L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 24 dicembre 2016

Dove ci sono soldi pubblici c'è la Consorteria massonica mafiosa politica di Renzi e del giglio magico, è inevitabile

Appalti Consip, anche Luca Lotti è indagato. E l’inchiesta passa a Pignatone

Favoreggiamento e rivelazione di segreto contestati al braccio destro di Renzi La caccia alle cimici ha all'ertato gli investigatori. Inquisito pure Saltalamacchia







di Marco Lillo | 23 dicembre 2016

Luca Lotti è indagato per rivelazione di segreto e favoreggiamento nell’ambito dell’indagine avviata dalla Procura di Napoli sulla corruzione in Consip. Il fascicolo contenente le ipotesi di reato sulle fughe di notizie è stato stralciato dal filone principale sulla corruzione (che vede indagati Alfredo Romeo e il dirigente della Consip Marco Gasparri) ed è finito a Roma per competenza territoriale. A decidere il destino dell’uomo più vicino al segretario del Pd ora sarà il procuratore Giuseppe Pignatone.
Il braccio destro di Renzi, già sottosegretario alla Presidenza del consiglio, attuale ministro allo sport e aspirante alla delega sui servizi segreti con Gentiloni, è indagato a seguito delle dichiarazioni del suo amico Luigi Marroni. L’ex assessore alla sanità della Regione Toscana, promosso da Renzi a capo della Consip, nel suo esame come persona informata dei fatti, ha tirato in ballo anche il generale dei carabinieri Emanuele Saltalamacchia, comandante della Legione Toscana, indagato per le stesse ipotesi di reato.

A far partire gli accertamenti che hanno portato a indagare tre persone, oltre a Lotti e Saltalamacchia c’è anche il comandante generale dell’Arma dei carabinieri Tullio Del Sette, è stata una bonifica contro le microspie. L’amministratore della Consip, la centrale acquisti della pubblica amministrazione italiana, Luigi Marroni, poche settimane fa incarica una società di rimuovere eventuali cimici dai suoi uffici. La caccia va a segno. Le microspie vengono rimosse, Marroni e compagni azionano mentalmente il rewind, cercano di pensare a discorsi, incontri e parole dette.

Martedì i carabinieri del Noe e i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Napoli entrano in via Isonzo per acquisire i documenti in Consip per l’inchiesta relativa al più grande appalto in corso in Europa, il facility management 4, una torta enorme da 2,7 miliardi di euro divisa in lotti, tre dei quali prossimi a finire anche alle società di Alfredo Romeo. Lo stesso giorno i pm Henry John Woodcock, Celeste Carrano ed Enrica Parascandolo sentono a sommarie informazioni anche l’ad Marroni: all’inizio minimizza, ma quando intuisce che i pm potrebbero avere elementi precisi, grazie a pedinamenti e intercettazioni ambientali, fa i nomi.

Dice di avere saputo dell’indagine dal presidente di Consip Luigi Ferrara che a sua volta era stato informato dal comandante Tullio Del Sette. Poi aggiunge altri nomi. I più importanti sono Lotti e il generale Emanuele Saltalamacchia, suoi amici. Entrambi lo avrebbero messo in guardia dall’indagine che ora si scopre essere imbarazzante per Tiziano Renzi. Entrambi sono amici di Matteo Renzi. Entrambi sono indagati. Sembra difficile immaginare una corsa a chi avvertiva la Consip dell’indagine. Stiamo parlando del comandante e di uno dei generali più stimati del Corpo, oltre che del sottosegretario più vicino all’ex premier, l’uomo incaricato di tenere per lui i rapporti più delicati con le forze di polizia. Sembra davvero difficile immaginarli intenti a svelare il segreto di un’indagine. Però la bonifica c’è stata ed è andata a segno.

L’indagine richiederà alla Procura di Roma estrema cautela. Il ministro Luca Lotti alla specifica domanda: “Ha mai parlato dell’esistenza di un’indagine su Consip con Marroni?”, ci ha risposto con un secco: “No”. Il comandante della Legione Toscana Emanuele Saltalamacchia (già in corsa per diventare numero due dei Servizi segreti Aisi, stimato da Renzi che lo ha conosciuto da sindaco quando era comandante provinciale a Firenze), contattato dal Fatto, non rilascia commenti. Dando per scontata la medesima risposta (“nessuna soffiata”) si pone un bivio logico.

Marroni potrebbe anche avere travisato le frasi dei suoi interlocutori o potrebbe ricordare male. Come si spiega, però, il suo ritrovamento delle cimici dopo i colloqui con gli amici toscani? In questa storia le cose sono due: o Marroni ha capito male ed è stato molto “fortunato” a pescare le cimici o qualcuno mente.

In questa seconda ipotesi la domanda a cui dovrà rispondere il procuratore Pignatone è: perché tante persone così vicine a Renzi erano così allarmate per l’indagine sulla Consip? L’ipotizzato favoreggiamento di Lotti e dei carabinieri chi voleva favorire?

L’indagine che potrebbe essere stata danneggiata dalle presunte soffiate vede al centro Alfredo Romeo, imprenditore napoletano, finanziatore nel 2012, con contributi leciti, della Fondazione di Matteo Renzi. L’inchiesta però riguarda anche, in posizione molto più defilata, un imprenditore 33enne di Scandicci di nome Carlo Russo. Russo, secondo quanto risulta al Fatto, è in stretti rapporti con Romeo e ha incontrato sia l’amministratore di Consip Luigi Marroni sia Tiziano Renzi. Proprio il suo ottimo rapporto con il babbo dell’allora premier potrebbe avere indotto l’amministratore di Consip a incontrarlo.

Tiziano Renzi non è indagato. Luca Lotti e compagni sono innocenti fino a prova contraria. Però resta una domanda: Marroni è amico dei Renzi, padre e figlio; perché l’amministrazione di una società nominato dal governo Renzi dovrebbe accusare gli amici di Matteo Renzi di avergli rivelato l’esistenza di un’indagine nelle cui carte potrebbero esserci elementi imbarazzanti su Tiziano Renzi? Anche a questa domanda dovranno rispondere i pm romani.

http://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/consip-anche-lotti-e-indagato-e-linchiesta-passa-a-pignatone/

Monte dei Paschi di Siena, rubare ai risparmiatori è lo sport di Renzi e del Sistema massonico mafioso politico del corrotto Pd

Economia e Finanza
MPS/ Un anno dopo il crac Etruria il risparmio tradito resta una mina sotto il Monte

Nicola Berti
venerdì 23 dicembre 2016


MONTE DEI PASCI DI SIENA, MPS NEWS. Un Consiglio dei ministri una domenica sera del novembre 2015, un altro alla vigilia del Natale 2016. Al centro del tavolo due banche toscane in dissesto: allora l'Etruria (con tre consorelle regionali); oggi Mps (e sempre Luca Lotti e Maria Elena Boschi a presidiare le operazioni a Palazzo Chigi, ndr). Ora come allora, l'intento del governo di rendere il più possibile ordinato un processo di per sé rischioso economicamente e traumatico sul piano sociale come un fallimento bancario.

L'anno scorso il costo delle quattro risoluzioni bancarie (oltre all'Etruria la BancaMarche, la CariFerrara e CariChieti) è stato pagato dal sistema bancario: UniCredit e Intesa Sanpaolo in testa, gli altri gruppi a scalare. Soldi, purtroppo, andati in fumo: Ubi Banca - pronta a rilevare tre delle quattro good banks ristrutturate - difficilmente verserà un solo euro a fronte degli oltre due miliardi di euro iniettati a fine 2015 per tenere a galla le banche risolte. Più facilmente chiederà di poter acquisire le tre good banks dopo un ulteriore cura ricostituente di capitali freschi.

Non sta andando diversamente per Popolare di Vicenza e Veneto Banca, ricapitalizzate da Atlante con 2,5 miliardi: il fondo salva-credito vi impegnerà almeno un altro miliardo per mantenere le due Popolari a galla, secondo i dettami della Bce. Anche in questo caso altri capitali rapidamente divenuti "a fondo perduto" (con relative perdite per le banche, fondazioni, assicurazioni che vi hanno investito).

Su Mps, salvo colpi di scena, i capitali-salvagente li metterà lo Stato, dopo l'insuccesso dell'aumento di capitale ufficializzato ieri sera. Il conto lo pagheranno direttamente i contribuenti (non più, indirettamente, i depositanti). Problematiche Ue a parte, si tratta di un punto d'arrivo, di un bottom. Come ha detto ieri il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli: "Le banche non sono più in grado di salvare le banche"; oppure - come ha lamentato già due mesi fa il leader dell'Acri, Giuseppe Guzzetti: "Se potessi tornare indietro non farei partecipare le Fondazioni ad Atlante".

Anche il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, avrebbe probabilmente fatto a meno di attendere sei mesi (o forse anche di più) per mettere in sicurezza Mps (i casi Etruria e Mps hanno peraltro buna probabilità di rivelarsi i colpi sotto la linea di galleggiamento del cursus politico di Matteo Renzi, ndr). Ora, tuttavia, Padoan e il premier Paolo Gentiloni si ritrovano davanti, immodificata, la "selva oscura" nella quale già un anno fa iniziò a perdersi Renzi.

Il pensionato di Civitavecchia suicida dopo aver perso tutti i suoi risparmi nel falò dei bond subordinati di Banca Etruria è costato al premier forse più di tutti gli eccessi del ministro Boschi nel difendere se stessa e i suoi familiari da ogni sospetto di coinvolgimento. Al fallimento del Renzi uomo di governo (il non aver salvato la banca) si è accompagnato quello del Renzi uomo politico (non aver previsto e poi gestito il sisma del "risparmio tradito": la "sindrome Parmalat" che 13 anni dopo il crac Tanzi sta tenendo M5S oltre il 25% nei sondaggi).

Come minimizzare i danni per i 40mila portatori di obbligazioni subordinate di Mps? Questi ultimi avevano "fatto il loro dovere" aderendo in misura massiccia alla proposta reiterata di conversione dei loro titoli in azioni del "nuovo" Monte. Nessuno, tuttavia, li ha seguiti sul mercato: a cominciare dalla Qatar Investment Authority. Così ora, per il governo italiano, ricapitalizzare Mps non sembra un problema molto superiore al "rendere inesistenti" le perdite sul monte di 2,6 miliardi di risparmi che le filiali di Mps hanno indirizzato nel 2008 al finanziamento dell'acquisizione di AntonVeneta.

Il frettoloso dilettantismo di Renzi, un anno fa, ha creato solo insidiosi precedenti. "Rimborseremo tutti": non è avvenuto, non poteva avvenire per i 10mila obbligazionisti subordinati delle quattro banche risolte. Nel frattempo si sono aggiunti i 200mila soci delle Popolari venete, entrambe con il capitale azzerato. Ora i 40mila di Mps (sperando che non vi siano problemi per i depositanti over 100mila euro). Il "fallimento esemplare" in Europa ha buone chance di fare da banco di prova per la definizione di liste più o meno sommarie di "sommersi e salvati". Chi merita tutela pubblica per i propri investimenti di mercato su titoli ad alto rischio, collocati agli sportelli della stessa banca come impiego ad alto reddito e di tutto riposo? Come distinguere fra chi veramente "ha perso tutto in buona fede" e chi nasconde dietro lo status di "investitore individuale" una puntata speculativa, forse collegata ad altre transazioni con la stessa banca? Perché l'azionista della Popolare di Vicenza deve essere punito al 100% e il quasi-azionista di Mps deve essere protetto e rimborsato?

http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2016/12/23/MPS-Un-anno-dopo-il-crac-Etruria-il-risparmio-tradito-resta-una-mina-sotto-il-Monte/739185/

Comune di San Lazzaro - la magistratura complice delle consorterie massoniche mafiose politiche del corrotto Pd, oltre la beffa ora vogliono il danno. La giustizia che diventa ingiustizia


l’archiviazione dell’indagine sulla «colata»

Idice, ora Legacoop invoca
«un risarcimento morale»

Critelli prova a mediare: «Capisco lo sfogo delle persone coinvolte, ma spero che ora possa prevalere la saggezza»

 Rita Ghedini e Simone Gamberini, presidente e direttore di Legacoop Bologna Rita Ghedini e Simone Gamberini, presidente e direttore di Legacoop Bologna
BOLOGNA - Hanno fatto passare un giorno, per godersi fino in fondo la fine dell’inchiesta sulla Colata di Idice. Ore spese anche a riflettere, ponderare bene le parole da usare. Alla fine quelle scelte sono durissime, un attacco frontale alla sindaca di San Lazzaro Isabella Conti, che con la sua denuncia diede il via ad un’inedita querelle giudiziaria tra pezzi del Pd, amministratori e cooperatori.
Per la presidente di Legacoop Bologna Rita Ghedini e il direttore generale Simone Gamberini, tra i sette indagati di quell’inchiesta, si è trattato in realtà di altro, di «un attacco alla reputazione di Legacoop Bologna», organizzazione «che rappresenta oltre 180 imprese in cui lavorano 50 mila persone». A questi lavoratori, scrivono in una lunga nota i due, «va indirizzato un risarcimento morale». Si aspettano le scuse della Conti, ben convinti che non arriveranno dopo «gli incessanti attacchi di chi ha continuato ad accusare e denigrare, anche dopo la richiesta di archiviazione della Procura». 

I vertici di Legacoop hanno in mente l’intervista al vetriolo che Conti rilasciò il giorno in cui i pm bolognesi chiesero di archiviare tutto. «Noi siamo i buoni, quelli per bene, siamo gli anticorpi», ripeteva la sindaca. Che ieri è tornata di nuovo alla carica, limitandosi però a riportare alcuni passaggi della richiesta di archiviazione firmata dal procuratore capo Giuseppe Amato, laddove descriveva i comportamenti, le frasi e gli atteggiamenti «accertati » da parte degli indagati «che risultano deprecabili». 

Ma ieri tutta Legacoop ha voluto manifestare la sua vicinanza a Ghedini e Gamberini. «So bene quanto abbiano sofferto per accuse che ledevano gravemente la loro onorabilità e la reputazione della Lega delle Cooperative», il commento del presidente regionale Giovanni Monti. «Le loro azioni e i loro comportamenti sono sempre stati guidati dalla trasparenza e dall’impegno per la legalità», ha aggiunto il presidente nazionale Mauro Lusetti. Ora c’è da capire come si muoverà Legacoop, se intende chiudere qui la faccenda o se è pronta a querelare Conti. Due degli indagati archiviati, il sindaco di Castenaso Stefano Sermenghi e l’ex sindaco di San Lazzaro Aldo Bacchiocchi, non hanno escluso questa ipotesi. Certo è che una richiesta risarcitoria riaprirebbe lo spinoso conflitto tra le coop e il Pd. Conflitto che la Federazione di via Rivani ha tutta la voglia di lasciarsi alle spalle. «Capisco lo sfogo personale delle persone che sono state coinvolte perché hanno attraversato un periodo difficile — ha detto ieri il segretario provinciale del Pd, Francesco Critelli — non sta a me entrare nel merito delle decisioni che prenderanno i diretti interessati, il mio auspicio è che possa prevalere da parte di tutti la saggezza». Critelli prova anche a riavvicinarsi alla sindaca di San Lazzaro, dopo che i rapporti tra i due si erano raffreddati anche perché tra gli indagati alla fine c’era pure il tesoriere dem Carlo Castelli. La decisione del la sindaca di bloccare il maxi complesso edilizio, ribadisce Critelli, «fu una scelta corretta che abbiamo sostenuto e che oggi non rinneghiamo». Diverso è il discorso invece per alcune delle presunte minacce e pressioni che la sindaca ritenne di aver subito, ma che per il segretario del Pd possono essere state oggetto di «fraintendimenti».


Renzi il bugiardo seriale vuole convincere se stesso che è diventato altro


Lorenzo Saliu
23 Dicembre 2016

Matteo Renzi Chi?

In questi giorni gli appassionati lettori di appassionanti riviste come Chi? hanno avuto la delizia e la rara opportunità di dare un’occhiata all’interno del carrello della spesa di Matteo Renzi, il presidente più trasformista della storia d’Italia
redazione cagliaripad,
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In questi giorni gli appassionati lettori di appassionanti riviste come Chi? hanno avuto la delizia e la rara opportunità di dare un’occhiata all’interno del carrello della spesa di Matteo Renzi, il presidente più trasformista della storia d’Italia.
 
Lo abbiamo conosciuto alla Leopolda come il leone in maniche di camicia, arrotolate per dare l’idea dell’uomo dinamico pronto a “fare”. Lo abbiamo compatito con il giubbotto in pelle durante l’intervento alla trasmissione “Amici” condotta da Maria De Filippi. Lo abbiamo conosciuto per davvero con il famoso augurio del “Bersani, stai sereno”. Lo abbiamo subito in tutte le salse nei 1.000 giorni del governo Renzi.
 
Oggi, fresco di schiaffo alle urne, deve reinventarsi per proporsi in maniera credibile alle prossime elezioni. Elezioni, o più probabilmente un nuovo “governo di responsabilità”. Un prossimo reincarico da parte di quel Presidente della Repubblica che ormai fa le veci del popolo italiano facendosi le proprie urne personali. E occhio, quando un politico parla di “responsabilità” sta pensando a quale marca di vaselina farti comprare.
 
Sembra incredibile ma la politica di questi ultimi trent’anni è stata capace di distruggere tutte le parole che ha utilizzato per auto celebrarsi. Pensate a quanto suonino inadeguate nei discorsi dei vari politici parole come fiducia, responsabilità, valori, onestà, impegno. Gente convinta che ripeterle come un mantra sia sufficiente a far cambiare atteggiamento a chi le ascolta o fa finta di ascoltarle. Non si rendono conto che i loro discorsi sono, alle nostre insensibili orecchie, acqua fresca che scorre senza lasciare segno.
 
Ma torniamo a settimanale Chi? diretto dal vendibilissimo genio della comunicazione Alfonso Signorini (genio senza ombra di ironia ndr). “Chi?” è il giornale di chi ama farsi i fatti degli altri, specie se famosi o aspiranti famosi (i cosiddetti “morti di fama”), storie inutili di gente inutile scritte da gente che probabilmente ambiva a fare altro. Ad esempio ci sono articoli dedicati dell’ex GF7 (leggi ex concorrente del Grande Fratello 7) che se la fa con uno degli “amici di Maria” (leggi concorrente del programma “amici” condotto da Maria De Filippi). Non mancano mai articoli dedicati ai tronisti,  alle sofferenze d’amore di Belen o a quanto sia figo e incompreso Lapo Elkan.
 
Hai capito che si tratta di un settimanale destinato a crani gonfiati ad aria compressa, a cervelli sotto spirito con targhetta Ab Normal o, nell’unica possibilità che ritengo decorosa, ad anziani spesso soli che trovano in questo genere di lettura un po’ del conforto e dell’affetto famigliare spesso negato.
 
Ma dicevamo di Renzi, che ci fa il buon Matteo su Chi?. Naturalmente campagna elettorale. Se si ha la bontà di guardare anche su Internet le immagini di Matteo e della dolce sposa Agnese, scattate all’interno di un supermercato di Pontassieve, si nota subito il finto taglio da foto “rubata”.
Immaginate un fotografo appostato per giorni sotto una montagna di carciofi spinosi o acquattato furtivamente tra i banchi del pesce sperando che il premier si rechi proprio lì a fare la spesa. Immaginate l’emozione di vederlo spuntare tra i banchi dell’ortofrutta, ignaro che mani bramose di scoop siano intente a pigiare in modo compulsivo il pulsante di scatto. Immaginate la sorpresa della coppia nel vedersi immortalati a loro insaputa durante una delle attività più care e “più care” per gli italiani, la spesa.
 
Il titolo dell’articolo è fantastico: da premier a casalingo. Sottotitolo: torniamo in mezzo alla gente, sul territorio (…) si comporta come un vero uomo di casa attento anche ai prezzi.
 
Nel testo dell’articolo, oltre alla mirabolanti ed interessantissime notizie circa la composizione del carrello della spesa di Renzi, apprendiamo con un certo stupore che papà Renzi è solito rimboccare le coperte agli adorati figli. Quanta tenerezza… se mio padre a 15 anni mi avesse rimboccato le coperte probabilmente invece di Chi? avrei chiamato il pronto soccorso pensando a un suo serio decadimento cognitivo. Ma questa è un’altra storia, mio padre evidentemente non è un ex presidente del consiglio e io non sono il figlio ficcato usa insaputa nel mezzo di una nuova campagna elettorale. 
 
Qual’è il messaggio che vogliono passare? Siccome io, Matteo Renzi, faccio la spesa in un modesto supermercato di provincia, non sono cambiato e sono pronto a dimostrartelo facendo la spesa come un poveraccio, un poveraccio proprio come te. Votare per credere. 
 
Eccolo lì Matteo, sulle rive dell’Arno, ad aspettare che passi il cadavere di Gentiloni. Non si rende conto che quella che scorre non è acqua. Per essere liquida è liquida, ma è maleodorante, limacciosa, scura. Non è né altissima né purissima, insomma è merda. Caro Matteo fatti un tuffo e diventa per davvero uno di noi. Nuotare per credere.
 

Renzi non governa più il suo partito, prima era una novità adesso è stantio

Chi sta cuocendo a fuoco lento Matteo Renzi

Chi sta cuocendo a fuoco lento Matteo Renzi
Siamo in clima natalizio, ma le notizie che leggiamo, vediamo e sentiamo in questi giorni ci inducono ad alcune riflessioni, pacate ma di sostanza.
Renzi aveva preparato un grande “bluff”: il Sì al referendum come momento fondamentale per il risorgimento morale ed economico del Paese. “Senza di me….il diluvio“. Ma la gente normale – giovani, adulti e vecchi; disoccupati, lavoratori o pensionati- non gli ha creduto ed ha voluto vedere le carte, annullando il bluff e costringendo il toscano a passare un po’ di giorni a casa sua.
Ma, dopo 72 ore di campagna toscana, Renzi ha cercato di rimettersi in gioco, sia dentro al Pd che nel Paese. Dal suo partito ha avuto una risposta interlocutoria. Da Mattarella la nomina a premier di un personaggio apparentemente minore come Gentiloni.
Ma, attenzione, solo Renzi poteva e può credere che questo sia un governo di transizione.
Salvo poche eccezioni (Tambroni) anche quei governi-ponte, durati pochi mesi, (come Renzi, augurerebbe a Gentiloni) hanno assunto decisioni pesanti e sono rimasti in piedi giusto il tempo per fare dimenticare il premier del governo precedente.
Oggi e nel prossimo futuro Renzi risulta uno sconfitto.
Ha preso una batosta micidiale, che ha tentato invano di far passare per un successo individuale, personalizzando il 40% dei Sì.
Mattarella non ha posto limiti alla durata del governo Gentiloni. Governo quasi-bis rispetto a quello precedente.
I mass media, già osannanti il regime renzista, hanno subito preso le distanze dal renzismo. In parlamento, il varo di una nuova legge elettorale avrà tempi lunghissimi e comunque la discussione partirà dopo la sentenza della Consulta, che non arriverà prima del 24 Gennaio. Nel frattempo, la stessa Consulta deciderà sull’ammissibilità dei 3 referendum  della Cgil sul Jobs Act.
Se li dichiarerà ammissibili, andremo a votare su questi, con ovvio spostamento delle politiche alla fine di settembre 2017 o all’inizio del 2018. Si accettano scommesse, su questo.
Nel frattempo, Renzi sarà cucinato a fuoco lento dai post-democristiani in carica, dalla minoranza del Pd (forte in periferia e fuori da Firenze) e da tutti i senatori, che temono per la loro poltrona.
Che l’aria sia cambiata, lo dicono le cronache di questi ultimi giorni. Inchieste molteplici riguardano persone legate, direttamente od indirettamente, al giglio magico, che ha incominciato ad appassire.
La magistratura, in più sedi, ha avviato parecchie indagini su molti personaggi, nominati da lui o con evidenti rapporti politici con lui.
Renzi diventerà uno stracotto?

Renzi oltre al compito di spolpare i risparmi degli italiani si era prefisso come obiettivo di far diventare la sua Consorteria massonica mafiosa politica sempre più grande e influente

Spuntano altri affari all’ombra del giglio magico; operazione Carrai-Bernabè


Con Matteo Renzi fuori da palazzo Chigi, ma certo non lontano dal giro che conta, gli affari all’ombra del giglio magico non si fermano. Anzi. La scorsa settimana, scrive la Notizia, è praticamente passata inosservata l’operazione che ha portato Icbpi, l’Istituto centrale delle banche popolari, ad acquistare la società Bassilichi Spa. Accordo di tutto rispetto, visto che parliamo di 230 milioni di euro. Totalmente rimasti dietro le quinte, invece, i protagonisti e gli interessi in gioco. Diciamo innanzitutto che le due società sono attive nel sensibile settore dei pagamenti elettronici. Icbpi, che un tempo faceva capo ad alcune banche popolari del Nord, controlla CartaSi. Bassilichi, dal nome dell’omonima famiglia, è una società che ha sedi a Siena e Firenze. E qui, in tempi di giglio magico più o meno allargato, comincia a emergere qualche curiosità.

I dettagli – Tanto per cominciare Bassilichi è uno dei finanziatori della fondazione Open, quella che organizza la renziana Leopolda. Negli elenchi dei sostenitori il nome dell’azienda toscana compare accanto alla cifra di 25 mila euro. Ma il percorso non termina qui. Si dà infatti il caso che nel Cda della Bassilichi sieda ancora oggi Marco Carrai, uno dei renziani della prima ora e fedelissimo dell’ex presidente del consiglio. Lasciamo un attimo la Bassilichi e concentriamoci sulla società che l’ha appena rilevata, la Icbpi. Quest’ultima, non molto tempo fa, è stata ceduta dalle banche popolari a un gruppo di fondi composto da Bain, Advent e Clessidra. Ma soprattutto va registrato che presidente di Icbpi è tutt’ora Franco Bernabè, già manager pubblico di lungo corso, successivamente avvicinatosi alla grande famiglia del giglio magico proprio per il tramite di Carrai. E’ infatti appena il caso di ricordare che Bernabè e il Richelieu renziano sono già da anni soci in diverse attività imprenditoriali. Entrambi, per dire, sono nel capitale della Cambridge Management Cosulting Labs. La quale, a cascata, vanta alcune partecipazioni come quella nella Cys4, la società nata su input di Carrai per sfruttare il business della cyber security, e quella nella Cgnal, attiva nel settore limitrofo dei “big data”.

(http://www.lanotiziagiornale.it/spuntano-altri-affari-allombra-del-giglio-magico-ecco-loperazione-carrai-bernabe-nel-settore-dei-pagamenti-elettronici/)

 http://www.affaritaliani.it/politica/palazzo-potere/spuntano-altri-affari-all-ombra-del-giglio-magico-operazione-carrai-bernabe-455986.html

Argentina, il golpe attuato dalla magistratura a si portato al governo Macri ma l'economia peggiora

Più ombre che luci per la nuova Argentina

21/12/2016
La svalutazione della divisa domestica non è riuscita a rilanciare l’industria domestica con gravi ripercussioni negative sul versante occupazionale. In un anno la disoccupazione è salita dal 5,9% all’8,5%.
Mauricio Macri ha promesso al popolo argentino di far entrare il paese sudamericano nel ventunesimo secolo quella notte in cui, con il 51,4% dei voti, riuscì a sconfiggere il kirchnerismo nella seconda tornata della competizione elettorale. L’ex sindaco di Buenos Aires sapeva che le condizioni in cui versava il paese rendevano necessario far decollare il suo piano in tempi strettissimi.
Per questo motivo, una settimana dopo aver ricevuto l’investitura ufficiale, ha spiegato il suo ambizioso piano di rilancio dell’economia: ha dichiarato l’emergenza energetica, ha sbloccato il cambio del peso e ha messo da parte buona parte dei dazi che blindavano la produzione nazionale.
L’obiettivo principale era rendere appetibile l’investimento in un paese dove il peso delle frontiere nell’ultimo decennio aveva completamento bloccato l’arrivo dei flussi d’investimento. Un anno dopo, l’Argentina si è ripresentata sugli scanni dei principali summit internazionali ed è addirittura riuscita a farsi includere nel gruppo di Stati che parteciperanno al G20 nel 2018.
Tuttavia, a tutto c’è un prezzo, e la fattura per gli argentini non è stata indolore. I risparmi in pesos hanno subito una svalutazione del 50%, l’inflazione si approssima al 40% e l’industria, che doveva essere tra i principali beneficiari del cambiamento in atto, accumula una caduta del 4,9% da inizio anno.
Fino a questo momento, la pioggia di dollari in arrivo dall’estero pronosticata dal neo-presidente nei primi giorni del suo mandato si sta facendo attendere. Stando agli ultimi dati ufficiali, il Pil ha accusato una contrazione del 3,4% nel secondo trimestre rispetto allo stesso periodo del 2015. Per quanto riguarda il mercato del lavoro, il paese sta peggio rispetto all’anno scorso: le nuove statistiche (raccolte dal Governo e dal Fondo Monetario Internazionale) hanno evidenziato un tasso di disoccupazione dell’8,5% nel terzo trimestre (nello stesso periodo del 2015 si attestava al 5,9%).
Nonostante ciò, Macri continua a mantenere un atteggiamento attendista. Se nel corso dei mesi più duri –quando le bollette subirono aumenti del 500%- il presidente sosteneva che la luce in fondo al tunnel si sarebbe intravista nel secondo trimestre, ora punta decisamente verso il 2017. Attualmente il 32% della popolazione vive in condizioni di povertà ma il presidente sostiene che i provvedimenti intrapresi siano stati necessari a evitare che il paese sprofondasse nella sua quinta crisi terminale in meno di cinquanta anni.
Dopo un anno di prova, il cambiamento radicale di politica economica sembra trovare più adepti fuori dai confini nazionali che dentro il paese. A livello internazionale, l’Argentina ha cambiato alleati. Se fino a qualche anno fa le relazioni esterne si concentravano sui partners latinoamericani, nella nuova agenda internazionale questi ultimi perdono peso a favore di Stati Uniti, Giappone e Cina.
L’ex presidente Usa Barack Obama ha visitato Buenos Aires il 23 e 24 marzo dopo quasi due decenni di assenza da parte di un presidente statunitense. La visita non fu accolta molto bene dagli argentini, memori ancora del ruolo che gli Usa rivestirono nel colpo di stato del 1976.
Ancora più clamoroso è il riavvicinamento con il Giappone. Era dal 1959 che un primo ministro nipponico non metteva piede in Argentina. L’arrivo di Shinzo Abe ha riaperto il dialogo tra i due paesi e avviato negoziazioni per aumentare gli interscambi commerciali.
A cura di: Rocki Gialanella
 

Impatto ambientale ha decretato 10 prescrizioni irrinunciabili per avere una pista da 2400 metri

PERETOLA. ECCO LE PRESCRIZIONI PREVISTE DALLA VIA

peretola

Nuovi laghetti,  habitat per volatili, nuove strade, due zone di esondazione ed anche lavori di ammodernamento dell’aerostazione: sono solo alcune delle cose che  Toscana Aeroporti (la spa presieduta dal renzianissimo Marco Carrai proprietaria dello scalo di Peretola) dovrà realizzare prima che si possa procedere con la nuova pista da 2400 metri. Tempi stimati: almeno tre anni. Costi: almeno 350 milioni di euro. Il tutto sempre che non ci siano intralci.

A dirlo nero su bianco sono le 216 pagine del parere della commissione di impatto ambientale, su cui si dovrà ora esprimere la conferenza dei servizi che si aprirà quando il ministero dell’ambiente e quello dei beni culturali  avranno controfirmato la relazione. Da quel momento passeranno, secondo le previsioni almeno due anni.
Le prescrizioni, come anticipa il Corriere Fiorentino in edicola oggi, occupano 31 pagine fitte fitte.
10 i punti trattati.
Innanzitutto si tratta di spostare 4 aree umide, compresi i laghi di Peretola e della Querciola, che andranno ricollocati altrove, al netto delle previsioni urbanistiche dei comuni con termini che già ora in alcuni casi paiono confliggere. Toscana Aeroporti dovrà anche attendere che la flora, e le  specie aviarie che oggi vivono nella zona (pipistrelli, aironi, anatre ed altri uccelli migratori)   dimostrino di ‘accettare’ il nuovo habitat, vivendo regolarmente e nidificando nei nuovi alloggiamenti di Piano, Prataccio, Santa Croce e Mollaia, verso Signa e Lastra.
Poi c’è la questione del bosco della piana che a causa della nuova pista necessiterà di altri ettari da trovare ed espropriare.
Prima di calar giù l’asfalto per la pista, Toscana Aeroporti dovrà inoltre  dimostrare di avere adeguato il terminal secondo gli standard necessari alla nuova e più potente infrastruttura, e completare il piazzale ovest.
E veniamo alla questione del Fosso Reale, una delle realizzazioni di maggiore impatto e dunque più problematiche: non solo  il canale dovrà essere spostato verso ovest, ma si prevede che, per motivi di sicurezza , secondo le prescrizioni di legge, l’autostrada  debba essere innalzata di 5 metri; solo che i vincoli della progettazione stradale  contemplano al massimo la possibilità di sollevare l’infrastruttura viaria di 70 centimetri. E dunque? Toscana Aeroporti propone due aree di esondazione, ai bordi ed al capo della pista verso Sesto, più il ramo del vecchio Fosso che verrà interrato per passare sotto l’A11. I lavori, complessi e delicati, dovranno essere compatibili con le altre due zone di esondazione, ma è lo stesso proponente (di fatto la spa presieduta da Marco Carrai, anche se formalmente si tratta di Enac) sostiene  che si tratti di una soluzione che ‘non risponde’ ai requisiti di legge, e che gli ‘adempimenti richiesti’ arriveranno solo  più avanti.
Toscana Aeroporti dovrà inoltre realizzare le nuove strade che vadano a sostituire quelle cancellate dalla nuova Pista -compreso un ponte all’Osmannoro-  spostare alcuni tralicci, e reti gas.
Infine, l’osservatorio ambientale, che dovrà essere costituito prima della partenza dei lavori per verificare che tutto (vibrazioni, rumori, inquinamento diacce e aria etc) sia nella norma, attraverso un sistema di centraline facenti capo ad ARPAT

Nell'ambito della Strategia della Paura vorrebbero farci dimenticare le nostre radici, la famiglia, la Nazione, le nostre comunità etniche e culturali. Imbecilli

Governanti europei migliori alleati del terrorismo

Berlino attacco con camion

di Gianluca Savoini

Un altro attentato ha seminato morte nel cuore dell’Europa. E anche questa volta l’Europa ha dimostrato che cosa è: una entità guidata da governanti smidollati e popolata purtroppo anche da una grande fetta di illusi e di imbecilli, quelli che credono alle frottole dell’amore universale, all’utopia di un mondo senza frontiere e senza conflitti.

I primi sono i veri nemici dell’Europa, ancor più dell’Isis, nemici di un’Europa orgogliosa del proprio passato e della propria identità storica. I secondi sono il prodotto marcio di decenni di propaganda cattocomunista e globalista che ha condannato il richiamo a qualsiasi valore patriottico, identitario, tradizionale, nel nome dell’individualismo, dell’universalismo, del liberismo.

Ancora una volta la risposta dei popoli europei al terrorismo si dimostra patetica e ridicola: la solita comunità “social” ha inviato in rete appelli ad accendere candele, a scrivere parole di pace con gessetti colorati, a reagire porgendo insomma l’altra guancia. Esattamente quello che non andrebbe mai fatto con chi viene in casa tua per spararti. Per questo io sono convinto che, più ancora dell’Isis, i colpevoli di questa situazione siano i governi vigliacchi degli stati europei e gli idioti buonisti che dimostrano la loro propensione al suicidio e al nichilistico “cupio dissolvi”.

Già 130 anni fa Nietzsche descriveva magistralmente l’avanzare del nichilismo europeo e la matrice sorica di allora che gli diede vita si è sviluppata nel secolo scorso e ancor più nel nostro appena iniziato, ramificandosi in tutti i gangli delle società occidentali. La svirilizzazione della società occidentale, la secolarizzazione e l’ecumenismo sincretistico religioso, la distruzione della famiglia tradizionale, la perdita del senso di appartenenza ad una nazione e ad una comunità etnica e culturale, l’invasione di modelli estranei alla cultura autoctona, il bombardamento propagandistico globalista perpetuato quotidianamente in tv, sui blog, in rete – l’avanzata di questo esercito nichilista ha disintegrato l’essenza profonda dell’animus dei popoli europei e li ha resi deboli, già vinti in partenza, incapaci di reagire ad un nemico per distruggerlo.

I gessetti colorati e le candele accese rappresentano il funerale tragicomico di un fallimento: quello dell’Unione europea fondata esclusivamente su interessi economici e monetari che, per dominare, necessitano assolutamente di eliminare identità, radici, sovranità. Tertium non datur, Per questo motivo le Merkel, gli Hollande, i Gentiloni, l Boldrini, le Lagarde, sono i grandi nemici dei popoli europei: perché continuano a dire che questo sistema fallimentare, che ci rende tutti più poveri e indifesi, deve andare avanti senore e comunque.

Per fortuna la Storia, quella che nemmeno gli uomini possono governare, in certi momenti si mette in moto e travolge qualsiasi tentativo di fermarla. Sempre più persone infatti si stanno finalmente risvegliando, non ascoltano più il canto delle Sirene mondialiste, rifiutano la propaganda a senso unico che difende l’indifendibile.

Così abbiamo la concreta speranza di poter vedere la fine di questo sistema fallimentare e la rinascita di una vera Europa dei popoli, fondata sulla difesa comune dei nostri valori eterni e tradizionali. Dove chi viene in casa nostra per rubare o ucciderci troverà pane per i suoi denti. Dove saremo noi e non qualche banchiere o burocrate a decidere del futuro nostro e della nostra civiltà.

Fonte: Katehon

http://www.controinformazione.info/governanti-europei-migliori-alleati-del-terrorismo/

LIVE: Putin to hold annual press conference in Moscow - English

PTV news 22 Dicembre 2016 - Interrotti i canali di comunicazione Usa - R...

Roma, quei cialtroni alla procura di Roma che per anni hanno permesso tutto e oggi si svegliano e controllano quanti respiri fa la Raggi in un minuto

Politica
Virginia Raggi/ Comune di Roma, sindaco avvisata delle indagini su Marra? Possibili cimici in Campidoglio (Movimento 5 Stelle oggi 23 dicembre 2016)

Redazione
venerdì 23 dicembre 2016

VIRGINIA RAGGI, COMUNE DI ROMA: CIMICI IN CAMPIDOGLIO? (ULTIME NOTIZIE OGGI, 22 DICEMBRE 2016) - Svolta forse clamorosa sulla vicenda di Virginia Raggi e delle varie indagini presenti all’interno del comune di Roma che vive gli ultimi giorni dell’anno non certo sereni e tranquilli dopo quanto successo nel caso Muraro e soprattutto dopo l’arresto di Raffaele Marra. Secondo quanto riporta un fondo di oggi del Corriere della Sera a firma Fiorenza Sarzanini, il sindaco a Cinque Stelle rischia per «concorso in abuso d’ufficio per conflitto d’interessi». Il sospetto dei pm, secondo il Corriere, è che la Raggi sia stata informata dal suo entourage della presenza di cimici in Campidoglio per intercettare le vicende e i protagonisti della Giunta di Roma. «In quello stesso periodo qualcuno avrebbe avvertito Marra che c’erano intercettazioni in corso. E la notizia sarebbe stata veicolata fino alla sindaca. Sono i giorni segnati dalle polemiche per il ruolo dell’assessore all’Ambiente Paola Muraro e per le dimissioni degli altri assessori. Le indiscrezioni provenienti dal Comune danno per scontato che qualcuno tra i componenti della giunta possa finire sotto inchiesta. Il 30 settembre il giornalista portoghese Frederico De Carvalho pubblica su Twitter la foto di Raggi sul tetto del Campidoglio mentre chiacchiera con un uomo. Si tratta di Romeo, che spiega: era «una pausa per mangiare un panino all’ora di pranzo e godere una vista spettacolare». In realtà già allora venne fuori il sospetto che potessero aver voluto parlare di argomenti riservati senza essere ascoltati», si legge nell’inchiesta pubblicata dal giornale milanese.

VIRGINIA RAGGI, COMUNE DI ROMA: I “BOTTI” DEL SINDACO (ULTIME NOTIZIE OGGI, 22 DICEMBRE 2016) - Virginia Raggi si appresta ad un Natale sempre più complicato e non tanto per la vicenda dei botti di Capodanno, che pure vi parliamo qui sotto perché ha suscitato nella giornata di ieri l’ennesima bufera sulla giunta M5s. I casi Marra e Muraro proseguono nella grande paura di un arrivo improvviso di un avviso di garanzia per la sindaca di Roma: i lavori della Procura non lasciano tranquilli né la base M5s né la stessa prima cittadina della Capitale. Ieri Virginia Raggi, uscendo dalla messa al Ceis di Don Picchi, ha rilasciato all’Ansa poche ma significative parole che inquadrano il possibile inizio 2017. «Se mi chiamano sono pronta ad andare in Procura, Stiamo lavorando affinchè il 2017 sia un anno pieno di energie e novità», dice seccata e di fretta la sindaca di Roma. Come prontamente nota l’agenzia Ansa, «Tra indiscrezioni sull'inchiesta sul decaduto braccio destro Raffaele Marra - arrestato con l'accusa di corruzione - e rischi di indagine sulla nomina del fratello Renato o su quella dell'ormai ex capo della segreteria Salvatore Romeo. L'amministrazione M5S tenta di andare avanti nella tormenta mediatico-giudiziaria, prima di tutto con una verifica sugli atti firmati da Raffaele Marra, prima vice capo di gabinetto e poi alla guida del Dipartimento Risorse Umane. C'è poi il bilancio da approvare dopo la bocciatura dei revisori dei conti del Comune». Il sereno si vede in casa M5s o il Natale porterà altre cattive nuove?

VIRGINIA RAGGI, COMUNE DI ROMA: LA POLEMICA SUL NATALE “RUBATO” (ULTIME NOTIZIE OGGI, 22 DICEMBRE 2016) - L’ennesima polemica sul sindaco di Roma, Virginia Raggi, riguarda ora il Capodanno tra botti e concertone “saltato”. Sempre più vicino alla situazione degli ultimi mesi alla guida della città di Ignazio Marino, la giunta Raggi viene attaccata a volte anche senza una particolare rilevanza politica. L’ultima polemica in questione, rispetto alle ben più gravi vicende del caso Marra e bilancio del Campidoglio, riguarda proprio il Natale: salta infatti il tradizionale Concertone di Capodanno e non solo, sono stati firmati ieri gli atti dallo stesso sindaco che vieteranno botti e fuochi d’artificio in tutta la metropoli romana. «Dopo le decorazioni più brutte di sempre, il tristissimo albero di Natale a Piazza Venezia, il no ai mercatini a Piazza Navona e l’annullamento del Concertone di Capodanno, oggi il sindaco di Roma Raggi fa ai romani l’ultimo regalo: lo stop ai botti e ai fuochi d’artificio l’ultimo dell’anno. Ora è tutto più chiaro e si spiega la follia della scelta del Campidoglio di promuovere sul suo sito istituzionale il turismo in altre città e capitali europee. La Raggi come il Grinch: vuole rubare il Natale ai romani» è il commento divenuto virale della presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. Scelte considerati incomprensibili da tanti, quasi tutti, tranne ovviamente la base del Movimento 5 Stelle che prova a difendere le scelte della Raggi con il nuovo vicesindaco e assessore alla Cultura, Luca Bergamo: «l’amministrazione per il Concertone ormai sfumato ha voluto evitare la strada degli affidamenti diretti convinti della necessità di un forte segno di discontinuità anche nella modalità d’uso del Circo Massimo per eventi».

http://www.ilsussidiario.net/News/Politica/2016/12/23/VIRGINIA-RAGGI-Comune-di-Roma-i-botti-del-sindaco-pronta-se-mi-convoca-la-Procura-Movimento-5-Stelle-oggi-23-dicembre-2016-/print/739161/

Le massonerie mafiose politiche hanno fatto carne di porco del Monte Paschi di Siena

Come siamo scaduti così in basso (riflessione su Montepaschi)

Maurizio Blondet 23 dicembre 2016 

Caro contribuente. Visto che la cricca che vi governa per conto terzi vi ha accollato altri 20 miliardi di debito per salvare la “sua” banca, ricordatevi almeno questa foto:



e’ una grande storia d’amore. Lui è Giuliano Amato, l’immarcescibile e il mai imputabile, oggi elevato a giudice costituzionale, ossia topo nel formaggio, dal Napolitano. Quello fra le sue braccia è Giuseppe Mussari, capo di Monte dei Paschi, e messo dalla cricca alla presidenza dell’ABI, Associazione Bancaria Italiana.

Risale al 2010, quando – da intercettazioni di telefonate pubblicate da Corriere e Repubblica – risulta che Giuliano Amato disse a Mussari: “Io ti aiuto a prendere la presidenza ABI”, poi gli chiese dei fondi per il Tennis Club di Orbetello, di cui l’Intoccabile e Immarcescibile è presidente.

Roba da poco, 150 mila euro. Però pensate solo quel che succederebbe se una telefonata simile venisse fuori che l’ha fatta Virginia Raggi: apriti cielo, la magistratura “apre un dossier”, i giornali impazzano, il PD urla: disonesti, incapaci!

Invece, allora, niente. Amato era, come sempre, l’Impunibile. Mussari era dato “vicino a D’Alema”. Che infatti, sprezzante, sulla donazione al tennis club di Orbetello, sibilò: “Era uno dei compiti istituzionali della Fondazione”.

Provare che è stato Amato a mettere Mussari al vertice della potentissima Associazione Bancaria è ovviamente impossibile
. Fatto sta che è stato a quel vertice – la confindustria di tutte le banche italiote, – finché il bubbone Montepaschi è scoppiato.

E’ un bravo banchiere, Mussari? Degno della raccomandazione dell’Immarcescibile? Accettato dagli altri banchieri perché ne aveva conquistato il rispetto le sue capacità tecniche e professionali?

Vediamo. A quel tempo era già noto che Mussari, per Montepaschi, aveva acquistao la banca Ambroveneta da Santander, che l’aveva pagata 9 miliardi, per 16,7: un sovrapprezzo clamoroso, incomprensibile, che ha fatto subito pensare che nascondesse qualche tangente miliardaria…

Forse c’era anche questa. Ma quel che ha scoperto l’indagine, era che Mussari e il vertice intero di Montepaschi non avevano capito a quanto ammontava la spesa. Ai magistrati, Piero Mantovani che era capo di Antonveneta, testimonia che al primo colloquio con Mussari e Vigni (il vice) “Ho colto in costoro uno smarrimento […] Forse solo in quel momento realizzarono che l’esborso sarebbe stato ben più elevato” di 9 miliardi. Per 9 miliardi Santander aveva rifilato Antonveneto a Mussari, ma il gran banchiere senese non s’è accorto che Antonveneto ha un passivo da 7,9 miliardi. Che si somma dunque al prezzo d’acquisto.

Quando glielo dicono, “ha un momento si smarrimento”. Montani se ne va chiedendosi – e lo dirà ai magistrati: “Ma questi han capito veramente quel che devono pagare?”.
Mussari, il gran tecnico, il futuro presidente dell’ABI, apparentemente non sa leggere i bilanci. O almeno così ci hanno fatto credere: perché questa è l’estrema linea di difesa, quella cui è ricordo un altro fallito politico, Gianfranco Fini in Tulliani: “Sono stato coglione, non disonesto”. Ma io tendo a credere nella incompetenza assoluta. Lo dimostra il fatto che Mussari e l’intero vertice della banca chiedono soccorso alle banche d’affari internazionali, Deutsche Bank, JP Morgan, Nomura per nascondere il buco, e si mettono nelle loro mani. Queste capiscono al volo i gonzi con cui hanno a che fare, e gli propongono dei derivati, “Alexandria”, “Santorini”, “Fresh” che produrranno perdite miliardarie a Montepaschi, e lucri miliardari a loro… quelli non sanno leggere un bilancio, figurarsi se sanno come funziona un derivato di DB o Morgan il Pirata. Sono infatti i derivati di salvataggio che Montepaschi adotta, la causa a cascata della sua rovina. Incompetenza su incompetenza.

Ricordo questi vecchi fatti – per cui dovrete pagare voi contribuenti – perché questo è il motivo radicale del degrado italiano: l’accurata e sistematica selezione e promozione di ignoranti nei posti-chiave che esigono competenza, responsabilità, esperienza. Attratti dal fatto che quei posti sono strapagati, la “politica” li ha occupati tutti – impedito che ci andassero quelli che sanno il mestiere, e ci ha messo i suoi – scelti precisamente in quanto incapaci.

Come dimostra Amato con Mussari, ma il fenomeno è visibilissimo anche nel privato: Vivendi sta per papparsi Mediaset, e Berlusconi, il grande imprenditore, è smarrito anche lui, s’è fatto cogliere di sorpresa, non ha capito i giochi del sagace energico Bolloré: in una parola, è un inadeguato al mondo moderno. Come aveva già dimostrato facendosi ammazzare il suo Gheddafi e poi espellere dal governo italiota da Draghi, Merkel e Sarko, è sotto il livello intellettuale e culturale che occorre non dico per vincere, ma per sopravvivere. Anche lui s’è scelto solo yes men. Non è un caso. E’ quel che han fatto Amato e D’Alema mettendo Mussari dove non doveva. Il risultato è il conto che siete chiamati a pagare voi, mica loro.

E’ così che l’apparato pubblico, anche e soprattutto quello tecnico – la “macchina amministrativa” – non risponde nemmeno più alle direttive del governante. E la sua sola occupazione è farsi strapagare,, specie a livello dirigenziale.

Potreste credere che “lo Stato” sia sempre stato così. Non è del tutto vero. Io che sono vecchio, ricordo anni in cui la dirigenza pubblica era alquanto competente, sapeva progettare il futuro collettivo, e aveva stipendi più bassi. La “politica” ha eroso queste competenze, le ha sostituite con i suoi scherani con la tessera del partito. Ma lo scadimento decisivo è avvenuto in tempi abbastanza recenti, diciamo una ventina di anni fa (1989-92)


La storica foto, emblematica del livello della politica. Poletti oggiè il noto ministro.

Quando cioè, l’Occidente decreta la globalizzazione. Gli intoccabili e immarcescibili come Giuliano Amato o Napolitano, capiscono benissimo cosa questo significa: che il sistema Italia, da loro reso poco efficiente per mangiarne il grasso che cola, sarà investito dai venti tempestosi della concorrenza globale; il lavoratore tessile da 1,7 milioni di lire al mese sarà messo in concorrenza col messicano a 450 mila, col pakistano a 150 mila; la Fiat crollerà perché arrivano le auto giapponesi, che sono – semplicemente – di qualità migliore e più economiche. Insomma l’intera industria italiana, anzi l’intero settore produttivo viene esposto alla competizione globale; molti cadranno, alcuni lotteranno per sopravvivere, nel tremendo darwinismo tecnologico e sociale che sta per profilarsi. Ci saranno estinzioni di massa, riduzioni di paghe e di posti nel crudele clima di darwinismo sociale che sta per abbattersi sul sonnacchioso paese.

Con una sola eccezione: l’impiego pubblico. Quelli che gli economisti chiamano “servizi non vendibili” all’estero. Puoi importare un computer cinese, ma non un impiegato cinese da mettere al posto dell’impiegato comunale, del tranviere dell’ATAC, un messicano al posto dell’impiegato della Regione Sicilia o Calabria. Non puoi comprare un servizio pubblico dall’estero anche se costa un decimo.

Lorsignori l’han capito benissimo, ed è stato – ne sono convinto – in quel preciso momento che han deciso di farsi un ricco riparo di privilegi intangibili, mentre gettavano noi nella tormenta della competizione globale. Si son costruiti l’Isola Meravigliosa, il Castello di Cristallo delle Istituzioni: si sono decretati paghe altissime, si sono scritti loro le leggi che eterizzano il loro potere e privilegio, hanno imbarcato qualche milione di complici con paghe più alte che nel privato; sono saliti nella Arca di Noè dorata fra le nuvole, ed hanno tirato su la scala.

Il nostro destino non li riguarda, ormai hanno separato il loro dal nostro. Il calo del nostro prodotto interno lordo non li allarma, dato che loro aumentano l’esazione fiscale e si prescrivono gli aumenti. Sempre più ignoranti, sempre più incompetenti, sempre più inadeguati anche intellettualmente al mondo moderno – non fanno che ricevere ordini dalla centrali del pensiero unico americo-anglo – e sempre più ricchi. Nomina dopo nomina, scadimento dopo scadimento, siamo alla ministra della Pubblica Istruzione che ha fatto le elementari, al ministro del Lavoro che sputa sui giovani disoccupati e mostra il suo odio per gli intelligenti: “Vadano all’estero, così non rompono i coglioni qui”. Il che significa: non abbiamo bisogno di culture, esperienze, professionalità, perché al vostro posto abbiamo già messo nostri figli scemi, e i nostri Mussari. E sono stati loro, direttamente loro, a lasciare che l’Italia abbia perso il 25% della sua produzione industriale – negli stessi anni in cui i loro emolumenti e privilegi crescevano.

E avete visto come reagiscono appena si profila un pericolo dal basso, dal popolo, al loro potere inadempiente e indebito. Il Comune di Roma ha accumulato 13 miliardi di debito sotto i loro compari e scherani; non si sono mai nemmeno occupati di riscuotere gli affitti dell’immenso patrimonio immobiliare, tanto lo Stato ripaga da sempre tutti i loro buchi e furti.

Ma appena viene insediata la sindaca del5 Stelle, compare improvvisamente un Organo di Revisione che boccia il bilancio della Raggi:
“E’ la prima volta!”, esultano i giornali: infatti. Prima, nessun organo aveva rivisto i conti di nessuno. La Regione Calabria non fa nemmeno bilanci scritti – così non sbaglia. “A casa, a casa!”, urlano le opposizioni. Quelle opposizioni che prima erano al potere e mai, dico mai, sono state disturbate da una “bocciatura” dei loro bilanci. da parte di “revisori dei conti”.

E non basta. La magistratura apre dei dossier, dice e non dice, intercetta, e taglia uno dopo l’altro i personaggi di fiducia della sindaca. E lei, poverina, è culturalmente inadeguata – un po’ meno di Mussari però sì.

E viene intercettata notte e giorno, lei. “Dalle intercettazioni dello scandalo Campidoglio spunta una relazione tra la Raggi e il suo braccio destro ora rinnegato, Raffaele Marra”. Sulle loro”relazioni”, mai è stato sollevato tanto scandalo. La magistratura è stata discretissima sul grande amore che ha unito Amato a Mussari.

Finisce che voto 5 Stelle. Anche se so che non basterà. E’ tardi. Ormai l’italiota, dopo decenni di selezione darwiniana a rovescio, sta assumendo le fattezze e i costumi del selvaggio, tatuaggi, linguaggio belluino e inarticolato, nessuna tradizione né memoria del passao, incapacità di tenere in piedi una produzione industriale, espulsione rituale dei “cervelli” come qualche millennio fa il capro espiatorio.

 
La prossima moda-uomo?



http://www.maurizioblondet.it/scaduti-cosi-basso-riflessione-montepaschi/


venerdì 23 dicembre 2016

Banca Etruria - Il Consiglio Superiore della Magistratura, che ha ingoiato le menzogne del Rossi sul fatto che questi non conosceva il Boschi, quando invece ne aveva fatto archiviare quattro, quattro inchieste; è prodigo di solidarietà nei confronti di Fanfani e Palamara amici del Rossi che ha incappato nell’ennesimo procedimento di accertamento di fatti contestatogli

Caso Rossi, il Csm si schiera con gli amici del Pm

Il Consiglio rinnova la fiducia a Fanfani e Palamara, giudici del fascicolo sulla garçonnière


Solidarietà. Ieri il Csm va in fibrillazione per l'articolo del Giornale che parla del caso Rossi.

Il procuratore Roberto Rossi con Marco Donati (Pd)

E i consiglieri si schierano con i colleghi sotto i riflettori: Giuseppe Fanfani e Luca Palamara. Roberto Rossi, il procuratore della Repubblica di Arezzo, ha un legame collaudato con i due: l'ex sindaco di Arezzo Fanfani, avvocato e oggi presidente della Prima commissione dell'organo di autogoverno della magistratura, l'ex numero uno dell'Anm Palamara.
Incroci. Coincidenze. Suggestioni, ma anche rapporti cementati dalla consuetudine. Nulla di male, solo il Giornale sottolinea che la prestigiosa coppia Fanfani-Palamara guida l'organismo, appunto la Prima commissione, chiamato ad affrontare nelle prossime settimane l'imbarazzante vicenda della garçonnière.
Per la precisione, fra il 2010 e il 2011 Rossi aveva le chiavi di una appartamento che frequentava con le sue amiche, avvocatesse secondo la vox populi. Una casa situata nei dintorni di Arezzo e occupata da Rossi per un anno e mezzo, a quanto risulta, senza versare un euro per il canone e le spese condominiali. Quella storia, irrilevante dal punto di vista penale, potrebbe diventare una macchia sul prestigio e il curriculum che dovrebbe essere al disopra di ogni sospetto, voce o gossip.
La Prima commissione esaminerà la vicenda su input del Comitato di presidenza che ha aperto il dossier. Il Giornale, dopo aver raccontato tutti i passaggi della storia che molti ad Arezzo conoscevano da anni, si concentra sulla Prima commissione. Fanfani è stato il primo cittadino di Arezzo, la città di Rossi, prima di approdare nel 2014 a Roma. Ma, in un interminabile gioco di specchi, è anche considerato l'avvocato di riferimento di Banca Etruria, l'istituto di credito oggi al centro dell'indagine avviata dal pm. Palamara, invece, è stato al timone dell'Anm fra il 2008 e il 2012, nello stesso periodo Rossi era nella giunta dell'associazione.
Fatti. Non opinioni. Utili per comprendere il contesto in cui matura il procedimento che potrebbe chiudersi con l'archiviazione oppure con il trasferimento di Rossi per incompatibilità ambientale.
Questa è la trama. Ma a Palazzo dei Marescialli l'articolo non passa inosservato. Anzi, suscita qualche malumore. Viene interpretato da più un consigliere come un attacco preventivo, a freddo, alla credibilità dei consiglieri e più in generale dell'istituzione. E allora il plenum vira su quel tema e si apre con un dibattito che è in sostanza un atto di fiducia verso Palamara e Fanfani.
In verità il Giornale non si è mai permesso di mettere in dubbio la correttezza e le capacità dei due, ma ha solo ricostruito una rete di relazioni, peraltro legittime.
Dopo le vacanze finalmente si passerà all'esame della vicenda: relatore il togato Aldo Morgigni.

http://www.ilgiornale.it/news/politica/caso-rossi-csm-si-schiera-amici-pm-1344990.html 

Immigrazione di Rimpiazzo - le strutture per organizzare le masse sorgono di pari passo al numero degli immigrati

Emilia Romagna, lo sceicco del Qatar che finanzia le moschee

Le 5 donazioni di una ricchissima organizzazione attiva in tutto il mondo

di RITA BARTOLOMEI
Ultimo aggiornamento:
Ravenna, 22 dicembre 2016 -  L’uomo che finanzia le moschee è un principe sceicco del Qatar, nelle interviste mostra modi impeccabili e sguardo magnetico. Sua Altezza Reale Hamad Bin Nasser Bin Jassim Al Thani, potentissimo e ricchissimo, è al vertice di Qatar Charity, organizzazione no profit che fa opere di bene in tutto il mondo ma è anche molto «impegnata attivamente nel preservare la cultura islamica attraverso la costruzione di moschee e l’insegnamento del Corano», così si legge ad esempio nella sua ragione sociale.
In Emilia Romagna la onlus qatarina è stata molto generosa, ha donato allo scopo milioni di euro. Ravenna, Mirandola, Piacenza, Ferrara, Argenta: queste sono le tappe conosciute delle elargizioni. Il collettore dei finanziamenti di solito è l’Ucoii, associazione vicina storicamente ai Fratelli musulmani. Tra gli aiuti più impegnativi quello arrivato a Ravenna, 800mila euro in due tranche per realizzare l’unica vera moschea della regione, la seconda d’Italia per grandezza dopo Roma.
Importante anche la donazione fatta a Piacenza, «il centro è costato più di un milione, in buona parte finanziato da Qatar Charity attraverso l’Ucoii, ma non ricordo bene la cifra esatta». Così il direttore Yassine Baradai. La cerimonia inaugurale è recente, cronaca del 24 maggio, era presente lo sceicco Al Thani. Il giorno dopo, il principe era a Mirandola, eccolo elegantissimo in abiti occidentali mentre taglia il nastro della nuova casa per la preghiera dei musulmani, rinata dalle macerie del terremoto 2012.
Qatar Charity ha donato mezzo milione di euro, la Regione ha messo il resto per arrivare al totale di un 1 milione e cento. Sorrisi ai fotografi, da una parte il sindaco, dall’altra Yassine Lafram, giovane e attivissimo presidente della comunità islamica bolognese. «Ringrazio tutti coloro che hanno contribuito alla nascita del nostro centro, un valore aggiunto per la città», il discorso dello sceicco, che in quei giorni di tour italiano ha inaugurato ben cinque moschee in giro per il Paese. Nel cratere emiliano però è scoppiata subito una coda polemica. Anche perché qualcuno ha fatto notare: le chiese cattoliche sono sempre lì, in attesa di tornare alla vita di prima.
La mano benefica della Qatar Charity è arrivata anche a Ferrara e Argenta, in città 100mila euro, fanno sapere dalla comunità.
Non si conoscono, invece, donazioni su Bologna. Anzi, qualche giorno fa Lafram ha rivendicato: «Non c’è nessuno che ci dà una busta con 5mila euro, non ci sono Stati arabi che ci finanziano. Facciamo la colletta per pagare affitti e bollette delle sale di preghiera». Anche se d’ora in poi il problema dei fondi si porrà. Proprio Lafram subito dopo quella premessa ha rilanciato l’idea di «una vera e propria moschea» a Bologna. Progetto che pareva cosa fatta al tempo di Cofferati. Prima di un precipitoso dietrofront, il sindaco Merola allora faceva l’assessore.
La moschea di Ravenna (foto Corelli)

La moschea di Ravenna (foto Corelli)

 http://www.ilrestodelcarlino.it/ravenna/cronaca/moschee-emilia-romagna-1.2770313

Immigrazione di Rimpiazzo - il rapporto è segretissimo e fatto da Frontex non da Salvini

Frontex: le ONG che salvano gli immigrati sono colluse con gli scafisti

Ong
Bruxelles, 22 dic – La notizia è di quelle bomba, di quelle che fanno tremare i polsi, e le poltrone, dei politicamente corretti: Frontex, l’agenzia europea che è preposta al controllo delle frontiere e dei flussi migratori ha rilasciato un rapporto ufficiale in cui si afferma chiaramente che le Ong, le organizzazioni umanitarie che si occupano dell’accoglienza degli immigrati, sono colluse con i trafficanti di uomini che sono gli esecutori di questa invasione di massa dell’Europa.
Il rapporto, segretissimo, è stato redatto il mese scorso, ma se ne avuta notizia solo recentemente: alcuni stralci sono finiti tra le mani del Financial Times che il 15 dicembre scorso ha riportato la notizia.
Sul quotidiano inglese si legge che Frontex esprime “preoccupazione” per il fatto che agli immigrati vengano date “Chiare indicazioni prima della partenza sulla direzione precisa da seguire per poter raggiungere le navi delle Ong”  da parte degli “scafisti” e parla di “Un primo caso confermato in cui la rete criminale ha introdotto illegalmente i migranti direttamente su una nave di una Ong” aggiungendo di aver rilevato che le persone salvate dalle Ong spesso “non vogliono cooperare” per le identificazioni, con alcuni dei migranti che avrebbero riferito di “essere stati avvertiti (dalle Ong) di non cooperare con le autorità italiane o con Frontex”.
Accuse molto gravi da parte dell’agenzia europea, che basterebbero quantomeno per aprire una commissione di inchiesta su quelle Ong, come Médecins Sans Frontières, che dispongono di propri vascelli per il recupero degli immigrati clandestini al largo della Libia. Frontex rincara poi la dose accusando direttamente Msf di usare le proprie navi come “faro”:  infatti, operando molto vicino alle coste libiche e soprattutto utilizzando i fari di bordo, le barche di soccorso fungono da vere e proprie guide, dei fari nella notte per gli immigrati. Le risposte, un po’ piccate ad onor del vero, delle organizzazioni umanitarie coinvolte non si sono fatte attendere: Aurelie Ponthieu, consigliere umanitario con Médecins Sans Frontières, che opera con due barche di salvataggio riferisce che così facendo “Noi ricerchiamo attivamente barche in pericolo. Le troviamo prima. Questa è una risposta alle necessità impellenti che vediamo in mare”; meno laconica ma più polemica la risposta di Ruben Neugebauer, di Sea Watch, alle accuse di Frontex: “Non ci stupiamo che queste accuse arrivino ora. La situazione nel Mediterraneo centrale è andata peggiorando e assistiamo ad uno sforzo dell’Europa per far cessare l’immigrazione. Stanno cercando di farla cessare con tutti i mezzi necessari”.
Fondata nel 2004, Frontex ha via via raccolto più fondi e personale da parte dell’Ue per fare fronte all’immigrazione clandestina: quest’anno infatti è diventata a tutti gli effetti una “guardia confinaria” con un budget di circa 250 milioni di euro. L’agenzia ha inoltre sollevato aspre critiche verso le Ong per quanto riguarda la loro mancanza di aiuto con le investigazioni sul traffico di uomini: infatti le Ong, come Save the Children, si rifiutano di raccogliere le prove lasciate dai trafficanti sui barconi. Sempre secondo l’agenzia europea quest’anno sono arrivate sulle coste italiane 170mila persone, il 15% in più rispetto all’anno precedente come riportano anche i numeri del UNHCR, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati. Come sempre i numeri arrivano a smentire la propaganda del Governo, con l’aggiunta, questa volta, dei rapporti di quelle stesse agenzie europee nate per “salvare i profughi” ma che solo ora si rendono conto che siamo davanti ad una invasione di immigrati clandestini. Invasione in cui le organizzazioni umanitarie si sono fatte complici di quei criminali che trafficano in uomini in spregio alla vita animati solo dal profitto, fine non molto dissimile da quello delle stesse Ong a quanto sembra.
Vittorio Sasso

http://www.ilprimatonazionale.it/cronaca/immigrazione-frontex-accusa-le-organizzazioni-umanitarie-come-medecins-sans-frontieres-di-essere-colluse-con-i-trafficanti-di-uomini-54935/ 

Monte dei Paschi di Siena, gli imbecilli del governo Renzi rifiutarono il piano di Passera perchè nelle loro intenzioni c'era la volontà di spolpare gli azionisti e gli obligazionisti, siamo arrivati a quel momento

LA RICAPITALIZZAZIONE
Mps, ecco il piano del Tesoro in tre mosse

–di Isabella Bufacchi
22 dicembre 2016


Roma, l'entrata principale della sede del Ministero del Tesoro (Agf)

Esce il mercato, con le sue prassi, entra lo Stato, con le sue regole Ue. Il percorso dell’intervento pubblico che porterà il Monte dei Paschi di Siena a un rafforzamento patrimoniale da 5 miliardi collegato alla cessione (o svalutazione) dei NPLs è tracciato: richiesta di aiuto del Monte, decreto del Tesoro che risolve subito con le garanzie il problema della liquidità - per sforare la scadenza del 31 dicembre - e imposta la ricapitalizzazione precauzionale da chiudersi in un arco di 2-3 mesi previo Nuovo Piano Industriale approvato dalla Bce e dalla DG competition.

Fallita la soluzione di mercato, il Monte chiederà formalmente un “sostegno finanziario pubblico straordinario”, appellandosi alla richiesta di questo tipo prevista all’ articolo 59, paragrafo 3 (e) della direttiva BRRD sulla risoluzione e risanamento delle banche. MPS chiederà al Tesoro la ricapitalizzazione precauzionale, prevista dalla BRRD articolo 32, paragrafo (4, lettera (d, punto (iii. Il Tesoro emanerà subito dopo un decreto contenente, tra le altre cose di più ampio respiro, due interventi per il Montepaschi.



Il primo intervento autorizza l’uso di garanzie su prestiti o bond e ha effetto immediato perchè serve a risolvere all’istante il problema della liquidità evidenziato dalla Bce, nodo che non aveva consentito la concessione della proroga al 20 gennaio per l’operazione di mercato. Nel 2017 scadono 12 miliardi di bond del Monte, di cui 3,1 covered bond, 8,5 senior unsecured bond e 370 milioni di subordinati: il primo maxi-senior bond scade il 30 gennaio per 800 milioni di euro. Questa soluzione tempestiva del Mef consente al Monte, risolto il problema pressante della liquidità, di sforare la scadenza del 31 dicembre, entro la quale l’operazione di mercato avrebbe dovuto portare a casa l’aumento di capitale da 5 miliardi (con conversione volontaria dei prestiti subordinati e sottoscrizione di azioni sul mercato) e cessione dei NPLs con prestito-ponte in vista della cartolarizzazione programmata a inizio 2017.

Il secondo  intervento per il Monte, nel decreto del Tesoro, non effettua l’aumento di capitale ma è propedeutico alla finalizzazione della ricapitalizzazione precauzionale, in quanto allestisce un fondo con potenza di fuoco fino a 20 miliardi per questo tipo di soccorso.

Il percorso della ricapitalizzazione precauzionale si articola in più fasi. Il primo passo è dato dalla stesura di un nuovo piano industriale, un testo che potrebbe ricalcare da vicino, o del tutto, l’impostazione del piano industriale presentato già al mercato. Di certo, il nuovo piano dovrà tener conto di un cambiamento sostanziale di governance in quanto l’azionista principale della banca è ora lo Stato. L’obiettivo del nuovo piano industriale comunque resta sempre quello imposto dal Meccanismo unico di vigilanza- Bce di un rafforzamento patrimoniale e un bilancio ripulito dalle sofferenze, con cessione, cartolarizzazione o svalutazione dei NPLs.

Questa procedura ha tempi lunghi, che ieri fonti bene informate stimavano in due- tre mesi. Entro questo arco di tempo il Montepaschi dovrà ottenere il disco verde della Bce sul nuovo piano industriale mentre il governo riaprirà le trattative con Bruxelles e soprattutto con la Direzione Generale sulla concorrenza, per convalidare la compatibilità dell’intervento pubblico con la normativa UE sugli aiuti di Stato. Proprio per questo, il burden sharing (cioè le perdite spalmate tra azionisti e sottoscrittori di obbligazioni subordinate) sarà inevitabile mentre è certo non scatterà il bail-in con perdite inferte anche ai sottoscrittori dei senior bond e detentori di depositi oltre i 100mila euro. Il pericolo del bail-in è stato scongiurato grazie a trattative Roma-Bruxelles iniziate in piena estate, quando esplose il caso del Montepaschi a seguito degli stress test.

Mps: aumento a 2 mld, si va verso l'intervento dello Stato


Come prenderà forma il nuovo Piano del Monte in vista dell’ingrasso dello Stato nel capitale? I dettagli sono ancora in fase di scrittura e da definirsi. Stando a fonti bene informate, l’entità dell’aumento di capitale dovrebbe rimanere invariata, attorno a 5 miliardi. Resta da vedere quale sarà il prezzo della conversione forzosa per i detentori delle obbligazioni subordinate della banca, tenuto conto che l’Italia avrebbe già incassato un’apertura da parte della Commissaria Vestager DG Comp sulla possibilità di rimborsare i clienti retail della banca e possessori di bond subordinati.

Altro capitolo è quello delle sofferenze: non è chiaro se l’azionista Stato deciderà di procedere con un’unica maxi-cartolarizzazione dei NPLs da 27,6 miliardi di valore lordo, utilizzando la struttura già imbastita dall’attuale piano. In alternativa le cessioni delle sofferenze potrebbero essere suddivise in più tranches. Da ultimo, il Monte potrebbe decidere - forte dell’intervento pubblico - di non svendere al mercato il portafoglio dei NPLs e di gestire internamente o in outsourcing il recupero del credito.

Il Nuovo Montepaschi, che sarebbe dovuto nascere con l’operazione di mercato, rinvia solo di qualche mese l’avvio a nuova vita.
@isa_bufacchi 

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2016-12-21/mps-ecco-piano-tesoro-tre-mosse-204337.shtml?uuid=ADVPJKIC 

Diego Fusaro: "Competitività, un'altra categoria della neolingua"

giovedì 22 dicembre 2016

Diego Fusaro - la critica non serve quando poi si afferma che comunque non si può cambiare MA se si pongono Alternative allora ...

Cinquanta sfumature di Fusaro
 
Il giovane filosofo italiano Diego Fusaro si confessa in una lunga intervista parlando dei suoi gusti letterari, musicali e cinematografici. Un ritratto che parte dalla conoscenza dell’uomo per arrivare a comprendere l’intellettuale.
 
di Matteo Fais - 21 dicembre 2016  
 
Incontro Diego Fusaro in una tiepida serata invernale. Di questo giovane filosofo si è detto oramai di tutto. Gli manca solo l’accusa di aver mandato a morire nei gulag qualche oppositore politico, o di aver scritto di suo pugno le leggi razziali del ’38. Tutto lo stuolo di falsi comunisti non manca di dargli del fascio-marxista un giorno sì e l’altro pure. Non lo si può citare senza andare incontro a occhiatacce e risolini. Delle volte, solo far parte dei suoi followers su Facebook può portare al parossismo di essere ostracizzati dagli amici filopiddini. Sinceramente, non capisco tanta acrimonia ed è per questo che ho voluto conoscerlo e intervistarlo. Del resto, è uno dei pochi, tra i tanti giovani che si definiscono marxisti, a non farmi pensare a quei versi di Tu menti dei CCCP:
Questa volta sul serio, dicono sempre così: / “Io sono l’Anarchia” / “Ecco un altro Anticristo”. / Ma eri solo carino / Proprio carino / Pigro di testa / E ben vestito

 Diego si è dimostrato da subito molto disponibile. “Ovviamente”, commentano i soliti maligni, “è un narciso: tu lo intervisti e lui si bea della tua attenzione”. Come se gli servisse un articolo di Matteo Fais per stare sulla cresta dell’onda! Invece, vi stupireste nel vedere che Fusaro non si dà per niente un tono. Il suo atteggiamento è rilassato e privo di affettazione. Si comporta come se ci conoscessimo da tempo. È cordiale, scherza. Non fa niente per far pesare che, pur essendo entrambi laureati in filosofia, lui è un docente universitario e io no. Certo il ragazzo è intelligente, mentalmente elastico, con una cultura straordinaria e parla di filosofia con la stessa naturalezza con cui i suoi coetanei discutono di calcio. Per non parlare del carisma! Ci sediamo per fare l’intervista come due che si incontrano e decidono di bere qualcosa insieme. La sua cortese spontaneità mi lascia di stucco.
A Fusaro si chiede sempre di parlare di argomenti quali Capitale, Potere, UE, oppure dei suoi cavalli di battaglia filosofici, come Marx e Gramsci, ma solo in stretta relazione alla condizione politica attuale. Vorrei invece che questa intervista – a cui preferisco pensare come a un dialogo aperto – vertesse sugli stessi temi, ma in relazione a Letteratura, Musica, Cinema. Per esempio, mi piacerebbe parlare dei rapporti tra Letteratura e Capitale. Ma andiamo con ordine…
Cosa legge Diego Fusaro, quando non legge filosofia? Quali sono i tuoi autori preferiti di narrativa?
Premetto che io leggo sempre di filosofia. Penso quindi di essere una delle persone più noiose al mondo (ride). Scherzi a parte, anche quando non leggo filosofia, leggo autori come John Steinbeck, Ignazio Silone, che hanno un retroterra filosofico piuttosto marcato. Mi piace anche Tabucchi. In generale, vado sui classici. Quelli più attuali, quando li apprezzo, è solo in misura minore. Ovviamente, amo molto anche Pasolini, per quanto lo consideri prevalentemente un filosofo
Invece che mi dici della poesia, ti piace? Hai qualche poeta preferito?
Amo la poesia. Tra i contemporanei di più stretta attualità, ti direi che apprezzo molto Franco Fortini. Anche nel caso della poesia, vale comunque quanto detto prima: mi piacciono poeti con una chiara vocazione filosofica. Per tanto, amo molto la poesia classica greca, come Alceo, Teognide, Archiloco. Poi, certamente Pasolini, anche nella sua veste di versificatore, nonché Ezra Pound, Bertold Brecht e D’Annunzio.

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Ritieni che vi siano dei filosofi che sono anche dei bravi narratori o poeti?
Sicuramente, un grande filosofo che sia stato al contempo anche un grande scrittore, nel senso di abile nel rendere i suoi testi intriganti sul piano stilistico, è Nietzsche, che era per altro anche un notevole poeta. Però, mediamente i grandi filosofi non sono stati grandi scrittori. Per esempio, Hegel non è stato significativo da questo punto di vista. Marx invece , anche perché veniva dal giornalismo, dove aveva avuto modo di affinare la sua penna. Platone certamente è stato anche un ottimo narratore. In generale, il filosofo può essere un grande scrittore, ma per accidens.
Che mi dici di Sartre? Lo consideri un grande scrittore?
Diciamo che Sartre è un grande scrittore quando non scrive saggi di filosofia. Leggendo L’Essere e il Nulla, o Critica della ragion dialettica ti devi scontrare col fatto che non sono testi propriamente coinvolgenti da un punto di vista narrativo. Ben diverso è il caso de La nausea e A porte chiuse, che sono opere più accattivanti, ma filosoficamente meno dense.
Proprio Sartre in Che cos’è la letteratura? traccia una netta distinzione tra autori ribelli (ma nella loro essenza borghesi) e autori realmente rivoluzionari (perché spiegano ai propri contemporanei l’uomo in una determinata contingenza storica). Condividi queste categorizzazioni? Chi sono oggi gli autori ribelli e quelli rivoluzionari?
Sai, Sartre ragionava in un altro contesto storico. Direi che oggi i veri autori rivoluzionari sono quelli borghesi. Gli autori invece fintamente rivoluzionari e contestativi sono quelli antiborghesi e antiproletari, quelli che cantano la rivoluzione capitalistica che dissolve le vecchie forme borghesi, o proletarie. Per essere veramente rivoluzionario, a mio avviso, oggi un narratore dovrebbe mantenere un radicamento borghese e proletario, conservare le vecchie strutture di classe che invece il capitalismo vorrebbe far passare per superate…
Ma, tra i viventi, o tra quelli morti relativamente di recente, tu ritieni che ci sia un autore rivoluzionario?
No, non vedo autori rivoluzionari oggi nella letteratura italiana o internazionale. Se penso a qualcuno di rivoluzionario devo per forza guardare al passato. Penso a Steinbeck col suo Furore, a Pasolini. Ma non ne vedo di simili nella contemporaneità.
Ho bisogno di capire prima bene che cosa intenda tu per autori rivoluzionari. Ti ho sentito parlare di intellettuali e pensatori che sarebbero funzionali all’odierno pensiero unico in quanto, pur essendo apparentemente critici verso le storture del sistema, con la loro visione negativa offrono solo e unicamente l’immagine di un mondo inemendabile. Perché uno scrittore sia rivoluzionario pensi gli basti descrivere l’odierna situazione di catastrofe umana, sociale e culturale oppure ritieni che debba andare oltre e prospettare in termini chiari e netti un altro possibile mondo, un mondo positivo, magari scrivendo un’utopia?
Secondo me non basta che uno scrittore sbatta in faccia ai lettori le storture del sistema. Ti porterò un esempio narrativo che ha avuto anche un certo successo in Italia, Walter Siti col suo Resistere non serve a nulla. Un libro che bene o male mette a nudo le ingiustizie, che ti mostra il re nudo. Però poi, già dal titolo ti dice che non c’è nulla da fare, appunto resistere non serve a nulla. E, quindi, anche nella narrativa ritorna l’ideologia dell’intrasformabilità del mondo, che è poi la grande ideologia del Capitale post 1989. Per cui, tutti gli autori che smascherano le contraddizioni, ma poi non propongono il possibile superamento delle medesime, rientrano in questo quadro ideologico-narrativo. Sai, se mostri la stortura di un mondo predicato però intrasformabile in realtà è come se lo assolvessi, come se facessi un’apologetica…
Insomma, mi stai dicendo che è come se l’autore fosse consustanziale al sistema che critica, perché comunque in verità asserisce che dall’odierna situazione di negatività non si potrà mai venire fuori. È questo il concetto, se non ho capito male?
Questa è anche la vexata quaestio del posizionamento di Heidegger rispetto alla società capitalistica. Heidegger è un nemico del capitalismo, o è un suo apologeta? È una vecchia domanda, su cui si discuteva negli anni settanta. Da un certo punto di vista critica il capitalismo anche più di Marx, perché lui non ha più quelle illusioni che erano frutto, per esempio, di una certa idea di progresso. In questo egli è persino più radicale dell’autore del Manifesto. Però in Heidegger non c’è neanche lo slancio utopico-trasformativo. Non per niente dice, nella nota intervista apparsa sul Der Spiegel, che solo un Dio ci può salvare. Come dire che non c’è nulla da fare. Ciò lo mostra bene Lukács, che applica questo discorso finanche alla scuola di Francoforte: quando tu critichi anche fortemente una determinata società e insieme neutralizzi la possibilità del superamento della medesima, in realtà stai facendo un’apologetica di essa. Oggi, se vai a vedere, il successo dei critici sponsorizzati dal sistema capitalista sta in questo. Per un verso, dichiarano orribile il capitalismo, ma allo stesso tempo lo dipingono come intrasformabile. Io li chiamo i cantori della tecnica, quelli che si pongono nel solco di Martin Heidegger. E dall’altra, sul côté marxista, hai gli autori che, opposti al côté Heidegger, fanno la critica del capitalismo, però poi criticano in maniera altrettanto intensa le possibili alternative al capitalismo. Pensa a Toni Negri, o a Slavoj Žižek. Biasimano il capitalismo e poi dicono che lo Stato sovrano nazionale è fascista, o la famiglia in quanto tale omofoba. Criticano, nel contempo, il sistema e la possibile soluzione a esso…
Quindi un narratore, come un filosofo, per poter essere realmente rivoluzionario, non dovrebbe solo criticare le storture del sistema, ma anche proporre una possibilità altra?
Sì, il narratore è un filosofo che usa le immagini, un filosofo che usa la narrazione
Ma consideriamo per esempio un autore come George Orwell in 1984, oppure Saramago in Cecità. Secondo te in loro non c’è una reale antitesi al capitalismo, al sistema e al potere?
No che non c’è. Chiunque si ricordi il finale di 1984 lo sa: il protagonista finisce per amare il Grande Fratello. C’è quindi una sorta di pessimismo cosmico che glorifica il potere stesso. Infatti Lukács diceva in La distruzione della ragione che il vero autore di riferimento del capitalismo, nella sua fase moderna e contemporanea, è Schopenhauer. Quando questi fa valere il suo pessimismo, in realtà non fa altro che trasporre sul piano ontologico le contraddizioni della società capitalistica. In tal modo se ne ricava che, se le contraddizioni sono dell’esistente, non resta che rassegnarsi e accettare l’esistente così com’è.

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Esiste oggi uno scrittore che possa definirsi marxista, come a suo tempo vi furono Moravia, o Pasolini?
No, direi proprio di no.
Quindi, secondo te, con Pasolini muore il marxismo applicato alla letteratura?
Direi di sì. A te viene in mente qualche altro?
Direi di no. Dopo Pasolini, Moravia, Volponi…
Comunque, lasciami dire che li ritengo meno profondi di Pasolini, pur con tutto il rispetto. Stiamo pur sempre parlando di autori di serie A.
Ma anche a livello stilistico pensi che non ci sia nessuno che abbia equiparato Pasolini?
No, assolutamente. C’è qualcuno che, come Tabucchi con Sostiene Pereira, azzecca un libro, però poi manca quella produzione complessiva di livello sempre alto, come aveva appunto Pasolini.
Mi piacerebbe che ci parlassi del rapporto tra Letteratura e Capitale a partire da certi episodi delle ultime “produzioni” dell’industria culturale, quali a esempio Cinquanta sfumature di grigio. La letteratura è dunque veicolo di diffusione della mentalità capitalistica?
Mediamente sì. Lo è sempre stata. Solo che, ai tempi del capitalismo classico, la letteratura veicolava (pensa a Verga e Pirandello) un mondo valoriale borghese che non era solo quello del profitto. C’era dentro tutto un universo etico. Pensa adesso alla differenza tra Benedetto Croce e gli autori del liberismo contemporaneo. Benedetto Croce facendo l’apologia della società borghese capitalistica, come diceva Gramsci, difende non solo il capitale, ma anche la civiltà di Goethe e di Beethoven. Chi oggi fa l’apologetica del capitalismo finanziario difende solo il nudo rapporto di forza finanziario dietro il quale non c’è nient’altro. Quindi la letteratura diventa una pura narrazione encomiastica.
E in Cinquanta sfumature di grigio?
In quel libro hai proprio, nella fattispecie e ben condensato, lo spirito del tempo. È la grande narrazione odierna, dove c’è l’individuo isolato che racconta autisticamente le sue esperienze erotiche di godimento illimitato e dove l’altro – questo è curioso! –  figura sempre come mezzo per il godimento dell’individuo. In esso, il vecchio amore borghese è morto. C’è il godimento di un individuo che, come una monade senza finestre, mira al proprio piacere illimitato e acefalo, usando il suo prossimo. Non c’è nemmeno più il rapporto sessuale, solo l’autismo del godimento solitario. Se il capitalismo è sul piano economico plusvalore, deregulation, e abbattimento dei limiti dello stato sovrano; sul piano sentimentale diventa plusgodimento (come diceva Lacan), abbattimento della famiglia tradizionale che è l’equivalente dello stato su piano sentimentale, e fine di ogni forma di regolamentazione, deregulation erotica, cioè l’individuo che gode e che vede come fascista, omofobo ogni tentativo di dare un ordine alla propria vita.

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In realtà, però, qualcosa di simile a quello che si legge in Cinquanta sfumature lo si trovava anche in Venere in Pelliccia di von Sacher-Masoch, no?
Sì, solo che allora qualcuno ancora storceva il naso, mentre adesso quella è la norma. Intendiamoci: c’è sempre stato l’imprenditore capitalista votato al godimento, però un tempo era un’eccezione all’interno di un sistema ancora tutto sommato etico. Adesso, la figura dell’imprenditore gaudente è diventata punto di riferimento anche per le masse precarizzate.
Parliamo di musica, adesso. Che musica ascolti? Solo classica, o apprezzi anche qualcosa della così detta pop music?
Quando scrivo, ascolto sempre musica classica, Beethoven segnatamente. Mi interessa la musica pop, ma solo nella misura in cui mi restituisce il quadro della società in cui viviamo. Lo diceva già Adorno, del resto, parlando del jazz: in esso si condensa lo spirito del tempo. Se ascolti i testi delle canzoni odierne, senti proprio lo spirito del capitalismo attuale, liquido e flessibile. C’era una canzonetta di qualche anno fa che diceva “questa insensata voglia di equilibrio”. Mi colpiva, ogni volta che la sentivo. In realtà l’uomo ha sempre cercato di stabilizzarsi in forme equilibrate. Già lo stare, l’abitare, implica in sé la ricerca di una stabilità, di un equilibrio. Oggi, invece, la voglia di equilibrio diventa insensata, perché bisogna essere mobili, precari e liquidi. “Voglio una vita spericolata”, insomma, come cantava qualcuno.
Come vedi il Nobel conferito a Bob Dylan? Ha un senso parlare di un cantautore come fosse un poeta?
Onestamente, io considero il premio Nobel del tutto irrilevante, quindi che lo diano a Bob Dylan o ai Lùnapop non mi interessa. È un riconoscimento della società capitalistica, e sottolineo: capitalistica, ma senza essere più borghese. Che conferiscano i loro riconoscimenti a chi preferiscono!
Il tuo film preferito.
Beh, ne ho parecchi di film preferiti. Mi piace molto Goodbye Lenin, Il cielo sopra Berlino, Arancia Meccanica.
Il cinema può rappresentare realmente una possibilità di sovversione, malgrado i grandi capitali che devono essere mossi per produrre un film? Se pensi di sì, ti chiederei di fare il nome di un regista che ritieni essere effettivamente rivoluzionario.
Oggi non ne vedo, ma è possibile che sia per via della mia scarsa consuetudine con l’universo cinematografico. In passato ce ne sono stati… ecco, certo, Pasolini! Vedi, Pasolini lo troviamo ovunque perché è stato un grande regista, un grande poeta, un grande scrittore e anche un grande filosofo. Io lo vedo “un genio universale”, come si diceva sempre di Leibniz e il fatto che sia morto in solitudine, per poi diventare oggetto di un culto agiografico, la dice lunga…