la polemica non è un male, è solo una forma di confronto crudo sincero, diciamo tutto quello che pensiamo fuori dai denti, e vediamo se riusciamo a far venir fuori le capacità di cui siamo portatori e spenderle per il Bene Comune.
Produrre, organizzare, trovare soluzioni,
impegnarci a far rete, razionalizzare e mettere in comune, attingere alle nostre risorse. CUI PRODEST?
Pensa cchiu' a chi o' dicè ca' a chello ca' dice
L'albero della storia è sempre verde
L'albero della storia è sempre verde
"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"
martedì 3 gennaio 2017
Un mondo senza contanti è consegnato mani e piedi al Capitalismo dominante, hanno subbordinato le menti ma si accorgono delle innumerevoli falle e vogliono porre riparo il loro riparo per eliminare opposizioni, impedire alternative
INDIA SENZA CONTANTE. TEST “IN CORPORE VILI” (SEGUE CARESTIA)
Cinquantun giorni fa, il premier Narendra Modi ha voluto fare
dell’India la prima società senza contanti. Entro il 31 dicembre, tutte
le banconote da 500 rupie (7,5 euro) o mille (15 euro) – il taglio
medio – dovevano esser depositate in banca, dalla quale si sarebbero
potuti ritirare solo tagli più piccoli. O più grossi, da 2000 rupie in
su.
Lo scopo dichiarato dal governo (nazional-populista) era stroncare
l’economia informale e il “nero”, i lucri mafiosi, le mazzette,
l’evasione fiscale nelle transazioni; ciò “nell’interesse dei cittadini
che guadagnano onestamente e col sudore della fronte”.
Il fatto è che l’economia informale e in nero “è” la sola di cui
vivono, in India, i poveri. Per disperata necessità. Il pedalatore sul
ricksciò che vi trasporta a Calcutta o Bombay per qualche centesimo,
e con esso mantiene la numerosa famiglia, non è proprietario del
mezzo: lo ha affittato a giornata ad un “capitalista”di quartiere che ne
possiede dieci, e a cui deve dare metà o più dei suoi magrissimi
guadagni. Il “capitalista” può permettersi di non lavorare, ed è un
microscopico capo-bastone di una delle onnipresenti mafie locali. La
maggior parte dei “lavori” di strada, dal facchino al venditore di tè,
nascono da questo tipo di sub-appalti, dove dei meno poveri sfruttano
senza scrupoli i poverissimi.
Quanti sono? Un miliardo di persone o giù di lì. Si ricordi
che l’India ha un Pil pro capite di 1.718 dollari: l’anno. Quello
cinese è il triplo. A parte i circa trecento milioni di indiani
moderni, urbani e che sanno tutto o qualcosa di elettronica e
guadagnano benino – o benissimo, visto che il boom ha creato una
ventina di milioni di famiglie che posseggono l’equivalente di un
milione di euro – c’è poi il miliardo di persone che guadagna, se ci
riesce, 2 o 3 dollari il giorno. Metà dei quali non ha accesso alla
elettricità, e nemmeno all’acqua corrente e a toilettes. La metà
defecano all’aperto, anche nelle megalopoli. Il 46% dei loro figli sotto
i cinque anni sono rachitici (la percentuale senza confronto più alta
del Terzo Mondo) per malnutrizione. I papà non sono mai entrati in una
banca.
Defeca così il 50% della popolazione
Ora, il governo si aspetta che questo miliardo o giù di lì scambi i
suoi 2 o 3 dollari al giorno attraverso bancomat e POS, con carte di
credito, che apra un conto corrente. Persino molti milioni della classe
media non hanno dimestichezza con i distributori automatici di moneta;
figurarsi quelli. Oltrettutto, ogni transazione via elettronica
subisce un prelievo del 2% per spese bancarie e tasse; l’elettricità va
e viene persino nelle grandi città come Mumbai e Calcutta, per non
parlare delle connessioni internet; nelle sterminate campagne è raro
ci sia la luce, e del web non si ha alcuna nozione, poiché le masse
vivono come mille anni fa, ed esistono aree tribali dove si vive come
tremila anni orsono. Una banca, non l’hanno mai vista e non sanno cosa
sia.
A queste si chiede di digitare la password e il PIN su un apparecchio elettronico portatile?
Non basta ancora: bisogna tener conto della immane e corpuscolare
corruzione pubblica. Se vuoi un passaporto per emigrare, devi pagare una
mazzetta. Se vuoi la patente di guida, un’altra. Se vuoi che l’acqua o
la luce ti arrivi a casa (o nella fatiscente costruzione di ondulato
della bidonville) devi pagare una tangente. Se ti rivolgi alla polizia
o a un tribunale, paga. L’economia è oliata in questo modo, ovviamente
in nero, a prezzo di inefficienze spaventose. Il ritiro del contante
(le banconote da 500 e 1000 rupie contavano per l’86% del circolante)
l’ha istantaneamente grippata per mancanza di lubrificante.
Risultato: i prezzi degli alimentari sono crollati. Dal 25 al 50%. Non certo per eccesso di offerta, ma perché i poveri non possono comprare niente.
In vaste zone rurali i coltivatori, non riuscendo a spuntare prezzi che
coprano almeno le spese di trasporto, hanno distrutto i raccolti
buttandoli sulle strade, sotto le gomme degli automezzi; molti di loro
non hanno i fondi per comprare le sementi per il prossimo raccolto. Si
profila una carestia senza precedenti. Anzi, è possibile che nelle zone
più remote e nelle aree tribali la fame già uccida le comunità di cui
nessuno s’interessa, che non hanno mai avuto alcuna economia formale,
tracciabile o tassabile.
Nelle megalopoli, le brulicanti attività marginali, il venditore di
betel o di tè, il portatore di colli, il piccolo artigiano
aggiustatore, il commerciante di stracci, la lavandaia, i pedalatori di
riksciò, sono rarefatte. Manca il denaro. La tv ha mostrato cittadine
come Moradabad, dove il 60 % degli artigiani che affollavano le strade
(si lavora all’aperto) sono scomparsi.
Un altro servizio televisivo mostra come a Brindabandpur, nel
Bengala Occidentale, si sia tornati al baratto. Le contadine a giornata
sono state pagate in riso: il padrone delle coltivazioni si lamenta,
non riesce ad avere i soldi dalla banca, quindi paga le sue lavoranti
in natura. Due chili di riso al giorno. Uno, lo consumano per i pasti
loro e della famiglia. Con l’altro loro chilo, le donne vanno nel
negozio del villaggio e mostrano quel che hanno ottenuto in cambio. “Per
un chilo di riso mi ha dato patate, sale e zucchero”; “Per un chilo di
riso, ho avuto patate ed olio da cuocere. Volevo dei biscotti per il mio
bambino, ma non bastava”. Ovviamente, con il riso e le patate che
ricevono come paga, non possono comprare alimenti come il pesce secco
o un po’ di carne di pecora. Il baratto non è un sistema efficiente di
compravendita: i bottegai hanno il potere di “fare” il prezzo del chilo
di riso, decidere quante scatole di fiammiferi e quanto olio di colza
“vale”. E non si fanno scrupoli; il povero è di una casta diversa, in
genere bassa, verso cui quindi il commerciante non sente alcuna
solidarietà.
Ciò vale per l’intera federazione, in realtà un brulicare di
“nazioni” con lingue diverse, e suddivisioni di casta: i circa trecento
milioni della media o bassa borghesia non hanno alcuna compassione, né
la minima preoccupazione, per il miliardo di miserabili: sono di altra
casta – e la solidarietà funziona solo all’interno delle caste. Anzi, i
relativamente benestanti del Maharastra non hanno nemmeno l’idea di come
vivano i disperati nell’Orissa , e nessuna curiosità. Non
organizzeranno collette per i soccorsi agli affamati, che non sentono
come connazionali.
Lo stesso primo ministro Modi ha dimostrato, con questa decisione, di
vivere nella bolla castale; per lui il miliardo che viveva di economia
informale non esiste. Sta spendendo mezzo miliardo di dollari per
l’erezione di un colossale monumento a Shivaji, n maragià (1627-1680)
che combatté e vinse con inaudita ferocia contro il moghul Aurangzeb
(musulmano), ed è diventato il simbolo mitico dell’hindutva, ossia del
nazionalismo basato sulla religione hindu, per i partiti di estrema
destra (quello estremista del Maharastra si chiama “Shiv Sena”, e il
suo nome evoca insieme il dio Shiva e Shivaji, inteso come una sorta di
incarnazione di Shiva per la sua violenza guerresca). Il Shiv Serna,
che organizza una ferrea rete di assistenza e dominio nelle sterminate
bidonvilles di Mumbay, ha criticato Modi per come ha realizzato la
demonetizzazione. E’ dubbio se il monumento all’eroe mitico del partito
possa placarlo.
La gigantesca classe più o meno fortunata ed evoluta si preoccupa
per il calo repentino dei dati industriali, che stanno facendo perdere
all’India il primato fra i paesi in più rapido sviluppo: la fabbrica di
motociclette Bajaj Auto Ltd. Ha denunciato un crollo delle vendite, a
dicembre, del 22 per cento; il mercato delle moto (tipico mezzo rurale) è
caduto del 18%. La Maruti Suzuki ltd., che fabbrica utilitarie ed è il
maggior fabbricante d’auto per volumi, ha dichiarato un calo del 4,4% a
dicembre. In compenso, le banche – strapiene di depositi – offrono
crediti a tassi minori, il che può indorare la pillola al ceto medio, e
forse consentire una ripresa dopo la crisi infartuale.
Fino al 31 dicembre, infinite code si sono formate davanti alle
banche per depositare i le banconote che perdevano valore. La mafia si
offriva di prendere 1000 rupie pagandole 800, uno sconto del 20% – e
un lucro di intermediazione del 20% per i criminali. Oggi, scaduto il
termine, la Mafia, per motivi che mi sfuggono, offre per le banconote
scadute un premio del 10%.
La mafia (o le mafie locali) ha offerto un utile servizio nnei
giorni scorsi ai benestanti che dovevano cambiare le banconote senza
fare la coda: ingaggiavano miserabili che facevano la coda per loro, in
sub-appalto. Qualche milione. La polizia offriva informalmente lo
stesso servizio, usando come documenti di identità da presentare allo
sportello le fotocopie di carte di identità di ex carcerati. Insomma
l’abolizione del contante, che doveva stroncare il “nero”, ha offerto
all’economia illegale altre e grasse opportunità. Anche di sfruttamento.
Anil Bokil a sinistra. A destra, Modi.
Il premier Modi è stato ispirato nella sua fatale decisione da oscuri
suggeritori dei poteri forti globalizzatori? Da Goldman Sachs? George
Soros? Il Fondo Monetario? No. Ha dato ascolto ad un movimento che
promuove una teoria economica molto indù, chiamata ArthaKranti (Rivoluzione Finanziaria). Il
teorico principale della teoria sembra essere Anil Bokil, un signore
molto intervistato che abita ad Aurangabad e si dichiara “architetto e
contabile autorizzato”, che la spiega così: “La massa di liquidità
‘nera’ è quella che fa salire alle stelle i prezzi immobiliari, case,
terreni, goielleria (sic); il denaro guadagnato onestamente perde
valore”; con la demonetizzazione questa ricchezza “falsa” sarebbe
azzerata, con gran vantaggio per tutti, specie i poveri (che sono
effettivamente i taglieggiati). Secondo la teoria ArthaKranti, ciò
permetterà alla fine di abolire tutte le imposte sul reddito, anzi tutte
le tasse (tranne i dazi doganali), sostituendole con una tassa dell’1
per cento su ogni transazione. Ciò ha conquistato il favore dei ceti
medi stipendiati, che sognano la fine del prelievo fiscale sulle
loro paghe. Adesso stanno avendo qualche ripensamento: non possono
ritirare l’integralità delle loro paghe. I loro conti correnti sono
stati congelati perché mancano le banconote nuove ; quelle che sono
state stampate in tutta fretta, sono di qualità miserevole, si sfaldano
in mano, sbavano lì’inchiostro, sono facili da falsificare. Il signor
Anil Bokil, nelle ultime interviste, ha criticato con forza il premier
Modi, accusandolo di aver applicato le teorie dell’ArthaKranti in modo
pasticciato e incompleto: attuando solo due delle cinque misure
raccomandate dalla teoria.
In questa, anche l’Australia si accinge ad eliminare dalla
circolazione il biglietto da 100 dollari australiani (meno di 70 euro);
stavolta su consiglio dei banchieri dell’UBS e della HSBC. Quindi
scientifico. “Siamo convinti che togliere di mezzo la denominazione
massima sarà buono per l’economia e buono per la banche”, dicevano i due
istituti internazionali nel rapporto al governo. Siccome le banconote
da 100 dollari “sono detenute dal pubblico come riserva di valore,
quindi tendono a non circolare attivamente”. Naturalmente, i benefici
includono, secondo le due grandi banche, la “trasparenza” aumentata,
l’aumento delle “imposte sulle transazioni”, e la riduzione delle
“attività illegali”. Vero è che in Australia, paese evoluto, la Banca
della Riserva (la Banca centrale) assevera che le transazioni in
contanti diminuiscono costantemente: del 3,4% l’anno dal 2009, mentre
le transazioni a credito crescono del 7,3%.
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