Il caso. Se Le Monde celebra la nuova giovinezza di Alain de Benoist (maestro di carattere)
Pubblicato il 13 gennaio 2017 da Ariane Chemin
Categorie :
Cultura

Zemmour e de Benoist sulla coertina di Elements
Ecluzelles, nei pressi di Dreux. Una
piccola casa di campagna, libri e gatti ovunque: la Tebaide normanna di
Alain de Benoist, figura di punta della nuova destra degli anni 1970, è
il legame materno di questo regionalista. E’ qui, tra i suoi soggiorni
in un piccolo appartamento parigino nei pressi della rue de Charonne, e i
numerosi inviti a conferenze in Italia o in Germania, che questo
autodidatta dal pizzetto bianco scrive o si nutre di letture. Il suo 103mo libro sarà pubblicato a fine gennaio da Pierre-Guillaume Roux, l’editore degli infrequentabili: Il momento populista – Destra-sinistra – è finito esplora il divorzio tra il “popolo” e “la Nuova classe dirigente”, versione chic e maiuscola delle élite globalizzate.
Da mezzo secolo, non sfugge ad Alain de Benoist il minimo aspetto del dibattito delle idee.
“Io leggo o sfoglio più di 300 titoli di riviste differenti”, racconta
l’intellettuale di 73 anni, nel suo abituale gilet senza maniche. Grazie
alla rete, ma anche al fattorino (quasi un sacco postale al giorno),
lui rintraccia tutto ciò che il pianeta racconta degli intellettuali
“inclassificabili”.
Spesso fa inviare loro la sua rivista Eléments,
che ha una nuova formula aumentata dal mese di ottobre 2015, e dove ha
perso il suo pseudonimo. A volte li convince a collaborarvi o a
partecipare alla sua trasmissione “Le idee a posto”, su TV liberté, un
WebMedia di estrema destra. Infine evoca il loro pensiero sul suo blog,
in un articolo pubblicato su Boulevard Voltaire, il sito fondato nel
2012 dall’attuale sindaco di Béziers Robert Ménard, o ancora dai bretoni
di Breizh-Info.
Mathieu Bock-Côté, il sociologo conservatore del Québec che incanta il sito di dibattiti FigaroVox,
fu letto per primo da de Benoist. Come il filosofo e matematico Olivier
Rey, “rintracciato presto”, come Chantal Mouffle, figura della sinistra
radicale le cui opere sono commentate su Eléments fin dal 1992. Ma
“nel paesaggio intellettuale francese, colui al quale mi sento più
vicino è quanto meno Jean-Claude Michea”, ha detto Alain de Benoist.
Ritorno al socialismo delle origini dopo che la sinistra si è
ripiegata su antirazzismo e su diritti dell’uomo, constata che il
liberalismo economico e sociale sono due facce della stessa medaglia …
I due uomini non si conoscono ma si
inviano i loro libri. Molto tempo fa Alain de Benoist aveva anche un fan
club. Fu durante gli anni 1970. Dopo la fondazione del Gruppo di ricerche e studi per la civiltà europea (Grece) nel 1968,
il giovane de Benoist aveva attirato intorno a questo laboratorio di
rifondazione ideologica dell’estrema destra una giovane guardia sedotta
dalle sue idee iconoclaste. Circa dieci anni più tardi, nell’autunno del
1977, il nuovo capo dei servizi culturali del Figaro, Louis
Pauwels, lancia una rivista settimanale, e offre ai “grecisti” Alain de
Benoist e Patrice de Plunkett di dirigerla. Il primo si consacra alla
cronaca delle idee, lasciando a Plunkett la redazione del supplemento.
Dall’ottobre 1978 e fino almeno al 1981 un nucleo duro affronta i loro
temi preferiti (politica del vivente, etologia, divulgazione dei lavori
scientifici degli anni 1970) in un Figaro Magazine che raggiunge in poche settimane 400mila copie di vendita, prima di raddoppiare questa cifra.
Nell’estate del 1979 la polemica si scatena sulle pagine di Le Monde e del Nouvel Oservateur. Ricerca delle identità, gerarchia delle razze, paganesimo… Prezzo del successo, l’ideologia del Grece è infine dissezionata, e la scuola di Alain Benoist soprannominata “nuova destra”. Il suo capofila è ricevuto alla trasmissione “Apostrofi” per il suo libro Le idee a posto ma l’arrivo della sinistra al potere, poi la virata “cristiana” del Figaro Magazine
finiscono per precipitarlo nell’oblìo. Addio “Panorama” di France
Culture e le tribune del Monde: è diventato uno spaventapasseri. Poi,
cerca di fare un’onorevole ammenda.
Nel 2012, in Memoire vive (Edizioni
Fallois), l’ideologo riconosce: “Difendevo il razzismo, o quanto meno
il razzialismo, e l’ho difeso senza stato d’anima”. E non smette di
costruire ponti con i pensatori dell’altra sponda, sfocando le tracce in
libri spesso opachi. Da poco tempo, Michel Onfray, il vicino
normanno di casa, ha accettato di incontrarlo. “Preferisco una analisi
giusta di Alain de Benoist che un’analisi sbagliata di Minc, Attali o
BHL”, dichiara il filosofo libertario nel marzo 2015 su Le Point, prima di concedere un’intervista a Eléments e parlare a TV Libertés.
Disinibita, la giovane guardia
intellettuale “antimoderna”, che da due o tre anni si presenta su
riviste, vuole credere alla buona fede o al pentimento del teorico della
nuova destra. Decrescita, teoria del genere… L’ideologo si incanta a vedere le giovani penne “anticonformiste” riprendere i temi sui quali lui ha scritto prima di loro.
“La sinistra non ha visto sotto la linea
di galleggiamento l’emergere di una controcultura e ha trascurato il
ruolo di controinformazione di Internet e dei blog; s’entusiasma,
davanti a noi, il settantenne come se si tuffasse in un bagno di
giovinezza. Sento come un lieve riscaldamento climatico dopo gli anni di
piombo. Una lastra di ghiaccio si sta sciogliendo: i giovani di
talento stanno sostituendo i vecchi granchi”.
Ha cenato con Eugénie Bastié, che l’ha intervistato a Limite ed è stata presentata in prima di copertina in Eléments. Ha accolto a Ecluzelles la giovane romanziera e giornalista di Valeurs actuelles Solange Bied-Charreton, anche lei “issata” in prima di copertina ad Eléments
in un numero dedicato agli “indisciplinati”. “Negli anni 1970 sarei
stata un suo nemico. Oggi Alain de Benoist mi piace molto” riflette
Matthew Giroux, che lo intervista sul proprio sito, Philitt. E’ cambiato Alain de Benoist? O sono cambiati i tempi?
[Tratto da Le Monde, 11.I.2017; Traduzione di Manlio Triggiani]
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