L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 28 aprile 2018

Diego Fusaro - L'albero della storia è sempre verde. In ciascun individuo arde indomito un potere trasformativo che non è disposto ad adeguarsi passivamente al mondo dato

Il futuro come azione e possibilità. Cosa ne pensa la filosofia. 

aprile 27, 2018 



Il futuro come azione e possibilità. Cosa ne pensa la filosofia.

aprile 27, 2018
Ilaria Cardegna

In questo intervento il filosofo Diego Fusaro, professore presso lo IASSP (Istituto Alti Studi Strategici e Politici) di Milano, osserva come nei giovani sia in larga misura cambiato il rapporto con l’idea di futuro, il proprio e quello della propria collettività: se da un lato è regredito verso quell’eterno presente privo di progettualità tipico di un pensiero orientale mal compreso e trasformato nel suo opposto edonistico, dall’altro è stato sclerotizzato dall’ipnotica cantilena mediatica che indottrina alle aberrazioni sempre più inaccettabili del mondo del lavoro.

Adorno nella sua ultima opera, la “Teoria Estetica”, indicava con l’espressione “contenuto di verità” la capacità che l’arte e la filosofia hanno di far emergere le possibilità altre rispetto al dato, cioè di lasciar intravedere, ad uno sguardo risvegliato, l’utopia di una realtà futura luminosa, equa, conciliata, tanto possibile, quanto di là da venire. Questa capacità di visione, in grado di squarciare le grigie cortine di un presente afflitto dal pensiero omologante della Finanza e dell’Industria culturale sua ancella, è quanto si è andato perdendo nelle nuove generazioni. Sono gregge in marcia verso la catastrofe tanto la generazione dei padri, che ha avuto il privilegio psicologico di percepirsi in larga misura padrona del proprio destino, e costruttrice attiva di un universo di senso degno dell’aplomb dell’uomo rinascimentale, quanto l’avvilita generazione dei figli, compenetrata dal messaggio schizofrenico di essere il futuro, e al contempo di doversi rassegnare al fatto che il futuro non gli appartiene. L’altra faccia della Catastrofe, intesa come scardinamento del tempo, momento epifanico in cui, d’un tratto, il futuro si fa, anzi, si è già fatto, irrimediabilmente presente, è la Redenzione, ed è al filosofo della Redenzione, Hegel, che Fusaro in questo video-messaggio invita a guardare con speranza.

In ciascun individuo arde indomito un potere trasformativo che non è disposto ad adeguarsi passivamente al mondo dato, dunque è possibile riacciuffare il presente e lavorarne la materia, per quanto ardua, dolente, sclerotica possa sembrare. È nelle pieghe di un presente monolitico, che il futuro si nasconde, ed è lì che dobbiamo cercarlo.

http://www.beppegrillo.it/il-futuro-come-azione-e-possibilita-cosa-ne-pensa-la-filosofia/

Prossimo presente governo M5S-Centrodestra escluso lo zombi. Salvini preferisce il delinquente abituale alle indicazioni di cambiamento che vogliono gli italiani

POLITICA
27/04/2018 10:31 

Matteo Salvini: "Senza governo al voto entro l'estate e legge elettorale entro 15 giorni"

Il segretario leghista in Friuli Venezia Giulia per la campagna elettorale: "Non mi sento minacciato dalle tv del Cavaliere, non lascio Berlusconi


"Non possiamo tenere il Paese sospeso per altre settimane o altri mesi". Dal Friuli Venezia Giulia, dove è impegnato per l'ultimo giorno di campagna elettorale, Matteo Salvini fa sapere la sua opinione sullo stallo politico. Il leader leghista pensa che non ci siano possibilità per un accordo tra M5s e Pd e chiede ai grillini di tornarsi a sedere al tavolo col centrodestra. "La mia parola vale più delle ambizioni di Di Maio - spiega -. Io non riuscirei a fare quello che fa Di Maio: un giorno parla con la Lega e il giorno dopo parla con il Pd. Io rispetto gli elettori. Spero che Di Maio faccia un bagno di umiltà e torni a sedersi al tavolo del centrodestra".

Contemporaneamente, Salvini manda una frecciatina a Silvio Berlusconi: "O c'è un governo di centrodestra o non c'è nessun governo, e si torna a votare e vinciamo da soli. Questo lo dico a qualcuno che è arrivato secondo e vuole dettare le regole e lo dico sottovoce anche a chi pensa di non escludere di ragionare con Renzi e con il Pd. Mai con Renzi e con il Pd, né in Friuli Venezia Giulia né in Italia, abbiamo già dato", avverte il segretario leghista durante il comizio di chiusura a Trieste della campagna elettorale per Massimiliano Fedriga, candidato presidente del Friuli Venezia Giulia.

Il segretario del Carroccio manda poi un messaggio implicito al Quirinale, bocciando il prolungamento del governo in carica e il voto non prima di settembre con una nuova legge elettorale apparsi in alcuni retroscena come una possibilità presa in considerazione dal Colle. "Per quanto mi riguarda la via maestra dice che bisogna cercare un accordo tra i primi e i secondi - spiega il leghista - se questo non è possibile si torni alle urne subito, entro l'estate. Non sta scritto né in cielo né in terra che si debba arrivare a ottobre. Anche perché, con l'aria che tira, io penso che una maggioranza qualcuno la porta a casa se si vota a giugno".

Salvini aggiunge che "se si vuole la legge elettorale la approviamo in 15 giorni, siamo totalmente disponibili. Chi prende un voto in più governa, lista o coalizione". Sulla ipotesi di un governo del Presidente, per Salvini "i governi tutti insieme per non fare niente non sono quelli per cui ci hanno votato".

In mattinata aveva smentito alcune ricostruzioni. "I giornali di oggi dicono che lunedì lascerò Berlusconi? Capisco perché vendano sempre di meno. Non è vero che accadrà. Non vedo perché dovrei cambiare idea ogni quarto d'ora: non faccio come Renzi o Di Maio. Mi presento alle elezioni con una squadra e vado avanti con quella squadra". ha detto il leader della Lega, Matteo Salvini, in Friuli Venezia Giulia per il tour elettorale in vista delle Regionali di domenica.

Sulle trattative per formare il nuovo governo, Salvini afferma: "Lasciare Berlusconi non è l'unica strada per fare il governo: non cedo a veti, controveti e capricci. Il Centrodestra ha vinto con un programma comune e siamo ben disponibili a dialogare con i secondi arrivati ma non coi terzi". E aggiunge: "Se Mattarella regala agli italiani una settimana di telenovela su Renzi e Di Maio non so cosa possono scrivere i giornali per una settimana e così riempiono le pagine con ipotesi non vere che ci riguardano".

Sulle possibilità di un accordo tra M5s e Pd, il segretario leghista commenta: "Le percentuali di un governo tra Pd e 5 stelle sono pari a zero: è un accordo contro natura e soprattutto una presa in giro agli italiani. Fossi un elettore dei 5 stelle avrei o problemi o vergogna: però ognuno fa le proprie scelte".

Parlando poi delle dichiarazioni di Luigi Di Maio, spiega: "Non mi sento assolutamente minacciato dalle tv di Berlusconi. Ognuno è libero di scrivere o raccontare quello che vuole: non penso che in Italia ci siano rischi di questo tipo".

L'Euro è un Progetto Criminale e non vogliamo morire per questo


Morire stupidamente dissanguati per il debito

Fabio Conditi 27 aprile 2018 , 23:05 

Stiamo morendo stupidamente dissanguati per il debito, creato da una moneta che viene generata facilmente con un clic del computer.

Si può essere più folli ?

Un corpo umano è un insieme di cellule e di organi, che ha bisogno di sangue per scambiare i nutrienti, quindi ne produce la quantità necessaria a mantenere la circolazione sanguigna ottimale.


Allo stesso modo lo Stato è l’insieme di noi cittadini e aziende, che abbiamo bisogno di moneta per scambiare beni e servizi, quindi la cosa più semplice da fare sarebbe crearla con un clic del computer.

Invece siamo come un corpo umano che abbia deciso di smettere di produrre il proprio sangue, preferendo prenderlo in prestito da una “Banca del sangue” che però lo richiede indietro con gli interessi. Secondo voi che fine fa ?

Attualmente viviamo in un sistema monetario che ha fatto la stessa folle scelta, perchè lo Stato che dà valore ai soldi ha smesso di crearli, preferendo prenderli in prestito dal sistema bancario privato. In questo modo genera debito e paga interessi continuamente, finendo per morire dissanguato. O meglio, siamo noi che finiamo dissanguati perchè lo Stato aumenta le tasse e taglia i servizi per pagare gli interessi sul debito accumulato.


Viviamo incatenati in fondo alla caverna di Platone, convinti che le informazioni diffuse dallo schermo televisivo davanti a noi siano vere : lo Stato non ha soldi ed il debito deve essere ripagato, quindi per uscire dalla crisi economica dobbiamo continuare a fare sacrifici.

Qualche anno fa sono riuscito ad uscire dal buio della caverna ed ho scoperto due luminose verità :
i soldi si creano;
il debito è un inganno.

Felice di questa straordinaria scoperta, ho quindi deciso di impiegare una parte del mio tempo a spiegarlo ai miei concittadini, affinchè riescano anche loro a vedere la luce della speranza.

Questa mia video-intervista con Claudio Messora è forse il modo più chiaro e semplice di spiegarlo, spero riesca almeno ad insinuare il germe del dubbio anche negli schiavi incatenati in fondo alla caverna, perchè solo attraverso la consapevolezza di tutti, potremo finalmente cambiare il mondo.

Ringrazio di cuore Claudio, non solo per la professionalità dimostrata ma soprattutto per aver avuto il piacere e l’onore della sua conoscenza personale, e spero sia l’inizio di una lunga e fruttuosa collaborazione per aumentare la consapevolezza nella nostra società.

Se questa piccola cura non è sufficiente, stiamo organizzando una cura ben più efficace, per la quale ho richiesto l’aiuto dei miei soliti amici Nino Galloni, Marco Mori, Giovanni Zibordi, Paolo Tintori e la “new entry” Giovanni Lazzaretti.


Parteciperemo alla trasmissione televisiva Notizie Oggi Linea Sera su Canale Italia 53, condotta dal grande Vito Monaco, nella quale parleremo finalmente di “Come si creano i soldi?“. Tanto per essere chiari spiegheremo perchè “Lo Stato può creare soldi e il debito pubblico può .essere cancellato“.

Il canale 53 è visibile in tutta Italia, quindi vi prego di aiutarmi a condividere questo evento con tutte le persone che conoscete, perchè possiamo arrivare ad illuminare il punto più profondo della caverna Italia, dove la luce non arriva più da anni.

Sarà l’evento sulla moneta più importante del secolo.

Partecipate e condividete.

Codice Fiscale : 93089040385


Se volete che la moneta sia vostra
date il 5×1000 a Moneta Positiva.
Sarà come darlo a voi stessi.

Fabio Conditi
Presidente dell’associazione Moneta Positiva
Fonte: www.comedonchisciotte.org
27.04.2018

Fabrizio Palenzona - rimane il fatto che Roberto Mercuri aveva un ufficio ai piani alti di Unicredit non avendo titolo

Non riciclo' i soldi di Cosa Nostra, archiviato Bulgarella


Remigio Civitarese
Aprile 28, 2018


L'inchiesta per riciclaggio e mafia a carico dell'imprenditore Andrea Bulgarella è stata archiviata. Quest'ultimo commenta a caldo: "Ho rischiato di vedere distrutta la mia vita imprenditoriale, ma sono riuscito a resistere". Tutto era iniziato nell'ottobre 2015 quando Bulgarella, originario di Valderice ma da tempo trapiantato in Toscana, era stato raggiunto da un provvedimento di sequestro di alcuni documenti.

L'archiviazione parziale chiesta dalla Dda di Firenze cancella anche parte delle accuse rivolte a Fabrizio Palenzona, co-indagato come vicepresidente di Unicredit insieme a dirigenti della stessa banca e presunti intermediari. Secondo la nota, infine, l'indagine "nasce da elementi poco consistenti, se non irrilevanti, da ricostruzioni inesatte, da sospetti e calunnie di noti imprenditori mafiosi (oggi diventati falsi "collaboratori di giustizia"), che però ha creato un grave danno di immaginea tutta l'attività del gruppo, dato che l'inchiesta ha avuto una grande eco sui giornali e le tv".

Dunque, adesso, conclude la Procura antimafia: l'attività di Bulgarella è lecita ed estranea ad ogni riferimento a contesti criminali.

"Sul punto specifico - afferma il difensore di Bulgarella, Nino Caleca, che si è avvalso della collaborazione di Vincenzo Maria Giacona - il provvedimento del gip è nettissimo, poiché si legge che 'non ci sono prove che attestino flussi di denaro o altre utilità di provenienza illecita reimmesse in attività economiche del Bulgarella' ".

Lo rivela il Gruppo Bulgarella in una nota, spiegando anche che restano in piedi "contestazioni minori, sui rapporti con alcuni istituti di credito, sulle quali dovrà pronunciarsi la procura della Repubblica ordinaria competente per territorio".

"Non possiamo esprimere la medesima soddisfazione per i tempi e le contraddizioni con cui essa si è realizzata, visto che la sola ipotesi che persone tanto distanti dalla mafia potessero a essa essere vicine ha procurato incalcolabili danni reputazionali ed economici, che solo gli specchiati comportamenti di queste persone possono contribuire a lenire, ma non a cancellare". Il mio pensiero va a tutti gli imprenditori siciliani, onesti e corretti come me, schiacciati da accuse false, da abili manipolatori, da inchieste montate ad arte.

Ilva - e ci mancherebbe altro. Le parti hanno deciso di sospendere il tavolo e rinviarlo a data da destinarsi

Ilva, la trattativa è sospesa: ArcelorMittal e sindacati s’infrangono sullo scoglio esuberi

di Redazione -
26 aprile 2018

Le parti hanno deciso di sospendere il tavolo e rinviarlo a data da destinarsi

E’ stata per il momento sospesa la trattativa tra ArcelorMittal e i sindacati metalmeccanici Fim Fiom e Uilm sull’Ilva di Taranto: la futura occupazione di tutti i lavoratori del gruppo siderurgico infatti, continua a dividere in maniera netta azienda e sindacati che hanno deciso di sospendere il confronto. Al centro del braccio di ferro di oggi, che ha visto andare in scena l’ennesimo duro scontro tra le parti in una trattativa che in realtà non è mai decollata, i numeri dei lavoratori che saranno riassunti dalla new.co AmInvestCo guidata dal gruppo Mittal: 10mila per l’azienda(che dopo il 2023 scenderanno a 8.500) che prevede 4mila esuberi (che andrebbero però in capo all’Amministrazione Straordinaria almeno sino al 2023 per essere impiegati nelle bonifiche che saranno realizzate con l’utilizzo delle risorse sequestrate alla famiglia Riva pari ad 1 miliardo di euro), tutti 14 mila per i sindacati che non vogliono nessun licenziamento e chiedono, al massimo, solo esodi incentivati. Il confronto, quindi, è stato aggiornato a data da destinarsi.

Quanto è emerso oggi al tavolo Ilva, non è in realtà una novità ma la logica conclusione della diversità di vedute tra le parti in campo: Mittal ha infatti chiarito che non è disponibile a riconsiderare i numeri degli occupati e degli esuberi mentre i sindacati, dopo mesi di confronti spezzatino, hanno ribadito il loro no al piano esuberi del colosso franco-indiano, decidendo di interrompere la trattativa sull’Ilva. Nei prossimi giorni in tutti gli stabilimenti Ilva in Italia saranno convocate assemblee informative per fare il punto della situazione con i lavoratori, ma sembra decisamente probabile che allo stato di agitazione già proclamato negli stabilimenti seguirà la proclamazione di uno sciopero, nazionale o sito per sito resta da vedere, comunque unitario. Questa, dunque, la risposta di Fim Fiom e Uilm.

Ricordiamo che, al di là del contratto firmato tra governo e Mittal (motivo che da al colosso franco-indiano un’indubbia posizione di forza nella trattativa), l’accordo tra le parti resta comunque vincolante per la chiusura definitiva della vicenda, senza il quale non si potrà procedere all’effettiva acquisizione degli asset industriali del gruppo Ilva da parte di Mittal.

“Dopo tre giorni di trattativa serrata e difficile, il confronto di oggi su Ilva è stata sospesa in attesa che si creino le condizioni per proseguire“. Lo ha annunciato lo stesso viceministro dello sviluppo economico Teresa Bellanova. Condizioni che per i sindacati, al momento non ci sarebbero. Al momento quindi manca anche una data per riaggiornarsi. “Passi avanti molto importanti sono stati fatti in questi mesi, passi su tanti aspetti. Oggi però rimane uno scoglio che è uno scoglio sicuramente importantissimo: quello del numero dei lavoratori su cui in queste ore di confronto le risposte sia dell’azienda che dei sindacati non sono state ritenute soddisfacenti“, ha dichiarato il viceministro Bellanova. “Per questa ragione ci si è presi una pausa di riflessione in modo che l’azienda rifletta su come ritornare al tavolo mentre le organizzazioni sindacali faranno un giro di assemblee per informare i propri iscritti e i lavoratori dei vari stabilimenti“, ha aggiunto auspicando un ritorno al tavolo di confronto “in tempi non lunghi per cercare di raggiungere un’intesa che il governo uscente continua a considerare molto importante“.

(leggi tutte le notizie sull’Ilva http://www.corriereditaranto.it/?s=ilva)

Spagna - il Partito dei Giudici, al servizio del Globalismo, riesce a spostare il malessere, con una sentenza incredibile, l'attenzione dai diritti sociali ai diritti individuali. In questo caso inviolabili

Violenza sulle donne in Spagna: i guanti rossi di protesta

La corte di Navarra ha condannato per abuso e non per stupro 5 uomini che hanno violentato in gruppo una diciottenne. Immediata la reazione in tutto il Paese

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Una donna protesta con "i guanti rossi" contro la sentenza emessa dalla Corte di Pamplona, 26 aprile 2018Credits:

EPA/Jesus Diges
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Donne in piazza con striscioni e "guanti rossi". Pamplona, 26 aprile 2018Credits: ANSA /Villar Lopez
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A Bilbao mani alzate contro la violenza sulle donne. Bilbao, 27 aprile 2018

Rita Fenini - 27 aprile 2018

Da ieri pomeriggio, in tutta la Spagna, sono in corso proteste per la sentenza emessa dalla Corte di Navarra contro cinque uominiaccusati di aver violentato in gruppo, due anni fa, una ragazza di 18 anni durante la festa di San Firmino.

Gli uomini, che all'epoca dei fatti avevano tra 27 e 29 anni, facevano parte di un gruppo chiamato "La Manada" ("il branco di lupi") e sono stati condannati per abusi sessuali a nove anni di prigione e non per violenza sessuale, crimine ben più grave e per il quale l'accusa aveva chiesto 22 anni.

Da qui lo sdegno e le proteste che, da Pamplona, si sono estese a macchia d'olio in tutto il Paese, da Madrid a Barcellona, passando per Valencia, Siviglia, Toledo e molte altre città spagnole: in piazza migliaia di donne (e non solo) di ogni età e ceto sociale che, con striscioni e cartelli, hanno urlato all'unisono "Non è un abuso, è uno stupro" e "Se toccano una di noi, toccano tutte". Molte indossavano guanti rossi, simbolo di protesta contro la violenza sessuale.

In piazza anche diversi esponenti politici, tra cui Pablo Iglesias, leader di Podemos e Pedro Sánchez, segretario del Partito Socialista spagnolo.
Le motivazioni della sentenza

Come riporta il quotidiano spagnolo "El Pais", la Corte è rimasta divisa sulla sentenza fino all’ultimo, nonostante esista un video dei fatti: durante la violenza, infatti, uno degli uomini avrebbe girato un filmato con l’intento di condividerlo con i suoi amici su WhatsApp.

Nonostante nella sentenza si riconosca che “le relazioni si sono svolte in un contesto soggettivo e oggettivo di superiorità degli imputati, la vittima mostra "un rictus" (contrazione dei muscoli facciali) assente, tiene tutto il tempo gli occhi chiusi, non fa nessun gesto rispetto l’atto sessuale". La ragazza ha dovuto spiegare in aula che era terrorizzata da quanto stava accadendo e che la paura l’ha paralizzata.

Intanto, sia gli avvocati della vittima che quelli degli imputati hanno affermato che si appelleranno contro il verdetto.

https://www.panorama.it/news/esteri/violenza-donne-spagna-proteste-foto-guanti-rossi/

Stati Uniti falsi e menzogneri come sempre NON rispettano accordi. Non ti puoi fidare di questo gigante megalomane

27 APRILE 201819:16
Iran,segretario Usa:
improbabile che Stati Uniti mantengano accordo




"E' improbabile che il presidente Donald Trump rimanga nell'accordo dopo maggio con l'Iran, senza modifiche sostanziali che ne risolvano le carenze". Lo ha detto il neosegretario di Stato americano, Mike Pompeo, al termine del summit Nato a Bruxelles. Tuttavia, sull'intesa con Teheran "non è stata presa alcuna decisione", ha concluso Pompeo.

http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/iran-segretario-usa-improbabile-che-stati-uniti-mantengano-accordo_3136814-201802a.shtml

4 marzo 2018 - Il voto degli italiani, in maggioranza, ha votato per il cambiamento riversando le preferenze sulla Lega e sul M5S e questi due partiti guardano solo il loro ombelico. L'Italia deve essere messa in sicurezza

Gli elettori del Movimento 5 stelle vogliono l'accordo con la Lega

Sondaggio di Pagnoncelli pubblicato sul Corriere della sera. Tra i leghisti il 41% preferisce l'intesa con Di Maio

Corriere della sera
28 aprile 2018

AGF-HP

La maggioranza degli elettori del Movimento 5 stelle vuole un accordo con la Lega per formare un governo. È quanto riporta un sondaggio di Nando Pagnoncelli pubblicato sul Corriere della sera.

Tra i pentastellati l'alleanza preferita è quella con la Lega (59%) che precede di gran lunga quella con il Pd (16%) e con il centrodestra (all'8% nonostante il veto di Di Maio su Berlusconi). I leghisti appaiono divisi: il 41% auspica un accordo con M5S, mentre il 34% privilegia un'alleanza della coalizione di centrodestra con i pentastellati, ipotesi largamente preferita (65%) dagli elettori di Forza Italia tra i quali solo il 10% gradirebbe un governo con il Pd.

Più variegata la situazione tra i sostenitori del Pd:

In attesa di conoscere l'esito della direzione del 3 maggio, il 39% degli elettori si dichiara favorevole a un governo con i 5 Stelle, il 10% preferirebbe allearsi con il centrodestra, il 19% vorrebbe stare all'opposizione e ben il 32% non prende posizione. Costoro potrebbero rappresentare l'ago della bilancia rispetto alle decisioni future del partito.

Pensione Eva - non si capisce perchè non diventano legali le case chiuse, preferendo il degrado delle strade impossibili da controllare e di cui c'è solo una volontà a giorno si e giorno no

CRONACA DAL BIELLESE
Blitz contro la prostituzione: multa da 500 euro per un biellese di 60 anni

Operazione dei carabinieri, a Masserano. Il bilancio è di 17 persone e 15 automobili controllate, con 3 infrazioni al codice della strada rilevate

Carabinieri (© Diario di Biella)

MASSERANO - Operazione contro lo sfruttamento della prostituzione, da parte dei carabinieri. I controlli sono avvenuti ieri, sul territorio comunale che da tempo è al centro di polemiche per le azioni del sindaco contro la presenza di prostitute nigeriane lungo alcune strade ad alta percorrenza. I militari, sia della locale stazione sia provenienti da Cossato, hanno controllato 17 persone e 15 automobili nello spazio di alcune ore.

I NUMERI - Il bilancio è di tre contravvenzioni per infrazioni al codice della strada ed una multa per un cittadino che si era appartato con una giovane nigeriana. L'uomo (63 anni, residente a Biella) dovrà pagare 500 euro all'amministrazione comunale, poiché ha violato l'ordinanza del sindaco Sergio Fantone anti-prostituzione, in vigore dal 2016: i proventi delle multe vengono usati per aree giochi e altri progetti di tipo sociale. La giovane nigeriana è risultata in regola sul territorio nazionale, poiché aveva correttamente richiesto la tutela internazionale da parte del nostro paese.

Gentiloni continua il rilascio lento di veleno, questa volta è sul Def. Gli aumenti dell'Iva possono si possono evitare non rispettando gli obiettivi di pareggio di bilancio. Semplice


Perché il Def di Gentiloni e Padoan (con gli aumenti Iva) è irricevibile. Parla il prof. Piga 

27 aprile 2018


“Quel Def non è un Def. E’ irricevibile”. Parola di Gustavo Piga, economista, saggista ed editorialista. Piga è stato anche uno degli esperti chiamati dal Movimento 5 Stelle a stilare le possibili convergenze programmatiche con Lega o Pd, come raccontato in questo articolo di Start Magazine che contiene anche il documento conclusivo del gruppo di lavoro coordinato dal professor Giacinto Della Cananea.

Ecco la conversazione con Gustavo Piga docente all’Università Tor Vergata.

Prof Piga, come valuta il Def approvato ieri dal consiglio dei ministri?

Quel Def non è un Def.

In che senso?

Nel senso che, sulla base delle norme e dei trattati, quello non è un vero Documento di economia e finanza.

Perché?

Semplice: perché viola la normativa europea e nazionale (art. 2 comma 2 legge 39/2011).

E che cosa manca secondo lei al Def per avere i crismi di un vero Documento di economia e finanza?

Mancano gli obiettivi programmatici e di manovra per raggiungerli.

Quindi?

Quindi quel documento è irricevibile dalla Commissione europea e dal Parlamento italiano.

Il governo dice: sarà il prossimo esecutivo ad occuparsi di obiettivi e dunque degli strumenti per raggiungerli.

Guardi, il ministero dell’Economia e delle Finanze non può fare da anonimo ufficio studi ed elaborare stime dell’economia italiana. Questo lavoro lo sanno fare decine e decine di centri studi in Italia. Non serve essere il ministero dell’Economia.

Secondo lei, che cosa penserà Bruxelles di questo Def monco?

A Bruxelles si manda un messaggio sbagliato. Si dice in sostanza che l’Italia riconosce e accetta il Fiscal Compact. Ma questo non è vero.

In che senso?

Le ricordo che nei primi giorni dello scorso febbraio le commissioni Bilancio e Politiche europee della Camera hanno bocciato l’inserimento del patto di bilancio europeo nell’ordinamento giuridico comunitario, come richiesto dalla direttiva europea al vaglio dei Parlamenti nazionali. Un voto unanime, pure del Pd.

E poi anche i governi italiani hanno sforato un po’ i tetti del Fiscal Compact, anche se meno di altri Paesi.

Esatto. E poi il voto del 4 marzo ha visto vincenti forze che contestano obiettivi e parametri del Fiscal Compact.

Come fare per evitare gli aumenti Iva?

Non rispettando appunto gli obiettivi di pareggio di bilancio.

Facile a dirsi…

No. Con le risorse derivanti da una spending review si possono aumentare gli investimenti utili. E ora la devo lasciare. Ho altri impegni. Grazie.

venerdì 27 aprile 2018

Africa - scardiniamo le loro economie che fin'ora gli hanno sempre permesso di mangiare, gli rubiamo le terre e li costringiamo a vivere nelle bidonville intorno alle città. Creiamo i presupposti per l'emigrazione di massa.

Il rapporto. Ecco tutti i regimi e le multinazionali che «rubano» terra alle comunità

Paolo Lambruschi venerdì 27 aprile 2018

Verrà presentato oggi a Bari nel Villaggio Contadino Coldiretti «I padroni della Terra», curato da Focsiv, sul fenomeno del land grabbing. Oltre 2.200 i contratti di acquisto o affitto nel mondo


Le terre coltivate e predate del pianeta sono come una superficie di campi coltivati grande otto volte il Portogallo. In questo secolo sono state acquistate o affittate nei Paesi del sud da investitori e sottratte alle comunità locali privandole dell’accesso a risorse indispensabili per lo sviluppo.

Le vittime del land grabbing sono così costrette a migrare verso le città o verso altri Stati. Il quadro del fenomeno in estensione, che sottrae in nome del libero mercato cibo e futuro a intere popolazioni, viene delineato dal rapporto della Focsiv 'I padroni della terra', presentato oggi a Bari nel Villaggio Contadino di Coldiretti. Secondo lo studio, basato su dati raccolti da Land matrix, osservatorio globale della società civile che ha preso in esame accordi dal 2000 fino allo scorso marzo, i contratti di acquisto o affitto di terra nel mondo sono 2.231 per un’estensione di oltre 68 milioni di ettari.

A questi vanno sommati altri 209 in corso di negoziazione, per oltre 20 milioni di ettari. Cifre comunque sottostimate, ammette il rapporto. La maggior parte dei patti conclusi - oltre 1.500 - riguarda investimenti in agricoltura su 31 milioni di ettari. In seconda posizione gli investimenti nello sfruttamento delle foreste, poi per la realizzazione di zone industriali. Gli investimenti agricoli riguardano soprattutto colture alimentari (630 contratti per 19 milioni e 700 mila ettari) e produzione di biocarburanti (261 contratti per 9 milioni 740 mila ettari). «In America latina – afferma il presidente della Focsiv Gianfranco Cattai – si è coniato un termine che sintetizza alcune di queste operazioni: estrattivismo.


Anche papa Francesco lo usa per indicare gli interventi di governi ed imprese che estraggono risorse strategiche per il mercato internazionale, oltre al petrolio e in generale agli idrocarburi, specie vegetali ed animali, nuovi metalli essenziali per la produzione di tecnologie, ma anche beni essenziali come terra e acqua. Un estrattivismo che impoverisce il territorio e le comunità, soprattutto quelle più vulnerabili che non riescono a difendere i propri diritti e che esclude i più deboli generando nuovi poveri».

Tra i primi 10 investitori accanto a ricchi Stati del Nord come Stati Uniti, Gran Bretagna e Olanda, ci sono le economie emergenti di Cina, India e Brasile, colossi petroliferi come Arabia Saudita, Emirati Arabi e Malesia, paradisi fiscali come Singapore e Liechtenstein. I primi 10 Paesi target, oggetto degli investimenti, sono soprattutto quelli impoveriti dell’Africa, come Repubblica Democratica del Congo, Sud Sudan, Mozambico, Congo Brazzaville e Liberia, e in Asia sud orientale la Papua Nuova Guinea. La Focsiv denuncia inoltre come la corsa verso la terra avvenga con 'una pressione verso il basso dei prezzi di acquisto o affitto delle terre'. Si sfruttano insomma economie strozzate dal crescente debito internazionale, in competizione tra loro per attrarre dall’estero valuta pregiata.

È l’Africa ad attrarre da sempre la maggior parte degli investimenti, occupando quasi 30 milioni di ettari, di cui ben il 64% per colture non alimentari. Anche l’Italia con alcune grandi imprese agroindustriali ed energetiche ha investito su un milione e 100 mila ettari con 30 contratti in 13 paesi. La maggior parte si trovano in Romania e Africa (Gabon, Liberia, Etiopia, Senegal). Buona parte degli investimenti italiani riguardano la produzione di legname e fibre (circa 65%) e di biocarburanti Esiste una fascia di Paesi che il rapporto definisce 'grigi', contemporaneamente investitori e target. Come la Cina, che ha investito con 137 contratti per una superficie di 2 milioni e 900 mila ettari in oltre 30 paesi nel mondo, mentre è oggetto di 16 contratti di acquisizione e affitto per oltre 400 mila ettari. O l’India, oggetto di acquisizioni di terre con 13 contratti per 54 mila ettari ma, contemporaneamente, le sue imprese stanno investendo con 56 contratti per oltre 2 milioni di ettari in oltre 20 Stati.


Interessante il caso dei paradisi fiscali come Singapore, che ha ben 63 contratti per oltre 3 milioni di ettari in 27 paesi nel mondo, soprattutto in Africa centrale e Asia sudorientale. O come le Isole Mauritius, Bermuda, Isole Cayman e Isole Vergini Britanniche da dove transitano flussi finanziari investiti anche in acquisti e affitti di terre nel mondo. Davanti alla predazione di risorse strategiche nei Paesi poveri che colpisce i diritti fondamentali, la Focsiv ha deciso di attivarsi. «Negli ultimi anni – conclude Cattai – è cresciuta la voce delle conferenze episcopali latinoamericane, africane e asiatiche a fianco delle comunità locali per contrastare le operazioni di land grabbing. Con Cidse, alleanza delle Ong cattoliche internazionali, abbiamo deciso di appoggiarle».

Mauro Bottarelli - NON sarà il/un governo del Presidente a mettere in sicurezza l'Italia ma solo M5S-Centrodestra escluso lo zombi con la visione politica-economica della moneta complementare, un robusto sostegno per mettere l'Italia in sicurezza

SPY FINANZA/ Draghi e la bugia che conferma un governo del Presidente

Continuare a spacciare l'eurozona come un sistema economico non solo sano ma in continua a costante ripresa è la nuova bugia di Mario Draghi, dice MAURO BOTTARELLI

27 APRILE 2018 - AGG. 27 APRILE 2018, 8.48 MAURO BOTTARELLI

Mario Draghi (Lapresse)

Mario Draghi vi ha mentito ieri. Certo, non è la prima volta che accade, anzi. E poi, qual è la legge del banchiere centrale quando le cose diventano davvero gravi, almeno stando alla filosofia di Bernanke? Mentire. Il problema è che le bugie del governatore della Bce non si sono limitate all'ordinaria amministrazione, ovvero a ribadire che - seppur un po' affievolita - la ripresa nell'eurozona resta solida e che ci sono prospettive ottimistiche per l'inflazione. No, ieri si è andati oltre. Il problema è uno solo e non riguarda le Banche centrali o i ministri dell'economia, bensì i media: tutti. Finché si continuerà a dedicare spazio a non notizie come la pantomima che sta proseguendo da quasi 60 giorni per la formazione del nuovo governo, quando anche i sassi sanno che la volontà è quella di arrivare a un governo di garanzia che, oltre a traghettare il Paese verso nuove elezioni (probabilmente in abbinata con le europee del maggio 2019), faccia ciò che vuole l'Europa in nome dell'emergenza (in primis, blindare in stile Fort Knox la legge Fornero da qualsiasi intenzione riformista futura), nessuno capirà nulla di come stanno andando davvero le cose. E, soprattutto, dei rischi reali che ci attendono dietro l'angolo del Qe. 

Non c'è niente da fare, l'analfabetismo finanziario in questo Paese non è limitato ai privati cittadini, purtroppo alberga in maniera stanziale anche e soprattutto nei media che avrebbero il dovere di informare: ma si sa, informazione fa rima - o, almeno, assonanza - con politica, spesso e volentieri nell'accezione deteriore del termine. Dico questo perché ora mi sono davvero stancato, in primis dell'ignoranza che trova sempre un ruolo giustificatorio: spiacente, l'ignoranza non ha giustificazioni. Si trova sempre il modo di informarsi, se si vuole. E, soprattutto, si trova sempre il modo di informare la gente, sempre se si vuole. In molti, troppi, non vogliono. Quindi, d'ora in poi sarà il vecchio adagio "chi è causa del suo mal, pianga se stesso" a guidare i miei moti di indignazione, al fine di moderarli e ricordare per bene che non sempre il potere ha torto nel prendere a torte in faccia la gente. Soprattutto, quando quest'ultima ha come unica preoccupazione le sorti della sua squadra di calcio o il nuovo modello di smartphone da comprare a rate con Taeg da codice penale. 

Vediamo cos'ha detto Draghi, per poi scoprire cosa non ha detto. «Tutti i membri del direttivo hanno sperimentato una moderazione nella crescita e una perdita di slancio, che è piuttosto ampia in tutti i Paesi e tutti i settori», ha dichiarato il governatore in conferenza stampa, pur sottolineando subito dopo come questo non preoccupi la Bce, la quale sulla base della consueta analisi economica e monetaria ha infatti deciso di mantenere invariati i tassi di interesse di riferimento: «Continuiamo ad attenderci che rimangano su livelli pari a quelli attuali per un prolungato periodo di tempo e ben oltre l'orizzonte dei nostri acquisti netti di attività». E fin qui, il solito nulla. 

Il board dell'Eurotower ha anche confermato l'attuale programma di acquisti di titoli fino a settembre, il Quantitative easing che sta andando avanti al ritmo di 30 miliardi di euro al mese e lasciato aperta la porta a una proroga di questa manovra - come al solito, «se necessario» - per favorire un ritorno dell'inflazione verso livelli inferiori ma vicini al 2%: «Bisogna continuare con pazienza, prudenza e persistenza», ha rimarcato Draghi. Ma proprio dall'inflazione, ha rimarcato Draghi, «arrivano ancora segnali di debolezza, mancano segnali di rialzo. Per cui rimane necessario un ampio grado di stimolo monetario per far crescere le pressioni inflazionistiche sottostanti». La linea è dunque la cautela, mitigata «dalla fiducia sul fatto che l'inflazione convergerà verso il target del 2% resta immutata».

E se i rischi legati alle prospettive di crescita dell'area dell'euro rimangono sostanzialmente bilanciati, «i rischi legati a fattori globali, compresa la minaccia di un aumento del protezionismo, sono diventati più evidenti», ha avvertito il numero uno della Bce. A detta del quale, «quello che è noto riguardo agli eventi recenti è che hanno un profondo e rapido effetto sulla fiducia delle imprese e degli esportatori e che a loro volta possono influenzare le prospettive di crescita». E il protezionismo potrebbe avere un impatto rapido e profondo sulla fiducia, «ma bisogna vedere se e come la retorica si trasformerà in azioni». In questo contesto, bisogna ripristinare i margini di bilancio. E questo «è particolarmente importante nei Paesi dove il debito pubblico resta elevato e l'attuazione delle riforme strutturali nei Paesi dell'area dell'euro deve essere sostanzialmente rafforzata», ha suggerito ancora Draghi, ritenendo prioritario anche migliorare il funzionamento dell'Unione economica e monetaria. «Il consiglio direttivo sollecita misure specifiche e decisive per completare l'unione bancaria e l'unione dei mercati dei capitali», ha concluso. 

Fin qui, bugie ce ne sono state parecchie ma le solite, nulla che debba allarmare più di tanto, soprattutto visto il grado di sedazione generale della gente. Vediamo invece dove sta la cosa grave. Se ricordate, la scorsa settimana avevo pubblicato questo grafico, nel quale si fa notare come tra la fine di marzo l'inizio di aprile, la Bce ha letteralmente raddoppiato da una settimana con l'altra il controvalore di suo acquisti di bond corporate, un aumento del 55% rispetto alla media da inizio anno. Come mai? 


Due le conclusioni più intuitive. Primo, con la fine del Qe che, almeno ufficialmente, non è più un miraggio, si tende ad accontentare il più possibile le necessità di finanziamento delle grandi aziende Ue e delle sussidiarie di quelle Usa e svizzere, le quali finora hanno utilizzato l'Eurotower e il suo programma Cspp come un bancomat per finanziare abbellimenti di bilancio a costo zero e bypassando il sistema bancario, il quale dal canto suo già rimanda segnali di tensione attraverso i picchi ininterrotti del Libor. Ovviamente, il giochino vale per i soliti noti, grandi aziende che possono permettersi emissioni obbligazionarie e rating formalmente investment grade o giù di lì: le Pmi, chi davvero tiene in piedi le economie, possono anche morire di tasse, mancati pagamenti della Pa e meccanismo di trasmissione del credito mai ripartito in maniera seria, a fronte dei miliardi regalati da Draghi a lorsignori. 

Non un bel segnale, comunque: se si emette debito come non ci fosse un domani e la Bce raddoppia gli acquisti significa che qualcosa di serio sta galleggiando sotto il proverbiale pelo dell'acqua. E potrebbe trattarsi di un iceberg bello grosso, visto che a beneficiare degli acquisti della Bce sono state in larga parte aziende tedesche e francesi, da qui anche l'interesso silenzio della Bundesbank rispetto al raddoppio del controvalore posto in essere dall'italiano Draghi. 

Seconda ipotesi, vediamo come reagisce il mercato a una dinamica simile, di fatto uno stress test per capire se qualcosa potrebbe andare fuori posto in maniera grave nel momento in cui gli acquisti di corporate bonds finiranno e le aziende dovranno tornare a finanziarsi sul mercato, ovvero presso le banche. E il risultato di quello stress test, paradossalmente, potrebbe essere stato questo: ovvero, il 30 marzo - una settimana dopo il raddoppio degli acquisti di corporate bond della Bce - gli spreads dell'investment grade europeo hanno toccato livelli che non si vedevano dall'estate 2017. Qualcuno ha inviato un segnale. 


Ora, guardate questi altri due grafici: la Bce ha cominciato a rallentare gli acquisti già la scorsa settimana, dando di fatto vita - mentre nessuno la guardava, perché impegnato in altre cose - a un principio di taper dei suoi acquisti. E non un taper da poco, come potete notare. In aprile, a livello di Cspp siamo a -50%, essendo passati da 1,4 miliardi alla settimana nel primo trimestre a 0,7 la settimana in aprile. Perché? 



Anche qui, due opzioni. Primo, si vuole operare uno stress test al contrario sui mercati, ma, soprattutto, valutare la risposta delle aziende a un'operazione di riduzione che potrebbe avere come scopo principale l'attutire il colpo quando davvero sarà finita la manna dei soldi gratis da Francoforte, ovvero evitare che si passi da tutto a niente, dal bancomat illimitato alle condizioni, magari capestro, delle banche. Perché il rischio non è solo quello del finanziamento che viene a mancare, ma anche - e, forse, soprattutto - del disvelamento al mondo di ciò che già si sa ma si finge di non vedere: metà delle aziende europee sono cosiddette zombie firms, ovvero vivono solo grazie alla Bce che garantisce l'investment grade. Se si torna a condizioni di mercato e di valutazione dei rating di credito reali, parte la catena dei default stile Usa nel 2009. 

Seconda opzione, ce la mostra questo grafico a due figure: si sta palesando la scarsezza di securities, ovvero bonds, eligibili all'acquisto, sia sovrani (Bund in testa, visto lo stop alle emissioni della Bundesbank) che corporate. Questo implica a sua volta due fronti: primo, si utilizza l'esperimento come test di reazione dei mercati all'idea che le aziende vadano incontro, d'ora in poi, a reali difficoltà potenziali di finanziamento. Due, ottenuto il risultato sperato, ovvero tremori visibili sugli spread da vendere ai mercati, arrivare a un allentamento ulteriore sui criteri valutativi per l'acquisto dei bond, soprattutto corporate: a quel punto, da qui all'autunno potrebbe configurarsi il più classico degli assalti alla diligenza, con emissioni a nastro per garantirsi più cash possibile, finché dura la festa. 


In questo modo, si otterrebbe l'ennesimo calcione al barattolo, permettendo un surplus di finanziamento alle aziende principali tale da portarle in sicurezza fino al 2019, sperando che le criticità non a caso citate da Draghi come rischi potenziali al ribasso, facciano ripartire il Qe in grande stile ovunque, Fed in testa. Ecco la grande bugia di Draghi, non tanto non aver raccontato in conferenza stampa della sua attività da novello dottor Frankenstein con gli acquisti obbligazionari per testare le reazioni, ma continuare a spacciare l'eurozona come un sistema economico non solo sano ma in continua a costante ripresa: metà delle aziende europee sono tecnicamente fallite, senza la Bce. Meglio saperlo subito, almeno non rimarremo a bocca aperta quando la XY che tutti ritenevamo così solida, finirà a zampe all'aria o per non farlo dovrà licenziare metà della forza lavoro e tagliare del 75% il CapEx. 

Perché è così che andrà a finire. Ma noi continuiamo pure a preoccuparci dei mandati esplorativi, sicuramente un governo M5s-Pd risolverà ogni criticità con lo schioccare delle dita. Basti vedere lo stato dell'economia reale in cui hanno fatto precipitare il Paese negli ultimi anni, per averne conferma. Unite al pregresso il contributo fondamentale dei premi Nobel per l'economia che albergano fra i grillini e avrete l'esatta idea di cosa vi attende. Capite perché sarà governo del presidente, come si sapeva fin dall'inizio, fin da prima del 4 marzo? Perché saranno lacrime e sangue, quelle vere stavolta.

crimini di guerra, sempre loro gli Stati Uniti


L'Euro è un Progetto criminale deve distruggere le Nazioni, impoverire i poveri togliendogli cultura, status ed identità e lo specchio della nostra classe politica lo dimostra ampiamente

Sull’ignoranza delle élites secessioniste e dei loro antagonisti “populisti”.

Maurizio Blondet 26 aprile 2018 

Quando “la sinistra”, in rotta dovunque, continua ad essere forte solo nei quartieri di lusso di Milano e Roma, bisogna cominciare a vedere la realtà che viene nascosta dall’etichetta che i privilegiati – dato che hanno tutto e sono i padroni del discorso – si sono dati. Strappare etichetta falsa come le loro fake news, e riconoscere il nemico di classe.

Un nemico di classe molto più difficile da vincere. L’oligarchia oppressiva e repressiva, essendo mondializzata, non vive più nella nazione. Si sottrae anche alla vista nelle sue case con i servi filippini e nelle sue terrazze romane, non dovendo più i loro privilegi a nessun contatto con le classi oppresse. E l’ondata di immigrazione che spezza l’unità del popolo oppresso le dà un vantaggio in più.

Perché “Karim vote à gauche et son voisin vote FN”, Karim l’immigrato vota a sinistra mentre il suo vicino (bianco e disoccupato di lunga durata) vota Front National, come suona il titolo di un saggio del politologo Jerome Fourquet.

Ora lo stesso politologo pubblica “1985-2017, quando le classi privilegiate hanno fatto secessione”.

L’accusa è precisa: le elites sono secessioniste. La coesione della società è rotta “dal separatismo sociale di una parte della frangia superiore della società, essendo di fatto sempre minori le occasioni di contatti ed interazioni fra le categorie superiori e il resto della popolazione”. Non è tanto che quelli che in Francia chiamano CSP+ (grandi capi d’impresa, grandi professionisti di successo, alti commercianti, manager digitalizzati e consumatori d’alta gamma) in 30 anni sono passati a formare dal 25 all’attuale 46% della popolazione del centro di Parigi, mentre la percentuale di operai in qui quartieri, che era del 18%, è calata al 7.

Il punto decisivo è che costoro hanno “disertato l’insegnamento pubblico” per i loro figli e nipoti, sempre più piazzandoli in scuole private d’elites e in costose e prestigiose università private all’estero, americane per lo più. Argomento rovente, anche perché gli studenti sono in agitazione perché Macron ha chiuso accessi alle Università “per tutti”, conquista del ‘68.

Ma già Emmanuel Todd ha segnalato la frattura educativa fra oligarchie e “popolo” confinato nelle scuole pubbliche di massa sempre più degradate, come cruciale per la rottura del corpo sociale. Già nel 2015 Todd si diceva “scandalizzato dallo stupro del suffragio universale avvenuto con l’applicazione forzata della pseudo-costituzione chiamata Trattato di Lisbona”, imposta nonostante il voto contrario dei francesi. Vi ha visto la svolta decisiva verso l’oligarchia senza scrupoli.



Si riscopre così che l’accesso generalizzato alla scuola pubblica, non solo primaria ma secondaria, l’interazione fra ricchi e poveri e tendeva ad egualizzare il livello d’istruzione, ciò che favoriva la democrazia, anche “nutrendo un subconscio sociale egualitario (sic)”, l’attuale privatizzazione dell’istruzione a pagamento – come ogni altra privatizzazione – “nutre un subconscio sociale in egualitario”.

E attenzione, non è che questi acquisiscano davvero una cultura profonda e superiore, nelle loro università d’elite – come almeno ricevevano le elites italiane a forza di greco e latino nel liceo di Gentile, e quelle inglesi (dove ugualmente la classe dirigente veniva temprata al governo delle colonie e delle flotte con gli studi classici, profondamente inattuali) – ma quella cultura “funzionale e alla moda” che li rende plurilingui, mobili, a loro agio nella comunicazione, imbevuti del pensiero unico della mondializzazione liberista che permette loro di vivere sempre meno nel quadro nazionale (d’altronde deperito) e sempre più in un “altro-mondo in sospensione”.

E’ l’infarinatura educativa della Generazione Erasmus, ferocemente satireggiata da Borgognone, il cui vero esito non è di formare una vera classe dirigente che si assuma il peso e la responsabilità di governo, ma al contrario:

provoca “l’autonomizzazione delle classi favorite, che si sentono sempre meno legate ad un destino comune col resto della collettività nazionale”, che va dal separatismo elettorale fino all’esilio fiscale, la sottrazione dei profitti alle imposte resa possibile dalla mondializzazione, che mostra il rifiuto di questa parte della popolazione di finanziare il funzionamento della collettività nel suo insieme.

Capitalisti il cui capitale è “culturale”, di quella cultura facile e spendibile nella globalizzazione: Macron ne è un esempio caricaturale: pedantemente “esperto” quando parla del digitale, nulla conosce della storia del suo paese. La sua visione della società è quella – parole sue del terrificante discorso del luglio 2017 – di un non luogo, una stazione “dove si incrocia gente che ha successo e gente che non è niente”.

Gente che “non è niente”, così questa classe vede i concittadini poveri, deboli, malati, disoccupati.
Persa l’etica del servizio pubblico

Ovviamente, l’anti-statalismo ideologico, che ha portato allo “snellimento” alla riduzione delle spese pubbliche, ha fatto prosperare questa classe e la sua mentalità. Con tutti i loro difetti scuola di Stato, ferrovie di Stato, previdenza sociale, sanità pubblica, avevano lo scopo di stabilire l’eguaglianza fra cittadini di pari dignità: il servizio pubblico aveva una sua etica, che era l’obbligo di estendere il servizio alle medesime condizioni a tutti i cittadini. La privatizzazione ha portato ad una aziendalizzazione, che ha distrutto questa etica rimpiazzandola con l’obbligo di “fare profitti” . Ovviamente, de-responsabilizzando i dirigenti verso la società.

Non si può tacere che, per “ridurre la spesa pubblica”, la Unione Europea s’è data un pretesto cervellotico, un automatismo unico al mondo e nella storia: l’obbligo di rispettare i “criteri di convergenza di Maastricht”, il limite del 3% del deficit pubblico. E’ a nome di questo “obbligo” che i governanti distruggono, liquidano, svendono il patrimonio collettivo, che non è loro, ma del popolo che lo ha costruito nelle generazioni successive.

Nel complesso, riconosce il saggista Fourquet, possiamo dirlo dopo decenni di costruzione europea: essa agisce come “un formidabile strumento di de-responsabilizzazione delle elites politiche”. I politici, quelli che eleggiamo, non hanno più bisogno di assumersi i doveri che comporta la loro legittimazione: la capacità di fare le grandi scelte , è trasferita massicciamente alle eurocrazie transnazionali. Non occorre nemmeno che diventino competenti in economia politica per governare: applicano le “normative europee”, fanno quel “che ci chiede l’Europa”. Hanno spento l’intelligenza nella convinzione che i tecnocrati ne abbiano di più.
La UE ha de-responsabilizzato le dirigenze nazionali

Che la loro competenza sia “neutrale” e a-politica, non di parte, e quindi infallibile ed indiscutibile, è una delle più insensate e rovinose superstizioni su cui si regge la “Europa”.

Di fatto, ormai è ora di riconoscerlo: gli eurocrati, gli esperti, hanno commesso errori radicali – come l’euro senza fare una vera unione monetaria, errore segnalato dai maggiori economisti Nobel – e volontariamente, nel calcolo di suscitare disastrose divergenze fra i paesi, che avrebbero indotto i governanti a cedere ulteriore sovranità (“Mai sprecare una crisi”, Mario Monti).

Un errore ancora più fatale dei tecnocrati è sotto gli occhi di tutti anche se non ce ne accorgiamo: che, sotto la loro guida di “esperti”, l’Europa è diventata, da avanguardia inventiva, una retrovia relativamente arretrata, che esporta magari in Cina le Mercedes, che si dedica ai motori d’auto , però che importa tutta l’elettronica “di consumo”: decine di milioni di computer a schermo piatto, che stanno su ogni ufficio pubblico o privato, sono cinesi o coreani – e così le decine di milioni di smartphone. Li sapevamo produrre, ma quel settore è stato abbandonato alla competizione di paesi dai bassi salari; questi hanno acquisito le competenze avanzate che noi, comunitariamente, abbiamo perso e cancellato.
…e gli “esperti” hanno fatto scelte sbagliate

E non è un fenomeno “naturale”: è una scelta politica di incompetenti, che hanno seguito l’ideologia: liberismo globale (nessuna difesa delle produzioni nazionali) e peggio ancora, l’abbandono del demonizzato “dirigismo”. Ma secondo voi, la Corea del Sud come ha sviluppato l’elettronica e le università specialistiche e le fabbriche allo stato dell’arte per i processori? Tutte queste cose non le hanno create “i mercati”, bensì la decisione politica dello Stato coreano – reso acuto dal fatto di essere psicologicamente in stato di guerra col Nord, io credo – di conquistare l’eccellenza in un settore di cui aveva giustamente identificato il futuro, fornendo investimenti pubblici mirati. L’impressionante emersione della Cina è tutto effetto di “dirigismo” politico, di scelte non dettate dai “mercati finanziari”, ma da una certa idea di nazione.

Gli eurocrati, non hanno dato nessuna direzione industriale (anatema per il dogma liberista), hanno abbandonato le nostre industrie elettroniche ai “mercati”, ma in compenso si impicciano e dicono la loro sui bilanci degli stati membri, li correggono, li limano, impongono nuove tasse “per stare nei parametri”: insomma fanno del “dirigismo” asfissiante, ma sbagliato, stupido e stroncante lo sviluppo economico.

Possiamo proseguire, se volete. Credete che i celebrati capi della Banca Centrale Europea sappiano davvero che politica monetaria stanno conducendo? Che Draghi e Weidmann l’abbiano pensata, diciamo, meglio di quanto la possano pensare un Sapelli e un Bagnai, o un Varoufakis? Proprio il greco ha rivelato come, con suo stupore, ha scoperto che questi – e i politici eurocratici come Merkel e Hollande – applicano non idee, ma “protocolli” che, per essere stati faticosamente concordati, sono l’espressione di compromessi fra la Bundesbank e le altre banche centrali, fra i diktat del ministro tedesco delle finanze – che ha da vendere in Usa le Mercedes, mica gli smartphone – e il servile italiano di passaggio, che ha un paese de-industrializzato e quindi, spera solo, col cappello in mano, che gli lascino “sforare Maastricht”. Basta confrontare la Merkel e Macron con Putin e Lavrov per vedere la diversa qualità, stoffa e cultura politica. Un abisso.

E la Corte di Giustizia europea continua, dagli anni ’60, ad imporre per sentenze e giurisprudenza una deregulation economica che , ha “costituzionalizzato”; ossia messo al disopra delle leggi nazionali, ossia al di fuori della portata dei parlamenti eletti. Mantiene paradisi fiscali al suo interno, ossia legalizza l’elusione fiscale delle elites secessioniste; con la dogmatica della “Libera circolazione di capitali e lavoro”, mette in concorrenza il capitale col lavoro, a naturale profitto di quello più mobile che depreda quello sedentario, legato alla lingua e ai sistemi nazionali, il lavoro.
L’Europa verso l’arretratezza

Tutto ciò, come dicevo, ha reso l’Europa, da avanguardia, a popolosa retrovia di consumo, avviata all’arretratezza industriale e scientifica, e visibilmente, sterile anche in arte, cultura, scienza. Eravamo dipendenti dall’estero per le materie prime, oggi l’eruocrazia ci ha reso dipendenti dall’estero per i computers. Ormai ignara di quella economia “politica” (politica significa “pubblica” e “sottratta al mercato del profitto”, come la lira prima del divorzio Tesoro Bankitalia), ci ha riempito la classe dirigente anche potenziale di incompetenti che non conoscono – se prendono il potere – come far funzionare lo Stato. Matteo Renzi è un triste esempio di agitatore non privo di qualità ma privo di una precisa percezione di cosa andava “riformato”. All’Europa dobbiamo perfino se Fico è laureato in canzone napoletana in “Scienza delle Comunicazioni”, o Di Maio che s’è solo affacciato a Giurisprudenza: non è colpa loro. Penso solo a come il fascismo avrebbe spinto, obbligato, lanciato giovani napoletani intelligenti a frequentare università dure, e laurearsi in ingegneria, a studiare per diventare dirigenti dell’IRI, che so.

Il punto è che questi, in cui sono le ultime speranze di un recupero della sovranità, condividono con le elites secessioniste la “cultura”, a livello subalterno: no sono nemmeno Generazione Erasmus infarinata di inglese, ma sono aspiranti Erasmus risalenti dalla classe “che non è niente”.


Insisto: non è colpa loro (del resto non è che la ministra Fedeli Poletti o Lorenzin fossero coltissimi), è mancato loro il dirigismo che mettesse a frutto le loro qualità per la nazione. Il guaio è che condividono la mentalità delle elites secessioniste. Non hanno la cultura “dura” che serve a contrastarle.

E come scrive Ivan Krastev, sociologo bulgaro, nel suo Destino d’Europa (Le destin de l’Europe, Premier Parallèle, 2017), laddove “le elites tradizionali avevano doveri e responsabilità, e la loro educazione le preparava a mostrarsi all’altezza”, oggi “le nuove elites non sono formate al fardello del governare”, un vero “sacrificio”: “La natura e la convertibilità delle competenze delle nuove elites le affranca molto concretamente dalla propria nazione. Non dipendono dai sistemi educativi pubblici nazionali, né dai sistemi di protezione sociale. Hanno perduto la capacità di condividere le passioni e le emozioni della loro comunità”.

Questo Nemico di Classe, ha fatto secessione, e peggio: la sua bassa ma pretenziosa cultura “cosmopolita” lo rende “libero” dei doveri di essere classe dirigente. Come dice Fusaro, il nuovo sfruttattore non ha nemmeno “la coscienza infelice” che Marx vedeva nella borghesia imprenditoriale; la sua emancipazione morale lo rende quello che poteva anche non essere: una Oligarchia parassitaria. Che per di più accusa gli altri, i “populisti” i “sovranisti”, di essere fascisti . La frase di Berlusconi che davanti ai 5 Stelle si sente come un ebreo davanti a“Hitler”, è molto indicativa. Anche lui, “di destra moderata”, appartiene ai quartieri alti secessionisti che hanno in orrore il popolo, e contribuirà a disciplinarlo come chiede l’Europa. Lui, non si fa nessuno scrupolo a preferire un governo col PD e a dirlo. Lui ha superato la finzione “destra/sinistra”, buona per fare fesse le plebi idiote. Lui, ha capito che la divisione non è fra destra e sinistra, ma fra “basso” e “alto”. E castrerà il movimento nato con Salvini. Il problema dei 5 Stelle – oggettivamente difficile – è di trovare il coraggio di assumere il populismo non come una colpa, ma come una bandiera.

M5S e il corrotto euroimbecille Pd sull'affermazione del Jobs Act definisce il falso ideologico dei cinque stelle che diventa Pd 2.0

Matteo Salvini: "Il governo Pd-grillini? Ipotesi raccapricciante"

Matteo Salvini commenta così gli ultimi sviluppi delle consultazioni del presidente della Camera, Roberto Fico: "Renzi-Di Maio? Finisce male" 

Franco Grilli - Gio, 26/04/2018 - 16:24

Dopo l'apertura di Martina al Movimento Cinque Stelle e i nuovi attacchi di Di Maio a Forza Italia e Berlusconi, Matteo Salvini commenta così gli ultimi sviluppi delle consultazioni del presidente della Camera, Roberto Fico: "Adesso mi sembra che per qualche giorno andrà avanti la telenovela Renzi-Di Maio- Di Maio-Renzi.


Speriamo che non duri troppo. Secondo me, sarebbe un governo irrispettoso per gli italiani".

Poi si lancia in una "profezia" su questa trattativa tra i dem e i pentastellati: "Quando avranno finito il loro amoreggiamento, se gli andasse male, cosa che penso, io ci sono. Se vogliono bussare alla porta del leader di centrodestra per parlare di programmi, però veri, non programmi che cambiano, come rappresentante di tutto il centrodestra". Sull'ipotesi di un esecutivo Pd-M5s, di fatto il leader della Lega ha le idee chiare: "In questo momento stiamo parlando del surreale, che è questo raccapricciante governo Pd-5 Stelle". Poi in modo sarcastico incontrando i giornalisti a pochi passi da Montecitorio, ha affermato: "Non voglio portargli via la gloria! Oggi è la festa di Di Maio e Renzi, non voglio rovinarla...".

26 aprile 2018 - Claudio Borghi Aquilini - Consultazioni - Debito Pubblico - Programmi In...

26 aprile 2018 - DIEGO FUSARO: Nostalgia dell'Intero. Eros e Filosofia

Gaza dalla prigione a cielo aperto - i cecchini ebrei uccidono i giornalisti palestinesi, non si deve documentare la loro caccia grossa agli uomini

Gaza, il diritto di cronaca vittima dei cecchini

26.04.2018 - Patrizia Cecconi


Mentre in Italia si disquisiva sull’opportunità o meno di accogliere alla festa della Liberazione le bandiere palestinesi in quanto espressione di un popolo sotto occupazione e quindi, ai sensi del punto “m” dell’art.2 dello statuto dell’Anpi, accoglibili a tutti gli effetti nonostante la pretesa di espulsione da parte delle Comunità ebraiche legate alla politica israeliana, da Gaza arrivava la notizia che due delle migliaia di palestinesi feriti dall’esercito israeliano erano morti dopo molti giorni di agonia. Si trattava di un adolescente di nome Tahir Wahba e di un altro giovane​ di no​me Mohammed Shomali.

L’identificazione​ dei martiri è importante​ quando ad essi si dà rispetto e per questo li chiamiamo per nome che non vada a perdersi almeno quella pietas umana che impedisce di ridurre le uccisioni a semplice video game e i morti a numeri più o meno significativi​.

Risolta la questione bandiere ​in modo diverso nelle diverse città d’Italia, comunque ieri, 25 aprile,​ la Liberazione veniva festeggiata. Ma proprio mentre la manifestazione finiva e la diatriba tra filo-israeliani e palestinesi andava momentaneamente a riposo, arrivava la notizia che un altro giovane palestinese, un ​fotoreporter preso di mira dai cecchini israeliani venerdì scorso mentre fotografava ​ a centinaia di metri dal confine, aveva finito di vivere. Si chiamava Mohammed Abu Hussein e aveva il giubbetto identificativo con la scritta PRESS. Giubbetto che, dato il numero dei giornalisti palestinesi feriti o uccisi, fa supporre che non sia una protezione ma un target per gli snipers posizionati su collinette di sabbia create ad hoc dalle ruspe israeliane per prendere la mira anche a notevole distanza.

Oggi a Jabalia, a nord di Gaza, si terranno i suoi ​funerali. I suoi amici lo piangono con rabbia e sono convinti che sia stato ucciso perché colpevole di filmare la verità. I suoi familiari lo piangono con dolore, ma hanno la stessa convinzione. I media che fanno la conta dei morti, quando questi appartengono a una categoria non considerata particolarmente importante, non ne parleranno se non con un rigo d’agenzia, ma domani prosegue la “grande marcia” e sappiamo che questa morte non fermerà i palestinesi che hanno deciso di dire a voce alta “kalas!” cioè “basta!” a questa condizione di esseri umani ingabbiati.

Come ogni venerdì, anche domani la giornata avrà un tema e il tema sarà “i giovani”. Saranno loro ad organizzare gli eventi che daranno colore alla marcia. Osservatori imparziali immaginano che sarà una giornata molto calda. Detto senza aver di fronte la tabella dei quattro venerdì passati può non dare l’idea di cosa significhi, quindi diciamo che finora ci sono stati quasi 40 morti e quasi 5.000 feriti, ovviamente tutti e solo in campo palestinese.​

​Mohammed​ forse poteva salvarsi, sebbene le ferite allo stomaco con proiettili a espansione lasciassero poca ​speranza. E comunque per provare a salvarlo serviva un ospedale attrezzato e doveva uscire da Gaza. In Palestina l’ospedale che forse poteva salvargli la vita c’era​ e sta a Ramallah. E a Ramallah Mohammed è stato portato. Ma Israele non ha dato il permesso subito, ha aspettato che passassero tre giorni. Troppi perché potesse salvarsi.

​Questo fatto viene letto dai gazawi come perfid​o e sadico​ divertimento. Forse era solo disfunzione burocratica, noi non lo sappiamo. Sappiamo però che Mohammed era solo un testimone disarmato e che ​è morto nel pomeriggio di ieri, 25 aprile, nell’ospedale di Ramallah, proprio​ mentre in Italia la giornata della Liberazione dalla quale gli ebrei filo-israeliani ​volevano escludere i palestinesi, ormai volgeva al termine. Restavano in campo solo le polemiche dovute alla partecipazione, a Milano, della cosiddetta brigata ebraica, la quale al di là​ dall’essere una reale espressione della Resistenza italiana (quella ha visto gli ebrei, in quanto italiani al pari degli altri, come resistenti …al pari degli altri) si pone come sostenitrice dello Stato di Israele che, come tutti sanno, viola ogni Risoluzione Onu, occupa i Territori palestinesi e spara sui giornalisti come i peggiori regimi dittatoriali.

​Intanto a Gaza le ​ pareti delle case e i muri delle strade si arricchiscono di altri ritratti di martiri in attesa di un “25 aprile” anche per loro, che ponga fine a questa mattanza di vite e di diritti.

Sovranità Territoriale deve ritornare all'Italia

“Fermare il sostegno europeo agli attacchi letali dei droni USA”


(Foto di DoD photo by Tech. Sgt. Jacob N. Bailey, U.S. Air Force)

19 ONG sollecitano gli Stati europei ad astenersi dal contribuire agli attacchi con droni condotti dagli USA, che potrebbero violare il diritto internazionale, e a mettere in campo misure di salvaguardia

Una “profonda preoccupazione per la fornitura segreta di assistenza da parte degli Stati europei alle operazioni dei droni letali condotte dagli Stati Uniti, in particolare alla luce di una drammatica espansione negli attacchi con droni” senza dimenticare come recentemente “il Presidente Trump abbia smantellato le già inadeguate restrizioni dell’Amministrazione Obama sull’uso della forza” letale. Sono queste le motivazioni che hanno spinto 19 Organizzazioni della società civile internazionale (13 delle quali fanno parte dello European Forum on Armed Drones) a diffondere una dichiarazione congiunta sull’assistenza fornita dai Paesi europei al programma con droni letali condotto dali Usa, sottolineando i possibili impatti in termini legali e di complicità.

Una situazione problematica, quella dei droni armati e del loro uso letale dentro e fuori i conflitti armati riconosciuti, al centro del recente Rapporto “Assistenza mortale” pubblicato da Amnesty International e che evidenzia quale sia stato il ruolo di quattro importanti Paesi europei he in questi anni hanno supportato il programma statunitense dei droni: Regno Unito, Germania, Paesi Bassi e Italia. “Dal 2001 con l’inizio della cosiddetta “guerra al terrore”, gli Stati Uniti hanno sviluppato un vasto programma che prevede l’uso dei droni per effettuare uccisioni mirate extra-territoriali in tutto il mondo. In molti casi i droni hanno colpito vittime innocenti, realizzando uccisioni illegali, alcune delle quali potrebbero equivalere a crimini di guerra o a esecuzioni extragiudiziali” sottolinea Amnesty. Nel Rapporto in particolare si riporta come già da tempo Regno Unito, Germania e Italia consentano agli Stati Uniti di gestire basi nei loro territori, col conseguente impiego di comunicazioni e infrastrutture d’intelligence che permettono la trasmissione di informazioni dagli operatori dei droni negli Usa ai droni armati che lanciano attacchi mortali in tutto il pianeta; inoltre l’Italia consente agli Usa di lanciare attacchi coi droni armati dalla base Usa di Sigonella a scopo difensivo.

“Con sempre più Stati europei che collaborano e condividono dati con gli Stati Uniti in varie missioni militari e acquisiscono essi stessi droni armati, l’EFAD chiede un chiarimento sulle posizioni legali sull’uso della forza letale con droni armati, in particolare fuori dal campo di battaglia– sottolinea Wim Zwijnenburgdella Ong Olandese PAX e coordinatore del Forum – L’EFAD chiede inoltre un più ampio dibattito a livello di UE sull’uso e la proliferazione dei droni armati per garantire che queste nuove tecnologie vengano utilizzate conformemente ai quadri giuridici esistenti e in modo trasparente. Non va dimenticato infatti che gli Stati europei probabilmente impiegheranno più mezzi militari nelle operazioni militari all’estero, nel contempo cercando un mercato potenziale per la propria industria dei droni”. Il Forum Europeo sui droni armati è composto da 27 organizzazioni della società civile europea o con attività in Europa (per l’Italia sono membri la Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili e la Rete Italiana per il Disarmo). La “Call to Action” del Forum chiede ai Governi di articolare politiche chiare, prevenire la complicità, assicurare la trasparenza, stabilire responsabilità e controllare la proliferazione dei droni armati. 

La Rete Italiana per il Disarmo ha in corso sul tema dei droni armati una campagna di ricerca e mobilitazione in particolare incentrata sul fatto che il nostro Paese è sul punto di dotarsi di armamento per i propri droni militari. L’azione è coordinata dall’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo che ha già pubblicato nel 2017, in collaborazione con esperti internazionali e nazionali, la ricerca “Droni militari: proliferazione o controllo” con una prima panoramica della situazione (illustrata inoltre nell’evento pubblico del settembre 2017 presso l’Università Statale di Milano “Droni armati in Italia e in Europa: problemi e prospettive”).

“I problemi che pongono i droni armati sono tanti e molto seri. Forse il più urgente di tutti è che la gente ne sa pochissimo. Dato che in democrazia i cittadini hanno il diritto di essere informati, oggi il nostro obiettivo è di capire se sono disponibili informazioni sufficienti su un tema che non è soltanto tecnico, cioè strategico e militare, ma ha rilevanti implicazioni che riguardano i principi dello Stato di diritto, da quello di un giusto processo (che invece viene negato nel caso delle “esecuzioni mirate”) fino alla vita quotidiana (privacy, sicurezza ecc.) – commenta Fabrizio Battistelli presidente di IRIAD – Per questo, nell’ambito della campagna di azione sul tema droni condivisa con la RID, Archivio Disarmo sta effettuando una ricerca sull’opinione pubblica italianaarticolata in una serie di focus group nelle principali città italiane e nella realizzazione di un sondaggio di opinione a livello nazionale”.
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Il recente Report “Assistenza mortale” pubblicato da Amnesty International sul supporto degli Stati europei al programma statunitense di droni armati è scaricabile a questo link

Il Report di ricerca “Droni militari: proliferazione o controllo” pubblicato ad aprile 2017 da Rete Disarmo e IRIAD Archivio Disarmo è scaricabilea questo link

Per maggiori informazioni sullo European Forum on Armed Drones > www.efadrones.org