L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 8 agosto 2020

Ai servizi segreti non gli ne frega niente della sicurezza nazionale

Mattarella inorridisce per i segreti politici dei Servizi spiattellati da Repubblica?

6 agosto 2020


Il denso articolo di Carlo Bonini di Repubblica sulle trame politiche e personalistiche alla base delle nomine ai vertici dei Servizi segreti letto, riletto e commentato da Francesco Damato

La lettura, ieri su Repubblica, di un lungo articolo di Carlo Bonini sulla “vera battaglia dei servizi segreti”, come dal titolo del richiamo in prima pagina, o su “Conte, Di Maio, Zingaretti – La guerra sui Servizi spacca il governo”, come dal titolo a pagina 11, mi ha lasciato senza fiato, pur con tutte le cautele suggeritemi da quel “retroscena”, in rosso, sovrastante il racconto della complessa trama in cui si intrecciano vite e progetti di militari e politici di rango. Che sarebbero protagonisti – ha scritto Bonini, approdato a Repubblica dal manifesto e dal Corriere della Sera – di “una partita avvelenata”, che ha “il sentore fetido della cultura del ricatto” e “non ha nulla a che vedere con la sicurezza nazionale, ma con la convinzione, figlia della fragilità delle biografie dei protagonisti politici” di potersi muovere e muovere gli altri per garantirsi la propria sicurezza, sotto ogni punto di vista, prima o al posto di quella del Paese.

A un articolo pieno di nomi, di gradi, di qualifiche, di circostanze datate, di scadenze e di norme inserite come supposte in decreti legge di tutt’altro argomento e destinazione per evitarle o prorogarle, e di giudizi pesantissimi su un generale che avrebbe persino una vita privata troppo “disinvolta” per collaborare col capo del governo e sussurrargli all’orecchio come al cavallo del celebre film del 1998 tratto dal romanzo di Nicholas Evans e interpretato da Robert Redford, mi aspettavo non una pioggia ma un temporale di reazioni, smentite, precisazioni, minacce di denunce e denunce immediate. Ma tutti, militari e civili, sono rimasti silenziosi ai loro posti: terribilmente silenziosi, direi.

Non sono tanto ingenuo, all’età che ho e col mestiere – continuo a chiamarlo così – che faccio, da pensare che ai vertici, ma anche molto al di sotto dei vertici, dei servizi segreti – o solo dei Servizi, come qualcuno li chiama con un generoso e misterioso maiuscolo – uomini e ora anche donne si avvicendano per caso, o per concorso. Se così fosse, dovrei credere che davvero i bambini nascono sotto i cavoli. La politica ci ha sempre messo lo zampino, anche per mano di autentici statisti: da Alcide De Gasperi ad Aldo Moro, per stare nei confini temporali della Repubblica. Ma erano statisti dietro ai quali c’era appunto lo Stato, nel peggiore dei casi i loro partiti, ma con tutte le fisionomie dovute, i voti, i seggi parlamentari, le maggioranze, le opposizioni incalzanti e quant’altro.

Anche i Servizi – sempre quelli con la maiuscola – hanno finito per essere lottizzati partiticamente. Lo ammetto. Ma qui, a leggere bene Carlo Bonini e il silenzio che ne è seguito, debbo dire che anche la lottizzazione è scesa di livello. E da politica o partitica è diventata personale, intestata persino a uomini dei quali il meno che si possa dire, col nulla di politico davvero che hanno alle spalle, è che sono in cerca d’autore, se mai riusciranno a trovarne uno. E mi chiedo come possa anche l’illustrissimo signor Presidente della Repubblica leggere certe cose senza inorridire, essere soccorso da qualche corazziere nel suo ufficio o per i corridoi del Quirinale e fare poi quello che deve: rifiutare la propria firma a certe nomine, se la sua firma occorre, come spero.


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