26/02/2016
Banca Etruria, slitta ancora la decisione su Rossi
Il Csm approfondisce l’istruttoria e chiama a testimoniare il pg di Firenze
L’organo di autogoverno si prende altro tempo, ma gli obbligazionisti ingannati e l’inchiesta sull’istituto di credito aretino non possono più aspettare
C’è un nuovo rinvio, da parte del Consiglio superiore della magistratura, sul caso che riguarda il procuratore di Arezzo, Roberto Rossi, titolare delle indagini relative al fallimento di Banca Etruria. Che rischia il trasferimento per incompatibilità ambientale per via di quell’incarico da consulente del governo (con Letta prima e Renzi poi) ricoperto fino allo scorso 31 dicembre. E non solo. Pure un procedimento disciplinare per via dei suoi strani “silenzi” nel corso della prima audizione al Csm in cui l’ex pm ha affermato davanti ai colleghi di non “conoscere nessun componente della famiglia Boschi”. E dunque né la ministra, né il fratello della titolare per le Riforme, tantomeno il padre, già vicepresidente dell’istituto di credito aretino, che presto potrebbe ricevere un avviso di garanzia per bancarotta fraudolenta nel quinto filone dell’inchiesta guidata appunto da Rossi. Che rispondendo a una domanda sulle sue indagini ha sottolineato di aver appreso “solo dai giornali la composizione del nucleo familiare”. Tant’è, “non sapevo neppure che la Boschi avesse un fratello e un cognato che lavoravano in banca”.
Inesattezze, chiamiamole così, con il magistrato subito sbugiardato dal settimanale Panorama che ha portato agli onori delle cronache altra verità. Confermata poi dallo stesso ex pubblico ministero, che davanti al Csm ha omesso di aver avuto a che fare con l’avvocato Boschi, “dimenticandosi” di raccontare che già in passato lo aveva iscritto nel registro degli indagati (per quattro volte) salvo poi chiedere e ottenere il suo proscioglimento nell’ambito di più inchieste in cui erano ipotizzati reati gravi come turbativa d’asta, riciclaggio ed estorsione.
Ebbene, sarebbe dovuta arrivare ieri la “sentenza”, attesissima, della Prima commissione. Con l’organo di autogoverno delle toghe chiamato a decidere, in un senso o nell’altro, le sorti di Rossi e, di fatto, quelle dell’inchiesta su Banca Etruria. Tant’è, il verdetto è slittato ancora. Il Csm ha ritenuto infatti di proseguire l’attività istruttoria – mettendo quindi nuovamente in dubbio la correttezza del dominus dei pm, che forse avrebbe fatto meglio ad astenersi dall’indagine - disponendo l’audizione del procuratore generale di Firenze, Francesco D’Andrea, a cui nelle scorse settimane erano stati richiesti documenti circa l’operato di Rossi nelle inchieste che hanno riguardato appunto il “babbo” della Boschi. L’audizione del pg avverrà il 7 marzo e il presidente della Commissione Renato Balduzzi ha spiegato che questa testimonianza “servirà per inquadrare meglio la vicenda”. Riservandosi ulteriori accertamenti. Con la decisione che potrebbe richiedere dunque ancora settimane.
Sacrosanto chiarire appieno la vicenda. Ma non prendendosi così tanto tempo. L’inchiesta Banca Etruria non può aspettare. Merita chiarezza e giustizia. Quella invocata da tutti gli ex obbligazionisti privati dei loro risparmi che ancora non hanno ottenuto la restituzione del maltolto. Con i colpevoli di questa ingiustizia che, una volta ravvisati, vanno inquisiti e giudicati. In una vicenda piena di punti oscuri, tutti da chiarire. Per smentire anche quei sospetti lanciati da Giovanni Donzelli, consigliere regionale di Fratelli d’Italia in Toscana, che ha puntato l’indice proprio su Balduzzi, fra i massimi esponenti di Scelta Civica, partito che sostiene il governo Renzi fin dalla sua nascita e “accusato”, per questo motivo, di un presunto conflitto di interessi nel giudicare il capo dei pubblici ministeri di Arezzo. E non sarebbe l’unico ad avere questo ipotetico problema. Visto che come riportato dal settimanale della Mondadori, “fra i membri del Csm eletti dal Parlamento siede anche Giuseppe Fanfani, nipote di Amintore storico esponente della Dc, il cui studio legale è fra i difensori di Pier Luigi Boschi”. Per una incompatibilità difficilmente ravvisabile, dato che i vertici del Csm difficilmente andranno ad indagare – evitando di creare altro caos – gli esponenti della Prima commissione. Per un problema che riguarderebbe non solo il mondo della finanza, ma pure il governo e la magistratura. Che rischia di danneggiare i risparmiatori ingannati da faccende – tutte da accertare – contrarie all’interesse pubblico.
Marcello Calvo
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