L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 26 agosto 2017

Portogallo - l'Alternativa all'austerità degli euroimbecilli c'era e c'è - I tagli inibiscono la domanda

analisi e proposta degli economisti italiani nel 14 giugno del 2010, non accolta dagli euroimbecilli del Pd e dallo zombi Berlusconi
martelun


Portogallo, l’alternativa all’austerità esiste e funziona


Dall’inizio della crisi economica ci è stato detto che l’austerità era l’unica via di uscita, che non c’era alternativa. Ma adesso, grazie al Portogallo, abbiamo la prova che l’alternativa, invece, c’era. Ne scrive Owen Jones sul Guardian.


Uno dei paesi europei più duramente colpiti dalla crisi economica è stato il Portogallo. Dopo il salvataggio da parte della Troika, i creditori hanno chiesto dure misure di austerità, attutate con entusiasmo dall’allora governo conservatore. I servizi sono stati privatizzati, l’IVA alzata, una sovrattassa è stata imposta sui redditi, sono stati tagliati i salari nel settore pubblico, le pensioni e i sussidi, mentre al contempo sono state cancellate quattro feste nazionali.

Su un periodo di due anni, la spesa per l’istruzione ha subito un devastante taglio del 23%. La sanità e il sociale hanno altrettanto sofferto. Nel 2012 c’è stato un aumento del 41% nelle bancarotte delle aziende. La disoccupazione è balzata al 17,5% nel 2013. La povertà è aumentata. Ma era tutto necessario per curare la malattia della spesa eccessiva, veniva raccontato.

Al termine del 2015, però, tutto questo ha avuto fine. Un nuovo governo socialista, di minoranza – con l’appoggio esterno del Blocco di Sinistra e della Coalizione Democratica Unitaria – è andato al potere. Il primo ministro, António Costa, si è impegnato a “voltare pagina sull’austerità”, che aveva riportato il paese indietro di trent’anni. Gli oppositori preannunciavano il disastro. Tutto si sarebbe risolto con un nuovo salvataggio e tagli ancora più severi.

C’era anche un precedente: Syriza era andata al governo in Grecia solo pochi mesi prima. Le autorità europee non sembravano certo intenzionate a permettere che quell’esperimento avesse successo. Come poteva il Portogallo evitare la stessa sorte?

La logica del nuovo governo portoghese era chiara. I tagli inibiscono la domanda: per una vera ripresa, la domanda deve crescere. Il governo, quindi, si è impegnato ad alzare il salario minimo, invertire l’aumento regressivo delle tasse, riportare i salari del settore pubblico e le pensioni ai loro livelli pre-crisi (i salari erano stati tagliati anche del 30% in alcuni casi) e reintrodurre le quattro feste nazionali cancellate in precedenza. Tutto questo aumentando la spesa sociale per le famiglie più povere e introducendo un’imposta sul lusso per case dal valore superiore ai 600 mila euro.

Il disastro preannunciato non si è mai avverato. Nell’autunno 2016 – un anno dopo essere andato al potere – il governo Costa poteva vantare una crescita economica costante e un aumento del 13% negli investimenti da parte delle aziende. E quest’anno, i dati mostrano che il deficit si è più che dimezzato, raggiungendo il 2,1% – il livello più basso di sempre dal ritorno alla democrazia. Anzi, questa è addirittura la prima volta che il Portogallo rispetta i vincoli fiscali dell’eurozona.

«Il successo del Portogallo – commenta Owen Jones – è sia fonte d’ispirazione che di frustrazione. Tutta quella miseria umana in Europa… e per cosa, poi?». Inoltre – continua Jones – ilPortogallo (così come la Gran Bretagna) «offre una lezione anche per la socialdemocrazia. All’indomani della crisi, i partiti socialdemocratici hanno abbracciato l’austerità. Il risultato è stato il loro collasso politico». Cosa che non è successa al Labour e al Partito Socialista portoghese. Ad esempio, i sondaggi mostrano che adesso i socialisti di Costa sono 10 punti avanti rispetto ai conservatori, con circa il 42%.

L’austerity, in Europa, è stata giustificata con il mantra “non c’è alternativa”, bisogna essere adulti, realisti. E invece no. Il Portogallo offre una risposta solida a questa affermazione. Confutandola. Una risposta di governo, suffragata dai fatti. «La sinistra europea – commenta Jones – dovrebbe utilizzare l’esperienza portoghese per cambiare l’Unione Europea e mettere fine all’austerità in tutta l’eurozona. In Gran Bretagna, il Labour può sentirsi ancora più legittimato nel rompere con l’ordine economico dei Tory».

E conclude: «Durante questo decennio perduto, in Europa, molti di noi continuavano a credere che un’alternativa ci fosse. Adesso ne abbiamo la prova».


Nella foto di copertina: il primo ministro portoghese, António Costa (di Rafael Marchante, Reuters)

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