LA CARICA CONTRO L’EURO
Su segnalazione del caro amico Siro Mazza, oggi ho comprato Libero,
il giornale diretto da Vittorio Feltri, che di solito non compro né
leggo nonostante vi scrivano vecchie conoscenze e vecchi amici della mia
(nostra, per qualcuno di questa mailist) giovanile militanza
“socialista tradizionalista” , come Marcello Veneziani o Stenio Solinas.
L’ho comprato perché esso regala un inserto tutto dedicato all’euro nel
quale sono riportati i giudizi di noti personaggi dell’economia e della
politica. Alcuni di essi sono stati, a suo tempo, degli euroentusiasti,
altri degli euroscettici ab origine. Oggi tutti sono allineati nel
fronte “no-euro”.
Mentre vi invito a comprare, almeno per oggi, Libero, onde acquistare
l’inserto in questione, oppure a procurarvelo per altri via, vi
propongo, di seguito, in sintesi, dai titoletti a ciascuno dedicati (se
necessario accompagnati tra parentesi da un mio sintetico commento o
dalla presentazione del personaggio), le opinioni di detti economisti e
politici. Alcuni dei quali liberisti ed altri keynesiani perché, a
quanto pare la riflessione anti-euro è diventata trasversale (anche se
per motivi ed obiettivi assolutamente diversi, non essendo quelli
liberisti gli stessi di quelli keynesiani).
Alle sintetiche dichiarazioni, seguono le dieci domande che i
redattori dell’ottimo inserto propongono ai loro lettori
(importantissima la domanda numero 7 dato che molti catto-confusi,
perché catto-liberali, continuano a bere la favoletta, utile
all’eurocrazia, del debito pubblico quale male assoluto ed unico
responsabile della crisi: una narrazione ormai ampiamente confutata in
sede di scienza economica e persino dagli economisti che lavorano nella
attuale Bce).
Infine propongo un’ampia sintesi del pezzo di fondo di presentazione
dell’inserto, sul quale mi permetto solo qualche osservazione. Esso dice
molte cose giuste ma, al tempo stesso, è ispirato alle tradizionali
posizioni anti-europee del conservatorismo inglese (Thatcher in primis,
dimenticando le responsabilità della lady di ferro, insieme a Reagan,
nell’aprire la strada, a cavallo tra anni ’70 ed anni ’80, alla
liberalizzazione dei capitali ossia alla globalizzazione capitalista). I
conservatori d’oltremanica se, per certi versi, non hanno tutti i torti
per altri nascondono, dietro le loro critiche, l’antica ostilità
inglese verso la Germania, ogni volta che quest’ultima assume un ruolo
egemone in Europa. L’ostilità inglese verso la Germania è stata la
grande concausa nella tragedia della guerra civile europea con le sue
due guerre mondiali che hanno segnato il tramonto dell’Europa nel mondo.
D’altro canto, il problema dell’Europa, una volta sparita l’opzione
imperiale-confederale, ossia cristiano-romana, ancora rappresentata agli
inizi del XX secolo dall’“Austria felix” del beato Carlo d’Asburgo, in
via a suo tempo di confederalizzazione, è esattamente quello che la
critica inglese mette in evidenza ovvero l’incapacità della Germania – o
della sua ideologia nazional-imperialista che da Federico di Prussia
arriva fino all’Ordoliberalismo della Merkel e di Schaüble passando per
il Reich guglielmino e per Adolf Hitler – ad unificare, nella libertà e
nell’eguaglianza della dignità politica ed economica, ma anche
eventualmente nel pluralismo monetario in un sistema flessibile e non
rigido di cambio, popoli diversi per radici, storia, cultura e lingua
eppure accomunati, fino al XVI secolo, dall’unico collante della fede
cristiana nella sua forma apostolica (nonostante la frattura, ad essa
interna ma non irreversibile, tra cattolicesimo e ortodossia, tradottasi
nella distinzione tra Cristianità latina e Cristianità orientale, prima
bizantina e poi slava). Quel che bisogna, però, sottolineare è che
questa incapacità della Germania all’universalità romano-cristiana è il
frutto avvelenato della Riforma luterana, la quale ha inaugurato il
nazionalismo tedesco. Il problema storico-politico della Germania è,
appunto, quello della sua incapacità a chiamare i popoli a fare qualcosa
di bello e di buono insieme – in questo, come diceva Ortega y Gasset, è
il segreto, tutto romano e cristiano, del legittimo “sacrum imperium”
–, anziché sottometterli alla sua volontà nazionalistica di potenza (che
è la stessa di ieri anche se oggi viene mascherata nella forma liberale
del “patriottismo costituzionale”). Si tratta della stessa incapacità
tedesco-luterana all’universalità cattolica che impedì, a suo tempo,
nonostante la propaganda europeistica dell’hitlerismo, di creare una
“internazionale fascista” come sperimentò l’Italia disprezzata, ben
prima del 25 luglio ’43, dalla sua alleata d’oltralpe (ah! Se Mussolini
avesse dato ascolto alla sua antica diffidenza verso la Germania, quella
che lo portò ad appoggiare il povero Dollfuss, poi assassinato dai
nazisti, nel 1934!). Il problema della Germania, ieri come oggi, è
quello di non essere politicamente “cattolica” sicché ogni progetto
politico di unificazione dell’Europa viene da essa inteso, o distorto,
nel senso di un utile strumento per l’egemonia tedesca sull’Europa, in
particolare su quella latina e mediterranea. Sembra proprio che il “Loss
von Rome” di frate Martino sia ancora il destino nazionale tedesco. Un
destino nichilista, incapace di costruire ma solo di distruggere. In tal
modo, i tedeschi, purtroppo, finiscono per dare ampie ragioni agli
inglesi, loro fratelli/nemici per etnia e per religione protestante,
come essi, d’altro canto, interessati soltanto al proprio primato
nazional-imperialistico, al canto del “God save the queen”, e non ad una
comune civiltà che, del resto, hanno abbandonato e tradito, anche loro,
dai tempi di Enrico VIII Tudor.
Luigi Copertino
Dall’inserto “La carica dei 101 contro l’euro” apparso su Libero del 2 gennaio 2017.
Alberto Alesina: “Si è persa l’occasione di una pacata discussione sui costi dell’unione monetaria” (Alesina è un economista liberista tra i più radicali!)
Giuliano Amato: “Abbiamo fatto una moneta senza Stato. Era difficile che funzionasse” (Amato era a suo tempo uno dei maggiori euro-entusiasti!)
Jacques Attali: “Abbiamo dimenticato di includere l’articolo per uscire da Maastricht”
(Attali fu l’alto tecnocrate consigliere di Mitterand per la moneta
unica, con la quale i francesi hanno creduto di mettere una catena alla
forza tedesca e che invece si è rivelata anche per loro mortificazione
della “grandeur” a tutto vantaggio della Germania: insomma un’altra
Maginot!)
Luciano Barra Caracciolo: “Abbiamo perso un terzo del manifatturiero e il 25% di produzione” (parla dell’Italia)
Roland Berger: “La Germania dovrebbe abbandonare l’euro per far sì che l’Unione sopravviva”
Vladimir Bukovskij: “Seppellito un mostro come l’Unione Sovietica ne costruiamo un altro simile”
Bettino Craxi: “L’Europa nella migliore ipotesi sarà un limbo o, nella peggiore, un inferno”
Paul De Grauve (economista): “L’unificazione è figlia di impeti politici più che di calcoli economici”
Nigel Farage (capo del nazionalismo british): “Stiamo svalutando il Mediterraneo portandolo a livello del terzo mondo”
(verissimo! Ma Farage dice questo per affermare la dignità dei popoli
euro-mediterranei o solo per osteggiare l’egemonia tedesca che fa ombra a
quella inglese?)
Martin Feldstein: “Aumenteranno i conflitti all’interno del continente”
Heiner Flassbeck: “La Germania viola le regole dell’Europa fin dall’inizio” (cosa verissima ma che nessuno osa dire ufficialmente nell’UE)
Luciano Gallino (sociologo socialista di recente scomparso, l’ultimo suo libro è titolato “La lotta di classe dopo la lotta di classe”): “L’Unione si è rivelata una camicia di forza per comprimere i salari”
Winnie Godley: “Il potere di emettere moneta è la prerogativa di una nazione indipendente” (parole sacrosante!!!)
Milton Friedman (l’economista capofila della scuola
monetarista di Chicago, iper-liberista sfrenato, responsabile di errori
teoretici che hanno consentito il ripristino dell’economia classica che
ci ha portati alla nuova deflazione distruttiva): “L’UE è un progetto dirigista pericoloso” (dimentica
però di dire che non si tratta di un dirigismo politico ma di dirigismo
bancocratico che è stato reso, appunto, possibile dai machiavellismi
politici ai quali, si veda sopra, si riferisce Paul De Grave, di
egemonia nazionale delle nazioni più forti sulle più deboli del consesso
europoide attuale)
Antonio Fazio (economista cattolico ed ex Governatore di Bankitalia): “L’euro è un’istituzione fallita”
Guido Carli (economista laico, anch’esso a suo tempo
governatore della Banca d’Italia, il cui padre fu esponente d primo
piano del “nazionalismo sociale” poi confluito nel fascismo): “Bankitalia che non finanzia il disavanzo è sedizione”
Emma Bonino: “Si disse: facciamolo e la politica seguirà. Invece si è addormentata”
(riporto anche le sue parole benché il personaggio è per lo scrivente
tra i peggiori dell’attuale panorama politico, nonostante la
“benedizione” ricevuta da Papa Francesco dimentico dei tanti bambini
assassinati con la pompa di bicicletta)
Paul Krugman (economista neokeynesiano): “Un buon argomento per dire che l’Unione non è stata un errore? Mai sentito!”
Giuseppe Guarino (giurista di fama internazionale): “L’introduzione dell’euro è stata tecnicamente come un colpo di Stato”
Hans Olaf Henkel: “Questa valuta è troppo debole per la Germania e troppo forte per gli altri”
Edward Luttwak (politologo): “Così l’Italia non crescerà mai”
Mervin King: “ I paesi periferici non hanno altra scelta che tornare alle monete nazionali”
Nicholas Kaldor (economista anglo-ungherese di indirizzo
neokeynesiano e principale esponente della teoria endogena della moneta,
a suo tempo, con il libro “Il Flagello del monetarismo”, demolì
scientificamente il monetarismo di Milton Friedman dimostrandone tutte
le lacune e gli errori): “Sarebbe un errore pericoloso far precedere l’unità politica da quella economica”
James Mirrlees: “Guardando da fuori, dico che dovreste uscire subito dalla moneta unica”
Gregory Mankiw: “Ve l’avevano detto un sacco di economisti che sbagliavate, cari europei”
Wolfgang Münchau (economista ed editorialista del Financial Times, autore di un famoso articolo sulla creazione ex nihilo del denaro bancario): “La cosa peggiore è procedere nella stessa direzione. La rottura offre più opportunità”
Robert Mundell (economista laborista che già dagli anni ’70 segnalava la pericolosità del progetto tecnocratico di una moneta unica europea): “L’euro spazza via le norme sul lavoro e costringe i governi a tagliare la spesa sociale”
Pier Carlo Padoan (prima di fare il ministro dell’economia su nomina di Napolitano): “Senza tasso di cambio, i costi di aggiustamento pesano sul mercato del lavoro”
A questi seguono, nell’inserto consigliato, tanti altri interventi e
giudizi euro-critici tra i quale quelli di Alberto Bagnai, Geminello
Alvi, Paolo Barnard, Olivier Blanchard (già capo economista del FMI e
liberista pentito), Ben Bernanke (già capo della Fed americana), Vito
Costancio (attuale vicepresidente della Bce), Roberto Frenkel
(economista studioso dei drammatici rapporti che si vengono a creare tra
economie forti ed economie deboli all’interno dell’ipotesi di
unificazione monetaria, che prendono nome da lui come “ciclo di
Frenkel”), Nino Galloni (economista keynesiano, già alto dirigente dello
Stato), Vladimiro Giacché (economista comunista), Oscar Giannino
(economista liberista), Paolo Maddalena (vicepresidente emerito della
Corte Costituzionale) , Ida Magli (antropologa, scomparsa, euroscettico
ab origine), Claudio Borghi (economista keynesiano ed attuale consulente
della Lega di Salvini), Warren Mosler (padre della Modern Money
Theorie) e tanti altri ancora.
LE DIECI DOMANDE
- E’ irrilevante che gli autori dei quattro manuali di
macroeconomia più diffusi al mondo (ossia Dornbusch, Blanchard, Krugman e
Mankiw) abbiano bollato l’euro come un fallimento?
- E’ insignificante che dieci premi Nobel in economia (non uno ma
dieci e tutti in ordine rigorosamente non alfabetico: Tobin, Stiglitz,
Senn, Pissarides, Myrdal, Mundell, Mirriees, Krugman, Friedman e Hart)
abbiano ammesso che la moneta unica è una rovina?
- E’ trascurabile che la Commissione UE ed il nostro ministro
dell’Economia abbiamo scritto, a due anni di distanza l’una dall’altro,
che “se non svaluti la moneta devi svalutare il lavoro”?
- E’ assurdo che chi è stato per anni rinchiuso nei gulag
staliniani trovi un sacco di somiglianze fra l’Unione Europea e l’Unione
Sovietica?
- E’ logico inventarsi un Super Stato a tavolino mescolando Paesi
diversissimi tra loro nei quali si parlano diciotto lingue diverse?
- E’ ragionevole avere in tasca banconote dove non sono
raffigurati personaggi del passato in cui tutti i cittadini si
riconoscono, ma ponti e finestre inesistenti?
- E’ sensato continuare a pensare che la colpa sia
tutta del debito pubblico quando è la stessa banca Centrale Europea a
dire ufficialmente che le cause della crisi stiano tutte negli squilibri
di finanza privata, mentre il debito pubblico non è mai la causa bensì
la conseguenza della crisi?
- E’ normale che nel 2016, dopo oltre tre lustri di euro, quasi un
milione di greci si siano immiseriti a tal punto da non potersi
permettere alcun tipo di assistenza medica?
- E’ condivisibile l’opinione di chi dice che in una crisi
economica la moneta non c’entri nulla perché è tutta colpa della
corruzione?
- Credete che sia uscito fuori di testa il principale consulente
della Merkel quando afferma “se fossi un politico italiano porterei il
mio Paese di corsa fuori dalla moneta unica”?
QUINDICI ANNI DI MONETA UNICA – ALZI LA MANO CHI NON TORNEREBBE INDIETRO
Anziché diventare uno Stato federale, la UE si è ridotta a mostro burocratico al servizio dei tedeschi (e dei banchieri)
Di Pietro Senaldi
Quindici anni fa esatti l’Europa entrava nell’euro e l’allora
presidente della Commissione UE, Romano Prodi, in vacanza a Vienna,
festeggiava comprando con la moneta unica un mazzo di rose alla moglie
Flavia. Come sono appassite. Alzi la mano che non tornerebbe indietro;
alzi la mano chi non pagherebbe pronta cassa 5 mila euro oggi per avere i
10 milioni di una volta. Anziché rifiorire, il vecchissimo continente
si è rattrappito. L’ossessivo allargamento, perseguito anche da Prodi,
invece di fare di noi una neopotenza imperiale e rafforzarci con
l’innesto di sangue fresco, ci ha sfibrati, impoveriti, tolto identità.
In sintesi, ci ha iniettato veleno fin nelle ossa. D’altronde i popoli
non sono unicamente entità organiche ma anche anima, storia, idee e
sentimenti e non rispondono solo alle leggi del Risiko, della finanza o
della botanica.
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