FOTO LUCA PERINO
Sono passati pochi giorni da quando gli arresti hanno
fatto breccia nella Valsusa, domiciliari, traduzioni in carcere e
obblighi di firma hanno colpito valsusini e amici dei valsusini, tutti
No Tav, intenti da anni a fermare il treno veloce simbolo di lobby e
sperpero come viene sempre ripetuto da queste parti. Oggi è il 25 di
giugno una data storica per gli appassionati di lotte. Nel 1876 vicino
al torrente Little Bighorn, nel territorio orientale del Montana il
governo delle giacche blu venne sconfitto dalla intrepida e cocciuta
difesa delle popolazioni indiane che vedevano da troppo tempo
distruggere il loro territorio. Il treno gli affari e gli speculatori
mandarono le truppe a “finire il lavoro”. Il futuro era
progresso, e oggi però il progresso viaggia in aereo. La capacità di
difesa dei popoli Lakota (Sioux), Cheyenne e Arapaho sconfissero il 7º
Cavalleria dell’esercito degli Stati Uniti d’America.

FOTO LUCA PERINO
Come tutti i popoli in rivolta l’unione e l’aiuto di
chi non può combattere fu decisivo. La sussistenza, la capacità di
conoscere il territorio e la caparbietà di raggiungere l’obbiettivo
distinsero l’arroganza e la superiorità che delinea quasi sempre gli
occupanti. Non è un parallelismo e nemmeno un detto della “storia si ripete”,
ma ci sono riflessioni che meritano editoriali, pensieri e valutazioni
anche da parti esterne ma sempre presenti nella visione dei fatti.
“Quando un esercito dei bianchi combatte i nativi
americani e vince, questa è considerata una grande vittoria, ma se sono
i bianchi ad essere sconfitti, allora è chiamato massacro” (Chiksika).
Quando in Valsusa è la gente comune che cerca di inceppare un cantiere
non autorizzato dalla popolazione, quelli sono terroristi. “In Valsusa si combatte una battaglia, non con le armi, ma con la politica”.
Le trivelle prima e poi un geognostico hanno portato il ramo esecutivo
dello stato in Valsusa, tutti i giorni il confronto, ostinato, di
entrambi le parti, genera conflitto. “Un conflitto che non è ad armi pari e l’ultima mossa in termini giudiziari è il pregiudizio creato dall’inquisitore. Quello
che tecnicamente dovrebbe essere impedito e solo autorizzato da un
giudice pari che valuta, li in Valsusa è fatto dallo stesso accusatore”.
I termini cautelativi impediscono alle persone la libera circolazione e
di fatto di poter partecipare alle attività e manifestazioni messe in
campo dal Movimento Popolare dei No Tav.

FOTO DIEGO FULCHERI
Ora quella parte di popolazione del territorio italiano ha di fatto detto basta, l’hanno detto nelle loro lettere: i ragazzi“la misura è colma”, i diversamente giovani “non andrò a chiedere scusa tutti i giorni ai carabinieri”.
Si sono sottratti a questo genere di attuazione giuridica. In un
comunicato di oggi 25 giugno la ribellione che sottolinea quella volontà
politica dei valsusini, “ci aiuteremo tra di noi, qualunque decisione le persone prendano per noi è una volontà da rispettare e da aiutare”.
E così chi andrà a firmare verrà accompagnato, chi resterà ai
domiciliari vedrà gli amici fare un apericena sotto casa e chi si
sottrae alle misure verrà aiutato a sopportare meglio la difficile
prova.

FOTO LUCA PERINO
Una situazione che potrebbe allargarsi molto in un territorio oramai compresso da forze in divisa e ordini di cattura, “sono
disposto a fare la mia pena ma deve essere un giudice a dirmelo, non
uno che ce l’ha con noi, stiamo lottando e sappiamo a cosa andiamo
incontro, ma questo genere di sopruso no!!” è l’eco che arriva dalla valle. Si legge nel comunicato “È un’occasione per ribaltare il modus operandi di una Procura politicizzata esplicitamente contro i No Tav” è quindi guerra politica, è guerra che viene lanciata dalla valle, che chiede alle tribù di unirsi come fecero gli indiani. “La valle è aperta a tutti quelli che vorranno aiutarci o che vorranno sostenere queste decisioni nei loro territori”, si
perchè in effetti la linea che dalla Procura di Torino parte, si sta
allargando in Italia come una soluzione dell’ordine pubblico, chi
protesta o semplicemente come per il Tav ha un’idea diversa, viene
spazzato via in questo modo.

FOTO LUCA PERINO
Un altro esempio ci arriva in questo periodo di
crisi. Un problema più cittadino che di periferia, chi non riesce più a
pagare l’affitto viene sfrattato, il sistema, invece di creare un aiuto
alla famiglia, un ammortizzatore sociale, porta le forze in divisa allo
sgombero coatto e chi è solidale e aiuta mettendosi di traverso, subisce
come in Valsusa, confine in casa prima del processo, e libertà negata.

FOTO DIEGO FULCHERI
Insomma una situazione pesante per entrambe le parti,
momenti difficili che verrebbero ridimensionati in un dialogo sociale,
quello che è ovviamente mancato in questi anni. Una democrazia che
diventa autoritaria genera potere di decisione a discapito di qualcuno,
un qualcuno che adesso è sempre più numeroso. L’ordine pubblico eseguito
dal binomio Procura-Forze in Divisa è veramente la direzione più giusta
da prendere? O finirà come a Little Bighorn?. Si sente l’eco: “La valle è nata libera”.
QUI il comunicato stampa del movimento
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