Mario Pizzola è il portavoce dei
Comitati cittadini per l’ambiente di Sulmona. Da sindacalista ha
ricoperto l’incarico di segretario degli edili della CISL per l’Abruzzo e
il Molise. In rappresentanza del movimento dei Verdi è stato
consigliere alla Provincia dell’Aquila e al Comune di Sulmona. Come
segretario regionale dello stesso movimento ha svolto un ruolo di primo
piano nella battaglia contro il terzo traforo del Gran Sasso. È
co-portavoce del Comitato che si batte per la riconversione a fini
civili e di pace del deposito militare di Monte San Cosimo.
Mario che cos’è la Snam?
La Snam Rete Gas S.p.A. è una società
con persona giuridica di natura privata, con sede centrale a San Donato
Milanese. Incorporata fino al 2011 nel gruppo ENI, la Snam ha come
finalità la costruzione e gestione di gasdotti. Ha una rete di trasporto
gas di 32.300 km. Il 30% del suo azionariato è posseduto dalla Cassa
Depositi e Prestiti.
Qual è il progetto che la Snam vorrebbe realizzare nel centro Abruzzo, nello specifico a Sulmona?
Il progetto Snam che interessa l’Abruzzo
è quello del metanodotto Sulmona-Foligno di 170 km, dei quali quasi due
terzi insistono nel territorio della Provincia dell’Aquila. Questo
progetto è parte di un’opera molto più grande denominata ‘Rete
Adriatica’, di circa 700 km, che coinvolge 10 Regioni, da Massafra (TA) a
Minerbio (BO). Oltre al metanodotto, a Sulmona la Snam intende
costruire anche una centrale di compressione e spinta.
Quali saranno gli impatti della centrale di compressione e del relativo metanodotto?
In primo luogo il rischio sismico che
accentua la pericolosità, già di per sé elevata, di questi impianti.
Diversi sono i casi di metanodotti esplosi per cause naturali, come è
accaduto a Mutignano di Pineto il 6 marzo dello scorso anno. C’è poi
l’impatto ambientale, che è notevole, per un territorio come il nostro
che è il crocevia del sistema dei Parchi in Abruzzo. Da considerare,
inoltre, i danni all’economia locale, in primo luogo all’agricoltura di
qualità e al turismo. Oltre a tutti questi impatti negativi la centrale
di compressione porta con sé anche i rischi per la salute pubblica, a
causa delle emissioni nocive che scaturirebbero dall’impianto.
Il comitato ha richiesto al Governo
di istituire immediatamente un tavolo tecnico istituzionale per
l’individuazione di alternative al progetto attuale della Snam. Il
Consiglio dei Ministri ha vagliato la vostra rivendicazione?
Il 16 dicembre scorso a Roma,
nell’incontro che come Comitati abbiamo promosso presso il Senato della
Repubblica, ben 14 Parlamentari appartenenti a diverse aree politiche
hanno sollecitato il Governo ad istituire il tavolo tecnico
istituzionale per le alternative al progetto della Snam, tavolo previsto
dalla risoluzione della Camera dei Deputati approvata con voto unanime
il 26 ottobre 2011. A tutt’oggi il Governo Renzi, al pari dei
precedenti, è inadempiente nel dare attuazione alla volontà della
massima Istituzione elettiva del nostro Paese.
Nonostante la vostra apertura
democratica gli imprenditori locali (in particolare Confindustria) vi
definiscono ‘quelli del no a prescindere’. Lei non lo trova un epiteto
pregiudizievole?
Al mondo imprenditoriale locale noi, con
uno specifico documento, abbiamo richiesto un confronto approfondito.
Siamo sorpresi che ci si risponda con epiteti stantii ed anacronistici.
La nostra opposizione ai progetti altamente impattanti è stata sempre
molto motivata, non solo per quanto concerne la questione Snam, ma anche
nei casi del cementificio, con mega cava, di Toto e dell’inceneritore
per rifiuti ospedalieri. Dagli imprenditori ci aspettiamo non slogans ma
un impegno concreto per la difesa del nostro territorio, della sua
vocazione naturale e dell’economia che essa mette in moto.
I rappresentanti politici, locali e nazionali del territorio, quanto hanno contribuito nella lotta No Snam?
In questi otto anni il peso della
mobilitazione è ricaduto essenzialmente sulle spalle dei Comitati. I
nostri rappresentanti politici hanno fatto ben poco. Avrebbero dovuto
mettersi alla testa della lotta, come abbiamo insistentemente richiesto,
e invece sono stati quasi sempre alla finestra o non si sono visti
affatto; nel migliore dei casi si sono limitati ad approvare delibere o a
partecipare alle Conferenze dei Servizi.
La profonda crisi
politico-amministrativa che sta vivendo la città ovidiana quanto peserà
sulle questioni del Punto nascita, del tribunale e della Snam?
Penso che peserà notevolmente perché si
tratta di questioni che richiedono delle forti risposte politiche;
risposte che non possono arrivare da un commissario prefettizio il cui
compito è quello di curare l’ordinaria amministrazione. Per il problema
Snam, soprattutto, c’è l’elevato rischio che il Governo possa
autorizzare la centrale proprio in questa fase in cui a Sulmona mancano
il Sindaco e la giunta municipale.
Il Presidente della provincia
dell’Aquila Antonio De Crescentiis è l’assente ingiustificato di questa
battaglia. Il 25 agosto 2015, in occasione della visita di Renzi nel
capoluogo Abruzzese, il quotidiano «Repubblica» ha ripreso un battibecco
molto animato tra lei e De Crescentiis. Perché c’è stato questo
diverbio?
Il Presidente della Provincia
dell’Aquila si è risentito perché in quella occasione abbiamo chiesto ai
nostri rappresentanti istituzionali, D’Alfonso in testa, di mostrare la
schiena dritta di fronte a Renzi; ma essi hanno tenuto un comportamento
subalterno, infatti nessuno ha ritenuto di dover far presente al
premier le tante emergenze ambientali dell’Abruzzo, progetto Snam
compreso. De Crescentiis, che ha intrapreso una battaglia contro il
nuovo progetto di variante autostradale di Toto (battaglia che nel
merito condividiamo) brilla invece per la sua totale assenza sulla
questione Snam. Non ricordiamo nessuna iniziativa che egli abbia preso
al riguardo, da Presidente della Provincia. Eppure il tracciato del
metanodotto corre per oltre 100 km lungo il territorio provinciale,
interessando numerosi Comuni. Siamo ormai nella fase conclusiva del
procedimento autorizzativo ma il Presidente della Provincia continua ad
essere un fantasma, in senso figurato ovviamente.
Mario qual è la via da imboccare per salvaguardare la Valle Peligna dall’aggressione di un capitalismo sempre più selvaggio?
Manca una visione strategica per il
nostro territorio, non solo da parte del mondo imprenditoriale e
produttivo, ma soprattutto da parte dei nostri rappresentanti politici
ed istituzionali. Chi si candida a gestire la cosa pubblica deve porre
al centro la difesa del bene comune, del quale sono parte essenziale le
ricchezze naturali, come ci ricorda anche papa Francesco con la sua
recente enciclica. Dopo il fallimento delle politiche industrialiste
degli ultimi decenni, ciò è ancora più vero per il nostro comprensorio.
Non possiamo consentire l’aggressione e il depauperamento delle nostre
risorse ambientali perché è proprio sull’utilizzo accorto ed
intelligente di esse che potremo costruire il nostro futuro.
Marco Alberico
Nessun commento:
Posta un commento