Polizia postale e Occhionero, perché Gabrielli ha silurato Di Legami
Bruno Guarini e Niccolò Mazzarino James Bond
L'attività della Polizia postale sullo spionaggio dei fratelli
Occhionero, la decisione del capo della Polizia postale e l'intervista
di Marco Carrai. Ecco i primi effetti politici e istituzionali
dell'inchiesta e degli arresti di ieri
Primi effetti politici ed istituzionali dello spionaggio politico,
finanziario e militare di cui si è venuti a conoscenza ieri con
l’arresto dei fratelli Occhionero.
LA DECISIONE DI GABRIELLI
Il capo della Polizia,
Franco Gabrielli, ha deciso ieri sera la rimozione di
Roberto Di Legami, direttore della Polizia postale che ha condotto
l’inchiesta sul cyberspionaggio, per divergenze con il vertice del corpo. Stando ad alcune indiscrezioni, il motivo della decisione sarebbe –
scrive Repubblica – che non ha informato dell’inchiesta Gabrielli. Al posto di Di Legami alla guida della Polizia Postale subentra
Nunzia Ciardi, dirigente del compartimento Lazio della stessa struttura. Di Legami è stato assegnato a un nuovo incarico presso l’Ucis.
CHE COSA AVEVA DETTO DI LEGAMI
Era stato proprio Di Legami ieri a spiegare ed approfondire l’esito dell’inchiesta che ha condotto in carcere
Giulio Occhionero e la sorella (
qui tutte le informazioni sulla vicenda e sugli arrestati).
Sarebbero “circa 20mila le vittime accertate sinora” dalla Polizia
Postale nell’ambito dell’inchiesta ‘Eye Pyramid’, che ha portato alla
luce una centrale di cyber spionaggio che “aveva lo scopo di monitorare e
sottrarre informazioni a istituzioni, pubbliche amministrazioni, studi
professionali e imprenditori”. Ma “molte di più potrebbero emergerne
dall’analisi dei server dislocati negli Stati Uniti e sequestrati grazie
alla collaborazione della Cyber Division dell’Fbi”. A dirlo ieri
all’agenzia Cyber Affairs è stato il direttore della Polizia Postale e delle Comunicazioni, Di Legami.
L’INTERVISTA DI CARRAI
Ma la decisione del capo della Polizia, che non può non essere stata condivisa dal ministro dell’Interno,
Marco Minniti,
non è l’unica conseguenza istituzionale e politica dell’inchiesta della
Polizia Postale che ha svelato un’attività di spionaggio durata 5 anni,
dal 2011 al 2016. Significativa oggi la reazione di
Marco Carrai,
manager e imprenditore attivo anche nella sicurezza dei dati e
vicinissimo all’ex premier Matteo Renzi. In un’intervista al quotidiano
La Stampa,
Carrai, se da un lato elogia il lavoro del Dipartimento informativo
della Sicurezza (Dis) e della Polizia Postale, non esita a
sottolineare:”Ciò non toglie che sia necessario un coordinamento più
serrato e un soggetto che faccia prevenzione e sviluppo tecnologico”. Se
sul coordinamento c’era unità di vedute ai vari livelli istituzionali e
ministeriali, sull’esigenza del nuovo “soggetto” evocato da Carrai ci
sono state distonie durante il governo Renzi. Infatti l’ex presidente
del Consiglio, Matteo Renzi, puntava proprio su una figura esterna come
quella di Carrai. Ma la nomina, anche per alcune resistenze interne
all’Intelligenze oltre che in altre istituzioni della Repubblica, non è
andata in porto.
LE PAROLE DELL’AVVOCATO DI OCCHIONERO
“Ieri l’ho incontrato e oggi risponderà alle domande del gip , ha
delle cose da chiarire. Questa storia è ancora tutta da scrivere, e al
momento è tutto una ipotesi investigativa”. Lo ha detto l’avvocato Stefano Parretta, difensore di Giulio Occhionero,
prima di fare ingresso nel carcere di Regina Coeli. “Il mio assistito
nega di aver fatto alcunché di illecito, aveva questi server all’estero
per il suo lavoro, gli indirizzi che aveva sull’agenda sono indirizzi
che possiamo avere tutti noi sul computer. Lui nega di aver fatto
un’attività di spionaggio, i server all’estero li aveva per lavoro”, ha
continuato il penalista.
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