CREDITO
Patuelli (Abi): «In arrivo altra fattura
per il salvataggio di banche in crisi»
Il presidente dell’Associazione bancaria parla di «conguaglio» in vista. E solleva i timori sulle norme di Basilea 4 che potrebbero ridurre i prestiti in futuro, mentre i mutui sono in crescita del 38% nei primi nove mesi di quest’anno. I crediti deteriorati? Meglio tenerli per valorizzarli in casa, senza cederli a terzi. I dubbi europei sul bail in. L’invito ai risparmiatori «traditi»: «Possono rivolgersi alla Corte costituzionale»
di Alessandra Puato

Antonio Patuelli (Abi)
Crescono i mutui erogati dalle banche, che temono però la stretta sul capitale proveniente da Basilea 4 (se il nuovo set di regole sarà approvato così com’è). E paventano anche la «prossima fattura» per il salvataggio degli istituti di credito in difficoltà, mentre emergono i primi dubbi a livello europeo sulla normativa sul bail in. Inoltre le banche italiane, in generale, stanno cominciando a pensare di non cedere gli Npl, i crediti deteriorati, a prezzi di svendita «agli investitori che stanno facendo la coda», ha detto il direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini, ma tenerseli in modo da renderli redditizi ed evitare «buchi» nel capitale che andrebbero coperti. «Sono convinto - dice il presidente Antonio Patuelli - che chi li gestisce può avere riprese di lavoro anche importanti». Sono le indicazioni emerse dall’annuale seminario dell’Abi sul sistema bancario che si è tenuto a Ravenna, a porte chiuse, il 4-5 novembre scorsi, alla presenza dei vertici dell’associazione. «Vedo germogli di recupero — ha detto il presidente Antonio Patuelli —. Sono convinto che ogni costrizione temporale alla vendita dei non performing loan (i prestiti non performanti, ndr.) entro un dato termine svaluta l’oggetto». Il numero delle banche nel 2017 «precipiterà», viste le fusioni in arrivo. Ma ci sono segnali positivi sulle sofferenze: «Abbiamo constatato che i nuovi flussi di crediti deteriorati stanno diminuendo d’intensità — sostiene il presidente dell’Abi —. Vedo più saldi e stralci. Questo può ridurre gli stock (delle sofferenze, ndr.) e portare a riprese di valore». E in generale c’è un discreto ottimismo sul sistema italiano: «Le banche operanti in Italia — ha detto Patuelli — daranno sorprese nella ripresa in Europa».
Mutui in crescita

Gianfranco Torriero
Nei primi nove mesi l’erogazione di prestiti per l’acquisto di abitazioni nel Paese è salita di quasi il 40%, rileva l’Abi, e «segnali ancora più positivi emergono per le nuove erogazioni». In particolare i mutui residenziali alle famiglie nei primi tre trimestri del 2016 sono aumentati del 38% toccando i 49,4 miliardi di euro di flussi (dati cumulati nel periodo gennaio-settembre 2016). È la crescita più rapida per i primi nove mesi dal 2008, cioè dall’inizio della crisi finanziaria. «Negli ultimi anni - ha detto il vicedirettore generale dell’Abi, Gianfranco Torriero — il contributo alla crescita è venuto soprattutto dai consumi interni e la dinamica dei finanziamenti bancari alle famiglie è ancora in territorio positivo». È la prosecuzione di un’onda partita nel 2015 quando c’è stato un «sostanziale raddoppio dei nuovi prestiti». Il fenomeno, ammette l’Abi, è stato «favorito dai processi di rinegoziazione», circa un terzo dei mutui erogati.
Il conto dei salvataggi
Ciò che ora pende sul sistema bancario, ha detto Patuelli, è però il conto per le banche salvate e da salvare (che ha già influito sull’aumento di alcuni conti correnti, peraltro). È in arrivo, dice infatti, «una nuova fattura di conguaglio» a tutte le banche italiane per il salvataggio dei quattro istituti di credito (Etruria, Marche, Carichieti e Cariferrara) finiti in risoluzione lo scorso anno e la cui procedura di cessione non è andata fino a ora a buon fine. Patuelli sottolinea come ai costi già sostenuti lo scorso anno dal sistema bancario si aggiungerà una ulteriore somma dovuta appunto alla necessità di coprire gli oneri del Fondo di Risoluzione. «Ho solo incertezza sul quanto e sul quando» dice. «Sono fiducioso che la questione good bank avrà una conclusione positiva, ma nella questione ha una forte responsabilità la burocrazia europea — ha aggiunto Patuelli —. In Europa ci impongono termini troppo ravvicinati per le vendite delle banche risolute, tempi che hanno prodotto forti danni all’Italia e che si ripercuotono sulla reputazione complessiva del Paese e nel suo moto produttivo economico e finanziario, oltre che costi alle banche».
La stretta di Basilea 4
Giovanni Sabatini
L’altro problema pendente si chiama Basilea 4. Le banche centrali e i responsabili della vigilanza mondiali, è l’invito dell’Abi, devono modificare entro l’anno le norme di Basilea 4 in arrivo, pena una insostenibile stretta sul capitale degli istituti di credito europei, con effetti dannosi sull’economia. Malgrado gli istituti europei abbiano adempiuto in anticipo alle norme di Basilea 3, ora dal Comitato di Basilea il traguardo viene spostato ulteriormente in avanti ponendo obiettivi impossibili, dice l’Abi. Il capitale attuale Cet1 (il parametro che misura la solidità degli istituti di credito sul capitale più solido) delle banche dell’euro è di 1.574 miliardi e con Basilea 4 dovrebbe arrivare a 2.433 miliardi: un aumento del 55%. «Una mossa che creerebbe ancora incertezza sulla situazione del capitale delle banche in un momento in cui la ripresa è ancora fragile», sostiene l’Associazione bancaria italiana. La conseguenza potrebbe essere una frenata nell’erogazione di prestiti alle famiglie e alle imprese. «Anche la Bundesbank — ha detto Sabatini — si è del resto detta non favorevole a questo nuovo gruppo di norme». Al centro della discussione c’è il principio contabile numero 9, che entrerebbe in vigore nel 2018: si passa dal concetto di «perdita verificata» a quello di «perdita attesa». «Saremo costretti a fare stime in negativo e tenere i clienti sotto osservazione costante», è la posizione dell’Abi. L’incertezza regolatoria sui requisiti di capitale inoltre «allontana gli investitori» proprio mentre si cercano contributi alla raccolta per i fondi come Atlante, di supporto alle banche. Eppure dal 2011 il Cet1 ratio, il rapporta fra il capitale primario e le attività di rischio, è raddoppiato dal 5,3% all’11,8% (dal giugno 2011 al giugno 2015): «La banche europee hanno già fatto il loro dovere sulla ricapitalizzazione, concludendo addirittura in anticipo il percorso richiesto da Basilea 3», rileva l’Abi.
I dubbi europei sul bail in
Altro tema caldo è il bail in, il salvataggio interno delle banche che in Italia ha già penalizzato migliaia di obbligazionisti nella crisi delle quattro banche (CariChieti, Etruria, Banca Marche e CariFerrara) perché coinvolge i possessori di bond subordinati e i correntisti sopra i 100 mila euro. «Comincia a venire il dubbio che la normativa sul bail in sia stata adottata troppo presto — ha detto Sabatini —, senza che le banche europee avessero abbastanza passività da sottoporre» a questo meccanismo di salvataggi dall’interno. «Entro la fine del 2017 è prevista una revisione del Brrd (la normativa europea sulla risoluzione delle crisi bancarie) per valutare le passività utilizzabili per il rispetto dei nuovi parametri — ha poi argomentato il direttore generale dell’Abi —. Il tema dei crediti deteriorati esiste, ma è sovrastimato. Cederli oggi a prezzi di mercato crea un buco che le banche dovrebbero recuperare con aumenti di capitale. C’è un’eccessiva pressione da parte della vigilanza Ue. E sul tema del bail in, anche da colleghi nella Federazione bancaria europea, comincia a a emergere qualche problema sulla sua applicazione ». Patuelli ha poi detto che i risparmiatori colpiti dalle norme sul bail in «possono rivolgersi alla Corte Costituzionale», chiedendo se la misura europea è compatibile con la Costituzione italiana. Che tutela espressamente il risparmio.
7 novembre 2016
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