19. La teologia dei diritti umani è oggi un vero e proprio pilastro del Politicamente Corretto, in
quanto esplica una funzione multiuso: risposta al senso di colpa del consumismo individualistico
occidentale, che cerca un risarcimento morale nel bombardare gli stati-canaglia in nome dei diritti
umani, e si sente così “coinvolto” nella lotta del Bene contro il Male; legittimazione delle guerre
di aggressione imperialistica USA, fatte per ragioni materiali, come il petrolio e la geopolitica di
accerchiamento di futuri concorrenti strategici, ma “coperte” con motivazioni umanitarie pseudouniversalistiche
(liberare dal burka le donne afghane, liberare gli iracheni da un dittatore nazionalista
baffuto, eccetera).
Da un punto di vista storico, la teologia dei diritti umani (perché di ideologia idolatrica si tratta, o
più esattamente di una teologia idolatrica al servizio di un eccezionalismo messianico imperiale con
applauso servile della claque neroniana degli intellettuali europei ex-marxisti scoppiati) si può definire
come una secolarizzazione individualistica manipolata del vecchio giusnaturalismo. Prego il lettore di
non passare oltre distrattamente, ma di fare attenzione a questa proposta definitoria. Ora, però, mi
spiegherò meglio.
La teoria dei diritti naturali, o giusnaturalismo, è una teoria che ha bensì avuto precedenti antichi,
stoici e medioevali, ma è nell’essenziale nuova, e rappresenta la prima formulazione teorica organizzata
di contestazione dell’ordo sacralizzato feudale-signorile, che per un millennio si era legittimato
in modo direttamente religioso. Ora, la teoria del diritto naturale si fondava sulla pura ragione, come
se Dio non fosse neppure esistito (etsi Deus non daretur). Ha avuto ragione Ernst Bloch, quando ha
sostenuto che il diritto naturale dovrebbe essere rivendicato dai comunisti come un’eredità da accettare
e far fruttare.
L’economia politica inglese (Smith, Ricardo) è nata sulla base della teoria della natura umana di
David Hume, una teoria elaborata contro il diritto naturale, considerato un insieme di sciocchezze
metafisiche del tutto indimostrabili ed astratte. L’economia politica, e cioè l’unica possibile teologia
monoteistica ed idolatrica del capitalismo, non sopporta fondazioni esterne ad essa (volontà di Dio,
diritti naturali, contratti sociali, utopie egualitarie, eccetera), e deve fondarsi su se stessa. La sua
autofondazione si basa infatti sul rapporto di scambio come unico rapporto normale della natura
umana. La teoria della natura umana di Hume non è quindi una derivazione del diritto naturale, ma
è al contrario un’arma da guerra ideologica contro il diritto naturale.
Hegel e Marx, sia pure per ragioni opposte a quelle di Hume, furono anch’essi avversari del diritto
naturale. Per ragioni che qui per brevità non posso discutere (ma sarebbe interessantissimo farlo),
essi ritenevano che il diritto naturale non fosse adatto a legittimare la comunità politica statuale
moderna (Hegel), fosse pericolosamente incline a legittimare l’estremismo giacobino di Robespierre
su basi russoviane (sempre Hegel), e non si prestasse a fondare la concezione materialistica della
storia, nella misura in cui era sorpassato come ideologia settecentesca della borghesia rivoluzionaria
(Marx).
Il pensiero borghese dopo il 1795 (termidoriani) abbandonò del tutto il diritto naturale, considerato
potenzialmente pericoloso in quanto fattore di possibile legittimazione di una rivoluzione sociale
(Bloch), per adottare il cosiddetto “positivismo giuridico”. Dietro questa espressione pomposa
c’era semplicemente l’abbandono di qualunque fondazione filosofica della società, in quanto “positivismo
giuridico” significa semplicemente che quello che fanno i legislatori capitalistici è valido
in sé, e non ha bisogno di nessuna legittimazione filosofica esterna al principio stesso della legge. Si
riproponeva così la brutalità del punto di vista degli imperatori medioevali, per cui il principe decideva
lui che cosa fosse legale e che cosa no (quod principi placuit legis habet vigorem).
La necessità nuova, da parte del capitalismo dominante, di contrapporsi alle nuove anomalie
fasciste e comuniste, non previste nella politologia classica, portò ad una strumentale ed ipocrita
riscoperta del diritto naturale. Insisto sul carattere strumentale di questa riscoperta, puramente
ideologica e per nulla umanistica e universalistica. Karl Schmitt fece correttamente notare che in
nome dell’Umanità si legittimava oggi una guerra senza quartiere, in cui l’avversario diventava un
Nemico Assoluto (in quanto appunto “disumano”). Danilo Zolo ha fatto abbondantemente notare
che “chi dice Umanità” (titolo di un suo magnifico saggio chiarificatore) si sente abilitato a fare qualunque cosa, a sferrare qualunque aggressione, eccetera.
Il discorso sarebbe certamente lungo, ma nell’essenziale sono d’accordo con le tesi di Alain de
Benoist. Abbasso l’ideologia dei diritti umani! Viva la sovranità nazionale che si oppone alle pretese
interventistiche! Nel male, meglio i talebani che difendono il loro paese delle cavallette umanitarie
che sbarcano al servizio delle mire geopolitiche USA!
Detto questo, io resto un apprezzatore della teoria dei diritti naturali, in quanto considero l’uomo
un animale sociale, politico e comunitario (Aristotele), un animale dotato di linguaggio, ragione e
capacità di calcolo distributivo e giusto delle risorse (sempre Aristotele), un ente naturale generico
(Marx), eccetera. La teoria dovrà essere ripresa e valorizzata in un futuro non ancora determinabile.
Per ora, nella congiuntura in cui viviamo, la teoria dei diritti umani non esiste, ed il suo fantasma
ideologico ricopre la stessa funzione ricoperta a suo tempo dalla teoria della razza di Hitler.
E scusatemi per la pacatezza e la moderazione del paragone!
http://blog.petiteplaisance.it/wp-content/uploads/2016/01/Costanzo-Preve-Elementi-di-Politicamente-Corretto-.pdf
Nessun commento:
Posta un commento