Dopo l’excel sbagliato sulla spesa pubblica, Rogoff predica la fine di Bitcoin
Kenneth Rogoff
“Il prezzo dei bitcoin crollerà. La tecnologia fiorirà, ma la valuta è destinata al collasso”. Parole e musica di Kenneth Rogoff, economista autore di un recente libro sulle valute. Insomma a prima vista pare le previsione di un esperto anche perché il professore di Harvard, ex capo economista del Fmi, fornisce spiegazioni razionali al suo ragionamento: “Cosa accadrà dipenderà molto dalla reazione dei governi. Tollereranno un sistema di pagamenti anonimi che facilitano l’evasione fiscale e il crimine? Creeranno valute digitali loro stessi?”.
Se la seconda domanda è assolutamente pertinente, così come il punto interrogativo che riguarda la nascita di altre monete costruite sulla blockchain (come per esempio Ethereum, ndr); la prima è quanto meno scivolosa: Bitcoin si basa su un sistema di pagamenti tracciato che può avvenire attraverso uno pseudonimo, ma seguirne il flusso è molto più facile rispetto alle banconote in circolazione. A dimostrazione della trasparenza di Bitcoin ci sono le decine di arresti che hanno seguito la chiusura di Silk Road, la piattaforma dove si potevano comprare armi e droga proprio in Bitcoin.
Bitcoin. iStock
Rogoff, comunque, non è nuovo a errori grossolani. E’ a lui e alla sua collega Carmen Reinhart che si devono gli anni di austerity che hanno messo in ginocchio l’Europa e soprattutto la Grecia: il Fondo monetario internazionale si è scusato pubblicamente per aver imposto pesanti tagli alla spesa pubblica a tutti gli Stati in crisi. D’altra parte il calcolo che secondo Rogoff mostrava come i paesi con elevati debiti pubblici (oltre il 90% del Pil) avessero avuto storicamente tassi di crescita negativi, ha subito una secca smentita.
Lo studio, intitolato Growth in a time of debt, pubblicato nel 2010 su American Economic Review, però, non è stato smentito da sofisticate applicazioni econometriche ma molto più semplicemente da uno studente di Amherst, un’università del Massachusetts, che, utilizzando i dati di Reinahrt e Rogoff per un’esercitazione, si è accorto che qualcosa non quadrava nelle stime dei due economisti: semplicemente i risultati erano sbagliati perché falsati da una serie di omissioni di dati ed errori di calcolo.
Il premio Nobel per l’Economia Paul Krugman. NICHOLAS KAMM/AFP/Getty Images
Abbastanza perché i tassi di crescita medi dei paesi ad elevato debito non fossero del -0,1%, come indicato da Reinhart e Rogoff, ma del +2,2%. Insomma senza un errore così marchiano forse l’Europa si sarebbe risparmiata anni di austerity uscendo più rapidamente della crisi e dalla spirale deflattiva. Il premio Nobel Paul Krugman ha attaccato diverse volte i due economisti di Harvard spiegando che “c’è un’enorme differenza fra l’affermazione secondo cui “Paesi con un debito superiore al 90% del Pil tendono ad avere una crescita più lenta rispetto ad altri Paesi con un debito al di sotto del 90% del Pil” e la dichiarazione “la crescita crolla drasticamente quando il debito eccede il 90% del Pil”. La prima affermazione è vera, la seconda no. Ma nonostante tutto R&R hanno continuato a giocare in modo ambiguo su questa distinzione”.
Chissà se questa volta l’errore si ripeterà sui Bitcoin: “Non ho idea di quale sarà il prezzo dei Bitcoin nel prossimo paio di anni, ma – conclude Rogoff – ma non c’è ragione per pensare che possa sfuggire al suo destino” di collassare. Gli addetti ai lavori però sono convinti che la corsa della criptovaluta continuerà a crescere prima di stabilizzarsi e evolversi in nuova applicazioni di stampo industriale.
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