Le 7 marche di cioccolato che sfruttano il lavoro minorile Conosciamo “il lato nero del cioccolato”16 FEBBRAIO 2016
Nel settembre 2015 è stata presentata un’azione giudiziaria contro la Mars, la Nestlè e la Hershey sostenendo che stavano ingannando i consumatori che “senza volerlo” stavano finanziando il lavoro schiavo infantile del cioccolato in Africa Occidentale.
Bambini tra gli 11 e i 16 anni (a volte anche più giovani) sono chiusi in piantagioni isolate in cui lavorano tra le 80 e le 100 ore a settimana. Il documentario Slavery: A Global Investigation ha intervistato dei bambini che sono stati liberati, che hanno raccontato che spesso ricevevano pugni e venivano picchiati con cinte e fruste.
“Essere picchiato faceva parte della mia vita”, ha raccontato Aly Diabate, uno dei bambini liberati. “Quando ti mettevano addosso i sacchi [di chicchi di cacao] e cadevano mentre li trasportavi, nessuno ti aiutava. Anzi, ti picchiavano finché non ti rialzavi”.
Nel 2001, la Food and Drug Administration voleva approvare una legislazione per l’applicazione del marchio “slave free” (senza lavoro schiavo) sulle confezioni, ma prima che il provvedimento venisse votato l’industria del cioccolato – includendo Nestlé, Hershey e Mars – ha usato il suo denaro per bloccarla, promettendo di porre fine al lavoro schiavo infantile nelle sue imprese entro il 2005.
Questo limite temporale è stato ripetutamente rimandato, e attualmente la meta è il 2020. Nel frattempo, il numero di bambini che lavorano nell’industria del cacao è aumentato del 51% tra il 2009 e il 2014, in base a un resoconto del luglio 2015 della Tulane University.
Come ha detto uno dei bambini liberati, “godete di qualcosa che è stato fatto con
la mia sofferenza. Ho lavorato sodo per loro, senza alcun beneficio. State mangiando la mia carne”.
Le 7 marche di cioccolato che utilizzano cacao proveniente dal lavoro schiavo infantile sono:
1. Hershey
2. Mars
3. Nestlè
4. ADM Cocoa
5. Godiva
6. Fowler’s Chocolate
7. Kraft
La situazione è stata denunciata anche dal The Guardian, mentre il Daily Mail ha sottolineato che i bambini impiegati in questa industria utilizzano strumenti e macchinari pericolosi, portano i chicchi di cacao su lunghe distanze, lavorano per molte ore e sono esposti a pesticidi e ad altre sostanze chimiche pericolose senza indumenti protettivi. Gran parte del pericolo deriva dal fatto di utilizzare machete con grosse lame.
Secondo l’Huffington Post, le violazioni dei diritti dei bambini sono alla base di oltre il 70% della produzione mondiale di cacao. In base a un rapporto investigativo della BBC, centinaia di migliaia di bambini vengono comprati o rapiti e poi portati in Costa d’Avorio, il più grande produttore mondiale di cacao, dove vengono schiavizzati nelle piantagioni.
I genitori spesso pensano che i figli troveranno un lavoro onesto fuori dal loro Paese e potranno mandare un po’ di denaro a casa, ma nella maggior parte dei casi non è così. I bambini non vengono pagati, non ricevono educazione, sono malnutriti e spesso non rivedranno più le proprie famiglie.
Insomma, prima di mangiare un pezzo di cioccolata sarebbe bene informarsi su com’è stato prodotto, e soprattutto sulle spalle di chi.
[Traduzione dal portoghese a cura di Roberta Sciamplicotti]
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Oltre all’impegno diretto che vede il Gruppo in prima linea per la sostenibilità di questa filiera,
Nestlé ha richiesto - volontariamente e spontaneamente - di collaborare con l’organizzazione indipendente
Fair Labor Association (FLA), che ha definito il Piano Cacao già in essere di Nestlé come “un programma di sviluppo completo ed equilibrato” nel realizzare iniziative volte a contrastare il lavoro minorile.
Un autorevole organismo sta dunque certificando e osservando in modo neutrale il nostro operato a supporto della lotta al lavoro minorile in Costa d’Avorio, con attestazioni positive sulle nostre iniziative. Ciò ha portato alla creazione del Child Labour Remediation and Monitoring System (CLMRS) in Costa d’Avorio per aiutare a identificare i bambini a rischio in ogni comunità che lavora il cacao.
Nestlé ha inoltre voluto investire nella ristrutturazione e costruzione di scuole anche per permettere, attraverso l'educazione, una riduzione dell’incidenza del lavoro minorile. Con il più grande riguardo per il ruolo della stampa nel raccontare l’attualità all’opinione pubblica e, ancora di più, per un sito che dell’etica fa il proprio valore, desidero quindi sottolineare la necessità di porre più attenzione nell’attribuire responsabilità così gravi e odiose alle “multinazionali” in generale e a Nestlé in particolare. L’essere un grande Gruppo industriale non equivale infatti ad essere socialmente non responsabili. Tutt’altro.
Grazie al contributo del nostro Gruppo, sono stati conseguiti notevoli progressi nella gestione della filiera. Tuttavia, il lavoro minorile nel settore della produzione di cacao rimane una sfida significativa e dalle molteplici cause: eliminarlo è un obiettivo condiviso che Nestlé si è assunto, insieme alle industrie, alle ONG, ai Governi, alle autorità locali e alle comunità. Qualora volesse tornare su questo argomento e per qualsiasi informazione sulle attività del nostro Gruppo, la invito dunque a contattare me e i miei collaboratori. Siamo a sua disposizione per ogni approfondimento con l’obiettivo di supportarla nel ricostruire fatti così gravi che l’opinione pubblica ha il diritto di conoscere in tutte le sue sfaccettature e complessità.
Cordialmente, Manuela KronDirettore Corporate AffairsGruppo Nestlé in Italia
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