EDITORIALE
L’ULTIMA FOLLIA DELLA UE: INTEGRARE ANCHE I FOREIGN FIGHTERS
Ormai non ci resta che invidiare i britannici che almeno potranno
scegliere di uscire da questa Ue guidata da una classe dirigente sempre
più imbarazzante e decisamente inadeguata alle sfide dei nostri giorni.
Nei giorni scorsi aveva lasciato sorpresi la dichiarazione di
Federica Mogherini, che nella Ue dovrebbe essere responsabile anche
della sicurezza oltre che della politica estera, quando a proposito di
immigrati clandestini aveva dichiarato che “nessun migrante è illegale.
Può essere illegale il modo con cui cercano di entrare in Europa, ma
sono tutte persone. Nessuno è illegale sulla faccia della terra”.
Una frase irresponsabile non solo perché ripudia il concetto di
legalità ma perché incoraggerà ulteriori masse di persone a cercare di
raggiungere illecitamente l’Europa, arricchendo ulteriormente criminali
in combutta coi terroristi e rischiando in molti casi anche la vita.
Se
le dichiarazioni di Federica Mogherini suscitano molte perplessità
circa le sorti della sicurezza in Europa, quelle rilasciate ieri dal
coordinatore antiterrorismo dell’Ue, Gilles DeKerchove, sono destinate
ad affossare ogni barlume di credibilità dell’Unione anche presso gli
europeisti più convinti.
“Una delle sfide con cui ci dobbiamo confrontare, forse la più
urgente, è essere pronti ad affrontare i numeri importanti di
combattenti stranieri che oggi si trovano in Iraq e Siria e che poi
torneranno in Europa” ha detto DeKerchove in audizione al Comitato delle
regioni europee.
Il
funzionario belga non si pone neppure il problema di impedire il
ritorno in Europa di migliaia di tagliagole, assassini, terroristi,
stupratori che in Siria e Iraq si sono macchiati di crimini orrendi e
sono sopravvissuti alla guerra dei quali, peraltro, circa un migliaio
pare abbia già fatto ritorno in Europa.
Il suo obiettivo è reintegrarli tutti nella nostra società come si trattasse di tossicodipendenti.
Pur lavorando come burocrate nella Ue dal 1985, alternando
successivamente il proprio impiego tra l’Unione e lo staff di ministeri
del governo belga, il sessantenne alto funzionario ha azzardato
un’ardita analisi militare.
“Io
scommetto che in un anno Daesh (i politici europei usano i termini
arabi per definire lo Stato Islamico – ndr) sarà distrutto, e questi
combattenti allora torneranno in Europa.
Quando questo avverrà dovremo inevitabilmente poterli reintegrare
poiché non potremo chiuderli tutte nelle carceri, o perché non avremo
prove a sufficienza o perché bisognerà offrire loro una nuova
alternativa di vita”.
Quindi in tutta Europa “dobbiamo essere vigili e agevolare il processo di integrazione” dei combattenti stranieri.
Ricapitolando
i responsabili della sicurezza della Ue ci dicono chiaramente che
chiunque può entrare in Europa illegalmente e avrà diritto ad essere
accolto e assistito e dovremo integrare nella società anche miliziani e
terroristi islamici del Califfato o qaedisti del Fronte al-Nusra o di
altre milizie islamiche.
Certo
sarà un percorso lungo e difficile e dovremo essere pazienti se alcune
migliaia di loro prima di integrarsi (ovviamente a spese nostre)
opporranno qualche resistenza massacrando gli avventori del ristorante
dietro l’angolo, o i clienti di una discoteca frequentata da gay, o
facendosi esplodere al check-in di qualche aeroporto o sgozzando
poliziotti con i loro famigliari direttamente nelle loro case.
Nulla di nuovo in fondo. Basti pensare che in Danimarca i programmi di reinserimento dei foreign fighters prevedono che lo Stato paghi loro persino l’università mentre in Norvegia (Paese extra Ue) si tengono corsi agli immigrati islamici spiegando
loro che il fatto che a Oslo una donna possa andare da sola a bersi una
birra al pub non autorizza nessuno a stuprarla o ucciderla.
In
fondo però, l’aspetto più imbarazzante delle dichiarazioni di
DeKerchove è rappresentato dalla considerazione che l’incarico che
ricopre dal 2007 di “coordinatore antiterrorismo dell’Ue” venne
istituito nel settembre 2004, in risposta agli attentati terroristici
del marzo di quell’anno a Madrid (foto a sinistra) che provocarono quasi
200 morti, nell’ambito delle iniziative adottate dal Consiglio europeo
per la lotta al terrorismo.
Tra i compiti del coordinatore spiccano “assicurare che l’Ue svolga
un ruolo attivo nella lotta al terrorismo” e “monitorare da vicino
l’attuazione della strategia antiterrorismo dell’Ue”.
Che evidentemente in questi anni è cambiata: invece di combatterli ora i terroristi islamici li arricchisce e li coccola.
Foto:Ue, Stato Islamico e AFP
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