Non sanno più cosa fare
Dall’incontro di Shanghai del G20 non esce alcuna strategia comune per rilanciare l’economia mondiale
Il
vertice G20 di Shanghai doveva essere l’occasione per coordinare gli
interventi di politica economica con l’obiettivo di rilanciare
un’economia mondiale in forte rallentamento. Invece è stata l’occasione
in cui sono emerse le profonde divergenze tra i Paesi occidentali sulle
strategie da seguire.
I temi del contendere sono stati
sostanzialmente due. Il primo la bontà di aumentare la spesa pubblica;
il secondo riguarda l’efficacia dei tassi negativi. Sul primo pomo della
discordia il dibattito in Europa è arcinoto. Si tratta del confronto
tra i fautori delle politiche di austerità tese a ridurre
l’indebitamento pubblico e coloro che chiedono investimenti e aumento
della spesa pubblica per rilanciare l’economia. Tra i risultati delle
politiche di austerità vi è da annoverare la sconfitta elettorale dei
partiti che hanno sostenuto i Governi che le hanno attuate. E’ successo
in Grecia, in Portogallo, in Spagna ed ora anche in Irlanda.
Quest’ultimo caso è particolarmente interessante, poiché l’economia
irlandese era in forte crescita, ma i partiti di Governo sono stati
ugualmente puniti dagli elettori.
Più importante è il dibattito
sull’efficacia dei tassi negativi anche perché è molto probabile che la
Svizzera per evitare un rafforzamento del franco li porterà
ulteriormente in basso e altrettanto farà la Banca centrale europea dopo
la pubblicazione dei dati sull’inflazione che certificano la caduta in
deflazione di Eurolandia con un calo dei prezzi in febbraio dello 0,2%
su base annuale. Ora, come si sa, i tassi negativi sono già realtà nel
nostro Paese, in Eurolandia, in Danimarca, in Svezia e in Giappone.
Inoltre, circa 6000 miliardi di titoli obbligazionari hanno già
rendimenti negativi. Ora, per evitare una reazione dei lavoratori e dei
piccoli risparmiatori la Bce di Mario Draghi ha intenzione di seguire
l’esempio nipponico, ossia un sistema a doppia velocità per cui le
banche non devono pagare per i depositi dei piccoli risparmiatori. Ma
proprio questo artificio rischia di rendere, secondo il Governatore
della Banca centrale d’Inghilterra, l’intero esercizio utile solo per
favorire il deprezzamento della moneta del Paese in questione sul
mercato dei cambi. Quindi, diventa a livello globale un gioco a somma
zero, poiché quello che guadagna il Paese che svaluta, lo perde il Paese
che vede la propria rivalutarsi. Inoltre l’esperienza giapponese
rimette in discussione anche l’efficacia dei tassi negativi sul tasso di
cambio. Infatti dopo la decisione di introdurre i tassi negativi lo yen
si è rafforzato e la borsa di Tokyo è calata fortemente. D’altro canto,
imporre i tassi negativi anche sui piccoli depositi rischia di vedere
un ritiro di massa di soldi che potrebbe innescare una crisi del sistema
bancario che è già uno degli anelli più deboli dell’intera economia
mondiale. Insomma la scelta di spingere ancora più in basso tassi già
negativi è una scelta di disperazione di banche centrali che non sanno
più a che santo votarsi.
In realtà questa crisi, che è la
prosecuzione di quella del 2008, non può essere superata se non
rivedendo i paradigmi economici degli ultimi anni. La globalizzazione,
le nuove tecnologie e il libero movimento dei capitali hanno provocato
la stagnazione e spesso la diminuzione dei redditi di larghi strati
della popolazione ed hanno favorito la concentrazione delle ricchezze.
Questo fenomeno ha prodotto una carenza di domanda, poiché gli strati
sociali sono quelli che hanno una maggiore propensione al consumo.
Quindi, se si vuole aumentare la domanda finale, la via maestra è
attuare politiche che correggano le distorsioni provocate dalle
politiche liberiste degli ultimi decenni. Ma non è questa l’intenzione
delle attuali autorità politiche e monetarie. Quindi, se un radicale
cambiamento delle politiche economiche, non possiamo che aspettarci la
terza gamba della caduta dei mercati finanziari e una crisi peggiore di
quella del 2008.
Alfonso Tuor | 2 mar 2016
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