia, nella politica, nell’informazione e nella diplomazia internazionale. Gente che quando si incontra in località esclusive e in riunioni riservate di certo non discute certo della fame nel mondo o del giro d'Italia di ciclismo.
Con un Presidente del Consiglio in odore di grembiulini come Renzi (e come aveva scritto l’ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli, immediatamente messo alla porta), la nomina di una partecipante al Gruppo Bildeberg a presidente del Consiglio di Amministrazione della Rai è tutt’altro che una sorpresa, è una conferma.
Sergio Cararo
Fonte: http://contropiano.org
Link: http://contropiano.org/articoli/item/32243
6.08.2015
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=15412
Renzi prende tempo, ma noi romani sappiamo che Roma è mafiosa in tutte le sue istituzioni e il Pd è il brodo in cui prolifera la corruzione
Renzi insabbia la verità su Roma
Se
non fosse tragica, la questione avrebbe del comico: il premier Matteo
Renzi tiene nascosto il documento sul quale è scritto se il partito del
segretario Matteo Renzi è mafioso o no
Fiumicino allo sbando, le istituzioni assenti, disorganizzazione organizzata, tutto è voluto
raggiri d’agosto
«Così sono stato truffato a Fiumicino
da un tassista abusivo»
A bordo di un minibus bianco, con una «complice» dell’autista che è ripartito sgommando con il bottino: una corsa da 88 euro in totale
«Il tassametro è spento»
«Mi ha dato dieci euro, non cinquanta»
Sulmona, la politica dimentica la sua ragione d'essere, sintesi in funzione degli interessi delle comunità
Snam, Comitati: la grande beffa | |||
venerdì 07 agosto 2015 | |
Non risparmiano critiche i comitati cittadini per l’ambiente dopo la conferenza dei servizi sul metanodotto che ha rimesso l’ultima parola al governo (clicca).
“Occorreva un intervento molto deciso sul Governo, che invece non c'é stato da parte dei nostri rappresentanti – incalzano - occorreva la partecipazione in prima persona del Presidente D'Alfonso e del Vice Presidente Lolli che invece hanno, con la loro assenza, ancora una volta abbandonato la lotta e imposto, ai cittadini e
ai territori, l’umiliazione di soccombere allo strapotere del Governo e
della multinazionale. Così come si sono fatti notare per la loro latitanza i Presidenti di Umbria e Marche, tutti Governatori,
guarda caso, dello stesso colore politico del Presidente del Consiglio il cui "decisionismo", evidentemente, va assecondato. Vistose anche le defezioni di molti Comuni, tra cui l'Aquila
in testa: proprio l'Aquila, che era la città capofila della opposizione
al progetto Snam. Il risultato non poteva che essere disastroso: dopo quella sulla centrale si chiude anche la Conferenza di Servizi sul metanodotto e
la Snam, che ha visto accolte tutte le sue istanze, può tranquillamente
cantare vittoria. Per indorare la pillola l'Assessore Mazzocca,
lasciato da solo a gestire la bollente questione, parla ancora di
"riunione interlocutoria", dice che ora la palla passa alla Presidenza
del Consiglio e che la Regione si opporrà "fino alla morte".
Ma
la realtà è ben diversa – aggiungono - perchè i giochi sono ormai
fatti e il diritto alla salute, all’incolumità, l’ambiente, l’economia,
le opportunità di sviluppo, sono compromessi e condannati grazie a
coloro che, da rappresentanti del popolo, si sono trasformati in
paladini dei poteri forti. Il Governo calpesta arrogantemente il dissenso espresso dalle istituzioni e dalle comunità locali anche perchè non supportati da un fronte unico di opposizione con azioni di contrasto all’opera e si limiterà, pertanto, a considerare gli incontri che seguiranno, adempimenti puramente formali. La vera battaglia, che avrebbe potuto cambiare l'esito della "vicenda Snam", è quella che la Regione, per calcolo o per inadeguatezza, non ha combattuto. Ora è troppo tardi. Eppure la Regione Abruzzo ha avuto a disposizione ottime carte da giocare, a livello politico, tecnico e giuridico; carte che però ha buttato nel cestino, per calcolo o inadeguatezza, lasciando pienamente campo libero alla Snam e al suo principale sponsor, il Governo Renzi.
Quando, alcune settimane
fa, D'Alfonso aveva "strappato" la possibilità di ridiscutere la
localizzazione della centrale, sembrava che l'intera infrastruttura
potesse essere rimessa in discussione. Ma ora che la Conferenza di Servizi ha bloccato il metanodotto sulla dorsale appenninica e dunque sui nostri territori, che
senso ha quello "spiraglio"? Solo uno specchietto per le allodole
perché spostare la centrale di qualche centinaio di metri o di qualche
chilometro non cambia assolutamente nulla e non è questo l'obiettivo per il quale stiamo combattendo dal 2008.
Quella
che si sta consumando sulle nostre teste e a danno del nostro
territorio – concludono - è una grande beffa che ha come protagonisti
avversari ben definiti come il Governo e la Snam in perfetta simbiosi,
ma anche quei tanti politici molto inclini alla carriera politica e poco
avvezzi a difendere i diritti delle popolazioni e il territorio, la
cui inaffidabilità abbiamo imparato ormai da tempo a riconoscere e verso
i quali i cittadini non potranno che puntare l’indice accusatore: E’ COLPA VOSTRA!”.
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