L’attentato di Tel Aviv smaschera l’impotenza strategica di Israele
9/06/2016
La rassegna geopolitica quotidiana.
a cura di Federico Petroni
L’attentato di Tel Aviv
Commenta per noi Umberto De Giovannangeli:
I più arditi analisti avanzeranno l’ipotesi di una penetrazione dell’Is nelle fila del radicalismo armato palestinese, Hamas ha già “messo il cappello” propagandistico sull’azione. Chiacchiere.
La realtà è più semplice e al tempo stesso più drammatica. A raccontarla è la biografia dei due attentatori: i cugini Muhammad e Khalid Muhamra, entrambi di 21 anni e originari di Yatta, villaggio della Cisgiordania occupata, vicino a Hebron. Sono entrati illegalmente in Israele ma non hanno precedenti. I due hanno sparato con armi artigianali, fatte in casa su imitazione della mitraglietta svedese Carl Gustav.
In queste note c’è tutto il dramma di una generazione senza futuro, quella dei palestinesi nati e cresciuti all’ombra del “muro” in Cisgiordania. C’è una rabbia senza progetto, neanche terroristico, un desiderio di giustizia che tracima in una vendetta nichilista. In questi esecrabili gesti c’è, anzitutto, il fallimento della politica. Su ambedue i fronti. In quello palestinese, incapace di un minimo rinnovamento, con un presidente, Abu Mazen, senza autorevolezza né seguito reale e l’antagonista di sempre, Hamas, sempre più eterodiretto.
Ma quei colpi di mitra, quel sangue versato, raccontano anche dell’impotenza strategica mascherata dalla forza militare che segna l’attuale leadership israeliana, sempre più autoreferenziale e sempre più sbilanciata verso l’estrema destra (come dimostra la nomina del super falco Avigdor Lieberman a ministro della Difesa). Due debolezze non fanno una forza, non si sorreggono a vicenda. Il meno “debole” prova a congelare il tempo e a proiettare all’infinito l’attuale status quo.
Così è, ma così non sarà ancora a lungo. Perché quelli che al momento sono atti individuali, di “lupi solitari”, possono trasformarsi in una rivolta collettiva, senza leader né capi carismatici, alimentata dalla convinzione che un futuro non esiste e che la “liberazione” si consuma in un attimo. Quello che ci vuole per aprire il fuoco. Non sarà l’Intifada dei coltelli né dei mitra. Ma l’Intifada della disperazione.
Per approfondire: La Gerusalemme segregata
http://www.limesonline.com/lattentato-di-tel-aviv-smaschera-limpotenza-strategica-di-israele-notizie-mondo-oggi/92304
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