L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

lunedì 21 ottobre 2019

Gran Bretagna, un paese prigioniero del suo passato non riesce a fare i conti con la realtà

ESTERI
BREXIT, IL PAZIENTE INGLESE SUL LETTINO DELLO PSICANALISTA

Pubblicato 20/10/2019

DI ALBERTO NEGRI

https://edicola.quotidianodelsud.it/…/20191020quotidianodel…

Brexit, il paziente inglese sul lettino dello psicanalista
La Gran Bretagna è oltre la crisi di nervi. I britannici ormai sono stesi sul lettino dello psicanalista di Bruxelles, ovvero della Commissione europea che deve dare il suo responso su un nuovo rinvio della Brexit. Se non si trattasse del destino di un popolo il paziente inglese susciterebbe una teatrale ilarità.

La Gran Bretagna e soprattutto il suo primo ministro sono oltre la crisi di nervi. I britannici ormai sono stesi sul lettino dello psicanalista di Bruxelles, ovvero della Commissione europea, per altro dimissionaria, che deve dare il suo responso. Se non si trattasse del destino di un popolo e anche dei nostri interessi politici ed economici il paziente inglese susciterebbe una teatrale ilarità. Mentre a Londra ieri marciavano un milione di persone per un secondo referendum sulla Brexit, a Westminter si impacchettavano ancora una volta Boris Johnson, l’Arruffato.
La Camera dei Comuni britannica ha approvato un emendamento che impone lo slittamento del voto sull’accordo con l’Ue, di fatto aprendo la strada ad una nuova proroga della Brexit, rispetto alla scadenza del 31 ottobre. L’emendamento, promosso dal dissidente conservatore, Oliver Letwin – che afferma di essere favorevole all’accordo raggiunto dal premier Johnson con l’Ue ma di voler essere sicuro di evitare ogni rischio di no deal “per errore” – ha avuto il sostegno trasversale di altri ribelli conservatori, degli unionisti nordirlandesi del Dup e della gran parte dei deputati dei partiti di opposizione. Ha ottenuto 322 sì contro 306 no.
L’emendamento di fatto mira a imporre una nuova proroga della Brexit: suggerendo la sospensione della ratifica del deal fino all’approvazione di tutta la legislazione connessa, se necessario anche oltre la scadenza del 31 ottobre, contro il volere di Johnson.
L’Arruffato con la sua Brexit, confusa e raffazzonata, viene quindi rimandato alle calende greche. Anche gli unionisti irlandesi, che lo sostenevano, gli hanno detto di “no”. Ma l’Arruffato ha reagito come un leone: “Non negozierò e la legge non mi obbliga a farlo”. E ha aggiunto: “La prossima settimana il governo presenterà ai Comuni la legislazione per l’uscita dalla Ue il 31 ottobre”. Ma a questo punto non ci crede neppure lui.
Lo psicanalista, ovvero la Commissione europea, gli ha pazientemente risposto con un tweet: “si prende nota del voto britannico ai Comuni sull’emendamento Letwin, che significa che l’accordo di recesso non è stato votato oggi (ieri per chi legge, n.dr.). Starà al governo del Regno Unito informarci dei prossimi passi il prima possibile”. Insomma a Bruxelles sono pronti ad aprire l’agenda per fissare un’altra seduta che condurrà a un altro probabile rinvio della Brexit.
Il paziente inglese è evidentemente scosso e bisogna trattarlo con un certo riguardo. Perché qui non si tratta più dell’uscita dall’Unione europea ma dell’uscita di senno di un Paese e soprattutto della sua classe dirigente che ha perso il proverbiale aplomb britannico per comportarsi da mesi e mesi come quei magnifici truffatori che fanno nei mercati il gioco delle tre tavolette. Carta vince, carta perde…
E’ in momenti come questi che il pensiero corre alla Regina che ha a che fare ogni giorno con questa gabbia di matti. Non potendola interpellare suggerisco una lettura esilarante, spassosa e intelligente: La Sovrana Lettrice, di Alan Bennet (Adelphi). C’è un furgone, grande quanto quello dei traslochi, parcheggiato fuori le mura dell’austero palazzo reale. È anonimo, fatto in serie, ma contiene un inestimabile tesoro: quei libri che Sua Maestà non ha mai avuto modo di leggere. È entrando qui, nella biblioteca circolante del distretto di Westminster, che la Regina Elisabetta II scopre un mondo che non potrà più abbandonare, un universo a due facce in cui i doveri _ necessari, seri, barbosi _ possono essere fuggiti viaggiando in treno con Anna Karenina e saltando con Tom e Huck sopra una zattera sul Mississipi.
La regina diviene così La sovrana lettrice, una donna qualunque sottratta ai suoi obblighi dal piacere della lettura.
Travolta dalle letture la regina scrive sul taccuino: “Anche se Shakespeare non lo capisco sempre, quando Cordelia dice “non riesco a trarre il cuore in bocca” condivido appieno il suo sentimento. Il suo problema è anche il mio”. Il finale del libro è fenomenale: non è possibile svelarlo ma mette in fila tutti, anche Boris l’Arruffato, la corte, i consiglieri, il governo e, infine, tutto un popolo che oggi sembra avere perso persino quel senso dell’autoironia che salva dal ridicolo. Brexit, cioè prosit.
 

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