L’ondata anti-canone Rai adesso terrorizza Matteo Renzi
Il premier è spiazzato dalle compagnie elettriche che hanno trovato un
antidoto alla tassa sulla tv. Così Roberto Scafuri su "Il Giornale".
Il governo ora ha paura per l’ondata anti canone
Rassegna stampa: Il Giornale, pagina 9, di Roberto Scafuri.
Il premier è spiazzato dalle compagnie elettriche che hanno trovato un antidoto alla tassa sulla tv.
Lo descrivono come «irritato». Obiettivo della furia del premier Matteo Renzi
sono le compagnie elettriche, che proprio a partire da questo fine
settimana elettorale cominceranno a trasmettere gli spot per
pubblicizzare le rispettive offerte di rimborso del canone Rai.
Di fatto una pioggia di cattiva pubblicità sul governo che rischia di
far male in chiave elettorale. Da un paio di millenni c’è un Paese al
mondo nel quale più d’ogni altro l’idea di tassa è radicalmente legata
a quella di sopruso. Colpa di signorotti locali come d’invasori
stranieri, che all’usurpazione violenta di beni (fungibili e
infungibili, dalle donne fino all’ultimo chicco di grano) argutamente
andarono sostituendo «tosature» periodiche di sudditi. Questo fortunato
ma infelice Paese l’abbiamo sotto gli occhi. Le rivolte più serie e
violente, soprattutto qui da noi, sono scoppiate contro le tasse.
Termini
ancor oggi ritenuti offensivi nei detti, quali pisano o marchigiano,
traggono origine da attività prevalente di «gabelliere per conto di». Se
poi chiedete a un italiano quale sia, nella nostra giungla quotidiana,
la tassa che ci strangola più di tutte, che non scende giù nel
gargarozzo, da anni la risposta è una sola: canone Rai. Balzello che
sembra creato apposta per portarti fuori dalla grazia di dio, per unire
odio a odio, fastidio a noia, sopruso ad arroganza, prepotenza del
politico a furbizia del burocrate. A maggior ragione da quando è
vincente sul mercato l’esistenza di canali che vivono di pubblicità come
Mediaset, di multinazionali pay per view come Sky, mentre
canali straming e podcast regnano nel Web. Una Tv pubblica che faccia
pagare il suo (scadentissimo, contestatissimo) ingresso in casa tramite
frequenze – ormai liberate dalla tecnologia -, è qualcosa che supera
qualunque immaginazione planetaria. Essendo peraltro la trasmutazione
del canone Rai in tassa ormai assodata da giurisprudenza di Cassazione.
Quel
che mancava, a questo sfortunato e infelice paese televisivo, era solo
l’imposizione della tassa: a questo ci ha pensato un nemico giurato dei
pisani, il gabelliere fiorentino Matteo Renzi. Da qualche giorno, però,
pare che la serafica furbata del Fiorentino, convinto d’aver proprio
gabbato tutti pare essersi anch’essa tramutata in un ghigno di rabbia, a
stento repressa. Ma che trabocca quando l’argomento sbuca fuori. Dicono
fonti ravvicinate che il premier sarebbe imbufalito da quando il
mercato gli ha trovato un buon antidoto, facendo dell’imposizione della
tassa-Rai un bel motivo di marketing per cambiare gestore elettrico.
L’idea pare sia partita dagli strateghi di Edison, dopo aver
commissionato apposito studio di mercato. Più delle accise sulla
benzina, più di ogni doloroso ticket sanitario, più di Tasi, Tari e Tosi
messe assieme; il triplo di Ires, Irap e Imu associate. A far infuriare
gli italiani, è il canone di questa Rai stracciona e magniloquente,
ricca di personale e di pubblicità, ma misera e corrotta nell’arroganza
dell’imposizione per mezzo di Politici compiacenti.
Bollette
che rimborsano la gabella del gabelliere-Renzi: l’uovo di colombo, cui
si sono subito associate tante compagnie elettriche che guardano al
fatturato e strizzano l’occhio al tartassato. Così Renzi s’è sentito
fregato; lui che si gonfia più ganzo di ciascuno di noi. C’è di che
andarne fieri: alla fine si pagherà pure, più o meno uguale, ma quel che
conta è il principio. Quella tassa non ha da passare: vade retro,
canone.
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