L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 5 marzo 2016

Sinistra è un falso ideologico

Chi è più di sinistra, oggi? di Eugenio Orso

Essere di sinistra oggi non ha più il senso che aveva alcuni decenni fa, dato che la dicotomia Destra/Sinistra ha esaurito la sua funzione storica.
Essere di sinistra, di questi tempi, è semplicemente un brand – un marchio, una firma, soprattutto un modo di accreditarsi nei confronti del potere – riguardante innumerevoli soggetti ed entità subpolitche, che infestano l’occidente sguazzando nella melma assolutista liberaldemocratica. Un brand relativamente nuovo, in uso da due o tre decenni, giacché la “old left” è morta sia in America sia in Europa, i socialdemocratici sono diventati integralmente neoliberali e i comunisti si sono quasi estinti. Non c’è sinistra all’infuori di quella che vedete nei telegiornali e nelle (disgustose) campagne elettorali occidentali, da Hillary Clinton, che si contrapporrà nelle presidenziali statunitensi al cattivo “fascista” Trump, a Matteo Renzi, che sta devastando l’Italia per conto terzi (i soliti poteri esterni …), da Nicola Vendola, che compra neonati prima della nascita con soldi pubblici, ad Alexis Tsipras, agente della troika e del Kaos, mascherato da paladino (naturalmente di sinistra) del popolo greco.
In pratica, sintetizzando al massimo, quelli di sinistra sono i servi più devoti dei potenti Mercati & Investitori, al culmine del neoliberismo, nonché liberali e libertari di ferro, per servilismo e convenienza personale. Infatti, liberismo, liberalismo e libertarismo, con il suffisso neo, sono le tre teste del Cerbero nuovo capitalista: mercati finanziari dominanti, liberaldemocrazia assolutista, libertarismo contro gli stati sovrani (viva il sopranazionale!) per l’affermazione di “libertà individuali” imbarazzanti o degeneri, a costo zero per le élite (essere gay, essere trans, fumare spinelli e drogarsi in generale, eccetera).
Viste le masse di poveri creati ad hoc per il trionfo del libero mercato globale, le guerre indotte e le fiumane di profughi, l’instabilità sociale provocata, essere di sinistra, oggi, dovrebbe risultare piuttosto imbarazzante, al punto di non potersi più guardare allo specchio, se esistessero ancora ideali e ci fosse un’etica, non solo politica.
Ovviamente, ci sono quelli “più di sinistra” e quelli “un po’ meno di sinistra”, poiché non tutti i figli di buonadonna lo sono allo stesso modo: c’è chi lo è fino in fondo, senza sconti, e chi incontra ancora (ma sempre meno) qualche limite.
Se così stanno le cose, possiamo chiederci, con amara ironia, chi è più di sinistra oggi, ossia chi è il più figlio di puttana. A tale proposito, presenterò di seguito una sorta di test buttato giù alla buona, lasciando a voi le risposte …
DOMANDE:
1)    E’ più di sinistra chi vuole fortissimamente il bail-in piuttosto che il bail-out per “soccorrere” e risanare le banche in dissesto (i soldi d’incolpevoli obbligazionisti/correntisti piuttosto che quelli pubblici), oppure chi s’inventa contratti alla “jobs act” per diffondere fra i lavoratori la precarietà mascherata da tempo indeterminato?
2)    E’ più di sinistra chi commissiona e paga per avere figli da donne povere (maternità surrogata, utero in affitto, eccetera), oppure chi vorrebbe la liberalizzazione completa e definitiva della Cannabis (droga, leggera ma pur sempre droga), vendendola come un toccasana per il Pil?
3)    E’ più di sinistra chi vorrebbe tagliare o ridurre le pensioni di reversibilità alle future vedove, oppure chi preme per l’adozione del figliastro da parte di membri delle coppie omosessuali?
4)    E’ più di sinistra chi strepita contro i cattivi Putin e Assad che in Siria bombarderebbero senza posa scuole elementari e ospedali (di Médecins Sans Frontières!), oppure chi spera nella vittoria della Clinton (guerrafondaia e russofobica, rappresentate ideale della grande finanza) contro Donald Trump alle presidenziali americane?
5)    E’ più di sinistra chi vorrebbe agevolare l’esproprio defiscalizzato, da parte delle banche, delle case degli italiani soggette a mutuo (dopo sette rate non pagate, poi aumentate a diciotto!), oppure chi ritiene l’ora lavorata, sulla base della quale si pagano i lavoratori (a loro garanzia, per non farli lavorare dodici ore il giorno con la stessa paga), un “attrezzo vecchio” da buttare e un freno per l’innovazione?
6)    E’ più di sinistra chi ritiene giusto, esattamente come la Fornero e Monti, legare gli aumenti della vita lavorativa alla “speranza di vita” (senza tener conto delle limitazioni genetiche alla vita massima), oppure chi vorrebbe vendere a cinesi, fondi sovrani e capitali finanziari vari anche le spiagge demaniali?
7)    E’ più di sinistra chi vorrebbe imporci di mangiare schifezze e perdere altri posti di lavoro, siglando entro l’anno il trattato transatlantico per il commercio (che conviene solo agli Usa e alle élite), oppure chi vuole mantenere per l’eternità le sanzioni contro la Russia di Putin (che danneggiano in primo luogo noi italiani ed europei)?
8)    E’ più di sinistra ritenere che l’accoglienza nei confronti degli immigrati debba essere illimitata, a costo di tagliare ancora le risorse per i poveri autoctoni (che ormai sono legioni) e di disarticolare completamente la società, oppure partecipare alla fondazione di partitini, di sinistra ovviamente (i cui esponenti premono per rientrare nei parlamenti, nelle commissioni parlamentari, negli esecutivi in posizione di sottogoverno), che miracolosamente ci daranno rappresentanza e “cambieranno l’Europa”?
A voi le risposte a queste otto domande, cari lettori. Io mi fermo qui, non certo perché ci dovrebbe esser un limite anche all’infamia e alla menzogna (la stessa sinistra ci sta dimostrando che non c’è), ma perché, altrimenti, dovrei continuare fino alla centesima domanda, appesantendo un po’ troppo il test (e chi cazzo lo leggerebbe fino alla fine?!?).
Se in passato qualcuno implorava il dinosauro (non del Cretacico ma della sinistra) Massimo D’Alema di dire almeno una cosa di sinistra, oggi sarebbe bene che nessun esponente politico, o presunto tale, la dicesse … per il nostro bene e la nostra stessa salvezza!

Russia, dimostrazione che non è la svalutazione che agisce sull'inflazione MA questa è dovuta a si una maggior massa monetaria ma a ad una scarsità di offerta

Crisi: la Russia resiste e meglio del previsto


(di Geminello Alvi) - Le recenti notizie economiche confermano “l’enigma russo”, ovvero il sottrarsi di quella nazione ai calcoli consueti e alle più ovvie conclusione. L’inflazione in fine d’anno infatti è calata per via del peggioramento dei consumi. Nel mese di gennaio, è rallentata a una sola cifra così da far assorbire la svalutazione del rublo e concedere altri margini di allentamento monetario. Peraltro la contrazione del reddito disponibile è risultata superiore al 5% nello scorso anno, con salari in contrazione e impoverimento. E tuttavia il bilancio statale viene calcolato allo 0,6% di deficit nel periodo gennaio-novembre 2015, e la percentuale delle persone sotto il livello di povertà risulterebbe in contenimento secondo la World Bank. Ma le previsioni sull’industria seppure leggermente migliorate continuano a restare negative. Tuttavia vari analisti si aspettano una potente ripresa delle esportazioni. Il quadro risulta quindi diverso da quello previsto da molti analisti all’indomani delle sanzioni e durante la crisi dei prezzi del petrolio. E persino gli americani iniziano a prenderne atto.

"L'economia ha retto sorprendentemente bene se si considera le sollecitazioni a cui è stata sottoposta", ha detto Christopher Miller, del Brady-Johnson Gran Strategy Program a Yale ISS. Poi ribadendo che "la ragione è che le politiche del governo dal 2008 sono state in fondo relativamente efficaci". Miller in particolare, secondo l’Oil&GasJournal, ha elogiato la decisione del governo di aumentare le tasse su petrolio e gas gradualmente al 15% dal 2014, decisione che ha permesso di ridurre il peso fiscale sul resto altre industrie. E del resto tutti i commentatori più avveduti in questi mesi hanno elogiato la decisione di lasciare fluttuare il rublo, in maniera da risparmiare riserve e assorbire meglio lo shock del calo dei prezzi petroliferi, salvando il bilancio pubblico. L'obiettivo di ottenere più rubli per unità d’export energetico ha funzionato. Ed infatti il margine di durata del fondo di riserva statale russo si è allungato nelle previsioni di quasi tutti gli analisti di un anno almeno, fino al 2017. E l’entità non vasta del deficit potrà del resto essere coperta da emissione di debito interno. Né un calo ulteriore del rublo può escludersi.

In conclusione la nazione tiene, il peggioramento del livello di vita dei salariati e dei pensionati, la crescita dei poveri sono stati digeriti dai russi. La forma dell’enigma russo è del resto sempre la stessa: la capacità di sopportare di quella nazione ha superato spesso le previsioni dei suoi avversari. Ma la storia insegna che non si dovrebbe più di tanto esagerare.
04 marzo 2016

Energia pulita avanza

EasyJet sperimenta il primo aereo di linea all'idrogeno

La compagnia aerea risparmierà 50.000 tonnellate di carburante l'anno
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 03-03-2016]
easyjet hydrogen airplane

Ogni anno, circa il 4% del carburante consumato complessiva- mente dagli aerei di EasyJet viene usato per le operazioni di rullaggio.
Se si potesse usare un sistema alternativo, la compagnia aerea risparmierebbe annualmente 50.000 tonnellate di carburante, e anche le emissioni inquinanti migliorerebbero.

Così, lavorando insieme ad alcuni ricercatori della Cranfield University, EasyJet ha sviluppato un piano triennale per la condivisione di innovazioni e conoscenza, all'interno del quale è stata sviluppata la tecnologia che permetterà di costruire i primi aerei ibridi.

Il piano è dotare gli aerei di celle a combustibile a idrogeno da utilizzare per alimentare piccoli motori posti nei carrelli e l'elettronica di bordo. Inoltre un sistema di recupero dell'energia prodotta dai freni durante l'atterraggio permetterà di ricaricare le batterie. L'impianto a idrogeno, inoltre, produce acqua come prodotto di scarto: la compagnia prevede di adoperarla per i servizi igienici ma in teoria - come spiega Ian Davies, capo degli ingegneri di EasyJet - potrebbe addirittura essere servita ai passeggeri.
«Potenzialmente è l'acqua più pulita e pura che ci sia» ha commentato Davies. «È assolutamente incontaminata».
I test verranno avviati quando sarà stato completato lo studio di fattibilità. 

Easyjet Hydrogen Hybrid Plane 01
 
 
 
 
 
 

(Fai clic sull'immagine per visualizzarla ingrandita)

Fabrizio Palenzona&Roberto Mercuri, le crepe di un potere totalizzanze cominciano a prodursi

Aeroporti di Roma, Fabrizio Palenzona verso l’addio alla presidenza

Aeroporti di Roma, Fabrizio Palenzona verso l’addio alla presidenza
Numeri & News

Secondo l'Ansa i Benetton avrebbero deciso di non riconfermare il vicepresidente di Unicredit che nei mesi scorsi, insieme al suo braccio destro, Roberto Mercuri, era stato travolto dall'inchiesta su Andrea Bulgarella
Fabrizio Palenzona potrebbe, in tempi stretti, lasciare Aeroporti di Roma. Lo riferisce l’Ansa, secondo cui il manager potrebbe non essere riconfermato nella carica di presidente. L’indicazione dovrebbe arrivare da un prossimo consiglio di amministrazione della controllante Atlantia della famiglia Benetton, sicuramente prima dell’assemblea di Adr del 22 aprile per il rinnovo delle cariche sociali. La notizia arriva dopo che, nei mesi scorsi, dall’inchiesta della Dda di Firenze sui rapporti tra Unicredit (vicepresidente Palenzona) e il costruttore siciliano sospettato di investire in Toscana capitali riconducibili a Matteo Messina Denaro, Andrea Bulgarella, era emerso l’attivismo del braccio destro del presidente della società di gestione Aeroportuale, Roberto Mercuri.
Il dirigente da 230mila euro l’anno, veniva pagato da Adr ma lavorava, pur non avendone titolo, anche per Unicredit muovendo i fili di finanziamenti e nomine. Non solo. Dalle intercettazioni dell’Antimafia fiorentina era emerso come Palenzona, si fosse interessato “per trovare il modo, intervenendo personalmente presso Vito Mangano e Lorenzo Lo Presti, rispettivamente direttore risorse umane ed amministratore delegato della società AdR di fargli ottenere un ulteriore emolumento pari a circa 46mila euro”. Sempre in Adr lavorava anche “l’attuale fidanzata del Mercuri, la cittadina romena Talida Stroie”, come emerse da una telefonata del 4 febbraio 2015 che Mercuri ha fatto a Mangano “per ricordargli di rinnovare per un altro anno il contratto della propria fidanzata”.
Unicredit al momento sembra andare nella direzione opposta dai Benetton. Secondo le ultime indiscrezioni di stampa, l’istituto milanese avrebbe deciso di nominare Massimiliano Fossati come suo rappresentante nel consiglio di amministrazione della partecipata Mediobanca. Il manager, che a ottobre 2015 era stato nominato capo dei rischi del gruppo al posto del “molto formale” Alessandro Decio, era uno degli altri protagonisti delle carte dell’Antimafia fiorentina, anche perché era tra gli attori di una partita di promozioni varata seguita molto attivamente da Palenzona, Mercuri e dal vicedirettore generale di Unicredit, Paolo Fiorentino.

NoMuos, la Sovranità Territoriale dell'Italia non appartiene agli italiani MA agli Stati Uniti



Muos, l’ambasciatore Usa:
“Abbiamo aspettato troppo…”


Muos, l’ambasciatore Usa: <br>“Abbiamo aspettato troppo…”


“Abbiamo aspettato troppo, il governo italiano faccia il possibile perché il Muos sia operativo”. L’Ambasciatore statunitense a Roma, John Phillips, rompe la consuetudine diplomatica del silenzio, nel corso di una intervista al Corriere della Sera.

La domanda posta dal giornalista, Massimo Caprara, in verità sollecitava una risposta netta, le parole di Phillips non hanno deluso l’attesa. “Quanto aspetterete per la realizzazione della stazione del programma di comunicazione satellitare Muos voluta dal Pentagono in Sicilia ed approvata nel 2011?”, aveva chiesto Caprara.

L’Ambasciatore non si è nascosto dietro lo scudo diplomatico ed ha esternato. Del resto gli umori del Pentagono sono noti: disagio, fastidio, dubbi, dissenso, impotenza, frustrazione. Sentimenti che gli americani riescono a tenere a freno con qualche difficoltà, ma che nel caso del Muos in Sicilia, sono stati riposti nel “fodero”. Ora però il contesto è diverso, c’è un conflitto in Libia ed i terroristi sotto casa. Le questioni ambientali e procedurali, che finora hanno tenuto banco, e relegato la decisione politica e militare in secondo piano, hanno guadagnato attenzione e competono con le prime.

“Abbiamo aspettato troppo”, afferma perciò l’ambasciatore. Una corte locale ha ritardato ripetutamente la realizzazione del Muos. Non sarà a beneficio degli Usa”, precisa Phillips, “ma della sicurezza in Italia, nato e UE”. Da qui la sollecitazione a darsi da fare per dissequestrare la stazione satellitare. “Il governo italiano faccia il possibile perché sia operativa”.

Spetterà al Consiglio di Giustizia amministrativa, l’organo che opera in Sicilia, equivalente al Consiglio di Stato, pronunciarsi sulla questione. Lo dovrebbe fare entro le prossime due settimane.

L’ambasciatore ha parlato anche di Sigonella nel corso della intervista. Rispondendo a Caprara – “Nell’utilizzare la base di Sigonella per la missione sulla Libia chiedete qualcosa in più all’Italia?”, ha detto che gli Usa collaborano con l’Italia i numerose basi, Sigonella è una di esse. “Abbiamo da voi 16 mila militari, 32 mila persone compresi i famigliari. Il contingente ha subito un incremento di un migliaio di unità nell’ultimo anno”.
Phillips mantiene un profilo basso, Sigonella non è uguale alle altre basi, ospita il comando delle operazioni Usa nel Mediterraneo, con la squadriglia di velivoli senza piloti. E due terzi circa del migliaio di militari arrivati nell’ultimo anno, sono stati assegnati alla base di Sigonella.

http://www.siciliainformazioni.com/redazione/275965/muos-lambasciatore-usa-abbiamo-aspettato-troppo-serve-pure-allitalia 

Terrorismo&Fratellanza Musulmana, l'Italia è un porto franco dove si entra e si esce a piacimento

Libia, Allam: "Isis scende da barconi ogni giorno. Finita la convenienza, solo l'imbarazzo della scelta"
 
04 marzo 2016  Lucia Bigozzi
 
“Il caos in Libia e l’uccisione dei due ostaggi italiani dimostra il fallimento della strategia di Renzi e Gentiloni che si ostinano a mettere d’accordo il governo di Tobruk con quello di Tripoli di fatto in mano ai Fratelli Musulmani che antepongono Allah e Maometto alla ragione e al cuore”. Non usa giri di parole Magdi Cristiano Allam, giornalista e scrittore, esperto del mondo islamico che nella conversazione con Intelligonews boccia la politica estera del premier e mette in guardia sulla "polveriera" Libia. 

Dopo l’uccisione dei due ostaggi italiani che sta succedendo in Libia è qual è la proiezione nelle prossime settimane?

«Direi che è il fallimento della strategia italiana in Libia dove, evidentemente, siamo percepiti come anello debole del fronte europeo e occidentale in un contesto in cui l’Italia non è in grado di prendere parte per l’unica fazione che potrebbe ripristinare le condizioni di sicurezza e di stabilità e cioè il governo riconosciuto internazionalmente che ha sede a Tobruk. C’è invece da parte del premier Renzi e del ministro degli Esteri Gentiloni l’ostinazione a un accordo tra il governo di Tobruk e i Fratelli Musulmani che nel 2014 hanno deposto e rovesciato il governo legittimo e si sono, di fatto, impossessati di Tripoli. E questo, come dire, ha avuto un riscontro nella tragica vicenda che ha portato all’uccisione di due nostri connazionali».

A cosa si riferisce in particolare? 

«Inizialmente era stato detto che le due persone erano state sequestrate da miliziani vicini o appartenenti a una Fajr Libia, che significa Alba della Libia ed è la milizia armata dei Fratelli Musulmani libici. Ora, invece, ci dicono che sarebbero stati uccisi in un conflitto a fuoco tra Isis e forze cosiddette “regolari”. Ma la cosa importante che ci è stata detta, è che si trovavano sequestrati da parte dell’Isis, quindi una sigla diversa da quella che era stata individuata precedentemente. Anche qui, rilevo una incapacità italiana a gestire le sorti dei nostri ostaggi»

Il pressing degli Usa sull’Italia per l’intervento armato in Libia rischia di trasformarsi come quello che portò alla caduta di Gheddafi. E l’Italia metterà piede nell’altra sponda del Mediterraneo? 

«E’ importante comprendere due cose. La prima: se c’è una guerra in corso e c’è una guerra scatenata dal terrorismo islamico o si combatte per vincere, oppure si finisce per subirla lo stesso e per essere poi sconfitti e sottomessi. Noi non abbiamo alternativa all’intervento militate per ristabilire le condizioni di sicurezza e restituire la sovranità al popolo libico. La seconda: ammaestrati dalla tragica follia di Sarkozy del 2011 che per rovesciare Gheddafi e far assumere alla Francia la leadership dei rapporti petroliferi, energetici e commerciali, con la Libia ha fatto esplodere un vero e proprio terremoto che ha smembrato il territorio libico e, come dire, sottomesso a bande terroristiche islamiche. E’ chiaro che in tutto questo la prospettiva non può essere quella indicata da Renzi e Gentiloni e cioè un governo che metta insieme laici e Fratelli Musulmani. Può essere solo un governo laico l’unico interlocutore che possiamo sperare di avere e che anteponga la ragione e il cuore ad Allah e Maometto»

In Libia a che livello di penetrazione è arrivato l’Isis?

«Isis controlla tutto il territorio di Derna, Sirte, i pozzi petroliferi, tengono sotto scacco di fatto Tripoli, minacciano la frontiera con la Tunisia e godono del sostegno di altre sigle terroristiche; quindi rappresentano una minaccia significativa così come noi dovremmo considerare che anche in Fratelli Musulmani che controllano Tripoli rappresentano una minaccia perché proprio la vicenda degli ostaggi uccisi dovrebbe insegnarcelo. Purtroppo, i Fratelli Musulmani sono sostenuti dalla Turchia e dal Qatar che passano per Paesi islamici moderati e dunque noi finiamo per sottostare alla loro strategia»

Allarme terrorismo “crescente” sull’Italia, dicono gli 007 europei. È così?

«L’Italia è infiltrata da terroristi islamici che ogni giorno scendono dai barconi. Solo Alfano non lo ha ancora capito. Se quei barconi provengono dalle coste libiche controllate dal 2011 dai terroristi islamici non potrebbero usarli per infiltrare adepti nel nostro Paese? Finora l’Italia è stata risparmiata solo perché ci comportiamo come se fossimo già sottomessi. Noi siamo un porto franco dove loro entrano ed escono a piacimento e siamo noi che li manteniamo con più generosità di quella che abbiano nei confronti dei nostri cittadini italiani. Fino a quando avranno la loro convenienza a sfruttare le condizioni che l’Italia offre non succederà niente. E se un giorno dovessero decidere di attaccare, avrebbero solo l’imbarazzo della scelta su dove, come e quando colpire»

NoMuos, il 9 marzo si ripetirà la sceneggiata





Foto di: ANiedbalski
Il Muos verrà acceso mercoledì prossimo
Mamme: «Quali garanzie di sicurezza?»

Salvo Catalano 4 Marzo 2016

Cronaca – Le parabole verranno messe in funzione per tre giorni, fino a venerdì. Lo ha deciso il Cga che ha chiesto al collegio di verificazione di tornare a Niscemi per completare il lavoro che non è stato fatto il mese scorso, perché mancavano le necessarie precauzioni. Preoccupate le attiviste

Il Muos di Niscemi verrà acceso mercoledì 9 marzo e le misurazioni dei campi elettromagnetici dureranno per tre giorni, fino al primo pomeriggio di venerdì 11 marzo. Non ha perso tempo il Consiglio di giustizia amministrativa che il 26 febbraio non ha emesso la sentenza che tutti si aspettavano ma ha ribadito la necessità di effettuare i test mettendo in funzione contemporaneamente sia le tre parabole dell'impianto Usa di telecomunicazioni militari, sia le 46 antenne presenti nella base di contrada Olmo già dagli anni '90.

I giudici amministrativi erano stati chiamati a esprimere un parere dopo il ricorso del ministero della Difesa contro la sentenza del Tar di Palermo che aveva dichiarato abusivi i lavori di costruzione del Muos. In quella stessa sentenza si ammetteva che non era stato fatto abbastanza per valutare i rischi per la salute. Il Cga aveva quindi ordinato a un collegio di verificatori - formato da due tecnici e tre rappresentanti di altrettanti ministeri - di effettuare le misurazioni sul campo. Lo scorso 12 gennaio, alla vigilia delle operazioni, quando sembrava tutto pronto, la prefettura di Caltanissetta, con una decisione improvvisa, bloccò tutto, per «l'impossibilità di indicare alcuna misura precauzionale da adottare, in assenza di ogni elemento di conoscenza e valutazione in proposito». Nessuno tra gli enti consultati - Asp, Arpa, vigili del fuoco e amministrazione comunale - sapeva quali interventi mettere in atto per evitare rischi alla popolazione. A questo si aggiunge un'altra motivazione, sottolineata dallo stesso Cga: la non disponibilità della strumentazione idonea che sarebbe dovuta essere messa a disposizione dell'Arpa.

Ragioni che spinsero il collegio dei periti guidati dalla presidente Maria Sabrina Sarto, a completare il lavoro di analisi sulla base dei dati esistenti, forniti dall'ambasciata degli Stati Uniti d'America e la cui attendibilità è stata contestata dai legali del comitato No Muos. Tuttavia, al momento di decidere, il Cga non ha potuto fare altro che ammettere che l'incarico assegnato al collegio non era stato effettivamente portato a compimento e ha indicato il nuovo mandato con le stesse finalità. L'appuntamento è per le 8 di mattina di mercoledì prossimo alla base di Niscemi. I test si concluderanno venerdì alle 14. La notizia crea allarme tra le mamme No Muos. «Cos'è cambiato rispetto a un mese fa? - chiede Samanta Cinnirella, rappresentante del gruppo di Caltagirone - Perché si sta riproponendo la stessa situazione? Forse ci sono ora i mezzi per assicurare la sicurezza della popolazione?». Domande che le mamme rivolgeranno alla Prefettura di Caltanissetta in una lettera. «Non è possibile - continua - che il principio di precauzione venga annullato da una settimana all'altra. Vogliamo incontrare la prefetta che già nelle settimane scorse è stata disponibile con noi, ma tutto dipende dagli ordini che hanno. Noi - conclude - confidiamo nella revoca di questa verificazione».

Diego Fusaro, idee e concretezza

INTERVISTA AL FILOSOFO ''ALLIEVO INDIPENDENTE DI HEGEL E KARL MARX'',
''ORMAI LA LA SINISTRA ELOGIA I DIRITTI CIVILI SENZA QUELLI SOCIALI''

FUSARO, ''ABBATTERE E RICOSTRUIRE L'EUROPA COME I RUDERI AQUILANI''













 di

L'AQUILA - La ricostruzione post-sismica aquilana? Non poteva che generare disuguaglianze e speculazione, perché questo è il destino dell’epoca.
La ripresa economica invocata anche in Abruzzo? Una chimera, è chi comanda che vuole la crisi. L’Europa, come le case inagibili e i ruderi aquilani, va abbattuta e ricostruita.
Sono solo alcune delle affermazioni a tinte forti di Diego Fusaro, giovane filosofo torinese, classe 1983, che nel 2016 in Italia ha l’ardire di definirsi "allievo indipendente di Hegel e di Marx, intellettuale dissidente e non allineato, al di là di destra e sinistra, che continua nella lotta politica e culturale che fu di Marx e di Gramsci".
Con il risultato di essere inviso al centro, a destra, ma soprattutto a sinistra, dove c'è chi lo considera un fenomeno mediatico, un "marxista da salotto televisivo" divenuto famoso, e dunque autorevole, solo perché è ospite fisso della trasmissione La Gabbia di La7.
Dove non manca di cannoneggiare seppure con la polvere da sparo di dotte citazioni contro i sindacati, la sinistra governativa, Nichi Vendola, ex presidente della Regione Puglia di Sinistra ecologia e libertà che con il suo compagno ha da poco un figlio concepito da un utero in affitto, contro i diritti civili che diventano "uno specchietto per le allodole per eliminare i diritti sociali", infine contro l'immigrazione "come espediente per creare in Europa un esercito industriale di riserva".
Professor Fusaro, la politica regionale anche in Abruzzo è in attesa messianica della ripresa economica. Fa bene essere ottimisti?
Non ci sarà nessuna ripresa, la crisi è un metodo di governo per imporre in modo non democratico le decisione delle élite neofeudali. Lo stato di crisi, la shock economy, spalanca la strada alla politica economica di emergenza, che serve a tagliare la spesa pubblica, a ridurre i salari e le pensioni.
Per qualche osservatore, anche il post terremoto dell’Aquila gestito dalla Protezione civile è stata una forma di shock economy. Condivide questa analisi?
Anche nel post terremoto la logica emergenziale è servita a troncare sul nascere ogni possibilità di scelta democratica. Nulla di anomalo, anche all'Aquila, con tutti i miliardi in arrivo, non poteva che riprodursi la massima del neoliberismo, quello del vivere pericolosamente, del massimizzare i profitti, allargando la forbice della disuguaglianza. Non poteva che riprodursi la cifra del mondo diseguale, di quelli che festeggiano il 1989, data spartiacque della caduta del muro di Berlino e del trionfo globale dell’economia di mercato che sta portando alla distruzione dei diritti dei più deboli. All'Aquila come altrove, ha avuto gioco facile la speculazione, il reato non sanzionato, ed anzi riconosciuto dalla legge che si chiama ingiustizia sociale.
Anche in Abruzzo tengono banco, a periodi alterni, il tema dei costi della politica, l’abolizione degli enti inutili, il disprezzo per la casta. Condivide questa insofferenza?
Si tratta di una rabbia che parte da presupposti giusti, ci sono oggettivi sprechi di denaro pubblico ed evidenti privilegi della classe politica. Ma è una rabbia che viene usata astutamente per demolire il pubblico, la sfera statale, i diritti sociali e del lavoro, per lasciare totale spazio libero agli agenti del neoliberismo e alle privatizzazioni. Si vuole distruggere non la casta dei politici, ma distruggere la politica in se stessa, far trionfare l’ordoliberismo di Margaret Thatcher ovunque. È un processo iniziato in Italia con Mani Pulite, che è stato un Colpo di Stato giudiziario che ha spazzato via la vecchia classe politica, senz’altro corrotta, ma che aveva ancora un idea di spesa pubblica, di politica sociale e difesa dei diritti di lavoratori.
Un'altra Europa è possibile?
No, questa Europa è irriformabile, bisogna uscire da questa costruzione economica e finanziaria, serve una rifondazione, bisogna abbattere e ricostruire, un po’ come si fa con le case dell’Aquila che non sono più recuperabili perché non stanno più in piedi.
Condivide l’intervento di welfare rappresentato dal reddito minimo garantito, o reddito di cittadinanza?
No, perché è una involuzione neoliberista del welfare: anche se sei laureato ti garantisco un salario da fame con assegno di Stato, ma ti costringo però a fare lavori socialmente utili, anche a pulire i bagni. Umiliante come la social card di Silvio Berlusconi. Non è questo il welfare che serve, che si può ottenere solo uscendo dalla gabbi del fiscal compact imposto dall’Europa, riacquistando una sovranità monetaria, tornare ad essere uno Stato sovrano e democratico che possa attivare politiche di piena e dignitosa occupazione.
Cosa sono destra e sinistra oggi?
La destra è quella del denaro e del mercato senza freni né limiti, che è economicamente a destra, politicamente al centro, culturalmente a sinistra. Quest’ultima non fa altro che santificare il capitalismo e i suoi nessi di forza, con l’elogio della globalizzazione, dei diritti civili senza diritti sociali, della fine dello Stato sovrano e anche delle religioni, perché anche quest’ultime sono incompatibili con il mercato, visto che, come scriveva Ezra Pound, 'il tempio è il sacro che non è in vendita", ossia che non può diventare merce.
Diritti civili senza diritti sociali: in che senso?
Un esempio recente: Nichi Vendola ha un figlio mediante la maternità surrogata, ossia l’utero in affitto. Rivedicando un suo diritto civile, ma cedendo però alla pratica ultraclassista dell’adozione di un bambino mediante la mercificazione integrale, trasformando i bambini in articoli di commercio, in enti sradicati venuti al mondo per capriccio dell’individuo consumistico portatore di volontà di potenza. Comprare un figlio con l’utero in affitto è cosa da ricchi, costa migliaia di euro, non è da proletari, ma da capitalisti. Non è pratica degna del Servo, ma del Signore. Allo stesso modo, in Grecia abbassano le pensioni minime e promuovono i diritti civili, in Italia tolgono l'articolo 18 e vogliono fare le unioni civili. I diritti civili non costano nulla perché non toccano i rapporti di forza economici. La vera emancipazione sarebbe implementare i diritti civili e sociali insieme, in realtà i diritti civili vengono usati come specchietto per le allodole per togliere quelli sociali.
Che giudizi ha dell’ambientalismo?
L’ambientalismo deve essere parte della lotta contro questo modello economico. Ora è una forma di protesta interna, innocua. In fondo anche la green economy è capitalismo al volto ripulito. La forza che sta distruggendo l’ambiente è il capitalismo.
Lei ha usato parole molto dure sul ruolo del giornalista. Perché?
Esiste un clero giornalistico che non crede in nulla e parla di tutto. Che ogni giorno mette in scena il senso del mondo calcolato dal potere, definendo le forme dell’opinare e del rappresentare. È il cane da guardia del nuovo ordine feudale.
03 marzo 2016

Milano elezioni, i cittadini non possono votare il bugiardo Sala espressione del corrotto Pd

Expo 2015, Sala smentito dai suoi stessi numeri: il buco è di 237,2 milioni

Expo 2015, Sala smentito dai suoi stessi numeri: il buco è di 237,2 milioni
Lobby
 
Tutte le bugie del candidato sindaco di Milano che ha detto più volte che il bilancio 2015 dell'evento e il patrimonio netto finale sarebbero stati positivi. Invece sono in rosso. Profondo
Giuseppe Sala sui conti Expo ha mentito due volte. La prima quando ha dichiarato che il bilancio 2015 non sarebbe stato in rosso (il 23 dicembre 2015 in una videointervista al fattoquotidiano.it e poi il 20 gennaio 2016 al confronto con gli altri candidati delle primarie al teatro Dal Verme). La seconda quando ha dichiarato solennemente che l’operazione si concludeva con il patrimonio netto positivo (il 25 gennaio davanti alle commissioni Expo e Partecipate di Palazzo Marino). Ora i dati – non ancora definitivi, ma ufficiali – allegati al verbale dell’assemblea dei soci di Expo spa del 9 febbraio 2016 provano la doppia bugia del commissario Expo, candidato sindaco del centrosinistra. Il bilancio 2015 risulta infatti in rosso per 32,6 milioni. E il patrimonio netto risulterà, a fine attività, negativo per almeno 44,1 milioni.
Intendiamoci: Sala avrebbe potuto dire che un’operazione come Expo non si giudica dai conti, perché aveva obiettivi d’immagine (rilanciare nel mondo Milano e l’Italia) e di volano per uno sviluppo economico a più lungo termine (per misurarlo, sono al lavoro gli economisti della Bocconi). In fondo, le cifre di Expo sono semplici: sono stati conferiti, negli anni, soldi pubblici per 1 miliardo e 241 milioni di euro. Gli incassi (da biglietti, sponsorizzazioni, royalties) sono stati poche centinaia di milioni. Alla fine, tutto il tesoretto di Expo sarà bruciato, anzi non basterà. Questa è la cruda verità. Le dichiarazioni di Sala si sono invece sempre mosse in un’alea di ambiguità, nel tentativo di non farsi poi smentire dai fatti. Ma i fatti alla fine arrivano a chiudere i conti. Eccoli.

WEB-infografica-2016-03-01-expo-01

1. Il bilancio 2015. Il budget approvato il 19 marzo 2015 prevedeva “un utile d’esercizio significativo, derivante da ricavi stimati di vendita dei biglietti per il semestre espositivo che è atteso tale da consentire la copertura delle perdite di gestione dei precedenti esercizi”. Obiettivo fallito. I visitatori sono stati molti meno del previsto, probabilmente circa 18 milioni, invece dei 24 o 20 ipotizzati. Ma i dati veri non sono rivelati da Sala, che si trincera dietro il dato dei biglietti venduti: 21,4 milioni, che sono però restati in parte nei cassetti dei distributori. Per cercare di aumentare i visitatori è stato abbassato il prezzo medio di vendita (17,4 euro). Una parte dei ricavi da biglietti (ben 19,9 milioni di euro) non è ancora stata incassata e forse non lo sarà mai. Ancora da incassare anche 51,4 milioni da sponsorizzazioni. Sono 71,3 milioni a rischio che, tolti i 20 milioni accantonati come fondo rischi, potrebbero portare il rosso di bilancio previsto nel documento dell’assemblea soci (32,6 milioni) a quota 84 milioni. A questi vanno aggiunti i soldi che Arexpo, la società che detiene i terreni, deve dare a Expo spa (153,3 milioni: 86,8 per l’infrastrutturazione dell’area, acquisto aree minori e bonifiche su cui c’è accordo; e 66,5 milioni per le bonifiche contestate), ma che non le darà perché, ormai diventata “sviluppatore immobiliare” del dopo Expo, ingloberà Expo spa e dunque non pagherà.
Il rosso sale così a 237,2 milioni. E in questo risultato c’è l’aiutino concesso dal governo Renzi in extremis, a dicembre 2015: 20 milioni per un nebuloso “aumento oneri di sicurezza” senza il quale il rosso sarebbe stato addirittura di 257 milioni.
2. Il patrimonio netto. È positivo, giura Sala, per 14,2 milioni. Peccato che l’operazione Expo non si chiuda a dicembre 2015, come fa finta di credere il commissario-candidato: nel suo oggetto sociale – come dice chiaramente il collegio sindacale – è compreso anche lo smantellamento dei padiglioni, fino a giugno 2016, quando il sito sarà consegnato ad Arexpo. Il budget di spesa previsto per i sei mesi del 2016 è di 58,3 milioni: il patrimonio positivo di 14,2 milioni diventerà dunque a giugno negativo per 44,1 milioni. È la seconda bugia di Sala. Del resto, che le cose si mettano male è segnalato dallo stesso verbale dell’assemblea soci: a fine giugno 2016 la società, che dovrà provvedere alla liquidazione del personale, avrà un buco di cassa di 88,4 milioni. Poi c’è l’incognita degli extracosti, i compensi in più pretesi dai costruttori, su cui sono ancora aperti contenziosi. Expo, insomma, si chiuderà a giugno con un buco di almeno 44,1 milioni, altro che patrimonio netto positivo. Ma Sala si è ormai messo al sicuro come candidato sindaco del centrosinistra, che lo dovrà difendere a ogni costo. Nel gioco delle tre carte tra Expo e Arexpo, diranno che i soldi pubblici che dovranno ancora essere buttati nell’impresa non sono da considerare pagamenti dei debiti di Expo, ma anticipi per il meraviglioso futuro del piano Arexpo (peraltro ancora sconosciuto). Chi vorrà, potrà crederci.
3. Trasparenza zero. C’è stata una vischiosa resistenza a rendere pubblici anche i dati già disponibili, in una mancanza di trasparenza ancor più preoccupante in chi si candida a diventare sindaco. Dunque: 1. L’assemblea dei soci di Expo spa era stata convocata per il 29 gennaio, ma è stata poi tenuta aperta fino al 9 febbraio: guarda caso dopo le primarie (6 e 7 febbraio). 2. Il verbale è stato consegnato ai consiglieri comunali solo il 26 febbraio, su espressa richiesta del presidente del Consiglio comunale Basilio Rizzo, dopo le anticipazioni pubblicate dal Fatto Quotidiano. 3. Al verbale sono allegate 32 pagine di grafici e cifre, che sono datate 21 dicembre 2015: perché sono state tenute nascoste e non sono state consegnate prima ai consiglieri, almeno in preparazione della riunione delle commissioni Expo e Partecipate di Palazzo Marino del 25 gennaio? Negli Stati Uniti e negli altri Paesi democratici, di norma chi mente ai cittadini deve rinunciare alla carica. Da noi Giuseppe Sala continua la sua corsa verso Palazzo Marino, nel silenzio assordante di gran parte della stampa.
da Il Fatto Quotidiano del 2 marzo 2016

N'drangheta, per batterla bisogna cambiare il codice penale, di procedura penale e l'ordinamento penitenziario

LA ‘NDRANGHETA E’ PIU’ DEBOLE: ALFANO SMENTITO DA GRATTERI E DAI SERVIZI SEGRETI

A smentire Alfano non c’è solo il Procuratore Gratteri. Indirettamente, lo fanno anche i Servizi Segreti. Questi i fatti: Il Ministro dell’Interno, quando venne a Reggio Calabria, dichiarò, incautamente, che la ‘ndrangheta oggi sarebbe più debole e che la recrudescenza degli atti intimidatori sarebbe una risposta alla pressione dello Stato.

 ALFANO

Affermazione azzardata, non condivisa da chi la Calabria la conosce bene, ma soprattutto da chi la ‘ndrangheta la combatte da sempre, a viso aperto, con coraggio e determinazione, come il Procuratore Antimafia Nicola Gratteri, che in un’intervista rilasciata qualche giorno fa al quotidiano on line l’Inkiesta ha dichiarato che: «per vincere davvero bisogna cambiare le regole del gioco. È improbabile che i boss di ‘ndrangheta, visto che negli ultimi anni abbiamo arrestato duemila di loro, si siano riuniti e abbiano deciso di bruciare un po’ di pullman lì, mettere bombe carta qui, gambizzare e uccidere da un’altra parte. Per me l’emergenza c’è sempre. Non misuro la presenza o la pervasività delle mafie dal numero delle macchine bruciate o dai morti a terra. Non è quella l’emergenza. La ‘ndrangheta che conosco io discute, parla, dà consigli, formalmente non minaccia ma intimidisce. La ‘ndrangheta che conosco io è quella che muove tonnellate di cocaina e poi con i soldi guadagnati condiziona l’economia e quindi la libertà della gente. È quella che controlla il voto, gli appalti, che dice non solo chi vince l’appalto, ma anche dove deve essere costruita un’opera pubblica e se deve essere costruita. Per vincere davvero – continua il magistrato – bisogna cambiare le regole del gioco. Come dicono nei teatri di guerra, bisogna cambiare le regole di ingaggio: il codice penale, il codice di procedura penale, l’ordinamento penitenziario, sempre nel rispetto della Costituzione. È necessario fare tante di quelle modifiche finché delinquere non sarà più conveniente. Sono tutte proposte che abbiamo messo nero su bianco nella Commissione voluta dal Governo, che ho presieduto a titolo gratuito chiamando i migliori esperti sul campo. Quello che abbiamo proposto noi, ad esempio, è che tutti i detenuti di alta sicurezza sentiti a qualsiasi titolo, come indagati, testimoni, o anche se si devono separare, non vengano trasferiti, ma restino dove sono sfruttando le videoconferenze. Con una sola modifica si eviterebbe che i detenuti possano continuare a nuocere e minacciare e si risparmierebbero 70 milioni di euro l’anno. Immaginiamo quanti uomini della polizia penitenziaria potremmo assumere con questi soldi. Io immaginavo, fantasticavo, sognavo che un blocco di queste cose ovvie passassero velocemente con un decreto legge, il resto con dei disegni di legge. Purtroppo, forse – conclude Gratteri – non c’è una maggioranza forte tale da portare avanti queste piccole rivoluzioni».
E tanto basterebbe a comprendere la superficialità delle affermazioni del Ministro Alfano. Ma se così non fosse, a smentire la tesi fantasiosa della ‘ndrangheta indebolita, subentra anche la Relazione sulla Politica dell’Informazione per la Sicurezza redatta dai Servizi Segreti. Che nel documento dato alle stampe il 15 febbraio scorso, scrivono testualmente che: “la ‘ndrangheta conferma le sue peculiarità rispetto alle altre organizzazioni criminali mafiose nazionali. La flessibilità della struttura di tipo orizzontale, a base familiare, legata alla tradizione ma pronta all’aderenza ai più diversificati contesti, ha consentito alla criminalità organizzata calabrese di trasformarsi, nelle sue forme più evolute, in una dinamica e spregiudicata holding economico-finanziaria. Tale strutturazione rende la ‘ndrangheta meno vulnerabile all’azione di contrasto rispetto alle organizzazioni di tipo verticistico e le assicura anche spiccate capacità di ingerenza politico-amministrativa”. E non serve aggiungere altro.

Banca Etruria, questi del Pd prendono in giro tutti quelli che sono stati truffati dalla cricca bancaria

SCAPECCHI: DAL GOVERNATORE ROSSI E DAL PD SOLO AZIONI "SIMBOLICHE" PER BANCA ETRURIA

SCAPECCHI: DAL GOVERNATORE ROSSI E DAL PD SOLO AZIONI "SIMBOLICHE" PER BANCA ETRURIA
 
 
Il Governatore della Regione Toscana Enrico Rossi ha recentemente dichiarato ai media locali di voler aprire un conto corrente "simbolico" presso una filiale della Nuova Banca Etruria, esaltando la solidità e l'affidabilità dell'Istituto aretino. Pur apprezzando la consapevolezza di Rossi in merito alle buone qualità della Banca, e pur essendo abituati sullo stesso tema ad esternazioni simili e inconcludenti da parte di esponenti del PD aretino, credo sia legittimo aspettarsi ben altre azioni, non "simboliche", da parte del Presidente della Regione e neo aspirante segretario del PD, principale partito di Governo.
Se davvero Rossi vuole aiutare Nuova Banca Etruria è bene che si adoperi per tutelare il legame tra il territorio e la sua Banca, condizione indispensabile per il futuro economico di Arezzo e Provincia, e non solo.
Inoltre sarebbe opportuno che portasse avanti con determinazione, coinvolgendo Giunta e Consiglio Regionale, una posizione netta sulle cause che hanno portato al dissesto della vecchia Etruria: da una parte per chiedere che sia fatta veramente luce sulle azioni del vecchio CDA (valutando ogni possibile azione anche in sede legale), dall'altra per assicurare piena tutela per i dipendenti (sui quali stanno ricadendo ingiustamente i maggiori disagi) e per i posti di lavoro, sia nella fase legata alle tristi vicende post decreto del 22 novembre, sia nel processo che porterà alla vendita della Nuova Banca Etruria.
Infine, Rossi si faccia portavoce e garante dei risparmiatori che con il salvataggio della Banca hanno perso i propri denari, affinchè il Governo riveda le proprie decisioni disponendo il completo risarcimento di tutti gli obbligazionisti subordinati, decisione che gioverebbe anche alla fiducia ed alla reputazione della Nuova Etruria e di tutto il sistema bancario italiano.
 

L'islam non è terrorismo

Franco Cardini - L'Islam è una minaccia. Falso!

dettaglio dalla copertina con l'immagine di Franco Cardini
IL DOGMA DELL'ISLAMOFOBIA
La propaganda del terrore
“L'Islam è una minaccia”
C’è chi pensa che il Califfato sia alle porte e su Roma sventolerà la bandiera nera degli integralisti. Da anni la nostra paura e i nostri sensi di colpa trovano nell’Islam la loro causa prima. Ma davvero siamo condannati, Musulmani e Occidentali, tutti e senza distinzioni, a combatterci senza mai comprenderci? In L'Islam è una minaccia. Falso! Franco Cardini esplora il mondo musulmano con occhio sgombro da pregiudizi: una realtà complessa, polimorfa e contraddittoria che appare oggi sospesa tra jihad e Coca-Cola, tra Corano e business, tra richiami alla potenza califfale e suggestioni informatico-telematiche, tra niqab e Gucci. E smonta, uno a uno, gli stereotipi dell'islamofobia. 


L’Islam è una minaccia, si dice. Ciò sta diventando un dogma: e, come i suoi predicatori e adepti – e ancor più i suoi Gran Sacerdoti, che ad esso magari debbono fortuna mediatica, posti in parlamento, opulente prebende e interviste televisive – ben sanno, i dogmi non hanno per loro natura bisogno di esser provati. D’altronde, l’impresentabile vizio islamofobico è ormai divenuto una redditizia professione. Tuttavia quella “civiltà occidentale”, di esser figli della quale molti si sentono fieri (e anch’io, a modo mio, mi sento tale), è notoriamente razionale: rifugge dal dogma oppure lo accetta abbastanza obtorto collo come parte di quella stessa religione cattolica dalla quale la Modernità si è progressivamente allontanata ma di cui alcuni occidentali moderni si ostinano a dirsi accesi sostenitori (oh, la pura luce di eventi quali Poitiers 732 e Lepanto 1571, che ci hanno salvati due volte dall’invasione dei cani circoncisi!...).
Difatti sono ormai tanti coloro che non provano affatto il bisogno di appendere il crocifisso a una parete di casa propria, ma con ardore ne difendono in cambio l’esposizione obbligatoria nei luoghi pubblici, dovunque la sua vista possa offendere e ferire la canaglia islamica. Si può anche essere atei, ma si è magari “devoti”: e la croce, della quale come simbolo di amore, di fratellanza e di sacrificio non si sa che farsi, diventa sacrosanta quando svetta sulla cima dei “nostri bei campanili” dai quali scende il caro vecchio squillo delle “nostre campane”. E non fa niente se esse invitano alla messa e noi non ci andiamo affatto: ma è importante che diano fastidio a quegli altri, che li umilino e li offendano, che ricordino loro che stanno a casa nostra e non vi sono i benvenuti se non quando accettano docili lavori “al nero” e salari da fame, cioè di far quello che noi non vogliamo fare.
Quanto poi a conceder loro il diritto di pregare in un ambiente adatto – noialtri, che in quelli nostri non ci andiamo –, non glielo daremo mai, alla faccia della Costituzione e delle leggi internazionali; li obbligheremo a eseguire le loro prostrazioni rituali nel mezzo delle strade e delle piazze, salvo poi lamentarci in quanto disturbano il traffico e la quiete pubblica con il ridicolo, lubrico spettacolo dei loro culi per aria. Evviva gli svizzeri, che con un baldo referendum (sono proprio un “popolo gagliardo”, come cantavamo ai tempi di Addio Lugano bella) hanno impedito che un giorno un qualche minareto possa rovinare con la sua sgraziata silhouette i bei pascoli di montagna e la nenia monotona del muezzin spaventare le buone vacche pezzate.
Ebbene, lasciatevelo dire, cattolici-duri-epuri, neocrociati come vi vorrebbe il califfo alBaghdadi, o “cristianisti” che vi definiate o “atei devoti” che vi vantiate di essere: quello che concepite e proponete, a proposito di crocifissi e di campane, è un uso improprio bello e buono per non dire un infame pretesto. Chissà: diciotto-diciassette secoli fa i bravi contadini pagani (paganus deriva appunto da pagus,“villaggio”) pensavano probabilmente le stesse cose: che peccato, e che pena, il nostro bel paesaggio punteggiato di graziosi templi marmorei e di gloriose edicole sacre agli dei e agli eroi, deturpato ora da quelle ineleganti casupole nelle quali i galilei celebrano i loro impuri misteri; e che noia, il rumore di quegli arnesi di bronzo d’origine orientale che fanno vibrar tanto spiacevolmente l’aria!
Ma le contaminazioni tra sacro e profano, imperterrite, proseguono. Quello secondo il quale l’Islam sarebbe una minaccia, in quanto un dogma “laico”, dovrebbe comunque seguire la regola di quelli della Chiesa cattolica: essere sottratto alla ragione e alla critica per venir affidato alla pura fede. Ma ciò, in termini laici, sarebbe contraddizion che nol consente: ed ecco che, al fine di farlo apparire effettivo, vero, reale, irrefutabile anche alla luce della ragione, si tende a rivestirlo di prove o di qualcosa che loro somiglia. […]
Prendere alcuni casi particolari, per drammatici o terribili che siano, strapparli dalla loro eccezionalità, sistematizzarli, enuclearli dal loro contesto specifico e presentarli come generali e consueti; usare un evento accaduto in Siria, o in Nigeria, o magari anche a Parigi e ipotizzare che esso diventerà o che sta già diventando la regola dappertutto; ingigantire il singolo e magari isolato episodio criminale e nel nome di esso finger d’ignorare le migliaia e migliaia di casi di buoni e onesti musulmani che da noi lavorano, che ci aiutano espletando mansioni che i nostri giovani si rifiutano di fare, che soccorrono i nostri anziani e i nostri disabili mentre noi discutiamo perfino – nonostante la lettera e lo spirito della nostra Costituzione siano al riguardo chiarissimi e non ci sia pertanto al riguardo un bel niente da discutere – se essi abbiano o no il diritto di riunirsi a pregare in un edificio religioso eretto o sistemato a loro spese; instillare attraverso i media il sospetto che dietro ogni pizzaiolo egiziano che ci sorride, dietro ogni fruttivendolo maghrebino che si mostra cortese, dietro ogni ragazza somala che accudisce un’anziana signora con la stessa dedizione con cui lo farebbe per sua madre, si celi un fanatico pronto a sgozzarci nel nome di Allah.
Il terrorismo musulmano, come ogni altra forma di terrorismo, più che di fatti – e magari di fatti orribili: che certo purtroppo ci sono – vive d’immagini mediatiche; e si dimostra spesso abilissimo nel produrle e diffonderle. Anche perché i manovratori del Terrore sanno bene di possedere in Occidente una formidabile “Quinta Colonna”: gli islamofobi di professione, politici oppure operatori mediatici, che non chiedono di meglio che raccogliere i messaggi più paurosi e minacciosi e sbatterli in prima pagina, fiondarli al proscenio, fare in modo che appaiano ancor più tremendi di quel che sono, seminare paura per raccogliere odio e quindi consenso. Conosciamo questa logica, sappiamo dove portano queste forme di propaganda. Le abbiamo già sperimentate altre volte, in Europa.
L’odio e la paura hanno condotto alla fine del Settecento brave popolane, fino a pochi mesi prima timorate di Dio, a sferruzzare e a chiacchierare all’ombra della ghigliottina; l’odio e la paura hanno alimentato le purghe staliniane; è certo non soltanto, ma senza dubbio anche grazie a un odio e a una paura alimentati da una sinistramente geniale propaganda che tanti bravi e onesti cittadini tedeschi hanno finito negli anni Trenta per far finta di niente mentre gli ebrei della porta accanto scomparivano nel nulla; per non parlare dei tragici, grotteschi “processi alle streghe” organizzati negli States degli anni Cinquanta dal senatore Joseph McCarthy e circondati dal consenso isterico di tanti buoni patrioti americani inorriditi dal comunismo. Attenzione, perché ci vuole poco – specie con i mezzi e gli strumenti mediatici di oggi – a creare climi e atmosfere analoghi a quelli e a quelle che credevamo ormai sepolti in un passato vergognoso.
Il ventre che ha partorito questi mostri è ancora e sempre gravido.

venerdì 4 marzo 2016

2016 crisi economica, rallentamento dell'economia globale, instabilità dei mercati finanziari, avanzamento dei contro Sistemi


NOTIZIE RADIOCOR - ECONOMIA


 

USA: EL-ERIAN, ECONOMIA FA CONTI CON RALLENTAMENTO CRESCITA GLOBALE


(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) - New York, 03 mar - L'economia americana deve fare i conti con venti contrari provocati dal rallentamento della crescita globale e dall'instabilità' dei mercati finanziari, cosa che potrebbe finire per penalizzarla. E' di questa idea Mohamed El-Erian, consulente economico di Allianz ed ex amministratore delegato di Pimco. "Se si vada verso qualcosa di molto migliore o se gli Stati Uniti dovranno fare i conti con un rallentamento dell'economia e' ancora una domanda aperta", ha detto durante un'intervista a Cnbc, sottolineando che Wall Street deve probabilmente ancora scontare l'incremento dell'incertezza politica che si registra in Europa e negli Stati Uniti. Secondo El-Erian il fatto che stiano emergendo "partiti politici e candidati non tradizionali e contro l'establishment", come Donald Trump, che potrebbe agguantare la nomination repubblicana per la Casa Bianca, "aggiunge incertezza e i mercati americani non l'hanno ancora scontata, questo e' un fenomeno nuovo".

http://www.borsaitaliana.it/borsa/notizie/radiocor/economia/dettaglio/nRC_03032016_1704_565104336.html

Acqua pubblica, Alto Calore, il Pd in fibrillazione per la vendita ai privati

Forgione: "I sindaci del Pd si schierino per l'acqua pubblica"

La nota del dirigente provinciale del Partito Democratico di Avellino

forgione i sindaci del pd si schierino per l acqua pubblica
Avellino.  
Acqua pubblica, il Pd di Paternopoli chiama a raccolta i sindaci democratici. "Noi, i democratici della Media valle del Calore, si legge nella nota di Andrea Forgione, dirigente provinciale del Pd, chiediamo ufficialmente ai Sindaci irpini , iscritti a Partito Democratico, di schierarsi contro il progetto di accorpamento dell’Alto Calore Servizi alla societa’ Ge.se.sa . Lo facciamo perche’ un vero democratico si distingue per la coerenza e per l’impegno in favore dei cittadini e delle risorse naturali , che devono rimanere un bene comune. Ecco perche’ chiediamo alla nostra amica presidente del PD Irpino, Roberta Santaniello, di convocare urgentemente l’assemblea dei delegati provinciali, unici dirigenti legalmente riconosciuti per Statuto, con all’ordine del giorno la questione Alto Calore. In quella sede i delegati si esprimeranno con un voto democratico ed esso sara’ impegno vincolante per i Sindaci Pd . Questo significa essere parte di una comunita’ politica chiamata partito. Il resto e’ solo guerra fra bande, come al solito, che potrebbe essere foriera dello scippo dell’acqua alle popolazioni irpine. Sarebbe una beffa atroce per i cittadini perdere un bene essenziale come l’acqua dopo aver pagato bollette esose. Ricordiamo solo, con umilta’, che nel territorio di Maratea, al confine fra Basilicata e Calabria, terra ricca di sorgenti d’ acqua, i cittadini pagano solo una tariffa forfettaria di 83 euro all’anno, indipendentemente da quanta acqua consumano per uso domestico. Mentre noi irpini, padroni delle sorgenti piu’ ricche d’Europa, paghiamo l’acqua piu’ cara degli abitanti del deserto arabico. Meditate gente, meditate".


Redazione