L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 27 luglio 2019

Cassa depositi e prestiti. Una volta che ti sei arruolato in un partito si perde la capacità propulsiva che si ha e ci si accoda alle peggio nefandezze. Bagnai Borghi Paragone...

Cdp, spinte su Sapelli e mal di pancia dei sindacati

Per sostituire il consigliere Grant, eletto con la Lega al parlamento Ue, Salvini spinge per il professore ipotizzando per lui un futuro da presidente. Mentre la trattativa con Salini per il polo delle costruzione è in salita.

Redazione
26 Luglio 2019 09.52

Non c’è pace per Cdp. In ballo, da un lato, ci sono gli assetti di vertice, ora scossi – dopo i lunghi tira e molla sulle eventuali dimissioni del presidente Massimo Tononi, in forte e continuo contrasto con l’ad Fabrizio Palermo – dalla necessità di sostituire il consigliere d’amministrazione Valentino Grant, che è stato eletto al parlamento europeo nelle file della Lega, ed è dunque costretto a lasciare. Dall’altro c’è un una forte presa di posizione sindacale che critica la gestione del personale.

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LE PRESSIONI LEGHISTE SU CDP

Nel primo caso assisteremo all’ennesima forzatura del governo su Cdp. Finora Palermo inizialmente riveveva messaggi messaggi da Stefano Buffagni, il sottosegretario pentastellato che per lungo tempo è andato dicendo in giro di essere il padrone della Cassa – ma dalle elezioni europee in poi ha virato sulla Lega, cercando contatti con Giancarlo Giorgetti e Matteo Salvini. Ed è da quest’ultimo che arriva il diktat sulla sostituzione di Grant, che a suo tempo era stato lo stesso vicepremier a pescare, su suggerimento del senatore Raffaele Volpi, che tira le fila della Lega al Sud, dalla presidenza della Banca di credito cooperativo di Casagiove, nove filiali nel Casertano.

Il professore Giulio Sapelli.
SALVINI PUNTA SU SAPELLI

Salvini vuole a tutti i costi Giulio Sapelli, l’eccentrico e incontrollabile economista che a suo tempo era stato in ballo persino per Palazzo Chigi. Una scelta fatta con l’idea che se Tononi se ne dovesse davvero andare, potrebbe essere lui il presidente (ma cosa direbbero le Fondazioni, cui spetta indicarne il nome?). E anche per arginare il vicepresidente Luigi Paganetto, amico personale del ministro Giovanni Tria, che Palermo ha messo sul banco degli imputati dal collegio sindacale e dall’organismo di vigilanza per una improvvida intervista in cui riapriva il dossier Alitalia.

IL MAL DI PANCIA DEI SINDACATI

In questo bailamme è piombato come un fulmine, fatto senza precedenti, un lungo comunicato di Fabi First-Cisl, Fisac-Cgil e Uilca, ospitato da qualche giorno sulla intranet di Cdp. Che poi del classico comunicato sindacale ha ben poco, a cominciare dall’esordio: «Capita a chiunque di noi, completamente assorbiti dalle quotidiane attività lavorative…». Ma il seguito è durissimo: una pesante quanto corporativa requisitoria nei confronti della gestione di Cdp. Non esistono piani di carriera e non si investe nella formazione, lamentano i sindacati. Nel codice etico di Cdp si garantiscono pari opportunità a tutti i dipendenti senza distinzione di genere, appartenenza, razza, religione eccetera, ma «stiamo assistendo a una sistematica mortificazione professionale ai danni dei colleghi con riconosciuta esperienza e serietà, ma che hanno più di 40 anni». Largo ai vecchi, insomma.

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