L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

giovedì 23 aprile 2020

La Bce non banca centrale ma strumento della politica degli euroimbecilli vuole il Mes e per questo che lo spread sale

POLITICA
Chi non vuole il Mes sarà convinto a colpi di spread secondo un copione già noto

di Marco Antonellis

Contrariamente alla vecchia linea di credito, quella attuale del Mes «non è legata a condizionalità specifiche per Paese» e «non c'è stigma, non c'è troika»: lo ha detto il presidente dell'Eurogruppo, il portoghese, Mario Centeno in audizione presso la Commissione del Parlamento Ue. «Una volta che avremo il mandato dei leader, cercheremo di renderla operativa entro due settimane. Il solo requisito è sostenere spese dirette e indirette per sanità, cura e prevenzione», una definizione «ampia a sufficienza» perché i paesi possano coprire fino al 2% del pil disponibile dalla linea di credito. In poche parole in Europa è tutto pronto per rifilarci il Mes. Soltanto Giuseppe Conte fa ancora finta di non sapere quello che già sanno tutti soprattutto al vertice dei due partiti di maggioranza, Pd e 5Stelle: 1) il Mes s'ha da fare; 2) scordiamoci gli eurobond.

D'altra parte anche dal Quirinale nelle loro interlocuzioni abituali con Palazzo Chigi sono stati chiari: niente scherzi, con Bruxelles non si può giocare e all'Italia quei soldi servono anche se magari non arriveranno alle condizioni che avremmo voluto. Quindi non ci sarà nessun veto da parte del Belpaese in sede di trattativa (l'ipotesi ventilata nei giorni scorsi è stata solo un ballon d'essai lanciato in aria dagli spin doctor di palazzo Chigi) piuttosto ci si accordi al più presto per evitare danni irreparabili al tessuto sociale e produttivo nazionale.

Anche il deep state tricolore, contornato da lobbysti di ogni tipo e sorta, spinge in questa direzione: non vogliono sorprese da Conte e spingono da settimane sull'asse Roma-Bruxelles affinché venga presa la decisione «giusta». «Ci sono ambienti che non vogliono assolutamente rischiare di perdere i soldi che potrebbero arrivare da Bruxelles, tanti o pochi che si siano» fanno sapere fonti istituzionali; ed è questa la vera ragione per la quale si preferiscono i «fondi per la ricostruzione» basati su progetti specifici da finanziare (e gestire…) ai bond della Bce.

Questo vale ancor più per i partiti politici, già in fila per entrare nella stanza dei bottoni con un governissimo o un Conte-ter, proprio per gestire la mole di denaro che potrebbe affluire in Italia quando sarà il momento della ricostruzione. E c'è pure chi prevede l'utilizzo dello spread come arma di «persuasione di massa» per costringere l'Italia ad accettare le condizioni poste da Bruxelles: vuoi vedere che nelle prossime settimane lo spread ricomincerà a ballare, giusto per convincere chi di dovere a firmare? Tanto più che ormai è sempre più chiaro che per trovare l'accordo finale non basteranno pochi giorni: quindi c'è tutto il tempo per far ragionare a colpi di spread i paesi più renitenti. «Un gioco che in Italia conosciamo molto bene», spiega un parlamentare di lungo corso che fa notare come negli ultimi giorni il «differenziale» sia già cominciato a salire.

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