L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

venerdì 12 agosto 2016

Libia - Tripolitania sostenuta dagli Stati Uniti, Turchia, Italia, Gran Bretagna, Cirenaica sostenuta dalla Francia, Egitto ed Emirati Arabi, Fezan anarchia assoluta

Guerra all’ISIS in Libia senza alcuna strategia

12 agosto 2016, di Daniele Chicca

NEW YORK (WSI) – Barack Obama ha definito l’attacco in Libia del 2011 delle forze NATO il più grande fallimento dei suoi otto anni alla presidenza degli Stati Uniti d’America. Questo perché la sua amministrazione non aveva un piano per il dopo Gheddafi. Lo si è visto con il caos in cui è stato gettato il paese negli anni successivi all’offensiva, che hanno portato al rafforzamento della presenza dell’ISIS nel territorio e a una spaccatura in tre della nazione nordafricana, terra di partenza per migliaia di rifugiati in fuga verso le nostre coste.

I giornali italiani offrono un resoconto sconcertante della mancanza di una strategia chiara nella nuova guerra lanciata all’ISIS in Libia. Quando il presidente della Commissione John McCain, senatore Repubblicano ex candidato alla Casa Bianca ha chiesto al generale Thomas David Waldhauserquale fosse la strategia americana nei confronti della situazione bollente in Libia, l’ammissione di impotenza è stata netta.

“Ha lasciato sconcertati”, dice Roberto Toscano su La Repubblica ascoltare il generale rispondere all’interrogazione dei senatori, il 22 giugno scorso, in occasione della sua conferma della nomina a responsabile del Commando africano delle forze armate Usa. “A questo punto non mi risulta esistere alcuna strategia globale”, è stata la sua risposta.

“Si sta iniziando una nuova guerra nel cuore del Mediterraneo”, scrive Il Giornale. “In quella Libia dove la destabilizzazione creata dalla guerra precedente (protagonisti sempre gli stessi attori), rende quasi impossibile prevedere le conseguenze delle iniziative militari”.

“Senza strategia, anzitutto diplomatica (a livello internazionale e interno) si alimenterà solo il caos attuale, che arriverà al parossismo. Con nocumento della popolazione locale, già più che provata dal conflitto precedente, e della sicurezza internazionale (vedi anche alla voce attentati in Italia)”.

C’è della follia ma calcolata in tutto questo. Una follia che è “. Il caos è causa di sofferenza per chi lo subisce. Per chi lo crea può rappresentare un’opportunità”.

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