L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 3 marzo 2018

2 marzo 2018 - Una nuova Europa nascerà dall'orlo di una tomba - Paolo Becchi

2 marzo 2018 - Stefano Montanari: ecco perché mi hanno sequestrato tutto.

Alceste il poeta - si si divertiamoci e mandiamoli nel burrone, vediamo come si muovono nel dopo voto, come si arrampicano sugli specchi per mantenere una fettina di potere, gli equilibrismi sguaiati, nonostante il continuo pressing sulle nostre menti la comunità italiana è sempre più grande di questi malfattori, con il sorriso mandiamoli nella melma, la loro vera casa

Attraverso uno specchio, nell'enigma


Roma, 1 marzo 2018 

Les décombres. Devo riconoscere ai nostri attuali governanti un talento straordinario: la capacità di desertificare l’Italia. Nella provincia alcuni paesi già non esistono più. Residuano come ammasso di seconde case, in vendita o in locazione, o come ospizî a cielo aperto. Alcune abitazioni, a volte di gran pregio, risalenti agli anni Venti, sono state sequestrate per debiti. Ogni tanto vengono spedite all'incanto, sonnacchiosamente, ma le aste vanno deserte: chi vuole accollarsi un simile peso? Interi paesetti, poi, sono presi d’assalto da truffatori: comprano tre o quattro case fatiscenti, le salvano dal crollo, quindi pietiscono un prestito in banca (complice il banchiere) per ripristinare l’antico splendore: segue la fuga. Centomila, duecentomila. Si hanno così ircocervi sbalorditivi: magioni col tetto nuovo di zecca, ma sostanzialmente in rovina.
Il più, tuttavia, è in stato di pietoso abbandono. Anno dopo anno i fregi cedono, le persiane perdono i listelli, l'umidità risale dagli inferi infradiciando i portoni, i tetti s'incurvano come se non potessero sostenere il peso di tanta negligenza, grate e inferriate vengono saccheggiate dai cercatori di metalli, à la Blade runner, le erbe e le edere assaltano quiete gli intonaci o iniziano la lenta opera di disgregazione delle pietre. Accanto a tali esausti giganti in pietra sorgono, a volte, orrendi villini dallo stile composito e abominevole, in cui alluminio e cemento la fanno da padrone. Oppure appaiono nuove case popolari, a cinque o sei piani, tirate su al risparmio, con prati rachitici e rifiniture da pochi euri: balconi come stie, recintati da graticci metallici, aiole senza fiori, mura perimetrali composti da blocchi grigiastri. Si ha, in tal modo, la contraddizione massima: edificazione con l’80% di case sfitte o abbandonate. La distruzione del paesaggio è conseguente. O logica, almeno in un mondo al contrario.

Ammirare da lontano tali orrende e livide congreghe di cemento accanto a casali settecenteschi vanta, magari fra le nebbiette serotine, una Stimmung irrinunciabile per l’assessore ragioniere o geometra, sospinto a forza di calci in culo su per i cinque anni della media superiore, arrogante e mafioso, aggiornatissimo su ogni codicillo o regolamento comunale, ma in forte difficoltà coll’estensione della propria firma.
E poi i lacerti della post-industria: cartiere, dighe per la desolforazione, ghiacciaie, segherie, teatrini di provincia, ferriere, mulini. Apparizioni spettrali.Anche gli uffici pubblici, una volta vasti e luminosi, giacciono in rovine di confusione: le poste, soprattutto, oppure stazioni secondarie, dai passaggi a livello rugginosi, con sale d'attese dechirichiane, affacciate su binari del nulla, scuole elementari dismesse; oppure antichi istituti comunali, ricavati in edifici patrizi, gravati da archivi immensi e inconsultabili, devastati da collemboli e tarme, slabbrati dai furti e dalla smaterializzazione digitale: giacciono in attesa di una sistemazione "storica" che non ha mai fondi, e mai li avrà, in un pulviscolo melanconico di carte e inchiostri che hanno ordinato secoli e generazioni e ora si concedono all'irrilevanza.

El desierto. Questi giorni, blandamente funestati dal nevischio, sono davvero istruttivi per chi conserva forza d'osservazione. Il lunedì mattina romano, verso le 07.00, si era davanti al set di un day after apocalittico. Nessuno per strada. Gli impiegati comunali (e statali) si son subito tolti dagli impacci rimanendo a letto. Più tardi, verso le 10.00, una pecetta avrebbe avvertito la plebaglia che l'ufficio superiore tal dei tali, in considerazione dell'eccezionale evento nevoso, era stato costretto a porre i suoi dipendenti alle ninne. Ecco la plebaglia: arriva alla spicciolata, da lontano annusa il peggio, ciondola rassegnata verso le entrate: alcuni, forse, per mera inerzia, disperata; arrivano a un metro dalla pecetta, leggono, comprendono, e se ne vanno strascinando i piedi nei cinque centimetri di quel terribile nevaio. Altri, invece, telefonano al proprio datore di lavoro: con quello non c'è da scherzare. Il furgone deve effettuare le consegne, l'estetista tagliare unghie, l’operatore della sicurezza dare il cambio al collega. Si mettono le catene o ci si è già muniti di gomme termiche dilapidando mezzo stipendio oppure ci si rassegna all’attesa del mezzo pubblico. Ma la fauna italiana è vasta. Verso le undici, con tutto comodo, escono i consueti bighelloni da città, coatti vestiti manco fossero a Courmayeur, le cui occupazioni rimangono misteriose; ridono, sghignazzano, scattano foto che, prontamente, condividono sui social, riportando ad alta voce i commenti di un piripicchio loro amico che sta a Maccarese con la ganza e il gruppo a guardare "’a spiaggia co’ ‘a neve". A mezzogiorno esce il sole, l'eccezionale evento nevoso s'è squagliato come un gelatino da discount, c'è più vita lungo i boulevards romani impiastricciati dal fango. La sensazione, però, è quella di una fine dei tempi, mollacciosa e isterica, dove, assieme al nevone, s'è sciolta qualsiasi idea di comunità e in cui le esistenze vengono sospinte a casaccio, da qualche agio passato, senza alcuna contezza in un domani ordinato e meritevole d'essere vissuto con la lungimiranza del buon padre di famiglia. Si improvvisa, oggi è oggi, si strappa quel che si può, neghittosi e al risparmio, secondo le convenienze offerte dalle proprie corporazioni e massonerie, cercando di scavallare anche questo impaccio. E il domani? Si vedrà. Un conoscente nelle forze di polizia s'è buttato in malattia, intende farsi riformare, costringendo così le mammelle statali a sganciare il 15% in più sulla pensione. Ha 54 anni. Un altro s'è buttato in un doppio lavoro in nero fregando la propria ditta di impianti idraulici. Un’altra tizia redige impeccabili tesi di laurea a trecento, quattrocento euro. In nero. Un dipendente ASL, un vecchio poltrone, si è rotto le scatole: "Dovevo andare in pensione l'anno scorso [a 56 anni], ora ogni giorno in più glielo faccio sudare". Ma l'ASL non suda mica, si limita a redigere rapportini in cui il figuro in esame è in ferie, o in malattia, o al diavolo. Come faccia ad andare avanti una società gelatinosa e meschina come questa è incredibile. Dove poggia l’inconsistenza italiana? Sul grasso accumulato nel passato? Sul denaro digitale? Sulla manfrina universale della democrazia? Sulla recita capitalista che deroga, anno dopo anno, la verità su un paese fallito e, perciò, ricattabile? Le nostre valli, i paesaggi, le ricchezze infinite sono il pegno di tanta usura a buon mercato? Da riscattare a tempo debito?

Manifesti. I manifesti elettorali non ci sono più. Anch'essi denotano una mancanza rispetto al passato. Negli anni Ottanta la fiamma tricolore o la falce e il martello resistevano per mesi. Oggi la carta si sfibra con un po' di umidità, la colla cinese svapora irresistibilmente. Dopo un giorno o due una paccottiglia informe si raggruma ai piedi degli stenditoi metallici deputati all'ostensione di simboli e facce di bronzo.

Vado, non vado … Si dice: mandiamoli a casa col voto. Non voglio giudicare. I miei sono sfoghi personali, rimuginazioni. In un mondo al contrario, tuttavia, occorre essere sempre all'erta. Siamo sicuri di ciò che facciamo? Non sarà che questo atto, apparentemente rivoluzionario, non sia il contrario, esatto, di ciò che si crede?
Mai, nella storia repubblicana, c'era stato un distacco così netto fra i governati e i governanti Quisling. Andreotti o Berlinguer, comunque li si voglia giudicare, intrattenevano col proprio elettorato un rapporto psicologico ricco di consonanze ed echi secolari: il cattolicesimo e il socialismo, intessuti di lotte e tradizione. Craxi rinnovò tale rapporto col suo leaderismo efficientista: anch'egli ebbe numerosi proseliti, seppur pochi elettori. Oggi? Recisi i referendum e le leggi d'iniziativa popolare, distrutto l'associazionismo e la creatività dal basso per mano del clientelismo più grossolano, cosa resta? Cosa ci lega a coloro che voteremo? Solo l'odio per l'altro? In parte è una spiegazione. Ma non soddisfacente.
Ne ho una ben diversa.
Ci fanno votare, chiunque, perché questa è l’ultima giustificazione della democrazia. Ragionate: cosa trattiene uno storico dal definire tale epoca come l'epoca delle oligarchie? La matita copiativa. La matita copiativa, le cabine elettorali, le urne, i militi svogliati che sbadigliano a fronte dell’afflusso del popolicchio, ognuno con le proprie incrollabili convinzioni (la convinzione di cambiare!), è la giustificazione del sistema.
La conquista liberale che il potere accampa continuamente di fronte all’Asse del Male: la democrazia. Il voto.
Il voto serve il potere, ma non serve affatto noi. Eppure noi crediamo che il voto ci serva proprio per cambiare il potere! Una barzelletta sconvolgente! Non dobbiamo sorprenderci: questo è il mondo al contrario!
Si dice: non votando cosa risolvi? Nulla, ma non cedo a tali futili illusioni.

Depressione. Spesso mi sorprendo a pensare che la depressione non sia che un disturbo inventato a tavolino per far sentire in colpa chi vede la verità.

Analisi. Uno storico del 2018 dovrebbe abbandonare tomi e biblioteche e guardare la televisione. Film e telefilm spiegano perfettamente la società attuale. Più il mezzo è di largo consumo, meglio è. L'inversione dei poli morali dell'esistenza umana quale si è inverata nei millenni ha qui una accecante definizione. Luttwak e Hobsbawm fan mille passi e passetti;Alias o Sex in the city ti sbattono la verità in faccia, con intelligenza. Se si è meno acuti basta scendere un gradino della propaganda e guardare Jag o NCIS Los Angeles. Non sono spettacoli televisivi bensì baedeker accurati del mondo al contrario. Sarah Jessica Parker, con quel naso un po’ così, mi ha insegnato molto su ciò che ci attende, in maniera più esaustiva e convincente della gemella Naomi Klein.

They live, you sleep. Il film più godibile sul mondo al contrario (UDW = Upside Down World) è They live di John Carpenter (1988). Propedeutico. È un filmino di fantapolitica, semplice, quasi pedestre, eppure efficacissimo nella sua popolare verve fantastica. Il protagonista, un disoccupato dei tempi a venire, scopre un paio d'occhiali miracolosi: attraverso essi scopre la verità: la civiltà è diretta da alieni mostruosi, noi siamo i loro schiavi, la vita non è un orgia a colori, ma uno squallido e brutale bianco e nero plutocratico in cui l’edonismo è la patina della quiescenza, dell’ignoranza e dell’obbedienza. Un film è sempre una forma d'arte da tenere in considerazione poiché frutto di una collaborazione d'intelligenze; esso, spesso involontariamente, fotografa la realtà immediata e, perciò, la verità. Chi vive ogni giorno non tange quasi mai la realtà: la rinviene travisata, o simbolizzata beffardamente, oppure occultata; magari esposta bellamente in evidenza; il più delle volte al contrario, paludata quale epitome del Bene, del Progresso, della Solidarietà.

Cartesio. “Tutto quel che sino a oggi ho stimato come assolutamente vero, l’ho ricevuto dai sensi o mediante i sensi; ho però appreso che questi talvolta ingannano … supporrò dunque che vi sia non un Dio ottimo, fonte di verità, ma un qualche genio maligno e nel contempo sommamente potente e astuto, che abbia posto tutta la sua operosità nell’ingannarmi …”. Il dubbio metodico, ecco un primo passo di un’etica basica del ribelle. Dare per scontato che il voto sia “per noi” e “contro di loro” è un’imperdonabile leggerezza. Dare per scontato, peraltro, è la massima leggerezza possibile nell’UDW dell’Ingannatore. Ognuno chiami l’Ingannatore col nome che più gli aggrada: NWO, Satana, Stati Uniti d’America, Massoneria. Philip Dick lo appellava: Ubik. Io: PolCor.

Federico Zeri/1. Sulla lettura di un evento qualsivoglia è bene seguire il doppio consiglio di un maestro, Federico Zeri. Un maestro nel riconoscere i falsi. Primo consiglio: ridurre i fatti alla loro nudità, in bianco e nero, poiché la verità è sempre in bianco e nero, ossificata, e colori, orpelli e sublimazioni valgono solo quali mistificazioni (a volte piacevoli, e utili, come nella “bella menzogna”: etica, letteratura, arte, amore, bellezza, compassione, giustizia). Deprivare di false piste, rendere pure le linee maggiori, abolire le distrazioni e gli impacci sgargianti. Ecco Federico Zeri, proprietario d’un archivio costituito da un milione di foto b/w: “[Sono] incapace di leggere correttamente le fotografie a colori dove ogni dato è affogato in una sorta di minestrone; le riproduzioni a colori impediscono di isolare le forme, di analizzare lo stato di conservazione della superficie, che è la prima cosa che faccio con le fotografie in bianco e nero" oppure: “Lavoro bene o sul quadro o sulla fotografia in bianco e nero, non sulla fotografia a colori. La trovo esecranda! Non parliamo poi delle diapositive a colori! Quelle sono impossibili, per studiare”. Il bianco e nero è ciò che, aritmeticamente, viene chiamato “riduzione ai minimi termini”: 4/3 = 44/33; 5/7 = 35/49 = 70/98.
Si dice: "Ho votato per i 4/3, ma non mi farò più fregare: domani voterò per 44/33! Oppure: ho votato una vita per i 5/7: basta! Il partito del 35/49, alleato col gagliardo 70/98, fa per me!". Tutto questo al netto degli imbecilli che si appagano ancora dei 4/3 e dei 5/7, ovviamente.

Federico Zeri/2. Secondo consiglio: ogni evento sospetto, in tal modo scarnificato, lo si sottoponga poi a un’azione ulteriore ed essenziale: "Quando si hanno dei sospetti su un quadro si prenda la fotografia del quadro e la si metta a testa in giù. Quando il quadro è capovolto le eventuali incoerenze saltano subito all'occhio, soprattutto per quel che riguarda lo svolgimento dei panneggi e delle loro pieghe ...”. Tale azione ci rivela l’UDW, sempre.

Federico Zeri/3. “Esistono molti quadri che sono stati sostituiti e della loro sostituzione spesso le autorità non si sono nemmeno accorte. Solo recentemente, per esempio, la Sovrintendenza alla Liguria ha potuto constatare che un grande polittico nella chiesa di San Francesco a Noli ha la tavola centrale e la cuspide sostituite. Io vidi la cuspide, sul commercio di Roma, intorno al 1945; ma ignoravo da dove venisse perché non esisteva una fotografia di quel dipinto ... un altro quadro di Pietro degli Orioli ... nell'Ashmolean Museum of Oxford, è l'originale di una sostituzione avvenuta nella chiesa di San Matteo a Ortignano, presso Grosseto. Altre sostituzioni sono avvenute, numerose, in varie zone della Toscana; è stata una pratica molto comune”. Si crede di vedere una cosa e invece sotto i nostri occhi è il surrogato; la Monna Lisa è davvero lei? La libertà? Chi ha sostituito Roma? Esiste più la guerra? Videmus nunc per speculum ... la sinistra la destra il centro … chissà quando è avvenuta la sostituzione.


Panorami UDW. La Pineta Sacchetti, a Roma nord, fu un luogo di delizie durante il Seicento (Pietro da Cortona vi progettò un bellissimo villino, oggi diruto) e di svago salutare durante il Fascismo (D’Annunzio vi praticava la caccia alla volpe). In democrazia s’è ridotta a un cumulo di immondizie. Già nei primi anni Cinquanta la si intendeva radere al suolo: il progetto era pronto: quartierino residenziale. Sopravvisse a stento. La nevicata del 2012 e gl’incendi dolosi l’hanno ridotta a un popolo di alberi stenti. Lì vicino, peraltro, la imbruttisce un preclare monumento dell’incuria: la cupola-auditorium ordita, a fine anni Novanta, da un tizio di Alleanza Nazionale. Il progetto fu cullato negli sprechi per quasi vent’anni, da amministrazioni d’ogni tendenza; finalmente, nel 2016, si decise l’inaugurazione. Peccato che il giorno dopo la delibera (di un 5S) il costoso gioiellino prese fuoco per la disattenzione d’un operaio. Ora la cupola rileva semidistrutta: convito per piccioni, gabbiani e stupratori. La Pineta, d’altra parte, già costellata di villaggi fantasma per barboni e immigrati, è ritrovo famigerato della prostituzione pederastica.
Al margine delle vallette sottostanti si può ammirare, ancor oggi, un vasto panorama di Roma. Il culmine estetico d’esso era rappresentato dall’apparizione, inconfondibile e caliginosa, della Cupola di San Pietro. Negli anni Settanta, in contemporanea, forse, con la distruzione del borgo ottocentesco dei fornaciai, si provvide a erigere una serie di palazzine a dodici piani proprio sulla linea di fuga che unisce idealmente lo spettatore nella Pineta alla cupola michelangiolesca. Il panorama, ovviamente, ne rimase devastato.
Pasolini si scandalizzava per lo scempio di Orte. Io, più modestamente, per la Pineta Sacchetti. Pasolini era un 5/7, io un 70/98.

La liturgia del voto non è mai inutile, certo non può esaurirsi solo in quel giorno, 4 marzo 2018, ma è tutta la comunità italiana che si mobilita ed è importante non tirarsene fuori. Ma si spendiamo mezz'ora e mandiamoli nel burrone e divertiamoci per quello che potrebbe succedere

Il voto inutile?

02.03.2018 - Olivier Turquet

(Foto di http://www.interno.gov.it/)

Più si avvicina la data delle prossime elezioni e più mi pervade una sensazione di voto inutile.

Innanzi tutto riconosco che questa sensazione è indotta dal tam tam mediatico che dice che non ci sarà alcun governo possibile. E’ terribile quest’appiattimento del dibattito politico al tema della formazione di un governo, come se la politica servisse solo a formare governi e i politici solo a fare i burocrati di un apparato sempre più lontano dalla gente.

Ovviamente un governo è una cosa importante ma sarebbe molto più importante se si discutesse e ci si confrontasse sulle prospettive più generali su cui fare il governo: quale economia, che visione delle risorse e dell’ambiente, quale visione dell’Essere Umano, quale prospettiva nella risoluzione dei conflitti, che fare con i beni comuni, come educare le nuove generazioni, come curare i nostri anziani ecc. ecc.

Non abbiamo visto molto di tutto questo; abbiamo visto molte proposte di corto o cortissimo raggio, parecchi slogan, risse mediatiche e trucchi per avere un minimo di audience.

Parliamo poi di par condicio: quale par condicio se, dall’inizio alla fine, si è parlato essenzialmente di tre poli? A tutti gli altri di qualunque tendenza le briciole o il silenzio; senza contare che l’iniquo sistema delle firme ha fatto fuori o ha ridotto a mero testimone vari dei nuovi attori che potevano entrare in campo. Tutto per dare la sensazione che il “nuovo che avanza” abbia come sigle del nome S e B… Potrei nominarvi liste di cui il 99% degli elettori ignorano l’esistenza, e perfino liste interne ai tre poli di cui si è parlato quasi nulla. In questo senso una piccola segnalazione: il Ministero dell’Interno ha costruito un eccellente sito dove potete trovare tutti i candidati e tutti i programmi, senza alcuna discriminazione.

Noi che ci occupiamo di pace e nonviolenza abbiamo cercato di dare conto di vari punti di vista che con questi temi, e quelli strettamente collegati, hanno a che fare; non avevamo l’obbligo della par condicio e siamo comunque un media dichiaratamente di parte; abbiamo anche tentato di comprendere appieno, con vari articoli, i difetti di questa legge elettorale.

Detto questo dobbiamo sottolineare che comunque i temi che ci stanno a cuore, anche quando erano presenti nei programmi, non sono stati al centro della campagna elettorale; la parola stessa “nonviolenza” è stata usata ben poche volte, così come “disarmo”, “umanesimo”, “bene comune”: questo è un segno delle carenze sostanziali del sistema politico e del circo mediatico ma anche un indicatore che il lavoro è lungo, che quel mondo che già sta camminando in un’altra direzione ha bisogno di farsi vedere, conoscere: ha bisogno di una grande diffusione.

Altro tema: al centro sono stati messi i conflitti, esacerbandoli, invece di parlare della risoluzione dei medesimi, tema centrale in questo momento dove si vedono accadere cose terribili tra le persone, senza che quasi nessuno si chieda veramente perché.

Qualcuno a questo punto vorrà un consiglio: io mi sento di dare quello di andare a votare, perché l’atto di votare è una grande conquista dell’umanità e dove non si vota succedono cose terribili; di diffidare di tutte le motivazioni di “voto utile”: l’unico voto utile è un voto che unisce la mente al cuore: sarebbe bello fermarsi un attimo, in qualche momento del giorno, o forse direttamente dentro la cabina, fermarsi un momento a riflettere e votare per quello che veramente potrebbe servire all’umanità, quello di cui abbiamo veramente bisogno.

Infine, essere coscienti che il grande sistema speculativo e finanziario ci ha espropriato della politica e dell’azione sociale e che, passate le elezioni, sarà bene comunque continuare a riappropiarsene, ognuno nei modi diretti ed indiretti che riterrà più opportuni. E che un nuovo mondo è già in marcia, e ha bisogno, anche, di una nuova politica.

Decadentismo degli Stati Uniti - hanno già perso la sfida culturale, quando qualsiasi individuo può entrare in una scuola e uccidere persone per un qualsiasi motivo, non c'è altro da dire

Putin al mondo: non sono mica NATO ieri!

02.03.2018 - Redazione Italia

Quest'articolo è disponibile anche in: Inglese


Il complesso militare/di sicurezza e l’ideologia neo-conservatrice del dominio USA sul resto del mondo si sono rivelati così potenti da impedire al Presidente Trump di normalizzare i rapporti con la Russia. Se si arriva allo scontro, come può ogni paese che ospita i missili ABM statunitensi, armi nucleari statunitensi e basi militari statunitensi, sperare di sfuggire alla distruzione? La questione fondamentale è che la NATO è un ostacolo alla pace.

di Paul Craig Roberts, 1/3/18

Putin ha fatto un discorso notevole all’Assemblea federale, al popolo russo e ai popoli del mondo.
Egli ha rivelato l’esistenza di nuove armi nucleari russe tali da dare indiscutibilmente alla Russia un’ampia superiorità nucleare sugli USA e sui suoi patetici stati vassalli della NATO.
A fronte delle capacità russe, non è chiaro se gli Stati Uniti si qualifichino più come superpotenza.

Io ho pochi dubbi che, se i folli neo-conservatori e il complesso militare/’difensivo’ di Washington avessero queste armi e la Russia no, Washington lancerebbe un attacco alla Russia.

Putin, invece, ha dichiarato che la Russia non ha ambizioni territoriali, nessuna pretesa egemonica e nessuna intenzione di attaccare nessun altro paese. Putin ha descritto le armi come la risposta necessaria al fermo rifiuto dell’Occidente, anno dopo anno, di accettare la pace e la cooperazione con la Russia, invece di circondarla con basi militari e sistemi ABM (missili anti-missili – NdT).

Putin ha dichiarato: “Siamo interessati a rapporti normali e costruttivi con gli Stati Uniti e con l’Unione Europea; ci aspettiamo che prevalga il buon senso e che i nostri partner scelgano una cooperazione equa e paritaria. . . . La nostra politica non sarà mai basata su pretese di eccezionalismo; noi difendiamo i nostri interessi e rispettiamo gli interessi di altri paesi “.

Putin ha detto a Washington che i suoi sforzi per isolare la Russia con sanzioni e propaganda, e per impedire la capacità russa di rispondere al crescente accerchiamento militare da parte dell’Occidente, hanno fallito. Le nuove armi della Russia hanno reso l’intero approccio USA/NATO “inefficace dal punto di vista militare”. “Le sanzioni per limitare lo sviluppo della Russia, anche nella sfera militare … non hanno funzionato”. Non sono state in grado di frenare la Russia. Devono rendersene conto … Smetterla di far dondolare la barca in cui stiamo tutti”.

Quindi, che cosa possiamo fare?

L’Occidente recupererà la ragione? Oppure, affogato nei debiti e preso alla gola da industrie militari gonfie e inefficaci, intensificherà la Guerra Fredda che Washington ha fatto risorgere?
Io non penso che l’Occidente abbia più una ragione da recuperare. Washington è totalmente assorbito dall’ “eccezionalismo americano”. L’estrema superbia del “paese indispensabile” affligge tutti.
Gli europei sono comprati e foraggiati da Washington. Sono fiducioso che Putin sperava che i leader europei comprendessero l’inutilità di cercare di intimidire la Russia e cessassero di appoggiare la Russofobia di Washington che sta portando alla guerra nucleare. Senza dubbio Putin è rimasto deluso dalla risposta idiota del ministro della difesa britannico Gavin Williamson, che ha accusato la Russia di “aver scelto un percorso di escalation e provocazione”.

La mia ipotesi è che i neo-conservatori sottovaluteranno la capacità della Russia, perché i neo-conservatori non vogliono accettare l’idea che ci possano essere limiti all’unilateralismo di Washington. D’altra parte, il complesso militare/’difensivo’ enfatizzerà la superiorità russa per chiedere un budget ancora più grosso per proteggerci dalla “minaccia russa”.

Il governo russo ha messo da parte anni di frustrante esperienza con il rifiuto di Washington di prendere in considerazione gli interessi della Russia e di lavorare insieme in modo cooperativo; infatti Washington era convinto che la potenza americana avrebbe costretto la Russia ad accettare la leadership americana. Così il forte annuncio di Putin sulle nuove capacità russe serve a mandare in frantumi l’illusione di Washington.
Nel suo discorso, egli dice: “nessuno voleva parlare con noi. Nessuno voleva ascoltarci. Ascoltateci ora”. Putin ha sottolineato che le armi nucleari della Russia sono riservate per la rappresaglia, non per l’offesa, ma che qualsiasi attacco alla Russia o alleati della Russia riceverà una risposta immediata “con tutte le conseguenze che ne derivano”.

Dopo aver messo in chiaro che la politica occidentale di egemonia e intimidazione è affogata, Putin ha di nuovo teso il ramo d’ulivo: lavoriamo insieme per risolvere i problemi del mondo.

Io spero che la diplomazia russa riesca a porre fine alle crescenti tensioni fomentate da Washington. Tuttavia, la diplomazia russa deve affrontare due ostacoli forse insormontabili. Uno è che il tronfio complesso militare/di sicurezza statunitense ha bisogno di un nemico importante come giustificazione per il suo budget annuale di $ 1.000 miliardi e il potere che ne consegue. L’altro ostacolo è l’ideologia neo-conservatrice dell’egemonia mondiale degli USA.

Il complesso militare/di sicurezza è istituzionalizzato in ogni stato degli USA. È un datore di lavoro e una fonte di importanti contributi alle campagne politiche, il che rende quasi impossibile per un senatore o un deputato andare contro i suoi interessi. Negli ambienti della politica estera degli USA deve ancora apparire un potere che controbilanci la pazzia dei neo-conservatori. La Russiafobia che i neoconservatori hanno creato ora colpisce la gente americana.
Questi due ostacoli si sono dimostrati così potenti da impedire al presidente Trump di normalizzare le relazioni con la Russia.

Forse nel suo prossimo discorso, Putin dovrebbe rivolgersi direttamente agli europei e chiedere loro come pensino di curare gli interessi europei appoggiando l’ostilità di Washington contro la Russia. Se si arriva allo scontro, come può ogni paese che ospita i missili ABM statunitensi, armi nucleari statunitensi e basi militari statunitensi, sperare di sfuggire alla distruzione?

Senza la NATO e le basi avanzate che essa fornisce, Washington non può guidare il mondo alla guerra. La questione fondamentale è che la NATO è un ostacolo alla pace.

Traduzione dall’inglese di Leopoldo Salmaso

Agli Stati Uniti sarà rimasto un poco di sano realismo per non avventurarsi in campagne di guerra non dichiarata come sta facendo attualmente? No sono troppo stupidi, presuntuosi, arroganti, NON pensano, non riflettono che è meglio mettersi seduto intorno al tavolo e trattare trattare trattare

Lo Stato dell’Unione di Putin

Maurizio Blondet 2 marzo 2018 

(di Paul Craig Roberts:


Putin ha tenuto un discorso straordinario all’Assemblea federale, al popolo russo e ai popoli del mondo: http://en.kremlin.ru/events/president/news/56957

Nel suo discorso Putin ha rivelato l’esistenza di nuove armi nucleari russe che rendono indiscutibilmente chiaro come la Russia abbia una larga superiorità nucleare sugli Stati Uniti e sui suoi patetici Stati vassalli della NATO. Viste le capacità russe, è chiaro che gli Stati Uniti non si qualificano più come superpotenza.

Non c’è alcun dubbio nella mia mente che se i folli neoconservatori e il complesso militare / di sicurezza di Washington avessero avuto queste armi e la Russia no, Washington avrebbe lanciato un attacco contro la Russia.

Putin, tuttavia, ha dichiarato che la Russia non ha ambizioni territoriali, nessuna ambizione egemonica e nessuna intenzione di attaccare nessun altro Paese. Putin ha descritto le armi come la risposta necessaria al fermo rifiuto dell’Occidente, anno dopo anno, di accettare la pace e la cooperazione con la Russia, invece di circondare la Russia con basi militari e sistemi ABM.

Putin ha dichiarato: “Siamo interessati ad una normale interazione costruttiva con gli Stati Uniti e l’Unione Europea e ci aspettiamo che prevalga il buon senso e che i nostri partner scelgano una cooperazione equa e paritaria… La nostra politica non sarà mai basata su aspirazioni di eccezionalità, difendiamo i nostri interessi e rispettiamo gli interessi di altri Paesi.”

Putin ha detto a Washington che sono falliti i suoi sforzi per isolare la Russia con sanzioni e propaganda e l’impedire alla capacità russa di rispondere al crescente accerchiamento militare dall’Occidente. Le nuove armi della Russia hanno reso l’intero approccio USA / NATO “inefficace dal punto di vista militare”. “Le sanzioni per limitare lo sviluppo della Russia, anche nella sfera militare … non hanno funzionato.” “Non sono stati in grado di contenere Russia. Devono rendersene conto … Smetterla di dondolare la barca in cui ci sediamo tutti.”

Quindi, che cosa si deve fare? L’Occidente tornerà in sé? O l’Occidente, affogato nei debiti e caricato fino alle orecchie con industrie militari gonfie ed inefficaci, intensificherà la Guerra Fredda che Washington ha risorto? Non penso che l’Occidente abbia alcun motivo per arrivare a ciò. Washington è totalmente assorbita dall’ “eccezionalismo americano”. L’estrema arroganza del “Paese indispensabile” affligge tutti. Gli europei sono comprati e pagati da Washington. Sono certo che Putin sperava che i leader europei comprendessero l’inutilità di cercare di intimidire la Russia e smettessero di appoggiare la russofobia di Washington che sta portando alla guerra nucleare. Senza dubbio Putin è rimasto deluso dalla risposta idiota del ministro della Difesa britannico Gavin Williamson, che ha accusato la Russia di “aver scelto un percorso di escalation e provocazione”.

La mia ipotesi è che i neoconservatori possano minimizzare la capacità della Russia, perché i neoconservatori non vogliono accettare che ci siano dei vincoli sull’unilateralismo di Washington. D’altra parte, il complesso militare / di sicurezza prenderà spunto dalla superiorità russa per chiedere un budget più ampio per proteggerci dalla “minaccia russa”.

Il governo russo ha concluso, dopo anni di frustrante esperienza con il rifiuto di Washington di prendere in considerazione gli interessi della Russia e di lavorare insieme in modo cooperativo, che la ragione era la convinzione di Washington che il potere americano avrebbe costretto la Russia ad accettare la leadership americana. Nell’infrangere questa illusione di Washington vi è la ragione per il forte annuncio di Putin sulle nuove capacità russe.

Nel suo discorso, dice Putin, “nessuno voleva parlare con noi. Nessuno voleva ascoltarci. Ascoltateci ora.” Putin ha sottolineato che le armi nucleari della Russia sono riservate alla rappresaglia, non all’attacco, ma che qualsiasi attacco alla Russia o ad alleati della Russia riceverà una risposta immediata “con tutte le conseguenze che ne deriveranno”.

Avendo messo in chiaro che la politica occidentale di egemonia e intimidazione è defunta, Putin ha di nuovo teso il ramo d’ulivo: lavoriamo insieme per risolvere i problemi del mondo. Spero che la diplomazia russa riesca a porre fine alle crescenti tensioni fomentate da Washington. Tuttavia, la diplomazia russa deve affrontare due ostacoli forse insormontabili. Uno è la necessità del pompato complesso militare / di sicurezza statunitense di avere un nemico importante come giustificazione per il suo budget annuale di 1.000 miliardi di dollari e il potere che ne consegue. L’altro ostacolo è l’ideologia neoconservatrice dell’egemonia mondiale degli Stati Uniti.

Il complesso militare / di sicurezza è istituzionalizzato in ogni Stato degli Stati Uniti. È un datore di lavoro ed una fonte di importanti contributi alle campagne politiche, il che rende quasi impossibile per un senatore o un deputato l’andare contro i suoi interessi. Negli ambienti della politica estera degli Stati Uniti deve ancora apparire un potere alternativo ai neo-conservatori impazziti. La russofobia che i neoconservatori hanno creato ora colpisce gli americani ordinari. Questi due ostacoli si sono dimostrati sufficientemente potenti da impedire al presidente Trump di normalizzare le relazioni con la Russia.

Forse nel suo prossimo discorso, Putin dovrebbe rivolgersi direttamente agli europei e chiedere loro come sono serviti gli interessi europei permettendo le ostilità di Washington nei confronti della Russia. Se si arrivasse alla resa dei conti, come può un Paese che ospita gli ABM statunitensi, le armi nucleari statunitensi e le basi militari statunitensi sperare di sfuggire alla distruzione?

Senza la NATO e le basi avanzate che fornisce, Washington non può guidare il mondo alla guerra. Il fatto fondamentale della questione è che la NATO è un ostacolo alla pace.

Washington è sufficientemente intelligente da essere creduta con una politica estera indipendente?

(di Paul Craig Roberts:


Come immaginavo sarebbe stato, il messaggio di Putin all’Occidente secondo cui la Russia non può essere intimidita e che le Nazioni devono lavorare insieme per affrontare i problemi del mondo è stato di gran lunga ignorato dagli stupidi americani “eccezionali”. La CNN se ne è uscita con un’idiota di nome Samantha Vinograd, che ha lavorato come membro dello staff del Consiglio di Sicurezza Nazionale di Obama, per dichiarare che il discorso di Putin era rivolto solo ad una persona nel mondo, il presidente Trump:


Putin, dice l’idiota Samantha Vinograd, “sta colpendo le insicurezze di Trump” con la minaccia che “i miei missili sono più grandi dei tuoi”.

La stupida Samantha Vinograd ripete la menzogna secondo la quale il Russiagate è stata la trama di Putin “per destabilizzare gli Stati Uniti”. Quindi, come possono gli Stati Uniti essere una superpotenza quando la Russia controlla le elezioni americane? Questo non significa [forse] che gli americani non abbiano alcuna importanza nel mondo?

Voglio dire, davvero. Con livelli di intelligence così bassi nel Consiglio di Sicurezza Nazionale di Obama, non c’è da meravigliarsi che i neoconservatori siano riusciti a stravolgere il regime di Obama e far risorgere la Guerra Fredda, restituendo così al mondo un’alta probabilità di Armageddon nucleare.

L’idiota Samantha Vinograd dice che la soluzione è più sanzioni alla Russia. È l’epitome della regola di Einstein secondo cui “follia è continuare a fare sempre la stessa cosa ed aspettarsi risultati diversi”.

Tutto quello che le sanzioni illegali hanno fatto è stato di produrre la superiorità militare russa nei confronti dei pazzi di Washington. Non penso davvero che a Washington ci sia abbastanza comprensione del mondo dar consentire a Washington di avere una politica estera indipendente. Il mondo non sarà al sicuro finché il governo degli Stati Uniti non sarà internato in un manicomio.

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Traduzione di Costantino Ceoldo – Pravda freelance

Un crimine di guerra di inaudita violenza, due città abitate, uomini, donne, bambini sono stati bombardati atrocemente dagli Stati Uniti: Hiroshima e Nagasaki


LA RISPOSTA STRATEGICA ALLA ‘INVULNERABILITA'” USA


“Gli Stati Uniti controllano gli oceani del mondo; ciò che significa che noi possiamo invadere altri, e gli altri non possono invadere noi, cosa che come americano mi piace molto”:  così nel luglio 2017, in una conferenza a Budapest, parlò   George Friedman (analista e fondatore di Stratfor, J) –  lo dice dal minuto 13 in poi:



Questa è una certezza fondamentale dei poteri americani, che rende radicalmente diversa l’idea stessa di “guerra” da quella  che ne abbiamo noi europei, russi compresi.   Per  noi, “guerra” implica  la possibile  invasione  del proprio territorio, milioni  profughi  civili  in fuga, bombardamenti.  Per i poteri americani, la guerra è qualcosa che loro infliggono agli altri. Mai nella loro esperienza – ed hanno scatenato una guerra ogni 2 anni circa,da quando esistono  – hanno dovuto prospettarsi il rischio di essere invasi. Mai hanno subìto una città bombardata, mai hanno dovuto gestire   le sofferenze di  milioni di profughi e sfollati  privati delle case; mai hanno sperimentato i rifugi  anti-aerei né le  tessere alimentari. La guerra non li ha mai resi più poveri, ma sempre più ricchi.
Questo senso di invulnerabilità, giustificato, li rende irresponsabili, leggeri e facili nel minacciare guerre  e  nel farle. Le   provocazioni non provocate contro la  Russia continuano: incrociatori sul Mar Nero,  missili sempre più a ridosso,   e adesso hanno stanziato 47 milioni di dollari per fornire  armamenti  anti-carro  al regime ucraini. Hanno stracciato i trattati che firmarono con l’URSS sulla non-proliferazione e il controllo reciproco delle testate nucleari;  stanno addestrando  gli eserciti europei all’uso di bombe atomiche “piccole” da usare in guerre  convenzionali.  Mentre i trattati con  l’Unione Sovietica miravano alla “parità”,   le nuove azioni americane puntano alla superiorità assoluta.
Giovedì, Putin ha  risposto, come dice il Corriere della Sera “ annunciando che il nuovo supermissile da crociera con sistema di propulsione nucleare ha passato i test: ha una gittata illimitata e una traiettoria di volo non-balistica quindi  imprevedibile, ha sostenuto, affermando che sarà invulnerabile ai sistemi antiaerei, compreso lo scudo Usa, e non ha analoghi nel mondo. Inoltre, ha presentato un drone sottomarino ad alta velocità in grado di portare testate nucleare e un nuovo missile intercontinentale  ad alta velocità in grado di portare testate nucleare e un nuovo missile intercontinentale chiamato Sarmat,   ipersonico (6,7 Mach), con 15 testate e con una gittata superiore ai precedenti”.
In questo modo,  i russi mostrano  la capacità strategica  di poter superare la pretesa “Intangibilità” del territorio americano.   La nuova dottrina militare russa, risposta alle provocazioni non provocate, dice: se voi attaccate, non siete più invulnerabili. Abbiamo i mezzi per farvi soffrire in casa vostra quello che voi fate soffrire agli altri. La vostra idea di guerra è  ormai sbagliata. La vostra invulnerabilità,  è una illusione.

Avrete anche voi le città in macerie, bombardate da atomiche.
E’ stato di una chiarezza cristallina:
Qualunque uso di armi nucleari, di ogni potenza, piccola, media o quale che sia – contro la Russia o i suoi alleati, ogni tipo di aggressione, sarà considerato un  attacco nucleare conto la Russia. La rappresaglia sarà istantanea, quali  che siano le conseguenze. Nessuno deve avere alcun dubbio su questo”.
“Qualunque uso”: anche delle armi atomiche  cosiddette  “tattiche” di cui gli Usa stanno addestrando gli europei (sono almeno 200, fra cui decine in Italia). Mosca non considererà il lancio come un attacco convenzionale o tattico, ma appunto come un attacco atomico, a cui risponderà con tutta la forza nucleare che possiede. “Nessuno abbia dubbi su questo”.   Questa è la nuova dottrina militare, resa necessaria dal  dispregio e dalla violazione degli antichi trattati, operata da Washington- e di cui gli europei sono i complici zombificati. C’è da chiedersi se una Merkel, una Mogherini,  un Gentiloni o un  Tusk se  ne rendano conto.  Questa classe dirigente europea  che ha provocato la Russia (come in Ucraina e nei Paesi bltici) su mandato americano, convinta che la Superpotenza li proteggesse, con i suoi super-poteri, da ogni ritorsione, recentemente si sono anche sentiti dire da Trump che gli Usa non li proteggono, se loro non spendono di più per la loro  difesa. E questi personaggi, che non hanno vere forze armate, continuano le provocazioni. Come zombie e come automi o cani di Pavlov.

Nell’animazione è la Florida.

A questi automi Putin ha chiarito che  non ha creato nuove minacce nel mondo, “ma al contrario  è per venire ad un tavolo negoziale per pensare ad un rinnovato, futuro sistema di sicurezza internazionale e di sviluppo sostenibile della civiltà”. Ma chissà se  riescono  a capire.

Gli strateghi della Strategia del Caos e della Paura soffiano sul fuoco, la loro ideologia si rifà alla morte e distruzione, non hanno più nessun freno inibitore, nessuna morale, in testa hanno solo la sete di potere e dominanza

NETANYAHU E’ UN MODERATO. VEDRETE CHI GLI SUCCEDERA’…

Maurizio Blondet 1 marzo 2018 

Netanyahu? “Il miglior primo ministro del paese”: così Israel Shamir, il convertito all’ortodossia russa, in un’analisi tra il sarcastico e lo spaventoso. “Bibi” si sa, è perseguito da accuse di corruzione che possono farlo finire in galera (come uno dei suoi predecessori, Ehud Olmert: ecco una lezione che l’Italia dovrebbe apprendere da Sion). Ebbene, non pregate che cada, Netanyahu: quelli che gli succederanno sono peggiori di lui.

Li passa in rassegna: Avigdor Liberman, il ministro Difesa, che vuole bombardare la diga di Assuan; Naphtali Bennet, ministro dell’Istruzione, che vuole che Ahed Tamimi, la sedicenne che ha schiaffeggiato un soldato, venga incarcerata a vita. O il “centrista” Yair Lapid? personaggio ex-TV di bell’aspetto, probabilmente il favorito in gara, un Macron di Israele; che persino il Jerusalem Post ha definito, “l’uomo più pericoloso della politica israeliana di oggi, un buffone bell’aspetto, carismatico e troppo sicuro di sé, un ignorante affabile senza alcuna gravitas intellettuale, privo di principi morali”. Zipi Livni? E’ la Hillary Clinton israeliana. Avi Gabay, il laburista? E’ uno che ha promesso agli arabi: voi sparate un missile, noi venti. In generale, non rimpiangete che la “sinistra non sia al governo”. Israele forse non comincerà la guerra finché il Labour (o Zionist Union) non parteciperà ad una coalizione (destra-sinistra) “Il Labour non ha problemi ad entrare in guerra”.


“In confronto a tutti questi candidati, Netanyahu è un uomo moderato e prudente”. Perché Israele oggi è un coacervo di tribù e di sette etnico-religiose che si odiano (askenazi contro ebrei orientali, “russi” contro “americani”) che solo una cosa unisce: l’odio contro gli arabi.

Oltretutto, “nel quadro internazionale, la caduta di Netanyahu avrebbe un impatto importante: sarebbe la vittoria dei mondialisti liberisti perché Netanyahu è, come partner, della stessa tendenza di Trump e Putin. Effettivamente, abbiamo visto Bibi andare in Ungheria ad abbracciare Orban, perché è nemico giurato di Soros. E si dà del tu con Putin che con cui va continuamente a parlare, mentre l’ebraismo internazionale sta per trasformare la Russia in “Amalek”, il nuovo popolo del Male da sterminare (guardate solo l’atteggiamento dei governi europei verso Putin e capirete).

Il punto è che anche Mosca condivide l’analisi di Shamir: Netanyahu è il meno peggio. Lo dimostra una intervista che Sputnik News ha fatto a Navid Nasr, analista politico di origine serba, basata sulla domanda: quanto è realistico che Israele si lanci in guerra contro l’Iran?

Nasr: “Si deve prestate tutta l’attenzione alla politica interna in Israele. Ci sono molti più che detestano Netanyahu per tutto quel che ha fatto a cominciare dagli anni ’70,che di gente che lo sostiene. Ma coloro che lo sostengono sono per il momento più potenti; quanto a coloro che lo odiano e vogliono la sua caduta, devono fare attenzione alle conseguenze, secondo il vecchio detto: “Dopo di me il diluvio”. Netanyahu è lungi dall’essere la sola persona detestabile in Israele….”. L’allusione a “gente potente” e gente meno potente deve aver a che fare con capi-cosca delle tribù che restano nell’ombra, askenazi o sefarditi, rabbini o no, a cui la nostra scarsissima conoscenza dei misteri di Sion non permette di dare un volto e un nome.


Ma si può dar ragione a Philippe Grasset, di Dedefensa, quando constata nella “estrema instabilità interna della direzione politica del paese” ebraico, “e la possibilità di versare in iniziative avventuriste, una prossimità, un parallelo” con “le situazioni interne delle direzioni politiche americaniste”, il Deep State che si oppone e vuole eliminare Trump il sovranista goffo e confuso, meno guerrafondaio di quanto i poteri forti lo vorrebbero. Cosa del resto non strana, dato che in entrambi i paesi governano gli ebrei, e il diritto internazionale adottato è quello talmudico. Ciò indica uno sbocco in “un tipo di catastrofe in cui la confusione avrebbe la sua parte”.

Roberto Pecchioli - Centri Sociali&i Calenda, Puah! Il vuoto dentro di loro non ci contamina ne siamo immuni dopo aver attraversato i nostri deserti. I veri proletari, i ragazzi in divisa mandati a nascondere sotto il tappeto le schegge impazzite di un mondo decadente, privo di strategie, di prospettive, di vita. Faticoso e necessario mantenere il filo rosso

IL DESERTO CHE AVANZA

Maurizio Blondet 1 marzo 2018 
di Roberto PECCHIOLI

“Il deserto cresce; guai a chi in sé cela deserti.”, Così inizia Zarathustra il suo dialogo con le figlie del deserto Duda e Suleika, seduto in una piccola oasi ombrosa. A quella frase pensavamo vedendo le immagini dell’insegnante siciliana scatenata davanti ai poliziotti con la birra in mano durante gli incidenti “antifascisti” di Torino. Quell’augurare la morte a voce spiegata gesticolando come una Erinni, quelle parole confermate a mente fredda davanti all’intervistatore ci sono parse oscene. Non troviamo un termine diverso. La categoria dell’oscenità ci sembra l’unica in grado di dare conto dell’odio incontenibile che sgomenta e fa crescere il deserto.

L ’insegnante elementare di sostegno Lavinia Flavia – due bei nomi latini, degni dell’antica città siciliana di Piazza Armerina di cui è originaria, sede della villa romana del Casale – vive in un deserto spirituale che lascia sbigottiti. Non sappiamo se continuerà a educare dei bambini, raramente il verbo ci è sembrato meno appropriato. Speriamo di no, ovviamente, ma è il caso di ragionare intorno all’ondata di odio che si è abbattuta sull’Italia negli ultimi mesi. Non si tratta soltanto della diatriba allucinata su fascismo e antifascismo, la quale, per quanto amplificata dai media e alimentata dalle pessime prestazioni dei rappresentanti istituzionali, riguarda una piccola minoranza. Il fatto è che la campagna elettorale ha scatenato il peggio, spalancando le sentine di una nazione malata.

Mancava il detonatore, ed è stato come se qualcuno avesse aperto i tombini delle fogne e il lezzo avesse invaso all’improvviso le narici dei passanti. Troppi umori cattivi erano stati trattenuti a forza nella menzogna e nell’ipocrisia. I segnali erano molti e convergenti, poi sono capitati i fatti di Macerata, l’orrendo assassinio, con metodologie tribali e spaventose mutilazioni della giovane Pamela da parte di un branco di nigeriani spacciatori clandestini. Il Male Assoluto commesso dall’Altro Assoluto. Subito dopo, il raid di un disturbato mentale avvolto nel tricolore contro chiunque non fosse di pelle bianca per le strade della città marchigiana, ex isola felice della dolce provincia italiana.

In un attimo sono saltati gli equilibri, tutte le contraddizioni della nostra società sono venute a galla. Un vulcano rabbioso sputa umori maligni, avanza e sparge odio, lascia senza fiato come la paura improvvisa per il primitivo rivelato, e la rabbiosa violenza di minoranze impunite e nichiliste rappresentate dallo sguardo torvo, dalle parole impazzite e dalla condotta ripugnante della maestra di Torino. Mezzo secolo fa cominciava tutto. A Valle Giulia, Roma, la violenza di un’altra generazione, adesso giunta all’autunno della vita, dava il segnale d’inizio del 68, della contestazione, del rovesciamento di valori che ha generato il deserto contemporaneo.

All’epoca, lo capì solo Pier Paolo Pasolini, l’intellettuale dannato che intuì il carattere decadente e profondamente borghese di quei tumulti. Figli ben nutriti in conflitto con padri ipocriti giocavano alla rivoluzione attaccando veri proletari, i ragazzi in divisa mandati dallo Stato a ristabilire un ordine precario, anzi a nascondere sotto il tappeto la polvere di un mondo in declino. Dopo cinquant’anni, il lavoro è compiuto, il deserto si è impadronito del territorio, Attila è passato e non cresce più erba. I nipoti concludono l’opera, ma non hanno in mente nessuna rivoluzione, nessun modello alternativo.

Gli ultrà che chiamiamo centri sociali non sono altro che un grumo di ostilità invidiosa, illegalità diffusa, disadattamento, vite borderline nutrite di disvalori elevati a vita quotidiana; non hanno in mente un modello politico, non si muovono all’interno di un progetto preciso, neppure si dicono comunisti. In effetti non lo sono, poiché non lavorano per costruire una nuova società, ribaltare le enormi ingiustizie del presente. Immaginiamoli alle prese con l’undicesima tesi di Karl Marx su Feuerbach: i filosofi hanno finora interpretato il mondo in modi diversi; si tratta ora di trasformarlo. Immaginiamo le vertigini, gli sguardi smarriti, l’emicrania severa curata con canne e pasticche proibite.

Trasformare il mondo, già. A distruggerlo ci sono riusciti in gran parte, ma è ironico immaginarli a costruire qualcosa. Non ne hanno la tempra o la forza morale, e nemmeno la rigorosa preparazione ideologica, mossi come sono da un nichilismo di fondo che è sempre e solo “anti”. Anti– fascisti, No- Tav, anti-razzisti, anti-omofobi, anti tutto. Si definiscono esclusivamente in negativo, viandanti di un deserto senza oasi che abita soprattutto dentro di loro.

Zarathustra vedeva lontano: guai a chi cela deserti entro di sé, poiché potrà soltanto generare altri deserti. Che Guevara, un mito per alcuni di loro, sarebbe inorridito vedendoli all’opera. Nel famoso La guerra di guerriglie, scritto all’Avana nel fatidico 1959 della vittoria castrista, il Che definisce il guerrigliero come avanguardia della lotta di liberazione, sottolineando quali tratti distintivi la disciplina interiore, contrapposta a quella formale ed esteriore, l’impegno socialrivoluzionario e le radici popolari. Nulla di tutto questo traspare nella condotta di Flavia Lavinia e dei suoi amici. Solo una rabbiosa estraneità a tutto, la spinta a distruggere, a gridare, sguardo febbrile, volto sfigurato dal rancore, vuoto morale, cupa disponibilità ad ogni esperienza. Inferni artificiali sostituiscono i paradisi dell’ennui, la noia metropolitana colta da un Baudelaire, l’estetica del brutto come condivisione mimetica del degrado.

Figli prediletti di pessimi maestri come Toni Negri e Michael Hardt, minuscoli granelli di sabbia di una pretesa Moltitudine intenzionata a ereditare, non a sovvertire l’Impero, mancano anche della tragicità di figure antiche come quelle luddiste. Guidati dal mitico Ned Ludd, distruttore di telai meccanici, i miseri operai inglesi cercavano di contrastare le macchine del primo capitalismo, già violento e predatorio, difendendo il magro salario conquistato tra fatiche immense nelle fabbriche le cui ciminiere William Blake definiva “dark satanic mills”, oscuri mulini diabolici.

I nostri eroi vogliono soltanto sedersi alla mensa del capitalismo terminale senza pagare il conto e, purtroppo, senza capire. Non dissimile è l’attitudine di alcuni nemici loro, fascistelli dell’Illinois con testa rasata, tatuaggi, aria trucida e vuoto pneumatico: sono come tu mi vuoi, cantava Mina e più recentemente Irene Grandi. Loro capetti, ingrigiti “camerati” prigionieri onirici degli anni settanta del secolo scorso. Anche in loro avanza il deserto.

Ci sono, naturalmente, anche gli imprenditori del deserto: forze politiche, economiche e sociali che campano sulle contrapposizioni indotte, ed esibiscono finto perbenismo al popolo perplesso. Loro sono peggio di noi, suggeriscono dietro sguardi corrivi di riprovazione, scuotendo la testa e fregandosi le mani in segreto per aver vinto la partita dividendo il fronte avversario, mentendo spudoratamente, con l’arbitro venduto. Per loro, disgraziatamente, è sempre domenica, e poco importa se tanti anziani languono in dignitose povertà che diventano inedia, i giovani sono servi della gig economy, l’economia dei lavoretti, e a milioni vivono insicuri nelle proprie case, mentre farabutti dei cinque continenti scorrazzano per le strade da Bolzano a Siracusa.

E’ il risultato di una siccità morale che compie cinquant’anni. Dove esisteva una comunità con pregi e difetti, luci ed ombre, si è insediata una torva periferia esistenziale fatta di pietre sparse, rovi, rovine di edifici abbandonati, rari lacerti di civiltà ricoperti dai calcinacci del progresso impermeabilizzato. Dove sussisteva una forma, si è installato l’informe, il rizoma che tracima incontrollato. Mezzo secolo dopo il mitico Sessantotto, gli anni formidabili di Mario Capanna, Gino Strada, Emma Bonino e i suoi aborti con le pompe di bicicletta, eruditi alfieri del Nulla e pomposi maestri del Nuovo come Umberto Eco ieri e oggi il giovane Saviano, la missione è compiuta.

Il deserto è qui e la maggioranza non se ne accorge neppure. Gonfia della retorica dei “diritti” individuali, ha smarrito il filo di quelli sociali e scambia la civiltà per assenza di giudizio critico. Tollera ogni cosa in quanto non crede in alcun principio. Un viaggio sui social media, turandosi il naso, fa comprendere più cose di mille trattati di sociologia. In occasione degli assalti “anti” di questi giorni, un commento ci ha colpito più degli altri. Nessun insulto, nessun odio esibito. Un professorino del pensiero debole giustifica la violenza citando Karl Popper: chi è contro la tolleranza, va spazzato via in quanto intollerante e nemico della “società aperta”. Aveva ragione Carl Schmitt: un uomo, un gruppo armato di “valori” è un potenziale assassino. Specialmente quando grande è la confusione sotto il cielo. Quindi la situazione è favorevole, parola di Mao Tse Tung, mito sanguinario della generazione i cui figli e nipoti sono la maggioranza di questo tempo bastardo. Bastardo perché confuso, miraggi nel deserto che tra una birra e un rutto citano Popper, liberale e liberista, ma brandiscono una bandiera rossa nell’indifferenza del popolo.

Una sola cosa hanno preso sul serio, vietato vietare. La conseguenza è la perdita di ogni ritegno, di qualsiasi residua umanità di fronte a chi impedisce loro qualcosa, come i poliziotti il cui dovere è difendere un minimo di convivenza ordinata. Signorini viziati li definì Ortega y Gasset all’alba della ribellione delle masse, gente che considera un affronto ogni limite o proibizione. Il loro nemico è il semaforo rosso che impone lo stop, riconoscono solo il deserto, odiano le oasi e la foresta che cresce silenziosa. Per questo avvelenano i pozzi e segano i rami dell’albero ai piedi del quale vivono, senza avvedersi del guinzaglio del padrone che li aizza.

La rivoluzione, sosteneva Mao, non è un pranzo di gala, ma non ditelo a Lavinia e ai suoi compagni.

Diego Fusaro - 4 marzo 2018 - Voto utile: M5S, Lega, Casa Pound, Fratelli d'Italia, Partito Comunista

Elezioni 2018, "Meglio votare Rizzo o CasaPound": le pagelle di Diego Fusaro

Elezioni politiche 2018: Berlusconi, Lega, Grasso Fratelli d'Italia... Videointervista al filosofo Diego Fusaro, fondatore di "Interesse Nazionale"


"Sono molto indipendente nelle mie posizioni e appoggio incondizionatamente tutti i movimenti che nuocciono di più ai vertici dell'aristocrazia finanziaria. Quindi, indistintamente, dai comunisti di Marco Rizzo a CasaPound di Simone Di Stefano, passando per tutti i movimenti non allineati e stigmatizzati dal sistema". A pochi giorni dal voto il filosofo Diego Fusaro spiega in un'intervista al direttore di Affaritaliani.it, Angelo Maria Perrino, che cosa pensa delle prossime elezioni politiche e come voterà.

L'occasione è la presentazione della prima sede, a Brugherio, del network "Interesse Nazionale", di cui Fusaro è socio fondatore e Giuseppe Azzinari presidente. Nel corso della serata è stato anche presentato il "Manifesto dell’Interesse Nazionale", documento di sintesi dell'associazione.

Fa parte anche la Lega di questi movimenti? "Nella misura in cui adotta la Flat Tax è in realtà allineatissima, visto che la Flat Tax è un enorme regalo alle élite finanziarie. Quindi su questo mi delude, anche se su altre questioni è totalmente dalla parte degli oppressi", continua il filosofo.

Quanto a Fratelli d'Italia "è un movimento che a furia di procedere da destra verso il centro si è troppo allineato. Così come altri che hanno fatto lo stesso partendo da sinistra", spiega. "Certo, è meglio di molti altri, almeno alcune parole chiave hanno ancora il coraggio di dirle, sovranità nazionale ad esempio. E parlano di temi come quelli contro l'Ue, contro la mondializzazione capitalistica... Solo che dovrebbero, dal mio punto di vista, radicalizzare il discorso, essere meno liberal".



Parole dure anche per Silvio Berlusconi. "Forza Italia mi stupisce perché Berlusconi avrebbe un grande consenso contro l'Ue che l'ha cacciato in malo modo nel 2011, e invece si fa alfiere di una posizione europeista vicina ai dominanti che in realtà non lo desiderano. Evidentemente preferisce aspirare a poter essere tra i grandi invece che avere la certezza di essere il paladino dei più deboli".

Niente sconti per Matteo Renzi. "E' stato fino a ieri il rappresentante dell'élite finanziaria dominante. Le uniche cose interessanti che gli ho sentito dire sono state quando non era più l'espressione dell'interesse dominante, ad esempio dopo la sparatoria di Macerata".

Liberi e Uguali di Grasso e D'Alema? "Inqualificabile", per Fusaro. "E' il partito di pura rappresentanza a sinistra degli interessi dell'élite finanziaria. Juncker dice una cosa e loro, anziché contrastrarlo, lo appoggiano. Sono come Più Europa e questi altri partiti che se uno li vota o è dalla parte dei dominanti, e quindi in cattiva fede, o non ha capito cosa sta votando".


"Una cosa ancora diversa - spiega poi il filosofo - è Potere al Popolo, partito che unisce fecondi elementi nazionali-popolari di difesa del lavoro, e che l'élite definirebbe di populismo, ma che mantiene l'insopportabile retorica divisiva dell'antifascismo in assenza di fascismo".

Che succederà quindi lunedì? Fusaro non ha dubbi: "Non ci sarà nulla da festeggiare, perché quelli che possono realmente cambiare l'ordine dei rapporti di forza dominante non hanno speranze. Si contenderanno il potere alcuni gruppetti che non cambieranno radicalmente gli assetti".

Infine le tre priorità che dovrebbe avere il nuovo presidente del Consiglio: "Lavoro, cultura e interesse nazionale. Cioè meno Europa, meno libero mercato, meno Stati Uniti d'America, meno globalizzazione e più Italia", conclude Fusaro.

'Ndrangheta - le donne sono consapevole e funzionali al Sistema Criminale da cui traggono massimo vantaggio

CRONACA

Colpo alla 'ndrangheta: arrestato in Germania Emanuele Cosentino

Il latitante, 32 anni, è stato fermato a Saarbrücken dai Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria. È considerato un elemento di spicco della cosca "Gallico"

Duro colpo alla 'ndrangheta. I Carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria hanno arrestato a Saarbrücken, in Germania, il latitante Emanuele Cosentino. L'uomo, 32 anni, è considerato un elemento di spicco della cosca "Gallico", attiva prevalentemente nella zona di Palmi, nel reggino.

L'arresto

Cosentino è stato sorpreso per strada alla guida di un'autovettura con targa tedesca. Nel veicolo c'era anche sua moglie, che lo aveva recentemente raggiunto da Palmi. I due viaggiavano con documenti d'identità falsi, non erano armati e non hanno opposto resistenza alla polizia. Sono stati fermati nel centro di Saarbrücken, città della Saar, il Land sud-occidentale al confine con la Francia.

La latitanza

Destinatario di un mandato di arresto europeo emesso nel giugno del 2017, Cosentino era ricercato dal 2013, quando si era sottratto ad un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa su richiesta della Dda di Reggio Calabria per associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo mafioso. L'uomo era stato condannato in appello a 7 anni di carcere. Cosentino è considerato un boss della 'ndrangheta. Ha assunto il ruolo di reggente del clan quando il cognato Domenico Nasso, è stato arrestato. In sua assenza, gestiva il giro delle estorsioni in tutta la zona di Palmi.



Le indagini e le ricerche

I carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria hanno lavorato per dieci mesi per stringere il cerchio attorno a lui. Le indagini avevano portato le forze dell'ordine a concludere che Cosentino fosse all'estero, ma a lungo non si è riusciti ad ottenere informazioni sulla zona in cui si trovava. Tuttavia i legami di parentela e di sangue, oltre che con il clan, hanno permesso agli investigatori di avere informazioni sul latitante. Infatti, anche durante la sua fuga, Cosentino ha continuato a tenere rapporti stretti con la sua famiglia. L'ultimo dei suoi cinque figli è stato concepito quando l'uomo era già ricercato. Proprio seguendo la moglie, sono arrivati al marito. La donna è partita da Palmi per la Germania, questo ha fatto scattare il blitz nel pomeriggio del 2 marzo.

Roma - autobus incendiato - c'è un disegno preciso negli incendi di questi anni. Si vuole distruggere il servizio pubblico e renderlo privato

SUL TRASPORTO PUBBLICO

Acilia, ancora un autobus in fiamme Sul 3 di Atac niente feriti e intossicati
È successo poco dopo le 13 in via Macchia Palocco, ma i roghi di mezzi in circolazione sono ormai un classico della Capitale
2 marzo 2018 


Ancora un bus in fiamme a Roma. Poco dopo le 13 i vigili del fuoco sono intervenuti ad Acilia, in via Macchia Palocco, all’altezza del civico 130, per l’incendio di un mezzo Atac della linea 03.

Gli ultimi precedenti

È stato il conducente a far scendere prontamente i passeggeri. Non ci sono persone ferite o intossicate. Gli autobus che prendono fuoco sono ormai un classico della Capitale: l’ultima volta pochi giorni fa a Ostia, a inizio febbraio è accaduto al 30 in Prati.

4 marzo 2018 - Silvia Neri - Voto utile: M5S, Lega, Casa Pound, Fratelli d'Italia, Partito Comunista


CASAPOUND UNINOMINALE CAMERA
Silvia Neri: "Nazionalizzare le banche"

01.03.2018 - 21:18

Da delusa del centrodestra ha deciso di mettersi in gioco con CasaPound. Silvia Neri, casalinga aretina di 55 a-nni, corre per il partito della tartaruga nel collegio uninominale per la Camera dei deputati. “Ho un passato in An, all'epoca di Fini, ma sono scontenta per quanto non è stato fatto per la città dove vivo e dunque ho scelto CasaPound”.

Perché la scelta è ricaduta su CasaPound?

“Ho trovato delle idee e dei progetti molto vicini a quella che è la mia idea di città”.

A livello nazionale CasaPound punta molto sui temi della sicurezza. Quali sono le ricette per Arezzo?

“Qui in città ci sono delle zone, ormai da qualche anno, come Saione, a ridosso del centro città, oppure Pescaiola o il Colle del Pionta dove ci sono evidenti problemi legati alla sicurezza. Il degrado è rappresentato dallo spaccio della droga, piccoli crimini che vengono perpetrati ogni giorno e questo fa sì che sia i commercianti che i residenti vivano dei veri e propri problemi giornalieri di sicurezza personale, gli arresti al Colle del Pionta di spacciatori sono quasi la regola, dunque sono problemi molto sentiti”.

E per l'immigrazione?

“Una soluzione può essere in questo momento un intervento militare in Libia creando un cordone umanitario. Poi verificare chi ha diritto ad entrare e quali sono i motivi per cui scappa dal proprio paese. Poi chi delinque qui in Italia dovrebbe scontare la pena fuori dall'Italia. Poi bisognerebbe attivare un servizio di intelligence che funzioni proprio nelle nazioni da dove arrivano gli immigrati in m odo da individuare anche in loco le attività che lucrano su questo traffico.I primi a lucrare sono i trafficanti, ossia chi trasporta verso il nostro paese queste persone e poi ci pensa il Governo Italiano con i 35 euro al giorno dati alle varie cooperative per sistemarli come degli animali. Con una mia associazione, costituita nel novembre 2016, che si chiama Spazio 35, mi occupo della violenza contro le donne e penso a questi viaggi della speranza e a quante donne vengono stuprate, quante bambine stuprate e quante vengono gettate in mare. Credo che questo ci debba far riflettere sul problema dell'immigrazione e non fare dei semplici proclami”.

Per quanto riguarda il caso Banca Etruria in che modo si può recuperare la fiducia verso le istituzioni dei cittadini che hanno perso i risparmi?

“Non spetta a noi questo compito, ci siamo già occupati del caso. Banca etruria è stata una disgrazia legata soprattutto al Pd, magari bisognerebbe rivolgersi a loro”.

Cosa fare dunque per impedire che casi del genere si possano ripetere in futuro?

“Statalizzare le banche. Molto semplice”.

E per le famiglie cosa propone CasaPound?

“Nel frattempo quello che già facciamo qui ad Arezzo, nella nostra sede, è stare vicino alle persone e alle famiglie italiane che hanno più bisogno quindi facendo la spesa, occupandosi anche di chi magari ha dei disabili in casa dando una mano con i nostri ragazzi fisicamente, facendo in modo che le case popolari, per esempio, vengano assegnate prima agli italiani. Poi abbiamo un nostro sportello a disposizione degli aretini per parlare di mutui sociali, problemi legati all'usura perché questa situazione ha portato molte persone a rivolgersi a istituti non autorizzati. Quindi siamo presenti nel territorio fattivamente per aiutare gli aretini”.

Debito pubblico la grande fake news che i servi dei mass media ci somministrano quotidianamente

La proposta shock: “Debito pubblico, non paghiamo gli interessi per 2 anni”

Lo scrittore e filosofo Marco Bersani va controcorrente e smonta la narrazione prevalente: "E' una trappola ideologica per farci soccombere al liberismo"

di Paolo Pergolizzi - 01 marzo 2018 - 8:17


REGGIO EMILIA – “Qualcuno dice che se non paghiamo il debito mandiamo in malora il risparmio dei cittadini. Oggi il debito pubblico è in mano per il 35 per cento a investitori esteri e per il 65 per cento agli italiani. Ma solo il 6 per cento di questo è delle famiglie. Se aggiungiamo i fondi pensione, si arriva al 13 per cento. Quel tredici sono per pagarlo domani mattina, ma l’altro 87 per cento sono per iniziare a discutere se pagarlo o meno”.

Lo ha detto Marco Bersani, scrittore e socio fondatore di Attac Italia, ieri alla Cgil, durante l’incontro su “La truffa e la trappola del debito pubblico”, il primo di una serie di dibattiti che si terranno alla Camera del lavoro in questi mesi su cultura, lavoro, attualità ed economia. Una teoria, quella di Bersani, controcorrente rispetto alla narrazione mainstream e per questo interessante. Per chi volesse approfondire l’economista ha anche scritto un libro, “Dacci oggi il nostro debito quotidiano”, su questo argomento.

“Debito, congeliamo il pagamento degli interessi per due anni”

Dice Bersani: “Se il debito è pubblico, tutti dobbiamo conoscerlo e sapere se è legittimo o illegittimo, se è odioso o meno. Queste sono categorie internazionali e il debito odioso può essere rimesso in discussione. Io dico: ‘Si faccia un’indagine sul debito pubblico nazionale e su quale parte è illegittima a e quale odiosa e poi si decida che farne’. Anche perché il pagamento del debito non può pregiudicare i diritti delle persone. Questo lo dice la Carta dell’Onu. Basterebbe che l’Italia, la Spagna, la Grecia dicessero che congelano il pagamento degli interessi per due anni. Questo per mettere tutti intorno a un tavolo e per discuterne. Non lo permette il fatto che il debito è diventato una trappola ideologica. Eppure questo è avvenuto più volte nella Storia. Il primo annullamento del debito di cui abbiamo conoscenza è del 2400 avanti Cristo nel regno di Hammurabi che proporrei come presidente della Unione europea”.

Il debito, una trappola ideologica

Ma perché il debito è diventato una trappola ideologica? Spiega Bersani: “Friedman diceva che lo choc serve per fare diventare politicamente inevitabile quello che è socialmente inaccettabile. Lui si riferiva al colpo di Stato di Pinochet in Cile dopo il quale hanno privatizzato tutto. Da noi non servono i carri armati, ma è sufficiente la finanza. Il debito è la trappola che serve. L’obbligo del pareggio di bilancio ha costituzionalizzato il modello liberista. La nostra Carta prima prevedeva, in teoria, qualsiasi tipo di modello economico, ma, con il pareggio di bilancio inserito nella Costituzione, oggi è possibile solo il modello liberista. Interrompere questa narrazione diventa fondamentale, perché, in ogni lotta che facciamo, si deve inserire la questione del debito. La questione delle risorse deve entrare in ogni vertenza in atto, altrimenti le nostre lotte saranno inefficaci”.

“La favola liberista del benessere generalizzato non funziona più. Deve trasformarsi in un incubo”
Ma come siamo arrivati a questo punto? Dice Bersani: “Il modello liberista, per poter proseguire, deve attaccare tutte quelle che erano garanzie di qualità della vita delle persone. Non funziona più il discorso: ‘Lasciate fare al mercato che ci sarà benessere per tutti’. Questa, se ci pensate, è una forte debolezza del sistema capitalistico. Sono feroce, perché voi mi temete e la mia forza dura quanto dura il vostro timore. Non perché la pensate come me e perché vi ho convinti. La favola non funziona più. Non si può più dire: ‘Lasciate fare a noi, perché ci sarà un benessere generalizzato’. La favola deve trasformasi in un incubo. Devo spaventarvi con una narrazione che non vi convince da un punto di vista razionale, ma che mi fa ottenere la vostra rassegnazione. Il debito pubblico serve esattamente a questo”.

Il referendum sull’acqua pubblica

E fa l’esempio del referendum sull’acqua pubblica. “Nel 2011 noi in Italia abbiamo vinto un referendum sull’acqua pubblica. Questa è stata la cosa più antagonista che abbiamo fatto in 20 anni. Noi abbiamo detto che esistono dei beni comuni che vanno sottratti alle leggi del mercato. Il sistema ha risposto: ‘Bene, se privato non è bello comunque è obbligatorio e inevitabile. Non la pensate più come noi, ma noi dobbiamo andare avanti lo stesso. Dobbiamo andare avanti con la vostra rassegnazione’.
Se vi dico siamo in emergenza, c’è il default e il debito pubblico, c’è lo spread che si alza, voi vi spaventate. Se poi vi dico che questa è una crisi sistemica, vuol dire che non è passeggera e temporanea. E poi aggiungono (lo dicono dal 2007) che dall’inizio dell’anno prossimo si vedrà la ripresina. Se facciamo quello che ci dicono, prima o poi usciremo dalla crisi. Il debito pubblico serve a ottenere la nostra rassegnazione sul fatto che le politiche liberiste sono l’unica uscita dalla crisi”.

Come si è formato davvero il debito pubblico

Ma come si è formato il debito pubblico? Spiega Bersani: “A noi hanno raccontato che si è formato perché abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità. Tutti ci raccontano che il debito in Italia è esploso per l’aumento spropositato della spesa pubblica. Dal ’60 all”81 è stato sotto al 60 per cento in rapporto al Pil, un rapporto che viene considerato dai tecnocrati di Bruxelles come sano. Dall”81 al ’94 è schizzato al 120 per cento. Cosa è successo nel 1981? Avviene un divorzio fra la Banca d’Italia e il ministero del Tesoro (Andreatta e Ciampi traditore della Patria). E avviene con due lettere. Non c’è stata nemmeno una ratifica parlamentare. Cosa comporta? Che lo Stato, quando si deve finanziare, non può più contare sul ruolo di compratore di ultima istanza che svolgeva la Banca d’Italia che acquistava a un interesse basso, prefissato, i titoli che lo Stato non vendeva. Così non si alzavano i tassi di interessi. Per renderli allettanti, dopo questo divorzio, si sono dovuti alzare i tassi di interesse e questo è uno degli elementi principali che ha portato al raddoppio del rapporto fra debito e Pil”.

“Dovremmo avere un Pil del 4 per cento annuo per ridurre il debito, per la dinamica degli interessi”
Bersani offre anche la controprova. “La controprova sta nel fatto che nello stesso periodo la spesa pubblica del nostro Paese è stata costantamente inferiore alla media della spesa europea. Questo proprio nel periodo in cui il debito pubblico è raddoppiato. Dal ’90 il nostro bilancio si è chiuso per 26 volte su 28 in avanzo primario, quindi le entrate sono state superiori alle uscite. Noi siamo indebitati perché ogni anno sul nostro debito paghiamo interessi che, per diversi anni, sono stati di 80-90 miliardi l’anno. Sono calati, grazie a Draghi, sui 48-60 miliardi l’anno. La questione del debito è quindi una trappola ideologica. Sul debito di 2.250 miliardi noi abbiamo pagato dall’80 ben 3.400 miliardi di interessi. Quando io sento i politici che esultano perché il Pil è passato dall’1.2 all’1.3 per cento mi metto a ridere. Noi dovremmo avere un Pil del 4 per cento annuo per ridurre il debito, per la dinamica degli interessi. Quanti politici hanno il coraggio di dirlo? Questo circolo vizioso è un nodo scorsoio che ci mettiamo intorno al collo e non ne usciremo se continuiamo così. Chi ha pagato le tasse, dal ’90 ad oggi, ha dato allo Stato 750 miliardi in più di quello che ha ricevuto in termini di servizi. Ma, allora, chi è in debito con chi?”.

“Il nostro Paese ha 9.000 miliardi di ricchezza e 2.000 miliardi di debito”

E quindi a cosa serve il debito? Risponde Bersani: “Il debito serve a dire che ogni rivendicazione che facciamo, nel mondo del lavoro o sociale, si deve trovare di fronte il mantra che dice c’è il debito pubblico e l’obbligo del pareggio di bilancio in Costituzione. Il nostro Paese ha 9.000 miliardi di ricchezza e 2.000 miliardi di debito, ma ogni imprenditore sa che un’azienda che ha un fatturato quattro volte superiore al proprio debito è un azienda sana. Perché non è un paese florido l’Italia? In parte perché questi soldi sono tutti della ricchezza privata, ma questo è il meno. Il fatto è che sono tutti orientati a servire interessi particolari. Noi siamo riusciti a privatizzare tutto il sistema bancario e finanziario. Nel ’92 la Germania aveva il 62 per cento di controllo pubblico e oggi il 51 per cento, la Francia il 36 per cento e oggi il 31 per cento. Noi avevamo il 74,5 per cento e oggi abbiamo lo zero per cento. Abbiamo privatizzato tutto il sistema bancario finanziario. Come la facciamo la riconversione ecologica della produzione? Se la Fiat, come accadrà prima o poi, non produrrà più auto per gli spostamenti delle persone, ma per un’altra mobilità chi determinerà questa riconversione? Come facciamo a riconvertire le aziende nell’interesse generale?”.