L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 2 gennaio 2016

il Pd è una fonte di corruzione, sale da loro una puzza sulfurea e maleodorante

Julik-Zanellato-600x300
Julik Zanellato interviene sulla vicenda della lettera che ha inviato al ministro della Giustizia Andrea Orlando chiedendogli di intervenire nei confronti del pm Sabrina Duò. Annunciando, innanzitutto, che non è intenzionato a rassegnare le sue dimissioni. Anzi: se qualcuno dovesse richiedere un congresso straordinario all’assemblea provinciale del 18 gennaio, Zanellato si dice pronto a ricandidarsi. «Non è un’opzione contemplata – dice al Gazzettino, riferendosi appunto alle dimissioni – se si andrà a congresso anticipato, come richiesto dalla minoranza del partito,sono pronto a ricandidarmi».
Zanellato ammette che potendo tornare indietro non scriverebbe la lettera, anche se «Questo però non vuol dire che non mi batterei per evitare la spettacolarizzazione delle inchieste». Poi Zanellato ricostruisce la vicenda dello “scandalo”: «mi assumo la totale ed esclusiva responsabilitàdella lettera inviata a Orlando in agosto. Libero da qualsiasi corresponsabilità altre figure e organismi dirigenti del Pd a qualsiasi livello, così può cessare ogni imbarazzo (…) Paradossalmente quella corrispondenza personale è stata violata nella sua segretezza».
«La lettera è depositata nell’archivio della sede del partito, a cui hanno accesso pochissime persone – conclude Zanellato – non ho idea di chi possa essere stato. E per questo sfido quel vigliacco che ha deciso di divulgare la mia corrispondenza personale di uscire allo scoperto, di metterci la faccia, così poi ci confrontiamo sulle tematiche della giustizia e sulle proposte per migliorarne il funzionamento».

Cantone non ci incanta sarà anche di "destra" rimane il fatto che è la foglia di fico di un governo stupido&corrotto

Il caso. Raffaele Cantone: “Sono di destra. Quando feci filone per un comizio del FdG…”

 2 gennaio 2016 da Michele De Feudis


Raffaele Cantone

Tutti lo immaginavano “democraticamente corretto”. De sinistra, piddino di osservanza renziana. Invece il quadro è differente. “La mia collocazione è la destra”: la rivelazione è di Raffaele Cantone, magistrato e presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, in una intervista di Salvatore Merlo su Il Foglio, ha rivelato che da ragazzo aveva il cuore che batteva per il Movimento sociale italiano, e addirittura ha partecipato ad una manifestazione dei ragazzi con le fiaccole tricolori nella sua città.

“Questo non dovrei dirglielo – ha detto Cantone – ma una volta da ragazzino a Napoli feci “filone” a scuola… E andai con amici a sentire un comizio di Gianfranco Fini che allora era il capo del Fronte della Gioventù. Alleanza Nazionale? Movimento sociale. La mia collocazione è a destra”.

Paolo Borsellino

Cantone – a differenza dei magistrati “rossi” Giancarlo Caselli, Antonio Di Pietro o Luciano Violante – è espressione di una antropologia repubblicana e legalitaria di destra. Come lo era il giudice Paolo Borsellino, patriota caduto in combattimento contro le mafie. Il filo rosso è la sensibilità per le regole che, valendo erga omnes, possono diventare la garanzia di giustizia per i non garantiti di uno Stato “secondo giustizia”.

Sorprende, inoltre, la lucidità nel fotografare il mondo dei magistrati. Sul cortocircuito giudici/politica Cantone ha parole nette (e condivisibili): “Sono la politica e il Parlamento che devono fare la scelta di fondo”, ha puntualizzato in merito ai tanti colleghi “scesi” in politica. E commentando gli schemi berlusconiani anti-giudici, ha aggiunto: “Con tutti i suoi difetti la magistratura è un fondamentale presidio di legalità”, senza dimenticare che in alcuni casi “ha esorbitato, ci sono stati esempi di protagonismo esasperato. Ma l’umanità, si sa, è un legno storto”. Sano realismo. Di destra.


Toh, Sapelli rinsavisce e comincia a considerare gli interessi dell'Italia, proseguendo il suo ragionamento oltre a contestare la Germania si deve contestare gli Stati Uniti che non guardano i nostri interessi ma solo i loro

 Sapelli: uno "tsunami" cinese può travolgere l'Europa (e l'Italia)


Giulio Sapelli



sabato 2 gennaio 2016

L'ora della verità è giunta in Europa lì da dove era inevitabile che giungesse se tutto ciò che diciamo sulle trasformazioni dell'economia mondiale è vero: la verità giunge dalla Cina. Sono passati infatti quindici anni dall'ingresso di quest'ultima nella Wto e, secondo i regolamenti vigenti sul piano internazionale relativamente al libero scambio, l'Impero di Mezzo può ora richiedere di essere riconosciuto come "economia di mercato" dall'Ue, traendo in tal modo profitto dalle conseguenze tariffarie e regolamentari, appunto, che tale riconoscimento comporta.

La Cina, è noto, sta altresì trattando con il Fondo monetario internazionale per il riconoscimento dello yuan come moneta di riferimento negli scambi internazionali e ha recentemente realizzato un successo diplomatico di enorme rilevanza con la creazione della Banca Asiatica d'Investimento per le Infrastrutture che ha istituito la sua sede a Londra con l'avvallo entusiasta dei Conservatori inglesi, nonostante i divieti Usa che sono stati inascoltati da tutte le nazioni mondiali con pochissime eccezioni.

Vanno fatte alcune considerazioni. È ben vero: furono i Democratici di Clinton e i Laburisti di Blair infeudati vassalicamente e e subalternamente al capitale finanziario internazionale a sponsorizzare l'entrata della Cina nella Wto. Si creava una terribile asimmetria sul piano industriale e produttivo che scava la fossa a molte industrie mondiali, ma che pareva aprire alle stesse industrie una sconfinata prateria di possibili occasioni grazie a un costo del lavoro ai limiti della stessa riproducibilità della forza di lavoro cinese Ma la finanza ah! la finanza celebrava successi su successi, insegnando a far debito scritto all'attivo e a produrre armi di distruzione di massa alle grandi banche di stato cinesi, che si aprivano al mondo e a centinaia di migliaia di banche di stato piccole e medie e anche di shadow bank che ora sono in una crisi irreversibile per il fallimento del progetto burocratico terroristico di trasformare la Cina, da economia comunista fondata sui beni strumentali, in economia comunista fondata sui beni di consumo: obbiettivo che senza libertà politica non può raggiungersi.

Ora gli Usa sono terrorizzati dalla crisi cinese che si manifesta con il collasso terroristico all'interno (arresti ed esecuzioni di massa che destabilizzano l'establishment) ed espansione imperialistica all'esterno con una politica estera aggressiva.

Ma la seconda notazione è che l'Occidente, dinanzi a tale aggressività imperialistica, si è diviso. Gli Usa non esercitano più capacità egemonica e tutte le nazioni seguono il pifferaio cinese con pochissime eccezioni che si contano tra i nemici storici della Cina (Giappone, Vietnam, Corea del Sud).

È significativo che a guidare le truppe sparse e disorientate degli altri stati mondiali sia l'establishment finanziario inglese (a differenza dei Laburisti) e il capitale monopolistico di stato tedesco che sul fronte europeo si fa portatore della richiesta cinese, indebolendo il cuore stesso della tecnocrazia europea e favorendone gli orientamenti filo cinesi.

Si sta delineando una catastrofe internazionale che ha come suo epicentro la trasmissione su scala mondiale delle terrificanti turbolenze cinesi al mondo intero via europea. Che sarà del trattato transatlantico e di quello transpacifico? Che sarà della leadership internazionale Usa già in scacco in Medio Oriente dinanzi a una Russia anch'essa protesa a trasferire all'estero le sue tensioni?

La storia ritorna: la Germania disvela pulsioni a far da sé dominando e mai convincendo e il Regno Unito insegue un nuovo mito imperiale. Le altre potenze, Francia in primis, non sanno chi imitare, ma per intanto anch'esse per pulsioni nazionalistiche destabilizzano l'Occidente (vedi la lotta all'Italia in Libia per ragioni di potenza neocolonialistica dimenticando che il nemico principale è l'Isis).

L'Italia non deve perdere la testa e continuare a prendere l'iniziativa nel Mediterraneo in senso transatlantico e contestando i disegni neo-imperiali tedeschi, pena una definitiva sua marginalizzazione: la difesa degli interessi nazionali è essenziale e costituisce un fattore di equilibrio di potenza. 

Insomma: il terremoto è iniziato e la vecchia talpa scava. Ma non scava la rivoluzione: scava invece un crollo geo-economico quale mai si è visto prima al mondo.

Sanità, gli euroimbecilli adottano tutte regole europee che tolgono diritti, redditi, attaccano risparmi e affossano la sanità pubblica. Un governo imbecille che non assume medici che vanno in pensione va rottamato

Sanità: nel 2016 ci aspetta un riscatto del pubblico o un trionfo del privato?

Medico, opinionista di sanità sociale
Stiamo assistendo al funerale della sanità pubblica. Ci ha pensato una direttiva europea, la 104/CE del 1993 convertita in legge 66/2003, la cui attuazione è stata rinviata sia dal governo Prodi che da Berlusconi. La patata bollente ora è in mano a Renzi e Lorenzin che dovranno farla applicare limitando a 48 ore il lavoro settimanale del medico con almeno 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore. L’applicazione della norma porterebbe ad un collasso del servizio sanitario nazionale con grande guadagno delle strutture private.
Da almeno dieci anni, infatti, abbiamo avuto blocchi di assunzioni di medici pensionati, magari ricorrendo ad assunzioni con contratti a termine o a prestazione, con sforzo enorme soggettivo per coprire i turni. In secondo luogo in Italia non si formano abbastanza medici: ogni anno se ne laureano tra i nove e i diecimila ma i posti in specialità sono circa cinquemila ed un medico non specialista non può fare praticamente nulla. Inoltre gli stessi specializzandi vengono “illusi” con una retribuzione mensile della speranza di essere assunti. In realtà sono sfruttati come se fossero medici formati proprio per non prenderne di nuovi che costerebbero molto più; una volta specialisti benserviti dallo Stato e rimpiazzati da nuovi specializzandi entrati a ruota.
Sciopero dei medici e dei veterinari
Per questo oltre duemila medici l’anno sono costretti ad emigrare. Spendiamo soldi per formare medici che non abbiamo la capacità di assumere e li perdiamo con spesa maggiore. Anche per questo non avremo abbastanza medici per sostituire, quando andranno in pensione, gli oltre duecentomila medici che hanno più di 55 anni attualmente in organico. Così si sgretola il sistema sanitario nazionale a scapito del privato che fa contratti allettanti per medici formati.
Di fronte a questo quadro realistico Renzi e soprattutto la Lorenzin cosa decidono di fare?
La nostra ministra aveva parlato di seimila assunzioni nel 2016 (poi saltate), di cui la metà almeno in realtà è personale precario già in essere che non aggiungerebbe forza di lavoro, mentre gli altri verrebbero assunti nell’immediato con contratti a termine. Dove trova le coperture nella manovra economica il buon Renzi senza fare i gufi?
Udite udite: la spesa è stata stimata dal Consiglio dei ministri tra i 300 e i 350 milioni di euro, che si dovrebbero recuperare dai “famosi” risparmi dovuti a centrali d’acquisto e ai limiti imposti alla medicina difensiva che si tradurranno in taglio delle prestazioni.
Allora la domanda sorge spontanea, signora ministra, e forse ora finalmente risponderà. Se la spesa per assumere seimila medici è di 330 milioni di euro che trova raschiando il barile, con rischio di riduzione delle prestazioni, non potrebbe risparmiarne circa#unmilionedieuroalgiorno per un solo farmaco assumendo altri ottomila medici? Se non lo ricordasse signora ministro parlo delcaso Avastin-Lucentis. Vuole chiedere lumi a Napoleone Ferrara del Consiglio Superiore di Sanità anche lui sordo?
Oppure signora ministro ne vuole risparmiarne qualche altra decina (circa trenta con cui assumiamo altre centinaia di medici) per un altro farmaco “mortale” di nome pioglitazone?
Signora ministra, domandare è lecito rispondere è cortesia. Non è preparata, non sa cosa rispondere? Vogliamo chiedere agli specializzandi che tra poco “liquidiamo” cosa ne pensano? Vedrà loro risponderanno in massa.

Sanità, imbecillità al governo, invece di assumere medici ed infermieri chiudono le strutture togliendo assistenza alle popolazioni

MINISTERO

Sanità, altri quattro punti nascita in Sicilia costretti a chiudere: ed esplode la protesta

Nulla da fare per le strutture di Petralia, Santo Stefano Quisquina, Lipari e Mussomeli
OSPEDALI, punti nascita, sanità, Sicilia, In Sicilia così
PALERMO. I punti nascita di Licata e Bronte potranno continuare le attività pur non raggiungendo al momento i 500 parti l’anno. Nulla da fare invece per Petralia, Santo Stefano Quisquina Lipari e Mussomeli che dovranno chiudere i battenti. Si conclude così un lungo percorso iniziato nel 2010, quando il ministero della Salute, il Governo, le Regioni e le Province autonome siglarono un accordo per migliorare la sicurezza nelle nascite stabilendo la chiusura dei reparti più piccoli ritenuti insicuri.
La decisione del ministero ha già scatenato l’ira delle comunità locali. «Hanno prevalso logiche di appartenenza politica - attacca il sindaco di Petralia, Santo Inguaggiato - e sono certo che ha pesato il fatto che nel nostro ospedale viene assicurata l’applicazione della legge sull’interruzione volontaria della gravidanza, scelta sempre drammatica per la donna che nessuno può però strumentalizzare, né qualche esponente dell’assessorato né eventuali esponenti romani». E Magda Culotta, sindaco di Pollina e deputato del Pd, rincara la dose: «La salute non è un privilegio da distribuire col manuale Cencelli».

Turchia=alla Germania di Hitler, gli islamisti, Fratelli Musulmani, da anni stanno distruggendo germi e focolai di democrazia e il processo per giungere alle elezioni di novembre lo dicono. 4 novembre 2015




Turchia, Erdogan evoca Germania nazista per presidenza forte

Sistema portato ad esempio in conferenza stampa


Turchia, Erdogan evoca Germania nazista per presidenza forte
Ankara 1 gen. (askanews) - Per difendere il sistema presidenziale forte che intende instaurare in Turchia Recep Tayyip Erdogan non ha esitato ad evocare l'esempio della Germania di Hitler, come riporta la stampa turca.
"In un sistema unitario (come la Turchia) una presidenza forte può benissimo esistere, ve ne sono esempi nel mondo e anche nella storia, come la Germania di Hitler", ha spiegato Erdogan ai giornalisti al ritorno da una visita in Arabia Saudita.
Erdogan intende modificare la Costituzione in modo da dare alla Presidenza - che detiene dal 2014 - poteri simili a quelli dei sistemi statunitense, russo o francese; il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (Akp) tuttavia non ha ottenuto la maggioranza qualificata necessaria e dipende dunque dalla collaborazione del'opposizione, che si oppone però in blocco temendo una deriva autoritaria.
(fonte Afp)

La Nato vuole la 3° Guerra Mondiale, insieme alla Consorteria Guerrafondaia Statunitense

Putin attacca la Nato: minaccia la sicurezza della Russia
Mosca, 1 gennaio 2016 - Il presidente russo Vladimir Putin firma  la nuova 'strategia di sicurezza nazionale', dalla quale emerge, un po' a sorpresa, che la vera minaccia per Mosca è l'espansione della Nato. In particolare si tratta di una minaccia "per la sicurezza nazionale".

Il documento viene aggiornato ogni sei anni e indirizza la politica estera del Paese. Secondo quanto si legge, l'aumento delle truppe Nato ai confini della Russia è definito "una violazione delle norme che regolano il diritto internazionale".

L'ISIS - Sempre nel piano di strategia nazionale russo si legge poi che "la nascita di un'organizzazione terroristica che si è autoproclamata Stato Islamico e il rafforzamento della sua influenza sono il risultato di una politica dai 'doppi standard' che alcuni paesi stanno conducendo nella lotta contro il terrorismo".

ACCORDO UE-KIEV - Ma ci sono altri due provvedimenti legati alle crisi politiche più acute che hanno segnato il 2015: quella con l'Ucraina e, più recente, quella con la Turchia innescata dall'abbattimento del jet di Mosca al confine con la Siria. Oggi entra in vigore la parte commerciale dell'accordo di associazione tra l'Ucraina e l'Ue, e contemporaneamente l'embargo di Mosca su diversi prodotti agricoli turchi, nonché la chiusura di alcuni settori economici russi alle imprese di Ankara. 

La parte politica dell'accordo Ucraina-Ue era entrata in vigore a novembre del 2014, dopo la firma avvenuta a giugno. A novembre del 2013 il rifiuto di firmare l'accordo dell'allora presidente ucraino, il filo-russo Viktor Yanukovich, pressato da Mosca, fece esplodere la crisi nel Paese. Un movimento di protesta sostenuto dagli Usa e dall'Occidente costrinse Yanukovic a lasciare il potere, la Russia rispose invadendo la Crimea e scatenando così il conflitto nelle regioni ucraine sud-orientali.

L'applicazione dell'accordo per la creazione di un'area di libero commercio tra l'Ue e l'Ucraina è una pietra miliare nelle relazioni bilaterali di entrambe le parti, perché offre benefici economici agli uni e agli altri, si legge in un comunicato della Commissione Ue. I prodotti ucraini avranno accesso stabile e preferenziale al maggior mercato del mondo, quello europeo, con 500 milioni di consumatori, aggiunge la nota.

I Paesi comunitari beneficeranno di un più facile accesso al mercato ucraino (45 milioni di persone). I cittadini ucraini avranno un migliore accesso ai prodotti di alta qualità e i dazi di importazione saranno più bassi, si legge ancora. 

L'incidente del caccia russo abbattuto dalla Turchia, avvenuto il 24 novembre, ha sconvolto le proficue relazioni tra Mosca e Ankara, e tra i due presidenti Vladimir Putin e Tayyip Erdogan. La tensione e le reciproche accuse tra i due Paesi è salita vertiginosamente fino a quando, il primo dicembre, Putin ha emesso un decreto che vieta, a partire da oggi, le importazioni alimentari (in particolare verdura, frutta, fiori, carne) e sospende inoltre il regime di visti liberi con la Turchia. 

Ucraina, il FMI scardina il sistema dei rimborsi dei debiti, apre la strada MA non si rende conto che è a doppio senso di marcia

ilsussidiario.net - il quotidiano approfondito
Economia e Finanza

SPY FINANZA/ Così gli Usa hanno fallito (anche) in Ucraina

Mauro Bottarelli

venerdì 1 gennaio 2016

Ma cosa succede in Ucraina? Da centro del mondo e madre di tutti gli scontri tra Russia e Occidente, con tanto di imposizione delle sanzioni, il Paese ex sovietico è sparito dai radar dell'informazione. Tutto risolto? No, affatto: nel Donbass si continua a combattere e morire, ma qualcosa sembra muoversi sul fronte diplomatico. Proprio ieri i leader di Ucraina, Russia, Germania e Francia si sono parlati al telefono e hanno ribadito la volontà di applicare gli accordi di Minsk per risolvere la crisi nella regione del Donbass e in vista delle elezioni locali del febbraio 2016. Vladimir Putin, Petro Poroshenko, Angela Merkel e François Hollande si sono accordati perché i rispettivi ministri degli Esteri si incontrino prima dell'inizio del mese di febbraio, per esaminare la situazione nell'est dell'Ucraina e la messa in atto dei termini degli accordi di Minsk, ha riferito l'Eliseo in una nota. Inoltre, hanno anche «sottolineato l'importanza della piena applicazione nel 2016 del totale delle misure previste dagli accordi». Nella telefonata hanno avuto «attenzione particolare» per i preparativi delle elezioni nel Donbass e, stando l'Eliseo, tutti hanno espresso «appoggio» al gruppo di lavoro incaricato delle questioni politiche, che entro la fine di gennaio dovrà definire le condizioni perché il voto possa svolgersi. 

Vuote parole della diplomazia? O qualcosa si muove davvero? Parrebbe di sì, perché mercoledì - prima quindi della telefonata distensiva - proprio il presidente russo, Vladimir Putin, ha firmato un decreto che esclude le esportazioni di gas in Ucraina dalla legge sulla sospensione del libero scambio tra Mosca e Kiev. Il testo del documento è stato pubblicato sul sito legale di informazioni del governo. Prima di mercoledì, infatti, lo stesso Putin aveva firmato la legge che sospende il free trade con l'Ucraina nel quadro dell'accordo della zona di libero scambio del Csi a partire da oggi. Insomma, resta la durezza bilaterale, ma la carta energetica non è stata giocata dal Cremlino. E non è cosa da poco, perché sempre a partire da oggi, primo gennaio, oltre 200mila nuclei familiari in Bulgaria rischiano di rimanere in pieno inverno senza gas naturale dopo che la società russa Gazpromexport ha annunciato di voler fermare le forniture dall'inizio del nuovo anno a seguito di debiti pendenti da parte della società privata bulgara Overgaz, preposta alla distribuzione del gas agli utenti privati in Bulgaria. Per l'occasione, il premier della Bulgaria, Boyko Borissov, ha convocato d'urgenza i direttori delle società statali per il gas, la Bulgargaz e la Bulgartransgaz, e ha chiesto la loro piena disponibilità per eventuali vendite di gas naturale alla Overgaz. Già nel gennaio 2009, per alcuni giorni, la Bulgaria rimase completamente tagliata fuori dalle forniture di gas dalla Russia, via Ucraina, a causa delle controversie tra Mosca e Kiev: oltre il 90% del fabbisogno della Bulgaria di gas naturale dipende dalle forniture dalla Russia. 

Insomma, due pesi e due misure. Abbastanza incredibile, soprattutto visti i buoni rapporti tra Mosca e Sofia e quelli pessimi tra il Cremlino e Kiev. Ma c'è di più e più grave a rendere incredibile l'appeseament russo verso l'Ucraina in atto in queste ore. Con una decisione storica e senza precedenti, infatti, il 10 dicembre scorso il Fondo monetario internazionale ha stracciato la regola aurea su cui aveva basato la sua azione fin qui e ha condonato di fatto all'Ucraina il debito che ha con la Russia, uno scherzo da 3 miliardi di dollari. 

Era dagli anni Cinquanta che quelle regole erano in vigore, ma ora - con un atto di imperio comunicato al mondo dal portavoce, Gerry Rice, in una noticina di tre righe - il Fmi di fatto entra a piedi uniti nella nuova Guerra fredda in atto e impone il suo new deal: d'ora in poi chiederemo di onorare solo debito contratto in dollari e verso alleati degli Usa. Il Fmi, quindi, continuerà a dare prestiti al governo di Kiev, nonostante la sua insolvenza verso Mosca, membro dello stesso Fondo. Il quale, quando la Russia ha chiesto che facesse valere in suo favore le regole a difesa dei creditori, ha guarda caso fatto un'eccezione per Kiev, cambiando la sua politica di non tollerare gli arretrati a danno dei creditori. Un atto di guerra chiaro e tondo nei confronti di Mosca. Ma non solo, di fatto una divisione del mondo tra creditori di serie A (ovvero gli Usa e il loro blocco di alleati, ovvero Ue e valute diciamo pro-dollaro) e di serie B, cioè di fatto i Brics e altre nazioni che non sono nell'orbita di interesse economico e militare statunitense. 

Washington ha creato infatti un precedente, attraverso il caso Ucraina: i debiti verso Paesi che non sono nell'area del dollaro, possono non essere onorati. Il tutto, proprio nel periodo in cui il Fmi ha incluso lo yuan cinese nel paniere delle valute di riserva (Sdr). All'epoca tutti si chiesero: cosa farà Mosca? Uscirà dal Fmi per ritorsione? Oppure utilizzerà un'altra arma di pressione, ovvero la relazione speciale con la Cina per forzare la mano nell'ambito della nuova Asian Development Bank, annunciando parallelamente che i Paesi in orbita rublo-yuan possono non pagare debito in dollari o euro o sterline? O magari chiuderà i rubinetti del gas verso Kiev, proprio ora che arriva la parte più rigida dell'inverno? Nulla di questo è stato fatto, tantomeno forzare la mano sull'arma energetica, visto che oltretutto se Mosca chiude i rifornimenti verso l'Ucraina, ad andarci di mezzo sarebbero anche le forniture verso l'Europa. 

Perché quindi Putin sta mostrando tutta questa pazienza nei confronti dell'Ucraina? Timore, soprattutto ora che Mosca è direttamente coinvolta anche nelle operazioni militari in Siria e comincia a vedere qualche fiammata estremista in Daghestan? No, la questione è diametralmente opposta. Partiamo dall'inizio, ovvero da come nacque il debito da 3 miliardi di dollari di Kiev verso Mosca. Nel 2013, la Russia acquistò un bond denominato in euro per quel controvalore al fine di aiutare il presidente ucraino filo-russo, Viktor Yanukovych, visto che Kiev necessitava di denaro contante per coprire il suo gap di finanziamento estero, mentre la Banca centrale stava mettendo mano con il badile alle riserve valutarie per supportare la valuta in caduta libera, la hryvnia e ripagare il debito estero. L'accordo fu concluso nel dicembre di quell'anno, ma solo due mesi dopo, Viktor Yanukovych fu cacciato dal potere attraverso le proteste di Maidan supportate strenuamente dagli Stati Uniti, attraverso Cia e Dipartimento di Stato e, nella fattispecie, dal senatore John McCain. 

Più tardi, all'interno di un accordo di ristrutturazione del debito per 18 miliardi di dollari, il governo guidato da Poroshenko raggiunse un patto con alcuni creditori, che includevano T. Rowe e Franklin Templeton, in base al quale questi ultimi accettavano un haircut del 20% sul dovuto per permettere a Kiev di migliorare la propria sostenibilità dei conti. L'Ucraina, contestualmente, offrì il medesimo accordo anche a Mosca, ma Vladimir Putin riteneva inaccettabile perdere dei soldi nei confronti di un governo creato e sostenuto dagli Stati Uniti, quindi rifiutò sdegnosamente e l'Ucraina fece di fatto default

Perché questa cronistoria? Primo perché non penso che tutti conoscessero a fondo quanto accaduto in Ucraina negli ultimi due anni e, secondo, perché la tabella a fondo pagina ci mostra come l'ennesimo regime change finanziato e sponsorizzato da John McCain stia fallendo miseramente: stando a un sondaggio Gallup, quindi statunitense, oggi Poroshenko è meno popolare e sostenuto tra gli ucraini di quanto non fosse Yanukovych prima della sua cacciata dal potere. Nonostante alcuni segnali che sembravano propendere per una rinascita della fiducia degli ucraini nei confronti di chi li governa, dopo oltre un anno al potere solo il 17% dei cittadini approva il lavoro di Poroshenko, un crollo verticale dal 47% raggiunto pochi mesi dopo le elezioni del maggio 2014. 

Alla base di questo malcontento ci sarebbe l'incapacità del governo di garantire ai cittadini quanto richiesto attraverso le proteste di piazza di oltre due anni fa, oltretutto permettendo alla situazione economica di peggiorare vistosamente, tanto che la Banca centrale ha dovuto mantenere i tassi al 22% per cercare di contrastare la montante inflazione, la seconda più veloce come crescita dopo quella venezuelana e saldamente sopra il 60%. A questo va poi unita l'annessione della Crimea alla Federazione russa, atto vissuto da molti ucraini come un'amputazione della sovranità e un ritorno sotto il giogo post-sovietico e gli scontri tra forze ucraine e separatisti filo-russi nel Donbass, i quali hanno già reclamato qualcosa come 9mila vittime. Detto fatto, la mappa più in basso, ci mostra come la popolarità e il supporto pubblico per Poroshenko sia crollato in ogni regione del Paese. Ma il problema non è solo del leader, perché come dimostra il grafico a fondo paginaa, relativo al sondaggio Gallup, è l'intero governo ucraino a non godere dei favori della popolazione, soprattutto per la lentezza e l'inconcludenza del processo di riforme intrapreso. Solo l'8% degli interpellati ha dichiarato di avere fiducia nell'esecutivo, un dato bassissimo che solo nel 2014 era al 24% e che rimane anche uno dei più bassi a livello storico da quando Gallup traccia su base demoscopica l'Ucraina, ovvero dal 2006. 

Insomma, dopo le primavere arabe, ecco un altro brillante regime change americano che giunge alla resa dei conti con il disincanto dei cittadini. Capito perché Putin può permettersi di abbozzare e, anzi, sembrare quasi magnanimo nei confronti di Kiev? Perché non solo la Crimea è conquistata e sul Donbass la comunità internazionale dovrà mediare, ma soprattutto perché in Ucraina il governo fantoccio instaurato da Washington e Fmi sta perdendo pezzi e fiducia della gente. La quale, si sa, da quelle parti fa in fretta a tornare in piazza e protestare, nonostante i nazisti prezzolati che difendono il protettorato statunitense nell'ex area sovietica. 

Insomma, per Mosca un altro successo politico e diplomatico. Ma questo Putin è davvero invincibile? No e di questo parleremo domani. Per adesso, buon anno nuovo. 

http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2016/1/1/SPY-FINANZA-Cosi-gli-Usa-hanno-fallito-anche-in-Ucraina/667262/

 

Giannini bugiarda, abuso di potere nessuno difende gli insegnanti

Scuola notizie 1 gennaio, Luigi Gallo, M5S: 'Ministro Giannini, Lei proteggerà i docenti?'

Ultime notizie scuola, venerdì 1 gennaio 2016: il deputato del Movimento Cinque Stelle Luigi Gallo si rivolge al Ministro Giannini.


Abbiamo assistito nelle ultime settimane allo scontro tra docenti e ANP in merito a un documento redatto dall'Associazione Nazionale Presidi in cui si suggerisce ai dirigenti scolastici di 'non avere le mani legate in caso di docenti contrastivi'. 
L'insegnante di scuola superiore, meglio conosciuto in ambito politico come deputato del Movimento Cinque Stelle, onorevole Luigi Gallo, ha pubblicato sulla propria pagina Facebook un messaggio attraverso il quale si riprende la 'querelle' relativa ai 'docenti contrastivi'.

Docenti contrastivi, Luigi Gallo, M5S: 'Ministro Giannini come intende proteggere gli insegnanti?'

L'esponente pentastellato si rivolge metaforicamente al ministro dell'Istruzione Stefania Giannini, chiedendoLe come intenda salvaguardare la libertà di insegnamento, uno dei principi basilari sul quale si regge la scuola pubblica italiana. 'Ministro, come intende proteggere i docenti di fronte ad eventuali abusi professionali da parte dei dirigenti scolastici?'
Luigi Gallo fa presente che, da mesi, il Movimento Cinque Stelle continua a denunciare il fatto che la legge 107 consegna nelle mani dei dirigenti scolastici enormi poteri discrezionali: l'esercizio improprio di tale libero arbitrio non avrebbe alcuna difficoltà a sconfinare nell'abuso di potere. 

Luigi Gallo: 'Vogliono trasformare procedure democratiche in operazioni farsa'

L'onorevole pentastellato sottolinea come l'Associazione Nazionale Presidi intenda suggerire ai propri tesserati una cultura che finirà per trasformare le procedure democratiche in operazioni FARSA (per rimarcare ancora meglio l'importanza del concetto, la parola è stata scritta nel post FB in maiuscolo). 
Ecco perchè si ritiene che l'onorevole Stefania Giannini debba censurare queste affermazioni che non fanno altro che esprimere tutta la contentezza dei dirigenti per il fatto di non avere più le mani legate nei confronti dei docenti che intendano opporsi o, per lo meno, contrastare il modus operandi dei presidi. Il ministro Giannini risponderà a tale interrogazione? 

Scuola, Renzi il buffone corrotto viene preso in giro dagli insegnanti

Il Premier Matteo Renzi sfida i docenti sobillati a sfiduciarlo

'Non avrai il nostro scalpo, viso pallido': vogliamo ingresso da Gae su iscrizione da Graduatoria per provincia

Pubblicità
Tecnica della Scuola ospita la risposta del Coordinamento docenti delle Gae alla stizzita dichiarazione del Premier Matteo Renzi che si rammaricava del fatto che ben 30.000 docenti delle Gae non avessero presentato la domanda di partecipazione alla Fase B del piano straordinario di assunzioni previsto dalla Legge 107. Ciò che Matteo Renzi lamenta è il comportamento scorretto tenuto da alcuni governatori (referendum incostituzionalità legge 107) e la distorsione vergognosa, a suo parere personale, dell'informazione diffusa sui contenuti delle fasi B e C della Buona Scuola. Diversi sindacati avevano dissuaso gli iscritti delle Gae a presentare la domanda per evitare il rischio di un trasferimento coatto, circostanza che ha prodotto lo scontro totale tra le parti chiamate in causa.

Il pianto del premier

Nella peggiore tradizione italiana, votata al vittimismo e all'incomprensione, il premier aveva contestato le iniziative di contrasto condotte sul suo “geniale” piano di stabilizzazione dei precari. Riempire gli organici del Nord attraverso un bypassamento delle vecchie regole per le quali, chi era interessato dalla Fase B a rimettere la domanda, doveva essere disposto a rinunciare al criterio provinciale che le stesse contenevano per accettare una cattedra anche a 1000 km. di distanza. Parla di cattiveria ricevuta indebitamente e sfida i docenti sobillati dai sindacati a votare contro al prossimo Referendum, mostrando tutto il pugno duro di cui è capace il Governo. Peccato che si sia capito realmente il senso della riforma scolastica suggerita da Confindustria e dalla UE.

Risposta a Matteo Renzi dai docenti "sobillati"

Non tarda ad arrivare la risposta che i docenti sobillati rivolgono a Renzi, magistralmente strutturata e rappresentata con una lieve vena di ironia da parte del Coordinamento docenti delle Gae. Dolendosi profondamente del fatto che tutti i docenti che non hanno presentato la domanda siano caduti nella trappola dei sindacati, esprimono la volontà di partecipare al suo profondo dolore per non aver potuto portare a compimento il mirabile piano di stabilizzazione dei precari. Offrono una valida sponda nel momento in cui si dichiarano disponibili a mettere fine alle sue terribili sofferenze. In fondo è molto semplice: basta che si immetta in ruolo da Gae prendendo cattedra sulla provincia in cui si è iscritti, anche domani stesso.

Banca Etruria, tutti gli amministratori, anche il Boschi, hanno proposto/imposto ai correntisti le obbligazioni subordinate, sapevano che erano pezzi di carta straccia

Lepri (M5S): “Per Banca Etruria inaccettabile l’elemosina offerta nel fondo del Governo”
“Crediamo che la dichiarazione del Sindaco Ghinelli sull’operato dei rappresentanti locali in parlamento, non sia rivolta al Movimento 5 Stelle ma agli esponenti che fanno parte della maggioranza”. Così Paolo Lepri, consigliere del Movimento 5 Stelle interviene sulle recenti dichiarazioni del sindaco Ghinelli. “Siamo certi che il Sindaco Ghinelli, sappia il lavoro svolto dal Movimento […]


Redazione Arezzo Notizie

1 gennaio 2016



“Crediamo che la dichiarazione del Sindaco Ghinelli sull’operato dei rappresentanti locali in parlamento, non sia rivolta al Movimento 5 Stelle ma agli esponenti che fanno parte della maggioranza”. Così Paolo Lepri, consigliere del Movimento 5 Stelle interviene sulle recenti dichiarazioni del sindaco Ghinelli.

“Siamo certi che il Sindaco Ghinelli, sappia il lavoro svolto dal Movimento 5 Stelle a partire dal 23 di Novembre, per contrastare il decreto legge che aiuta i grandi interessi bancari, tutela gli amministratori delle 4 banche e che abbandona a loro stessi i risparmiatori frodati.

La nostra portavoce alla Camera dei Deputati Chiara Gagnarli ha fatto e sta facendo un lavoro egregio assieme ai nostri portavoce in commissione finanze.

Il movimento 5 stelle non può accettare l’elemosina offerta dal governo sottoforma di fondo da 100 milioni a fronte di una mal gestione delle banche. Non può accettare la tutela degli amministratori ancor più quando tra questi vi è il padre di un Ministro (evidente conflitto di interessi).

Riteniamo ipocrita denunciare la mancanza di risorse da parte del governo, quando è di queste ore la multa ad una grande multinazionale che dovrà pagare allo Stato italiano oltre 300 milioni di euro (inizialmente la sanzione era oltre 880 milioni).

Questa somma unita ai 100 milioni del fondo basterebbe per risarcire i risparmiatori.

Vogliamo che si faccia anche chiarezza sulle plusvalenze che deriveranno dalla gestione della Bad Bank, a chi andranno i ricavi?.

Vogliamo inoltre una legge in cui gli amministratori che hanno mal gestito una banca o una società non possano ricoprire in futuro alcun ruolo in nessuna banca o società futura, sia pubblica che privata. Chiediamo quindi la confisca dei beni posseduti degli stessi amministratori e non invece le ricche ricompense.

Gradiremmo che gli On. Donati e Mattesini anziché adeguarsi ai voleri del loro capo padrone, alzino la voce a tutela dei risparmiatori. Sarebbe bello che una volta tanto mettessero da parte la loro carriera politica a favore del risparmiatori truffati e affinché chi ha sbagliato paghi. Ma forse c’è una volontà politica di non fare male agli amici degli amici….o ai padri degli amici….” 

Bail-In, imbecilli prezzolati, imbecilli in malafede, prima la separazione tra banche commerciali (di risparmio) da quelle d'investimento e poi il Bail-In che investa solo le banche d'investimento. Il risparmio deve essere tutelato dai pescecani che gestiscono in maniera sconsiderata percependo redditi milionari









Rivoluzione per le banche europee: al via la direttiva sul bail in

Rivoluzione per le banche europee: al via la direttiva sul bail in
(ansa)
Dopo sette anni di salvataggi statali, costati 800 miliardi in Europa, la normativa Brrd chiama azionisti, obbligazionisti e depositanti sopra i 100mila euro a farsi carico del primo 8% di perdite degli istituti. Una nuova percezione dei rischi che cambierà i rapporti con la clientela


6
 
MILANO - Da oggi il mondo delle banche cambia. Non lo hanno deciso i banchieri. Ma politici e funzionari dei paesi dell'Unione europea, che dal 2008 si sono svenati, versando circa 800 miliardi - lo ha calcolato la Banca centrale europea, notando che solo una metà è stata finora rimborsata - per evitare a una quantità di istituti di finire travolti dalla crisi finanziaria prima, dei debiti sovrani poi, infine della recessione economica che ha moltiplicato il monte dei crediti inesigibili. In questi sette anni la mano della fiscalità generale ha versato nelle banche del continente una media di 4,8 punti di Pil, con punte del 20% in paesi come Irlanda, Grecia, Cipro, Slovenia. Anche Germania, Austria, Spagna e Portogallo hanno avuto impatti sensibili dai salvataggi di banche. E ogni volta ne hanno fatto le spese deficit e debito pubblico, livello della tassazione e dei servizi.

L'Italia del credito, che finora si è (giustamente) vantata di non avere pesato, se non per una manciata di miliardi restituiti con gli interessi nel caso di Mps, sull'erario, si trova però nella spiacevole situazione di sperimentare sulla pelle un "antipasto" delle nuove regole, tramite la messa in sicurezza delle quattro banche del Centro Italia che ha azzerato il capitale dei loro 130mila azionisti, e i bond subordinati di altri 10mila prestatori, per un valore di 788 milioni di euro, cui vanno aggiunti 275 milioni di simili strumenti lasciati nelle quattro "vecchie" banche Marche, Etruria, Ferrara, Chieti ora in liquidazione.

Per imparare dalle lezioni del passato, contenere la spesa pubblica e per sensibilizzare i banchieri dalle condotte di "azzardo morale" viste nel passato - tipiche di chi sa di non poter fallire - a Bruxelles negli ultimi tre anni si è fatto strada il principio del "burden sharing": che si potrebbe sintetizzare "chi rompe paga", e si applica ad azionisti e obbligazionisti delle imprese quando si trovano a chiedere aiuti agli Stati. Questo principio, introdotto nelle normative Ue dall'agosto 2013, con la nuova direttiva Brrd in vigore da oggi si perfeziona in ambito bancario. Da ora in avanti, quindi, sarà molto più difficile che a pagare il costo delle crisi finanzarie siano gli Stati. La direttiva sul "bail in" (salvataggio interno) prevede che i primi a farsi carico delle perdite bancarie, fino all’8 per cento delle dimensioni dei loro bilanci, siano in ordine decrescente azionisti, obbligazionisti subordinati, obbligazionisti ordinari, e se ancora non basta i depositanti oltre i 100mila euro.

La legge del bail in, che entra in gioco soltanto quando un istituto finisce in dissesto, modifica radicalmente il rapporto tra ogni banca e i suoi clienti. E la percezione dei rischi, da adesso diventa molto più importante. E' probabilmente la fine delle banche come "porto sicuro" dei risparmi, e si spera l'inizio di una nuova era di consapevolezza dei rischi e dei diritti per i generalmente poco esperti risparmiatori italiani. Diventerà sempre più importante far caso al patrimonio primario degli istituti, quelle riserve contabili chiamate a coprire le perdite per prime. Più è alto, più i suoi risparmiatori sono al sicuro. L’indicatore più attendibile è il Common equity tier 1, il nocciolo duro che si misura in percentuale sugli attivi, ponderati per il rischio. La soglia minima in Europa è dell’8%, tutte le banche quotate sono tenute a comunicarlo con la pubblicazione dei conti trimestrali, le altre nel semestre o nei bilanci d'esercizio. Ma più è solida una banca, meno può permettersi di pagare la raccolta su titoli e depositi a correntisti e risparmiatori. E', questo, un altro cardine dell'investire che le nuove regole cristallizzano: ogni grado di rischio deve associarsi a un adeguato rendimento, alto o basso che sia. Chi vuole tassi più alti in banca rischia di più, e da ora in poi deve prepararsi a pagare per primo.

venerdì 1 gennaio 2016

Mattarella, che squalore, che miseria, un Presidente della Repubblica che ama il suo popolo farebbe Fronte Unico per l'uscita dall'Euro, si aprirebbero delle possibilità per la Piena Occupazione dignitosa

attualita' posted by

Mattarella: poche idee (e ben confuse) a reti unificate


image
Un Mattarella con poche idee e davvero molto confuse, quello che abbiamo ascoltato nel discorso di fine anno. Mattarella è l’ennesimo Presidente fortemente inadeguato, messo al Quirinale unicamente per non disturbare i comodi delle grandi lobby finanziarie.
Qui di seguito troverete in corsivo il suo discorso integrale intervallato dal mio commento.

“L’anno che sta per concludersi ha recato molte novità intorno a noi: alcune positive, altre di segno negativo. Questa sera non ripeterò le considerazioni che ho fatto, giorni fa, incontrando gli ambasciatori degli altri Paesi in Italia sulla politica internazionale, e neppure quelle svolte con i rappresentanti delle nostre istituzioni. Stasera vorrei dedicare questi minuti con voi alle principali difficoltà e alle principali speranze della vita di ogni giorno. Il lavoro anzitutto. L’occupazione è tornata a crescere. Ma questo dato positivo, che pure dà fiducia, l’uscita dalla recessione economica e la ripresa non pongono ancora termine alle difficoltà quotidiane di tante persone e di tante famiglie. Il lavoro manca ancora a troppi dei nostri giovani. Sono giovani che si sono preparati, hanno studiato, posseggono talenti e capacità e vorrebbero contribuire alla crescita del nostro Paese. Ma non possono programmare il proprio futuro con la serenità necessaria. Accanto a loro penso a tante persone, quarantenni e cinquantenni, che il lavoro lo hanno perduto, che faticano a trovarne un altro e che vivono con la preoccupazione dell’avvenire della propria famiglia. Penso all’insufficiente occupazione femminile. Il lavoro manca soprattutto nel Mezzogiorno. Si tratta di una questione nazionale. Senza una crescita del Meridione, l’intero Paese resterà indietro. Le diseguaglianze rendono più fragile l’economia e le discriminazioni aumentano le sofferenze di chi è in difficoltà”. 

Il Presidente parte toccando un tema centrale, quello del lavoro. Fin qui tutto bene, se si esclude il fatto che ha millantato un’inesistente ripresa dell’occupazione. Nella rilevazione ISTAT di ottobre gli occupati sono diminuiti di ben 39 mila unità e gli inattivi sono cresciuti di 32 mila. Parlare di calo della disoccupazione senza tenere a mente i dati nella loro completezza è più degno di Renzi che non di un Presidente della Repubblica. Mattarella ammette poi almeno la necessità di risolvere il problema delle diseguaglianze. Effettivamente, ai sensi e per gli effetti dell’art. 3 Cost., è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica  e sociale del Paese.

Facile dire no alle diseguaglianze, ma i problemi nascono quando si deve pensare a cosa fare e quella del PdR è la peggiore delle ricette neoliberiste, ricetta che diffonde probabilmente senza neppure capirla:

“Come altrove, anche nel nostro Paese i giovani che provengono da alcuni ambienti sociali o da alcune regioni hanno più opportunità: dobbiamo diventare un Paese meno ingessato e con maggiore mobilità sociale. Il lavoro e la società sono al centro di un grande processo di cambiamento. L’innovazione è una sfida che riguarda tutti. La competizione richiede qualità, creatività, investimenti. Impresa privata e settore pubblico, in particolare scuola, università e ricerca, devono operare d’intesa”.

Dunque la ricetta per il rispetto degli obblighi repubblicani dovrebbe essere mobilità (italiani cercate il lavoro lontano da casa!) e quell’abominio che è la competizione, ovvero l’opposto degli inderogabili doveri di solidarietà economica, politica e sociale previsti dall’art. 2 Cost.
La competizione non si fa CON qualcuno, ma CONTRO qualcuno. La mia personale maggior competitività passa per la sconfitta di un mio competitor, ma il competitor è rappresentato da altre famiglie, da altri esseri umani. Lotta fratricida, ecco cosa propone Mattarella, anziché uno Stato che coordini e controlli l’economia, affinché la competizione non lasci indietro nessuno. Insomma si invoca un completo tradimento del modello economico costituzionale: libero mercato anche contro l’interesse pubblico.

“La condizione economica dell’Italia va migliorando: questo va sottolineato. Anche le prospettive per il 2016 appaiono favorevoli. Senza dimenticare l’azione svolta dalle istituzioni, va detto – e tengo a dirlo – che moltissimi nostri concittadini hanno operato con impegno e con senso di responsabilità, in settori diversi e con compiti differenti. Hanno contribuito in questo modo, malgrado la crisi, a tenere in piedi l’economia italiana. A tutti loro desidero render merito ed esprimere grande riconoscenza”. 

Qui Mattarella prende vergognosamente le parti dell’attuale maggioranza riconoscendo meriti inesistenti. Dal 2011 in poi abbiamo perseguito politiche contrarie agli interessi nazionali, che hanno scaraventato l’Italia nel baratro. La condizione economica del Paese è in forte peggioramento malgrado la congiuntura favorevole rappresentata dal crollo del prezzo del petrolio e dai bassi tassi d’interesse, a crescita siamo fanalino di coda europeo. Si è scientemente distrutta la domanda interna, nel rispetto del vincolo esterno UE, per cercare di abbattere prezzi e salari per competere. Si è lanciata una corsa a svalutare i diritti nel nome del profitto da raggiungersi sulle spalle di altri poveri disgraziati. Una nazione priva di sovranità economica e monetaria punta ad ottenere qualche briciola (di moneta fresca), vendendo all’estero i prodotti fatti dai nuovi schiavi italiani.

Davvero bello lavorare senza diritti ed in condizioni di precariato diffuso, affinché qualche straniero possa godere delle nostre fatiche a buon mercato. Che splendore il modello del sornione Mattarella.

“Così come intendo inviare un messaggio di sostegno e di speranza alle famiglie particolarmente in affanno: non vanno lasciate sole, e chiedo l’impegno di tutti perché le difficoltà si riducano e vengano superate”.

Le famiglie non hanno bisogno di chiacchiere. La gente si ammazza e delle parole di Mattarella fa volentieri a meno. Ciò che sarebbe un vero sostegno è la mera applicazione delle tutele costituzionali. 

Servirebbero politiche espansive per il rilancio della domanda (stracciando i vincoli demenziali ed incostituzionali dei trattati) e l’applicazione dell’art. 38 cost., che impone l’obbligo di assistere i disoccupati involontari. Ma uno Stato senza più moneta non è nelle condizioni di salvare nessuno, non può nemmeno comprare il pane.

Non poteva poi mancare la stupidaggine per eccellenza, ovvero quella di attribuire la crisi all’evasione anziché alla mancanza di sovranità. Mattarella sfoga un qualunquismo da “Cetto la Qualunque”:

“Un elemento che ostacola le prospettive di crescita è rappresentato dall’evasione fiscale. Secondo uno studio, recentissimo, di pochi giorni fa, di Confindustria, nel 2015 l’evasione fiscale e contributiva in Italia ammonta a 122 miliardi di euro. 122 miliardi! Vuol dire 7 punti e mezzo di PIL. Lo stesso studio calcola che anche soltanto dimezzando l’evasione si potrebbero creare oltre trecentomila posti di lavoro: gli evasori danneggiano la comunità nazionale e danneggiano i cittadini onesti. Le tasse e le imposte sarebbero decisamente più basse se tutti le pagassero”. 

Imbarazzante davvero. Come ho più volte spiegato (clicca qui per un articolo sul tema) l’evasione, vista l’attuale demenzialità, delle politiche economiche in corso, è addirittura un freno alla crisi. La moneta estingue qualche obbligazione in più prima di essere annichilita. Anche un bimbo dell’asilo capirebbe che non si può dire “122 miliardi di evasione sono 122 miliardi in meno per lo Stato”. Che cos’è la moltiplicazione dei pani e dei pesci?

Evado 100 euro e secondo Mattarella li porterei in Svizzera? Non spenderei in Italia quei soldi? La circolazione dell’evaso, di mano in mano, genera un’ovvio moltiplicatore, che alla fine non cambia in alcun modo il gettito per l’erario ma incrementa la ricchezza complessiva. Facile capire che se ottengo un compenso in nero di cento euro e lo spendo la sera al ristorante, l’erario percepirà la medesima cifra complessiva. Se avessi fatturato infatti non sarei andato al ristorante e conseguentemente, il ristoratore non avrebbe avuto i 100 euro di guadagno. Alla fine i cento euro verranno comunque tassati se restano in Italia. La quantità complessiva di moneta non cambia in virtù dell’evasione fiscale, Mattarella fa una confusione inaccettabile per il ruolo che ricopre ed insiste nel diffondere l’assurdo concetto che le tasse consentano di fare spesa pubblica, quando è l’esatto contrario. Uno Stato prima crea la propria moneta e la spende, solo dopo può chiederla in dietro (in parte) con le tasse.

Qual è infatti il compito delle tasse? Oltre ad imporre la moneta su un dato territorio, le tasse servono per fare politica monetaria. Drenare la moneta in eccesso e diminuire gli squilibri reddituali tra i cittadini, redistribuendo ricchezza. Se la nostra politica monetaria fosse normale l’evasione creerebbe qualche problema alla sua corretta applicazione, certo. Ma vista la situazione, in cui si è codificato addirittura il pareggio in bilancio in Costituzione, ogni euro evaso è una boccata d’ossigeno per l’intero Paese ed anche per chi non può evadere. Un’ingiustizia dunque, ma comunque molto meno ingiusta delle politiche messe in atto da governi collaborazionisti del potere finanziario.

“In questi giorni avvertiamo allarme per l’inquinamento, specialmente nelle grandi città. Il problema dell’ambiente, che a molti e a lungo è apparso soltanto teorico, oggi si rivela concreto e centrale. Mi auguro che lo si affronti con un comune impegno da parte di tutti. Sono utili le diverse opinioni – e non si può certo comprimere il confronto politico – ma siamo di fronte anche alla natura, e ai suoi mutamenti, che contribuiscono a provocare siccità e alluvioni. In presenza di una sfida così grande, che coinvolge la salute, è necessario che prevalga lo spirito di collaborazione. Dobbiamo avere maggior cura dei nostri territori. Da quelli montani a quelli delle piccole isole, dove nostri concittadini affrontano maggiori disagi. Occorre combattere contro speculazioni e sfruttamento incontrollato delle risorse naturali. E’ confortante vedere la formazione di molti movimenti spontanei, l’impegno di tanti che si mobilitano per riparare danni provocati dall’incuria e dal vandalismo, e difendono il proprio ambiente di vita, i parchi, i siti archeologici. L’Italia è vista all’estero come il luogo privilegiato della cultura e dell’arte, e lo è davvero. Questo patrimonio costituisce una nostra ricchezza, anche economica. Abbiamo il dovere di farlo apprezzare in un ambiente adeguato per bellezza. L’impegno delle istituzioni, nazionali e locali, deve essere in questo campo sempre maggiore. Un esempio: si può chiedere ai cittadini di limitare l’uso delle auto private, ma, naturalmente, il trasporto pubblico deve essere efficiente. E purtroppo non dovunque è così. Il compito di difendere l’ambiente, peraltro, ricade in parte su ciascuno di noi. Molto della qualità della nostra vita dipende dalla raccolta differenziata dei rifiuti e dal rispetto dei beni comuni”. 

Certo che è necessario tutelare ambiente e salute. Ma è completamente inutile che Mattarella parli di questo. Il nostro Paese prigioniero dei patti di bilancio deve tenere la propria forza lavoro nella disoccupazione, anziché sistemare il territorio. Idem per la ricerca e la scienza, non esiste compatibilità tra ambiente e profitto poiché il profitto è l’unica logica possibile ed ammessa. Mai si potrà portare avanti uno sviluppo che sia incompatibile con gli interessi economici delle lobby. Dunque Mattarella potrebbe evitare simili ipocrisie.

“Non dobbiamo rassegnarci alla società dello spreco e del consumo distruttivo di cibo, di acqua, di energia”. 

A no? Mattarella per favore… Più sprechiamo più il PIL cresce. Dunque non si è nella posizione morale di attaccare il consumismo se si è il suo primo difensore appoggiando le politiche dell’UE. Appunto davvero, poche idee quelle del Presidente e davvero ben confuse.

“Passando ad un altro argomento su cui c’è grande attenzione, tutti sappiamo che il terrorismo fondamentalista cerca di portare la sua violenza nelle città d’Europa, dopo aver insanguinato le terre medio-orientali e quelle africane. Realizzare condizioni di pace e stabilità per i popoli di quei Paesi è la prima risposta necessaria, anche per difendere l’Europa e noi stessi. La prosperità, il progresso, la sicurezza di ciascuno di noi sono strettamente legati a quelli degli altri. Non esistono barriere, naturali o artificiali, che possano isolarci da quel che avviene oltre i nostri confini e oltre le frontiere dei nostri vicini. In questi decenni di pace e di democrazia abbiamo sempre dispiegato un impegno costante in difesa di questi valori, ovunque siano minacciati. La presenza diffusa dei nostri militari all’estero lo testimonia. A loro – e ai tanti volontari – va grande riconoscenza. Il terrorismo ci vuole impaurire e condizionare. Non glielo permetteremo. Difenderemo le conquiste della nostra civiltà e la libertà delle nostre scelte di vita. Con questo spirito abbiamo sentito, tutti, su di noi la sofferenza dei parenti delle vittime di Parigi e ci siamo stretti intorno alla famiglia di Valeria Solesin. Le nostre Forze di polizia e i nostri servizi di sicurezza stanno agendo con serietà e con competenza per difendere la tranquillità della nostra vita. Il pericolo esiste ma si sta operando con grande impegno per prevenirlo. Agli altri Paesi dell’Unione Europea abbiamo proposto di aumentare la collaborazione e di porre sollecitamente in comune risorse, capacità operative, conoscenze e informazioni per meglio contrastare e sconfiggere il terrorismo di matrice islamista. In questo periodo masse ingenti di persone si spostano, anche da un Continente all’altro, per sfuggire alle guerre o alla fame o, più semplicemente, alla ricerca di un futuro migliore. Donne, uomini e bambini: molti di questi muoiono annegati in mare, come il piccolo Aylan e, ormai, purtroppo anche nell’indifferenza. Il fenomeno migratorio nasce da cause mondiali e durerà a lungo. Non ci si può illudere di rimuoverlo, ma si può governare. E si deve governare. Può farlo con maggiore efficacia l’Unione Europea e la stiamo sollecitando con insistenza. Occorrono regole comuni per distinguere chi fugge da guerre o persecuzioni e ha, quindi, diritto all’asilo, e altri migranti che vanno invece rimpatriati, sempre assicurando loro un trattamento dignitoso. L’Italia ha conosciuto bene, nei due secoli passati, la sofferenza e la fatica di chi lascia casa e affetti e va, da emigrante, in terre lontane. Il nostro è diventato, da alcuni anni, un Paese di immigrazione. Molte comunità straniere si sono insediate regolarmente nel nostro territorio, generalmente bene accolte dagli italiani. Tanto che affidiamo spesso a lavoratrici e a lavoratori stranieri quel che abbiamo di più caro: i nostri bambini, i nostri anziani, le nostre case. Sperimentiamo, giorno per giorno, sui banchi di scuola, al mercato, sui luoghi di lavoro, esperienze positive di integrazione con cittadini di altri Paesi, di altre culture e di altre fedi religiose. Il 70 per cento dei bambini stranieri in Italia, lo dice l’Istat, ha come migliore amico un coetaneo italiano. Bisogna lavorare per abbattere, da una parte e dall’altra, pregiudizi e diffidenze, prima che divengano recinti o muri, dietro i quali potrebbero nascere emarginazione e risentimenti. Serve accoglienza, serve anche rigore. Chi è in Italia deve rispettare le leggi e la cultura del nostro Paese. Deve essere aiutato ad apprendere la nostra lingua, che è un veicolo decisivo di integrazione. Larghissima parte degli immigrati rispetta le nostre leggi, lavora onestamente e con impegno, contribuisce al nostro benessere e contribuisce anche al nostro sistema previdenziale, versando alle casse dello Stato più di quanto ne riceva. Quegli immigrati che, invece, commettono reati devono essere fermati e puniti, come del resto avviene per gli italiani che delinquono. Quelli che sono pericolosi vanno espulsi. Le comunità straniere in Italia sono chiamate a collaborare con le istituzioni contro i predicatori di odio e contro quelli che praticano violenza. Negli ultimi anni è cresciuta la sensibilità per il valore della legalità. Soprattutto i più giovani esprimono il loro rifiuto per comportamenti contrari alla legge perché capiscono che malaffare e corruzione negano diritti, indeboliscono la libertà e rubano il loro futuro. Contro le mafie stiamo conducendo una lotta senza esitazioni, e va espressa riconoscenza ai magistrati e alle forze dell’ordine che ottengono risultati molto importanti. Vi è, poi, l’illegalità di chi corrompe e di chi si fa corrompere. Di chi ruba, di chi inquina, di chi sfrutta, di chi in nome del profitto calpesta i diritti più elementari, come accade purtroppo spesso dove si trascura la sicurezza e la salute dei lavoratori. La quasi totalità dei nostri concittadini crede nell’onestà. Pretende correttezza. La esige da chi governa, ad ogni livello; e chiede trasparenza e sobrietà. Chiede rispetto dei diritti e dei doveri. Sono numerosi gli esempi di chi reagisce contro la corruzione, di chi si ribella di fronte alla prepotenza e all’arbitrio. Rispettare le regole vuol dire attuare la Costituzione, che non è soltanto un insieme di norme ma una realtà viva di principi e valori. Tengo a ribadirlo all’inizio del 2016, durante il quale celebreremo i settant’anni della Repubblica. Tutti siamo chiamati ad avere cura della Repubblica. Cosa vuol dire questo per i cittadini? Vuol dire anzitutto farne vivere i principi nella vita quotidiana sociale e civile. Nell’anno che sta per aprirsi si svolgerà il maggior percorso del Giubileo della Misericordia, voluto da Francesco, al quale rivolgo i miei auguri ed esprimo riconoscenza per l’alto valore del suo magistero. E’ un messaggio forte che invita alla convivenza pacifica e alla difesa della dignità di ogni persona. Con una espressione laica potremmo tradurre quel messaggio in comprensione reciproca, un atteggiamento che spero si diffonda molto nel nostro vivere insieme. Sappiamo tutti che quando si parla di noi italiani le prime parole che vengono in mente sono genio, bellezza, buon gusto, inventiva, creatività. Sappiamo anche che spesso vengono seguite da altre, non altrettanto positive: scarso senso civico, particolarismo, individualismo accentuato”.

Ridondante e noioso, la fiera dell’ovvio. Non si chiede quali forze abbiano causato guerra e disperazione, ovvero il motore dell’immigrazione, così facendo, ovviamente, avrebbe dovuto parlare male delle nostre politiche economiche volte allo sfruttamento del resto del mondo, alla prevaricazione dei popoli, alla sistematica depredazione delle risorse utilizzando la truffa della moneta privata debito.

Addirittura risibile poi Mattarella dove si duole dell’individualismo degli italiani. Mattarella, il modello economico che invochi è quello della forte competitività e poi ti lamenti dell’individualismo? Ci sei o ci fai?

“Ricevo ogni giorno molte lettere e, in questo mio primo anno di presidenza, in giro per l’Italia e al Quirinale, ho incontrato tante persone e conosciuto le loro storie. Parlano di coraggio, di impegno, di spirito d’impresa, di dedizione agli altri, di senso del dovere e del bene comune, di capacità professionali, di eccellenza nella ricerca. E non si tratta di eccezioni. Nei miei colloqui con i rappresentanti di altri Paesi, in Italia e all’estero, ho sempre colto una considerazione e una fiducia nei confronti dell’Italia e degli italiani maggiori di quanto, a volte, noi stessi siamo disposti a riconoscere. L’Italia è ricca di persone e di esperienze positive. A tutte loro deve andare il nostro grazie. Sono ben rappresentate da alcune figure emblematiche. Ne cito soltanto tre: Fabiola Gianotti, che domani assumerà la direzione del Cern di Ginevra, Samantha Cristoforetti, che abbiamo seguito con affetto nello spazio, Nicole Orlando, l’atleta paralimpica che ha vinto quattro medaglie d’oro. Nominando loro rivolgo un pensiero di riconoscenza a tutte le donne italiane. Fanno fronte a impegni molteplici e tanti compiti, e devono fare ancora i conti con pregiudizi e arretratezze. Con una parità di diritti enunciata ma non sempre assicurata; a volte persino con soprusi o con violenze. Un pensiero particolare alle persone con disabilità, agli anziani che sono o si sentono soli, ai malati. Un augurio speciale, infine, a tutti i bambini nati nel 2015: hanno portato gioia nelle loro famiglie e recano speranza per il futuro della nostra Italia. Vi ringrazio, e a tutti buon 2016!”.

Ricambio gli auguri Presidente, ben sapendo che se dipenderà da lei non sarà affatto un buon 2016. Solo fermandovi possiamo salvare questo Paese e riportare il mondo difronte ad un necessario ribaltamento dei valori oggi malamente in auge, le persone prima del profitto, l’interesse pubblico prima dell’individualismo, la solidarietà anziché la competitività. 

Un consiglio Presidente, legga meno lettere, e riprenda in mano la Costituzione italiana, estendendo la lettura ai verbali dell’Assemblea Costituente, credo che abbia urgente bisogno di una rinfrescata di memoria.