I nuovi assetti di governo e il subbuglio del capitalismo italiano si ripercuotono sul mondo dell'informazione. Corriere, Repubblica, Sole 24 Ore: il totonomi ai confini tra il vero e il verosimile.
Occhio di lince
Riforma elettorale: sì, ma come? Elezioni: sì, ma quando? Apparentamenti: tutti da fare, qualcuno da scoprire. Cavalli che ritornano, Massimo D’Alema. Cavalli imbizzarriti che mordono il freno smaniosi di tornare: Matteo Renzi. Manovre aggiuntive? No, solo aggiustamenti perché l’ipotesi di una nuova finanziaria deprime il già depresso stato d’animo del Paese e fa galoppare a mille l’onda populista.
FRUSTRAZIONE TRA GLI EDITORI. Il risultato è un totale disorientamento, una sottile inquietudine che naturalmente pervade anche i giornali, antenna spasmodicamente sensibile nel captare i nuovi equilibri e nell'adeguarsi prontamente. In più c’è la crisi, copie e pubblicità calano di mese in mese, e il mestiere è sempre più un lungo inverno di uno scontento da cui non si intravede riscatto. Per gli editori, un dramma nel dramma che acuisce il senso di frustrazione. Per quanto essi facciano, il declino appare irreversibile.
CHI ESTRAE IL CONIGLIO DAL CAPPELLO? Allora ci si arrovella sul da farsi, si pensano nuovi nomi e organigrammi sperando di estrarre il coniglio dal cappello, si guarda a come evolve la politica ma non solo, visto che da mesi il capitalismo italiano è in subbuglio e sta per scatenarsi una colossale guerra di sistema sui destini di Generali, quella che ai tempi vezzosamente si appellava come la signora senza marito del capitalismo nostrano.
QUANTI GOSSIP NEL MARE MEDIATICO. Dopo un periodo di quiete, di pretendenti se ne sono fatti avanti molti, italiani e stranieri. Ed è impensabile che i nuovi assetti che verranno non si riflettano anche sul mondo dell’informazione. Girano nomi, domande, scenari, dubbi in cerca di soluzione. Chiacchiere, sulfurei quanto spesso inutili gossip che increspano ancor più le acque del procelloso mare mediatico.
Il vistoso appannarsi dell’astro renziano ha lasciato molti simpatizzanti del rottamatore scoperti. Cosa farà la Repubblica per esempio, che nei suoi oltre 40 anni di storia è stata nutrita e cresciuta dall’antagonismo verso il potere dominante (Craxi prima, Berlusconi poi), un collante abiurato per la prima volta con Renzi al potere? Romperà la sua tradizione di direttori longevi oppure lascerà all’ancora fresco di nomina Mario Calabresi il compito di pilotare il giornale tra le insidie del nuovo quadro politico che si configura confusamente proporzionalista?
L'ETERNO RITORNO DI GIANNINI. Carlo De Benedetti, che a suo tempo aveva preso la tessera numero uno del Partito democratico, come si comporterà di fronte alla sua dissoluzione? Meglio continuare l’appeasement nei confronti dell’ex sindaco di Firenze il cui nome per una larga parte del Paese suona indigesto o saltare convintamente sul carro dell’ancora informe Cosa dalemiana? I corridoi di via Cristoforo Colombo fanno eco al nome di Massimo Giannini, che all’Ingegnere piace sempre al punto da avergli perdonato lo sgarbo di abbandonare la nave ammiraglia sedotto dalle sirene del piccolo schermo.
DE BORTOLI E QUELL'EDITORIALE... Ma andando un po’ più a ritroso, si ricorda che quando Ezio Mauro lasciò il giornale Ferruccio De Bortoli era il naturale candidato a prenderne il posto. Peccato che all’epoca a Palazzo Chigi si parlasse più che mai toscano, e che l’ex direttore del Corriere fosse stato accompagnato alla porta proprio per un editoriale in cui dichiarava apertamente la sua avversione verso quell’antipatico di talento per di più immerso in un afrore di massoneria.
MA NON C'È DUE SENZA TRE. Mannaggia all’asincronia che ora lascia a bordo pista un cavallo di razza sempre pronto a tornare. Fosse per Banca Intesa, padrona di mezza editoria italiana, Ferruccio sarebbe di nuovo comodamente assiso sulla poltrona di via Solferino da lui occupata per ben due volte. Poco male, non c’è due senza tre. Però ora il Corriere non ha più un’assemblea condominiale che lo guida, ma un unico padrone.
A Urbano Cairo l’attuale tenutario Luciano Fontana va bene, ma si sa come sono questi capitalisti movimentisti. Come i presidenti delle squadre di calcio - guarda caso il nostro ne possiede una, il Torino - fanno continuamente esercizio di scouting. C’è qualche "Gallo Belotti" della penna che avanza? Aldo Cazzullo per esempio, che gioca bene in tutti i ruoli e risponde pure alle lettere dei lettori, e poi Carlo Verdelli, che chiusa l’infelice esperienza Rai è tornato a essere il convitato di pietra di ogni crocevia editoriale.
PACE FATTA TRA BOCCIA E ROCCA. Si vedrà. Intanto però corre l’obbligo, per par condicio, di accennare a quanto succede al foglio rosa degli Industriali alla vigilia di un aumento di capitale destinato a rafforzarne gli esausti bilanci e, possibilmente, voltare pagina e ripartire. Qui la vicenda è talmente lunga e articolata che occorrerebbe versare fiumi di inchiostro. Diciamo che il vostro Occhio di lince, da sempre sul pezzo, si limita agli avvenimenti delle ultime ore, ovvero alla pace fatta tra il presidente Boccia e Gianfelice Rocca, l’uscente di Assolombarda atteso da una poltrona in Fondazione Cariplo.
Che c’entra Il Sole 24 Ore, si chiederanno i miei sempre più numerosi lettori? C’entra eccome. Uno dei motivi del contendere era proprio il quotidiano economico, che Assolombarda si era addirittura offerta di rilevare dalla casa madre di viale dell’Astronomia. Richiesta invero assai bizzarra, visto che ricorrendo alla figura retorica della sineddoche la potente Assolombarda è pur sempre la parte di un tutto.
NAPOLETANO, OCCHIO AI BARBARI. Ma ora il patto del risotto con l’ossobuco cambia la prospettiva: Roberto Napoletano resiste, anche se i barbari sono alle porte. Barbari Gentili, nel senso di Guido, ex direttore delle pagine rosa ora stimato editorialista. Però c’è anche l’attuale condirettore Edoardo De Biasi cui molto establishment vedrebbe di buon occhio la promozione al supremo soglio. E poi Fabio Tamburini, un altro che in via Monterosa ha speso con unanime consenso la miglior parte della sua vita. Per non dire del bravo Sebastiano Barisoni, che in nome del molte testate ma un solo direttore (sono tempi duri e si risparmia), si è visto negare dal cda della casa editrice la nomina al vertice di Radio 24.
PRIMA DIRETTRICE DONNA? Per dirigere un giornale bisogna però avere i Galloni. E dunque lasciatemi chiudere con questo vezzo del nomen omen, Alessandra Galloni, giovane e apprezzata giornalista Reuters, che ha suoi tifosi dentro viale dell’Astronomia nonché in ambienti imprenditoriali romani. Sarebbe, se la memoria non mi falla, la prima direttrice donna dell’austero quotidiano. Insomma, una rosa nel rosa. E se son rose fioriranno.
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