L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 15 febbraio 2020

e ci daranno il Mes con un'ulteriore tradimento del falso ideologico del M5S in linea con il corrotto euroimbecille Pd con l'avallo della Lega con l'intervista di Giorgetti che reputa il Progetto Criminale dell'Euro insindacabile

Tasse, il convitato di pietra

di Leonardo Mazze
12 febbraio 2020

La firma sul Mes si avvicina? La morsa euro-tedesca sull'Italia si va facendo sempre più soffocante? E chissenefrega! La politica italiana, quella del palazzo come quella dei media; quella della maggioranza, come quella dell'opposizione di sua maestà, parla d'altro. Parla di tasse, della volontà di ridurle. A sentire certi discorsi quasi fino ad azzerarle...

Nulla più di questo tema eccita la propaganda, fino a farla diventare ridicola, tanto grande è il divario tra questo chiacchiericcio da ubriachi e la sobria realtà delle cose. Da decenni si discute della riduzione delle tasse, ma i dati ufficiali sono lì a mostrarci, anno dopo anno, solo millimetriche variazioni della pressione fiscale. Variazioni dovute in genere più all'andamento del Pil che non a qualche modifica strutturale del sistema fiscale.

Come si vede nella figura sotto, è dall'inizio degli anni '90 che la pressione fiscale si è sostanzialmente stabilizzata ben al di sopra del 40%, e negli ultimi anni attorno al 42%. Guarda caso, il momento di svolta verso l'alto coincide esattamente con il Trattato di Maastrischt e l'avvio delle politiche per entrare nell'euro. Chissà perché...


Bene. A questo punto uno dovrebbe chiedersi cos'è cambiato nei vincoli dello strozzinaggio europeo, se oggi si torna a parlare così allegramente di riduzione delle tasse. Ovviamente non è cambiato nulla. Anzi, ad esser precisi, qualcosa sta cambiando in peggio per almeno tre motivi. Intanto le nuove regole del Mes, ma pure quelle dell'Unione bancaria, sono tese a rendere più problematica la gestione del debito pubblico italiano. In secondo luogo, tira aria di una nuova crisi finanziaria. Infine, le simpaticissime "clausole di salvaguardia", lasciate in vita anche dal Giuseppi 2, sono lì a ricordarci come stanno le cose.

Per non farla troppo lunga limitiamoci a quest'ultimo aspetto, più che sufficiente a dimostrare la vacuità - peggio ancora, l'integrale disonestà intellettuale di certi discorsi. Mentre il duo Conte-Gualtieri galleggia sulla modestissima riduzione del "cuneo fiscale" (3 miliardi nel 2020, 6 nel 2021), il renziano Marattin spara una diminuzione complessiva dell'Irpef di 18 miliardi. Una cifra da far impallidire quelle della Lega, che nell'estate scorsa, quando ancora era al governo, fece rapidamente scendere i numeri della sua flat tax dai cinquanta miliardi iniziali, a trenta, a venti, attestandosi infine a dieci (ovviamente del tutto ipotetici) miliardi.

Il solito Federico Fubini ricordava ieri sulle pagine del Corsera il piccolo particolare delle "clausole di salvaguardia", quel meccanismo micidiale in base al quale l'Italia si lega le mani con l'Unione europea, impegnandosi anno dopo anno ad un aumento dell'IVA e delle accise se non diversamente compensato con altre tasse od altri tagli. Giusto per dare l'idea, si tratta di 20 miliardi per il 2021 e di 27 per il 2022. Sempre per dare l'idea, il totale di 47 miliardi rappresenta quasi il 3% del Pil!

Come ricordava Programma 101 nell'ottobre scorso, contestando il trionfalismo del duo Pd-M5s sul fisco:
«... le clausole di salvaguardia dell'IVA non sono state cancellate, bensì solo congelate per il prossimo anno. Ciò significa che già dalla primavera prossima ripartirà il solito tormentone su come rinviarle un'altra volta, condizionando così ogni possibilità di future manovre davvero espansive».

Eravamo stati facili profeti. Perfino un po' troppo ottimisti, visto che il tormentone è già ripartito e la primavera è ancora lontana.

Come pensa il governo di far quadrare il cerchio di una qualche riduzione dell'Irpef nel quadro di un'austerità fiscale che stando nell'euro non potrà che continuare? La modesta impressione di chi scrive è che alla fine la montagna partorirà il solito topolino. Probabilmente scontentando tutti, sia chi avrà benefici troppo modesti, sia chi si ritroverà invece con aggravi insopportabili. Il giochino sembrerebbe quello di ridurre un po' le aliquote dell'Irpef, per poi recuperare (prevedibilmente con gli interessi) sul fronte dell'IVA, delle accise e (tagliandoli) degli sgravi fiscali.

Nulla di diverso da quel che voleva fare l'ultraliberista Tria. D'altronde, quella di ridurre le imposte sul reddito, per aumentare invece quelle sui consumi, è un'idea tipicamente liberista. Che ha fra l'altro l'obiettivo di vanificare il principio costituzionale della progressività dell'imposizione fiscale, dato che se l'Irpef è l'unica imposta progressiva, IVA ed accise ovviamente non possono esserlo. Come si vede l'idea reaganiana della flat tax piace anche al cosiddetto "centrosinistra", non solo ad una destra che da sempre ne fa una bandiera. Ad esempio, secondo l'economista ed ex parlamentare dell'Ulivo prodiano Nicola Rossi (ce ne siamo occupati in questo articolo del 2017), l'IVA dovrebbe salire al 25%, la stessa percentuale della sua proposta di flat tax sull'Irpef, ma anche quella (lorsignori ringraziano, i futuri pensionati un po' meno) cui far scendere i contributi previdenziali.

Se questo è lo schema di massima, ovviamente la sua realizzazione non potrà essere istantanea. Ecco allora che si parla per adesso di tagli agli sgravi fiscali, ma "solo selettivi", senza ulteriori precisazioni; di aumenti dell'IVA, ma "solo" sull'aliquota intermedia del 10%, mettendo nel mirino (chissà perché) sopratutto gli alberghi e i ristoranti.

Come si vede siamo solo ai preliminari. Ma è chiaro che schiodato il principio l'intenzione è quella di andare ben oltre. D'altra parte - sul punto non ci ripeteremo mai abbastanza - non è pensabile un'uscita dall'austerità restando nell'Ue. Di questo se ne facciano tutti una ragione: sia gli europeisti a prova di bomba dell'attuale maggioranza, sia quelli a naso storto ma a schiena curva del cosiddetto "centrodestra".

Dov'è infatti il vero problema? Chiunque guardi alle cose con spirito obiettivo non avrà difficoltà a riconoscerlo: esso (il problema) sta in quel 25% di Pil che manca all'Italia a causa dell'euro. Ragionando all'ingrosso, se non avessimo perso quel 25% del Prodotto interno lordo, le attuali entrate tributarie e contributive determinerebbero una pressione fiscale complessiva del 35%, contro quella di oggi superiore al 42%.

Ridurre le tasse è dunque possibile, ma solo ad una condizione: quella di uscire dalla crisi. Ma siccome, i fatti stanno lì a dimostrarlo, non si esce dalla crisi senza uscire dalla gabbia europea, solo l'Italexit potrà dare una risposta al problema. Fuori da quella gabbia la riduzione fiscale potrà essere benzina per il rilancio dell'economia, dentro quella prigione si potrà solo tirare - un po' da una parte, un po' dall'altra - una coperta comunque troppo stretta per dare benefici reali al grosso della popolazione.

Ecco perché l'attuale discussione sulle tasse è francamente ridicola. Bieca propaganda senza costrutto. Montagne di discorsi che produrranno non solo modestissimi topolini, ma nuovi e prevedibilissimi pasticci. Sproloqui di cui faremmo volentieri a meno. Conti senza l'oste destinati a durare lo spazio di un mattino. Tavoli di discussione in cui nessuno parla dell'unico commensale che conta davvero: il convitato di pietra chiamato euro.

Costanzo Preve - L’avvio di una nuova fase potrà sicuramente avvenire solo fuori dalle istituzioni

Ripensare la Sinistra

di Salvatore Bravo
9 febbraio 2020

La globalizzazione secondo Costanzo Preve

Ripensare la sinistra significa non solo avere la chiarezza del nemico, ma anche concettualizzare il presente per poter rispondere con un programma adeguato alle circostanze storiche attuali. Il nemico è il capitalismo assoluto, utilizzo la terminologia di Costanzo Preve, ovvero capitalismo che ha incorporato ogni struttura ed ideologia altra, fino a consumare il pianeta e le forme di vite che in esso vi abitano. La globalizzazione è l’epifenomeno del capitalismo assoluto, la sua espressione compiuta, ma se si utilizza lo scandaglio la globalizzazione reca con sé una faglia, una scissione rispetto al passato che bisogna riconoscere. L’attuale capitalismo è postborghese, in quanto compiutamente nichilistico ed illimitato, mentre il capitalismo borghese era portatore di modelli culturali e di coscienza infelice.

Costanzo Preve in un breve testo, Destra e Sinistra: La natura inservibile di due correnti tradizionali, ci è di ausilio per capire la globalizzazione nella sua specificità. Essa non può definirsi semplicemente un’occidentalizzazione planetaria, ma si caratterizza per la capacità di incorporare al suo interno ideologie, religioni, etnie che apparentemente continuano a sussistere nella forma, ma l’economicismo globale entra all’interno del codice culturale delle pluralità espressive umane per modificarle in senso globale e tecnocratico, per curvarle all’illimitato, per renderle complici del sistema. Si divora ogni dialettica, ogni visione della totalità per trasformare il pianeta un immenso piano omogeneo in cui le merci e le persone possono circolare e consumare. L’azione di incorporamento similare ad una forma di cannibalismo globale ha tra gli scopi il fine di eliminare le resistenze che consentono di far emergere le contraddizioni del sistema globale. L’obiettivo è render il pianeta un piano liscio su cui il plusvalore finanziario può scorrere senza attrito, e dunque l’obiettivo è l’omologazione e laddove le ultime resistenze agiscono è inevitabile il bombardamento etico con cui eliminare la resistenza in nome dei diritti umani:1

"C’è naturalmente chi capisce questo, e cerca di opporsi. Ma l’opposizione è inutile, se viene portata avanti senza chiarezza culturale e strategica, con il continuo ricatto di non essere sufficientemente political correct, cioè di non conformarsi ai codici concettuali e linguistici dell’opposizione “consentita” dalla comunità universitaria e giornalistica accreditata presso il padrone della bisca. C’è ad esempio chi connota la globalizzazione in termini “occidentalizzazione”, ma costui si sbaglia, perché la globalizzazione non è una semplice “imposizione” di modelli occidentali di cultura e di consumo al resto del pianeta, ma è in un certo senso una vera e propria nuova situazione culturale, in cui l’americanismo incorpora anche i modelli simboli asiatici ed africani del tutto assenti nella fase “borghese” della occidentalizzazione colonialistica vera e propria.”.

La globalizzazione prescrive che il pianeta sia in funzione del fare, del produrre automatico ed alienato senza limiti, in tal modo la categoria dell’agire politico condiviso è sostituita dalla sola categoria del fare e dell’economico che incorpora ogni realtà vivente.

Sinistra di governo e globalizzazione

La Sinistra di governo è divenuta funzione del mercato, poiché essa legittima ogni condanna culturale delle religioni e del radicamento patrio e dunque prepara l’humus culturale per l’avanzamento del capitalismo assoluto. Lo Stato è resistenza al mercato globale, in quanto è uno spazio di sovranità in cui l’economia può essere gestita dalla politica, mentre la religione è giudicata con sospetto e perennemente irrisa per il suo valore assiologico che determina limiti all’azione del mercato ed alla riduzione dell’essere umano a funzionario dello stesso. Nel periodo borghese del capitalismo che potremmo datare fino al 1968 la critica alla religione ed ai nazionalismi aveva lo scopo di liberare ed emancipare dal dogmatismo e dall’asservimento a forme di statalismo ed i cerimoniali liturgici alienanti. Oggi la critica perpetua ed aggressiva ad ogni forma di religione e Stato è organica all’incorporamento nella globalizzazione. La sinistra in modo consapevole su un vecchio retaggio innalza la bandiera della libertà contro lo Stato e le religioni per consentire l’affermazione illimitata della globalizzazione2:

”La cultura di sinistra ha anche lavorato bene nell’immunizzare l’organismo culturale dalle tentazioni “etniche” e “religiose”, che sono appunto il nemico dichiarato della globalizzazione stessa”.

Globalizzazione e pensiero unico

Il pensiero unico della globalizzazione non è identificabile con la Destra, il Centro o la Sinistra, anzi ne è il fondamento comune che li sovrasta ed usa a seconda delle circostanze per rafforzarsi. La Destra rappresenta la longa manus economica, il Centro la politica, la Sinistra la cultura. La gerarchizzazione e l’automatismo di tali dinamiche sfuggono all’analisi critica. Nell’analisi di Costanzo Preve le categorie di Destra e Sinistra si sono prestate con tanta velocità a diventare lo sgabello della globalizzazione, in quanto prive di fondazione veritativa3:

”Nel caso del pensiero unico ultracapitalistico della “globalizzazione”, si tratta della sovranità autoreferenziale di un’economia integralmente automatizzata, che gerarchizza sotto di sé tutte le altre sfere dell’attività umana. Incidentalmente, notiamo che “il pensiero unico” non è una novità , perché tutte le formazioni sociali coerenti, anche in passato, si sono dotate di un “pensiero unico”. La caratteristica di questo pensiero unico, comunque, è quello di non essere assolutamente connotabile come Destra, Centro e Sinistra”.

Pensiero cerimoniale e pensiero critico

All’intellettuale organico deve sostituirsi l’intellettuale disorganico che liberatosi dei padrini delle accademie e dei partiti affermi non il pensiero critico cerimoniale, ma il pensiero critico autentico che mette in discussione le coordinate del sistema e che possa favorire l’uscita dalla caverna del pensiero cerimoniale. Non si tratta di riaffermare l’intellettuale depositario della verità, ma dell’intellettuale che usi la ragione pubblica per trascendere l’effettuale positivistico in modo che si posa mettere in moto l’agire politico collettivo. Non si tratta di auspicare “il miracolo”, ma le condizioni attuali globali e nazionali con le loro contraddizioni dispongono a smascherare il sapere critico di regime che consente la libera scelta tra le merci a cui sono associati i diritti individuali per impedire che si scorgano le tragedie della globalizzazione. L’avvio di una nuova fase potrà sicuramente avvenire solo fuori dalle istituzioni, dalle accademie e fuori dal circolo mediatico nei quali il pensiero cerimoniale, secondo la bella definizione di Costanzo Preve, regna ed isterilisce le menti con l’esemplificazione ed il riduzionismo delle persone a parti da esporre ed il mondo alla sola merce. Il pensiero cerimoniale è parte sostanziale dell’osceno e della società dello spettacolo da cui è necessario prendere commiato.

Sinistra globale

La Sinistra di governo nell’analisi di Costanzo Preve è la costola culturale della globalizzazione, pertanto è necessario l’esodo dalla Sinistra per rifondare un nuovo organismo politico che ha il compito di rispondere alla condizione attuale, in primis, mediante la sua fondazione veritativa. La globalizzazione economicistica è nichilismo realizzato a cui si deve far fronte con un’operazione culturale ardua e complessa la quale ha il compito di riportare la fondazione metafisica della politica. Se tale operazione non avrà luogo è inevitabile la microfisica dell’incorporamento la quale è capace di produrre false alternative e movimenti che servono a legittimare la finzione democratica dell’occidente4:

”Il pensiero unico ha culturalmente una “preferenza di sinistra”, perché la sinistra è storicamente il luogo duplice della critica borghese e dell’illusione proletaria, e dunque della tendenziale distruzione dialettica delle due identità, ottenuta ovviamente mediante due processi diversi anche se segretamente convergenti”.

Senza verità ed il coraggio di deviare dal relativismo culturale che fonda la società dei consumi e l’atomismo delle solitudini ogni progettualità politica non può che evaporare dinanzi alla violenza della società del solo mercato. Il primo fondamentale passo per uscire dalla gabbia d’acciaio del capitalismo assoluto è sospendere la logica dell’utile per riportare la metafisica e quindi la verità al centro del dibattito e delle proposte politiche e filosofiche.

Note
1 Costanzo Preve Destra e Sinistra la natura inservibile di due categorie tradizionali C.R.T Pistoia 1998 pag. 10
2 Ibidem pag.11
3 Ibidem pag. 24
4 Ibidem pag.25

15 febbraio 2020 - Diego Fusaro - Svolta europeista della Lega? Le agghiaccianti parole di ...

Il regime di Jair Bolsonaro ha tenuto incarcerato Lula per oltre un anno senza alcuna prova

Lula a Roma, Gianni Minà: «Con lui l'America Latina pronta per riscatto democratico»


Una notevole lezione di politica internazionale. Così possiamo riassumere il discorso tenuto ieri presso la sede nazionale della CGIL dall’ex presidente brasiliano Lula. L’ex sindacalista è giunto in Italia per incontrare Papa Francesco in Città del Vaticano nel suo primo viaggio all’estero dopo che il regime di Jair Bolsonaro lo ha tenuto incarcerato per oltre un anno senza alcuna prova. 

Lula ha toccato tutti i principali temi ‘scottanti’, attaccando il golpista autoproclamatosi presidente in Venezuela Juan Guaidó e le guerre infinite scatenate nel mondo dagli Stati Uniti. Ricordando le menzogne sulle armi chimiche per scatenare la guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein. 

All’evento tenuto presso la sede del sindacato italiano era presente il giornalista Gianni Minà che ha così commentato: «Dopo aver ascoltato il toccante ed emozionante discorso di Lula nei locali della CGIL di Roma, mi sento di dire con una certa sicurezza che l'America Latina, malgrado le sconfitte politiche recenti, è attualmente più pronta per sperare in un riscatto morale e in un recupero democratico». 


Fuori i soldati statunitensi - la lista dei paesi, con forze diverse, che non vogliono gli Stati Uniti sul proprio territorio aumenta: Iraq, Filippine, Germania. Aspettiamo che l'Italia si faccia avanti

(Video) La Linke, sinistra tedesca, chiede il ritiro delle 35.000 truppe USA dalla Germania


La sinistra tedesca chiede il ritiro delle truppe statunitensi del paese europeo e la cessazione del supporto logistico che fornisce alle esercitazioni militari della NATO
La vice portavoce e parlamentare tedesca per gli affari esteri del partito di sinistra, Sevim Dagdelen, ha criticato ieri il governo per le spese aggiuntive imposte al paese tedesco per partecipare a tali manovre, battezzate "Defender 2020".

La parlamentare ha denunciato che mentre non ci sono soldi per le scuole o un'attenzione decente, ci sono soldi per il "rumore delle sciabole" contro la Russia, e descritto come "fondamentalmente scorretto e pericoloso" che Berlino fissi le sue priorità in questo tipo di misure.

“Le manovre non servono né alla pace né alla sicurezza in Europa. Ciò può essere ottenuto solo attraverso misure di dialogo e di rafforzamento della fiducia" , ha affermato. 

A questo proposito, Dagdelen ha ricordato che da basi tedesche come quella di Ramstein, la pratica delle uccisioni selettive viene condotta in Pakistan e in Afghanistan. Ha criticato che in un'altra base militare, quella di Büchel, i compiti saranno svolti per modernizzare fino a 20 bombe nucleari statunitensi.

Inoltre, ha osservato che la presenza di forze straniere in Germania costerà circa 71 milioni di euro al contribuente tedesco nel solo 2020.

Dagdelen ha criticato la presenza militare degli Stati Uniti nel territorio tedesco e chiesto il suo ritiro insistendo sul fatto che questo dispiegamento fosse incompatibile con il principio di pace.

La Germania prevede di partecipare con 3000 soldati alla suddetta manovra della NATO. Secondo i media locali, il costo di questa assistenza è stimato a 3,6 milioni di euro.

Durante le esercitazioni "Defender 2020", un totale di 37.000 soldati della NATO, di cui 20.000 dagli Stati Uniti, saranno trasferiti dalla Polonia agli Stati baltici. Tra aprile e maggio, le truppe saranno condotte vicino ai confini della Russia attraverso la Germania.

Notizia del: 14/02/2020

Gli ebrei-palestinesi sionisti non reggono il confronto con l'Onu sui diritti umani, in quanto li disattendono quotidianamente

Israele sospende le relazioni con l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani

Evidenza - 14/2/2020


MEMO. Israele ha sospeso i suoi legami con l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani sulla pubblicazione di un elenco di 112 società ed entità che hanno legami commerciali con gli insediamenti illegali israeliani nella Cisgiordania occupata.

Israel Katz, ministro degli Esteri israeliano, ha dichiarato che è stata presa la decisione di proteggere le aziende che operano in Israele.

La Israeli Broadcasting Corporation ha affermato che i principali forum politici israeliani hanno accusato il commissario ONU di servire l’agenda anti-israeliana per il movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS).

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha anche criticato il rapporto delle Nazioni Unite, definendo il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite come “di parte e privo di influenza”.

Netanyahu ha affermato che non è una coincidenza che sia gli Stati Uniti che Israele abbiano interrotto le loro relazioni con questo organismo “impegnato a diffamare la reputazione di Israele invece di affrontare le violazioni dei diritti umani nel mondo”.

Il Comitato per le relazioni estere del Senato degli Stati Uniti ha anche condannato il rapporto sostenendo che l’elenco rafforza il movimento BDS.

http://www.infopal.it/israele-sospende-le-relazioni-con-lalto-commissariato-delle-nazioni-unite-per-i-diritti-umani/

Salvini e le sardine citofoneranno ai 'ndranghetisti, forse

LA PROVOCAZIONE

'Ndrangheta, Davi a Salvini e Sardine: "Andiamo a citofonare da boss"

15 Febbraio 2020

Klaus Davi

"Vive in una ricca città del nord a pochi chilometri dalla 'nostra'. La sua famiglia è stata coinvolta più volte in questioni di droga e estorsioni, porta un cognome importante nella 'Ndrangheta, e soprattutto è libero come l’aria. Caro Mattia Santori caro Matteo Salvini venite con me che andiamo a citofonare a casa sua".

Klaus Davi rivolge un appello al leader delle Sardine e al segretario della Lega. Sul profilo del giornalista compare l’ultima citofonata, spiega, "al boss della 'Ndrangheta, Michele Labate, girato qualche giorno fa". Klaus Davi rende noto che si recherà nei prossimi giorni da Trimboli "senza rivelare il giorno per evitare di non trovarlo a casa".

I boss a cui Davi ha citofonato negli ultimi quattro anni insieme ad Alberto Micelotta sono, ricorda il giornalista, "Rosario De Stefano, Giuseppe Mancuso, Antonio Pironalli, Mommino Piromalli, Gioacchino Piromalli, Rocco Anello, Orazio De Stefano, e molti altri tutti immortalati in una serie web che ha superato i 5 milioni di visualizzazioni attirando l’attenzione di quotidiani come il Guardian, la Bild Zeitung, la Tv Svizzera".

Togati malati - le tesi difensive vengono accolte e si passa dagli otto anni e mesi dieci a tre anni e quattro mesi. Anche in Appello si possono aggiustare i processi

‘Ndrangheta, operazione “Grifone”: scarcerato uno degli imputati

14 Febbraio 2020

Si tratta dell’inchiesta che nell’estate del 2017 ha colpito le cosche Santaiti di Seminara e Alvaro di Sinopoli


Dopo due anni e sei mesi di custodia cautelare si aprono le porte della Casa circondariale di Palmi per Antonino Romeo, 40 anni di Sinopoli, tratto in arresto in nell’agosto del 2017 nell’ambito dell’operazione “Grifone” che ha colpito le cosche Santaiti di Seminara e Alvaro di Sinopoli.

La Corte di Appello di Reggio Calabria (presidente Olga Tarzia), in accoglimento dell’istanza del difensore di Romeo, l’avvocato Luigi Luppino, ha disposto la sostituzione della misura carceraria con quella degli arresti domiciliari. La Corte reggina, condividendo le argomentazioni della corposa istanza difensiva, ha evidenziato il venir meno del pericolo di reiterazione del reato, considerato il periodo di sofferta misura cautelare, a fronte di una condanna in grado di appello a tre anni e quattro mesi di reclusione in luogo degli anni otto e mesi dieci di condanna in primo grado.

L’inchiesta è stata coordinata dalla Dda di Reggio Calabria e condotta dalla Squadra Mobile reggina e dagli agenti del commissariato di Palmi. Un’indagine finalizzata alla disarticolazione del clan Santaiti di Seminara, specializzato nel traffico e nello spaccio di droga e reati in materia di armi, estorsioni e furto di notevoli quantità di legname.

Togati malati - I giudici della Cassazione non sono immuni alla malattia soprattutto quando si tratta di 'ndrangheta massoneria politica

‘Ndrangheta, la Cassazione annulla arresti domiciliari per ex vicesindaco di Reggio Calabria Demetrio Naccari Carlizzi


Nell’inchiesta 'Libro Nero', sono coinvolte a vario titolo, 18 persone

di F. Q. | 14 FEBBRAIO 2020

La Cassazione ha annullato l’ordinanza del Tribunale della Libertà con cui si disponevano gli arresti domiciliari a carico di Demetrio Naccari Carlizzi, ex vicesindaco di Reggio Calabria ed ex assessore regionale, a seguito dell’operazione ‘Libro Nero’ in cui Naccari è indagato con l’accusa di avere favorito la cosca Libri.

Già nella fase preliminare il gip distrettuale aveva rigettato l’originaria richiesta di custodia cautelare in carcere della Dda di Reggio Calabria, che per questo aveva presentato ricorso al Tribunale della libertà. Il collegio, in attesa della decisione del ricorso in Cassazione contro la richiesta della Procura, depositato dai difensori di Naccari Carlizzi, gli avvocati Natale Polimeni e Giuseppe Mazzotta, aveva accolto il ricorso della Dda e posto Naccari ai domiciliari fino al pronunciamento della Suprema Corte.

“In Cassazione – ha dichiarato l’avvocato Polimeni – abbiamo illustrato la tesi difensiva incentrata sull’assoluta inesistenza di una condotta capace di integrare, anche minimamente, l’ipotesi contestata, tesi accolta con l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale della Libertà. Siamo contenti di questo ulteriore risultato difensivo che sono certo consentirà di dimostrare l’agire limpido e cristallino del Naccari e l’inesistenza di qualunque condizionamento di forze criminali di cui, per come si è dimostrato, egli è rimasto invece vittima finanche con danno”. Nell’inchiesta ‘Libro Nero’, sono coinvolte a vario titolo 18 persone, tra le quali l’ex vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, Alessandro Nicolò, prima di Forza Italia e successivamente transitato in Fratelli d’Italia, partito da cui è stato espulso, allo stato detenuto con l’accusa di associazione mafiosa.

Salvini ha usato politicamente per fare propaganda il caso Gregoretti sequestrando non gli Immigrati di Rimpiazzo ma una nave militare, in quanto il controllo dei clandestini poteva essere fatta in maniera diversa. E politicamente è stato l'uso strumentale del rinvio a giudizio perpetrato dal Senato. Corto circuito è nato dai comportamenti dell'ex ministro

Sequestro di persona o caccia grossa al leader dell’opposizione?

14 febbraio 2020 


Il rinvio a giudizio de leader leghista Matteo Salvini per il suo operato in qualità di ministro dell’Interno nel “caso Gregoretti”, stabilito col voto del Senato il 12 febbraio, rappresenta un altro formidabile colpo alla credibilità e legittimità delle nostre istituzioni.

In tutto il mondo chi arriva in aeroporto senza documenti viene fermato, trattenuto in zona transito e rimandato indietro con la compagnia aerea con cui è venuto. In ogni caso non può esservi alcuna ipotesi di sequestro di persona. Per chi arriva da clandestino con le navi é tutto un po’ più complicato, ma logicamente la situazione è esattamente la stessa.


L’accusa di sequestro di persona a Matteo Salvini per il “caso Gregoretti” appare quindi assurda e palesemente strumentale.

L’aspetto più grave però è che nella foga di tentare di sbarazzarsi di un avversario politico, le forze che sostengono l’attuale governo di sinistra sembrano non rendersi conto di aver creato un pericoloso precedente sottomettendo alle sentenze della magistratura l’operato politico del governo e dei suoi membri.

Una dimostrazione di immaturità politica da parte della camera più alta del parlamento, che ne pregiudica la credibilità istituzionale. Del resto il processo di delegittimazione delle istituzioni procede ormai a passo spedito. Dopo la sentenza civile che ha condannato il generale Bruno Stano (peraltro assolto nel processo penale) a risarcire eredi e famigliari dei militari uccisi nell’attentato di Nassiryah nel novembre 2003 quale comandante oserà più guidare le truppe ai suoi ordini in azioni di combattimento o anche solo a rischio di attentati?

Dopo il voto del Senato quanti ministri oseranno in futuro esercitare le proprie prerogative contro l’immigrazione clandestina o altre minacce sapendo che potrebbero venire incriminati per reati che comportano fino a 15 anni di reclusone?

Trattenere clandestini a bordo di navi militari (ma anche private e pure a terra nei centri di accoglienza una volta sbarcati) in attesa di decidere se ammetterli o no sul territorio, risponde ad evidenti ragioni di sicurezza nazionale ed ordine pubblico.


Non è quindi un reato, ma una prerogativa sovrana di ogni Stato, inequivocabilmente prevista dal diritto internazionale. È per questo che esistono, in ogni Nazione, i corpi armati dello Stato. Ed è per questo che persino la Convenzione di Ginevra sui rifugiati consente a una Nazione di non accogliere o di espellere i rifugiati già accolti per ragioni di sicurezza e ordine pubblico.

In Australia, ancora oggi tra gli Stati più accoglienti al mondo visto che circa un terzo della popolazione residente è nato all’estero, se non hai documenti non ti fanno entrare. Lo stesso vale per gli Stati Uniti e per tutti gli Stati extra europei, inclusi soprattutto i Paesi africani ed asiatici da cui provengono i migranti illegali che sbarcano sulle nostre coste.

In termini di sicurezza poi il rischio che tra le persone arrivate in Sicilia senza documenti ci siano anche jihadisti o semplici delinquenti comuni non è teorico, ma un fatto dimostrato. I controlli sono quindi necessari. Se ne sono preoccupati tutti i ministri di esteri e Interno di tutti i governi.

Non a caso la prima a lanciare l’allarme sul pericolo di infiltrazioni terroristiche con i flussi migratori fu, nel novembre 2013, Emma Bonino (certo non accusabile di sovranismo, fascismo o razzismo), ministro degli Esteri del governo Letta.

Curiosamente, proprio mentre al Senato si votava per il rinvio a giudizio di Matteo Salvini per il “caso Gregoretti”, lo stesso problema delle infiltrazioni di jihadisti tra i migranti lo ha posto al presidente del Governo di accordo nazionale libico, Fayez al-Sarraj, il titolare della Farnesina Luigi Di Maio, evidentemente preoccupato per i 3mila mercenari siriani provenienti da milizie jihadiste che Ankara ha trasferito in Libia per difendere Tripoli e che secondo fonti siriane e della Cirenaica sarebbero già sbarcati clandestinamente a decine in Italia.

Del resto, volendo guardare ai fatti e sgombrare il campo dalle (a tratti patetiche) speculazioni politiche, gli stessi accordi di Malta del settembre scorso prevedono di trattenere i clandestini fino a 4 settimane per dare il tempo ai Paesi Ue che si offrono di accoglierne una parte di fare tutte le verifiche del caso.

Perché 4 giorni a bordo della Gregoretti (nave da oltre 2mila tonnellate di dislocamento) costituiscono sequestro di persona e 4 settimane fermi a terra no? Dilatare così tanto i tempi di controllo non è un abuso?

Trattenere clandestini (che hanno volontariamente distrutto i propri documenti prima di imbarcarsi dopo aver pagato migliaia di euro i trafficanti) in attesa di decidere se ammetterli o no, non è non potrà mai essere un reato. Del resto se lo fosse davvero verrebbe incriminato anche l’attuale governo Conte 2 che ha lasciato immigrati clandestini in mare a bordo di navi delle Ong, certo meno attrezzate del pattugliatore Gregoretti, prima di autorizzare lo sbarco in un porto italiano.

Attese determinate in alcuni casi da scadenze elettorali regionali considerato che il via libera è stato dato poche ore dopo la chiusura delle urne in Umbria o in Emilia Romagna. In ottobre la nave Ocean Viking è stata lasciata in mare dal governo italiano in attesa di un porto di sbarco per ben 11 giorni. Perché 4 giorni sulla Gregoretti sono “sequestro di persona” ed 11 giorni sulla Ocean Viking no?


Inoltre affermare che Salvini ha compiuto un reato perché nel precedente “caso Diciotti” tutto il Governo era d’accordo mentre nel “caso Gregoretti” il ministro e vicepremier leghista ha deciso tutto da solo è un’assurdità.

Non solo perché la collegialità c’è stata anche nel “caso Gregoretti” (nave della Guardia Costiera sotto la giurisdizione del ministero dei Trasporti la cui titolarità all’epoca del pentastellato Danilo Toninelli) ma anche perché il Presidente del consiglio, come responsabile dell’azione di governo, ha le prerogative per correggere le iniziative di un ministro del suo esecutivo e persino di sfiduciarlo.

Inoltre un sequestro di persona non può essere “meno reato” se sono tutti d’accordo nell’attuarlo.

Infine, non poteva mancare un ulteriore aspetto ridicolo della vicenda. A votare in quanto senatori (o a gioire se deputati) per il rinvio a giudizio di Salvini vi sono anche quei politici del PD che si erano recati a bordo della nave Sea Watch 3 ai comandi di Carola Rackete che per sbarcare i clandestini in Italia nonostante gli ordini contrari forzò il blocco provocando la collisione con una motovedetta della Guardia di Finanza.


Un atto di cui la Rackete non dovrà rispondere in tribunale dove si recherà però dopo aver denunciato Salvini per diffamazione perché l’aveva definita “una sbruffoncella”.

Poche ore dopo il voto del Senato un pluripregiudicato gambiano, immigrato clandestino sbarcato nella Penisola dalla Libia e poi andato illegalmente in Svizzera (da dove è stato espulso di nuovo in Italia) che si trovava in carcere a Milano per spaccio di droga (ecstasy) è stato liberato dal tribunale perché non aveva altro mezzo di sostentamento al di fuori dello spaccio di droga.

Fatti diversi ma che hanno in comune il fatto di ridicolizzare la credibilità dell’Italia e delle sue istituzioni di fronte ai quali la domanda da porsi è una sola. Con questa politica e questa giustizia quale Nazione avversaria o rivale, quale organizzazione criminale o terroristica, quale trafficante, immigrato clandestino o narcotrafficante potrà mai temere o rispettare l’autorità e le leggi dell’Italia?

Libia - La guerra si intensifica, altri mercenari tagliagola terroristi spostati dalla Siria a Tripoli sotto il comando turco

Tremila mercenari siriani in Libia. Imminente la battaglia decisiva per Tripoli?

13 febbraio 2020 


Ieri il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha chiesto alle parti del conflitto in Libia di “impegnarsi per un cessate il fuoco duraturo”. I Quindici hanno adottato una risoluzione – con 14 voti a favore e l’astensione della Russia – che riconosce i 55 punti adottati a Berlino e insiste sul pieno rispetto dell’embargo sulle armi che è stato ripetutamente violato. Inoltre, ricorda l’impegno assunto da tutti i partecipanti alla conferenza di astenersi dall’ interferire nel conflitto e negli affari interni della Libia e chiede al segretario generale Antonio Guterres di fornire le sue opinioni sulle condizioni per il cessate il fuoco e proposte per un efficace meccanismo di monitoraggio della tregua.


Ma mentre la comunità internazionale si affanna su opzioni negoziali i cui presupposti non hanno riscontri concreti sul terreno libico, dal 7 febbraio sono aumentati gli scambi di artiglieria sulla linea del fronte a sud di Tripoli, a pochi chilometri dal centro della capitale e ad appena sette dal porto di Abu Sitta dove ha sede la missione della Marina Militare italiana che supporta la guardia costiera libica.

Preoccupazione per il riacutizzarsi degli scontri sono stati manifestati dalle ambasciate di Londra e Washington a Tripoli. L’Ambasciata britannica ha sospeso il rientro a Tripoli del personale (già numericamente ridotto) attuato su base di una rotazione periodica per il timore che il rafforzamento dei dispositivi militari dei contendenti possa provocare una intensificazione degli scontri intorno alla capitale.


Quelle americana esprime preoccupazione per le “notizie fondate circa significative attività militari” che le forze libiche contrapposte “stanno contemplando per l’immediato futuro”.

La spinta offensiva delle forze di Haftar (in rosa nella carta geografica in alto) sembra però cozzare con le rafforzate difese delle milizie del Governo di accordo nazionale – GNA (in blu nella cartina) al cui fianco combattono almeno 3.200 mercenari siriani sbarcati a Tripoli nelle scorse settimane con aerei e navi turchi.

Il numero di questi miliziani, arabi turcomanni e combattenti delle milizie jihadiste che si erano opposte all’esercito di Bashar Assad, è oggetto di dibattito. Fonti vicine al GNA riferiscono di 3200 uomini tutti dislocati sul fronte sud di Tripoli e guidati da ufficiali turchi, mentre ad Abu Grein ci sarebbero solo milizie di Misurata. L’impressione è quindi che le unità di mercenari operino in modo autonomo dalle milizie libiche alleate rispetto alle quali avrebbero un migliore addestramento e la guida di ufficiali turchi esperti.


Da Londra, il noto Osservatorio siriano per i diritti umani aveva invece riferito di ben 4.700 mercenari ma le fonti siriane utilizzate da queste ong potrebbero aver incluso nel numero anche i combattenti in fase di arruolamento nei centri di reclutamento istituiti dai turchi ad Afrin e in altre località della Siria settentrionale controllate dalle truppe di Ankara.

In tal caso a fronte di oltre 3mila combattenti già schierati in Libia ve ne sarebbero circa 1.500 in fase di preparazione per raggiungere prossimamente Tripoli. Anche fonti egiziane, citate dal quotidiano del Cairo al-Watan, stimano in “almeno tremila” i miliziani siriani dispiegati nelle aree controllate dal GNA nella Libia occidentale dopo essere stati trasferiti in Libia dai velivoli cargo militari turchi.


Oltre a consiglieri militari e mezzi la Turchia ha inviato a Tripoli anche mezzi corazzati ACV-15 e una serie di strumenti per la difesa aerea schierati a protezione dell’aeroporto di Mitiga: missili antiaerei Hawk XXI, semoventi contraerei e cannoni a tiro rapido da 35 millimetri oltre a sistemi di disturbo elettronica (jammer) in grado di abbattere i droni armati cinesi Wing Loong impiegati dai contractors degli Emirati arabi Uniti che affiancano l’esercito nazionale libico (LNA) di Haftar.

I turchi hanno schierato sistemi simili a che a protezione dell’aeroporto di Misurata, dove si trova la base italiana che ospita la missione sanitaria nota come Operazione Ippocrate (circa 240 militari e una sessantina di medici, paramedici e tecnici). Da quando questi mezzi e armamenti antiaerei sono stati dispiegati dai turchi le forze di Haftar non sono più stare in grado di bombardare dall’aria i due aeroporti limitandosi a colpire lo scalo tripolino di mitiga con razzi e colpi di mortaio.

Il vero interrogativo riguarda ora l’impiego dei mercenari siriani che potrebbero lanciare un robusto contrattacco almeno sul fronte centrale di Tripoli oppure consolidare le postazioni difensive per sbarrare la strada all’LNA.

15 febbraio 2020 - GIANLUIGI PARAGONE SPIEGA I VERI MOTIVI DELLA CRISI ► "Possiamo uscirne ...

venerdì 14 febbraio 2020

Sostituzione di una pax, quella americana, con un’altra, quella cinese - dal 1839 gli inglesi costrinsero i popoli cinesi a sottomettersi all'uso dell'oppio oggi nel mondo occidentale l'alto impone culturalmente al basso l'uso della cocaina

Nella mente di Xi

Dal Made in China 2025 alla Nuova via della seta, fino al recente scontro con gli Stati Uniti di Trump: la Cina è alla ricerca di egemonia globale o di un proprio spazio vitale?

di Emanuel Pietrobon - 10 Febbraio 2020

1 ottobre 1949: Mao Tse Tung pone fine alla sanguinosa guerra civile e proclama la nascita della Repubblica Popolare Cinese. Primavera ed estate del 1989: sull’onda delle rivoluzioni colorate che poco alla volta stanno travolgendo il secondo mondo, facendo cadere i quarantennali regimi comunisti in tutto l’impero sovietico, una parte del popolo cinese insorge contro la dittatura e manifesta con forza, riempiendo le piazze della capitale. Quella che avrebbe potuto essere la primavera di Pechino – e sulla quale pesano ancora oggi le ombre delle interferenze straniere – finisce nel massacro di piazza di Tiananmen.

2013: Xi Jinping, da poco succeduto alla presidenza a Hu Jintao, dichiara all’oltre un miliardo di cittadini del paese di avere avuto una visione di grandezza e prosperità. Ribattezza quella visione il ”sogno cinese” e, ai fini della sua realizzazione, annuncia Made in China 2025 e la cosiddetta Nuova Via della Seta.

2016: con l’ascesa dell’amministrazione Trump ha inizio il primo capitolo della guerra fredda del nuovo millennio, quella fra Stati Uniti e Cina.


Le date elencate sono senza dubbio importanti, ma per capire cosa si celi nella mente di Xi si devono dimenticare il 20esimo ed il 21esimo secolo e riaprire i libri di storia al capitolo dell’espansione imperialistica delle potenze europee e degli Stati Uniti in Asia nella seconda metà del 1800. La Cina del 19esimo secolo era molto diversa da quella attuale: era un impero in tremendo declino, i cui confini erano violati giornalmente dalle più grandi potenze del globo, desiderose di sfaldare l’impero asiatico più esteso, ricco di risorse e manodopera a basso costo.

Se per l’Occidente, inteso come ordine europeo di Vienna e Stati Uniti, il 1800 è stato l’età d’oro dell’imperialismo, per la Cina è invece ricordato, insegnato nelle scuole e commemorato, come il secolo della vergogna e dell’umiliazione (百年耻辱). Il secolo inizia approssimativamente nel 1839, con lo scoppio della prima guerra dell’oppio, e si conclude nel 1949, con la vittoria dei rivoluzionari comunisti di Mao e l’entrata di Pechino nella sfera di influenza di Mosca, al riparo dalle centenarie intrusioni occidentali e giapponesi.

È l’impero britannico a segnare l’inizio del secolo dell’umiliazione: la convinzione di Londra è che l’impero cinese sia decadente tanto quanto quello moghul e che sia possibile penetrare silenziosamente negli immensi territori della dinastia Qing sfruttando l’arma commerciale, ossia la Compagnia delle Indie Orientali.


Fu proprio il commercio dell’oppio il casus belli della guerra: i cinesi ritenevano il suo commercio impuro e dagli anni ’20 del 1800 stavano tentando di debellarlo tramite sequestri, roghi, arresti, imponendo restrizioni sempre più severe ai commercianti stranieri. L’ennesima operazione anti-oppio, nel 1839, scatenò le ire di Londra. Per tre anni, gli inglesi bombardano senza tregua le coste dell’impero cinese, infliggendo danni gravissime alle infrastrutture portuali di Pechino. La strategia britannica fu ribattezzata la diplomazia delle cannoniere, in virtù del forte ricorso all’artiglieria pesante.

Nel 1842, la Cina decise di scendere al tavolo delle trattative. Fu l’inizio dell’epoca dei cosiddetti trattati ineguali, partendo da quello di Nanchino, a causa dei quali l’impero dovette accettare che i suoi lavoratori si implicassero in ogni sorta di produzione richiesta dai commercianti occidentali, soprattutto le droghe come l’oppio, di cedere piccole e grandi porzioni di territorio, fra cui Hong Kong, e di garantire ai britannici impunità per i crimini commessi in loco in base al concetto di extra-territorialità. La politica dell’accomodamento di Pechino non placò l’appetito di potere britannico, anzi lo favorì ulteriormente, e spinse le altre potenze europee, gli Stati Uniti ed il vicino, e da sempre ostile, Giappone a fare lo stesso.


Nel 1856 scoppiò la seconda guerra dell’oppio, nel 1894 scoppiò la prima guerra contro Tokyo, nel 1899 una coalizione multinazionale (alla quale partecipò anche l’Italia) si unì per invadere la Cina e porre fine alla rivolta dei Boxer, nel 1903 gli inglesi invasero il Tibet, e dal primo dopoguerra fino alla seconda guerra mondiale il paese fu in totale balia delle ambizioni egemoniche nipponiche. Furono centodieci anni tragici per una delle civiltà più antiche e fiere del mondo, e il ricordo di quel periodo non si è mai appassito. Il Partito Comunista Cinese ha impostato la sua esistenza sul secolo della vergogna sin dalla sua nascita: rivoluzione per vendicare l’umiliazione.

Dopo le fallimentari esperienze del salto in avanti e della rivoluzione culturali, la Cina ha preferito puntare nuovamente sull’Occidente a partire dagli anni ’70, attraendo investimenti e delocalizzazioni che hanno reso possibile al paese sperimentare la più grande crescita economica della storia globale. A distanza di ormai oltre 40 anni da quell’apertura, nella consapevolezza che la Cina continua ad essere vista, trattata e considerata come la fabbrica a basso costo dell’Occidente, Xi ha deciso di portare a compimento il sogno recondito dei suoi predecessori: rivalsa per il secolo della vergogna.

La rivalsa ha dapprima avuto luogo conquistando il ventre molle dell’Occidente, ossia l’Europa, attraverso investimenti nei settori strategici, invasione di beni a basso costo che hanno eroso i mercati nazionali, e quindi le capacità resistenti e resilienti delle economie, e poi aprendo un sacco all’Africa in salsa gialla, che solo negli anni recenti è finito sotto la luce dei riflettori. Infine, le mire cinesi si sono rivolte all’Asia: la Nuova Via della Seta è un modo con cui monopolizzare il controllo dei corridoi di comunicazione infracontinentali e crearsi degli spazi di manovra utili in chiave antioccidentale, anti-giapponese ed anti-indiana, ma anche antirussa.


Nella mente di Xi non c’è spazio per le alleanze: Pechino va’, dove l’investimento può fruttare. Solo capendo questo importante elemento si può inquadrare la scelta di aver abbandonato il progetto di un maxi-canale in Nicaragua capace di rivaleggiare con Panama dopo lo scoppio di una nuova quasi-guerra civile, e di aver ridotto significativamente le importazioni di petrolio dall’Iran nonostante l’apparente appoggio diplomatico. Per questo motivo, è anche possibile che il partenariato con la Russia sia destinato ad esaurirsi nei prossimi anni, poiché nato per soddisfare un’esigenza comune di natura contingente – ossia il muscolarismo occidentale anti-multipolare – ma poggiato naturalmente sul nulla: aspirazioni egemoniche nelle stesse regioni, diffidenza reciproca, rivalità storica di lunga data.

L’incredibile ricchezza acquisita in oltre 40 anni di crescita economica ininterrotta ha permesso a Pechino di portare avanti, in ogni continente, una diplomazia del corteggiamento basata sul dono di grandi opere (stadi, ponti, ospedali, autostrade, palazzi ad uso politico), aiuti allo sviluppo (prestiti a fondo perduto, tonnellate di cibo e beni di prima necessità), ed anche prestiti-trappola. Questi ultimi sono l’esempio più lampante di come nessuna egemonia sia completamente benevola: rivalsa per l’umiliazione subita non significa ricerca di un nuovo ordine mondiale migliore a tutti costi, ma semplicemente sostituzione di una pax, quella americana, con un’altra, quella cinese.

È indubbio che fra un ordine che si regge sul sangue di guerre infinite e cambi di regime, quale quello americano-centrico, ed uno che fino ad oggi non ha dimostrato velleità belliciste – e non sembra averne, perché basato su un’impostazione completamente diversa, nella quale il denaro è l’unica arma possibile – sia preferibile l’ultimo.

Essere nella mente di Xi significa capire, però, che la rivalsa del risorgente impero celeste sarà esiziale per l’Occidente, in quanto diretta contro di esso. Infatti, se è vero che l’Europa ha perso la sovranità politica per via degli Stati Uniti, è altrettanto vero che perderà ogni rilevanza economica (anche) per via della Cina – e gli effetti della lenta transizione dell’ordine economico-finanziario da Londra-New York a Pechino sono già visibili: delocalizzazioni massive, acquisizioni predatorie di imprese-chiave, infrastrutture critiche minacciate, piccole e medie imprese ed economia locale in via d’estinzione, e così via.


L’impatto sarà ancora più devastante se l’asse Bruxelles-Washington non riuscirà a trovare il modo di creare una frattura fra Mosca e Pechino, perché le risorse naturali e il capitale umano del primo combinate alla ricchezza e alla brama di potere della seconda potrebbero dar luogo ad un’alleanza dal potenziale inimmaginabile sul piano globale.

Ed è proprio il rapporto fra le due potenze che sarà l’oggetto dell’approfondimento della nuova puntata di Confini: saranno confutati e smontati luoghi comuni, dipingendo un quadro realistico della situazione, evidenziando punti di forza e talloni d’achille del partenariato più incompreso dei tempi attuali.


13 febbraio 2020 - DIEGO FUSARO: Il potere promuove l'uso della droga per... Panico in stud...

13 febbraio 2020 - Che cosa veramente ha detto Cristina Kirchner?

Togati malati - Il fatto non sussiste

Mafia e massoneria a Catania, cinque assoluzioni, tra cui il gran maestro, e tre condanne

giovedì 13 Febbraio 2020 - 08:43

Il Tribunale di Catania, presieduto da Grazia Anna Caserta, a conclusione del processo nato dall’operazione Brotherhood (fratellanza, ndr) della Guardia di finanza che ipotizzava anche rapporti tra mafia e massoneria ha condannato a vent’anni di reclusione e a ventimila euro di multa Aldo Ercolano, cugino e omonimo del boss di Cosa nostra etnea, ritenuto esponente di spicco della famiglia.

Comminati sei anni e otto mesi e 135mila euro di multa a Giuseppe Finocchiaro.

Condannato a tre anni per usura l’avvocato Antonio Drago (ma il legale è stato assolto dal reato di estorsione).

Assolto invece il “sovrano” della Gran loggia massonica Federico II, Ordine di stretta osservanza, Francesco Rapisarda, perché il fatto non sussiste.

Prosciolti, con la stessa motivazione, Adamo Tiezzi e Carmelo Rapisarda.

Assolti per non avere commesso il fatto Antonino Finocchiaro e Christian Puglisi.

Secondo l’accusa professionisti ed esponenti della massoneria si sarebbero rivolti a esponenti del clan Ercolano per l’aggiudicazione di beni in aste giudiziarie e per ottenere appalti pubblici.

13 febbraio 2020 - NINO GALLONI - L'ECONOMIA CINESE DEL NUOVO MILLENNIO

La lotta all'opposizione viene chiamata lotta al terrorismo - Gli ebrei-palestinesi insegnano a monitorare la rete ma nulla potranno contro antisemitismo che nasce dal loro essere sionisti

RED ALERT: IL PROGETTO EUROPEO PER COMBATTERE IL TERRORISMO SULLA RETE


(di Andrea Cucco)
13/02/20 

La guerra al terrorismo è sempre più complessa. La mole di informazioni disponibile nella rete, con miliardi di dispositivi connessi, è un mondo che la Sicurezza e l'Intelligence può utilizzare ma in cui il terrorismo può riuscire ad immergersi, sfuggire a controlli o - peggio - moltiplicarsi.

“Red Alert” è il nome di un programma finanziato dall'Unione Europea che punta ad evidenziare, in tempo reale, minacce di terrorismo o radicalizzazione.

Il progetto si propone di portare la raccolta di informazioni e l'analisi predittiva ad un nuovo livello grazie ad una particolarità: nuove tecniche di elaborazione del linguaggio, analisi dei media, analisi dei social network, elaborazione di eventi complessi e intelligenza artificiale, combinate con dati relativi a gruppi terroristici per permettere di intraprendere azioni coordinate in tempo reale. Il tutto nel rispetto della privacy dei cittadini.

Per comprendere meglio Red Alert abbiamo incontrato a Roma un responsabile del programma, l'israeliano Uri Ben Yaakov, docente e dirigente dell'ICT (International Institute for Counter-Terrorism).

Partiamo dall'ICT. Qual è lo scopo del centro?

L'Istituto si trova in Israele a Herzliya e si occupa, in ambiente accademico, sia di terrorismo che antiterrorismo. Abbiamo un Bachelor degree (laurea triennale, nda) ed un Master degree (laurea specialistica, nda) in Homeland Security e Counter-terrorism.

Teniamo molti corsi e con ragazzi provenienti da differenti Paesi, molti della NATO. Dall'Italia vengono molti studenti e tirocinanti. A dire il vero non so perché...


Be', sarà perché Israele è un riferimento?

Per quello ci sono anche gli Stati Uniti. Tuttavia così è...

Un Istituto statale?

Siamo una ONG, per cui i nostri finanziamenti provengono da donazioni e lavori che effettuiamo per diversi governi. Una delle attività che stiamo seguendo è “RED ALERT”, parte del Progetto Horizon 2020, che è iniziata nel giugno del 2016.

Terminerà quest'anno...

Esatto, a maggio.

Ne sarà possibile una prosecuzione?

Non credo. Lo scopo del programma è di dimostrare la possibilità di prevedere la radicalizzazzione sulla rete, in ambiente cyber. Per fare questo abbiamo integrato diverse tecnologie preesistenti come l'analisi delle immagini (foto e video), degli audio, dei testi, di eventi complessi per dimostrare che l'elaborazione finale dei dati fornisce un valore maggiore della somma delle singole tecnologie.

I servizi di sicurezza condividono le informazioni?

Lo fanno. Ma con differenti livelli di collaborazione che spesso sono bilaterali, non multilaterali.

Mi spiego. Se i carabinieri trovano qualcosa in lingua romena possono avere difficoltà ad interpretare dati, anche con l'ausilio di un interprete. Ora, con una piattaforma possono condividere informazioni non classificate, ovviamente non il 100%, ma ci si può accordare per soglie di condivisione (ricordiamo che il 99% delle informazioni proviene da fonti aperte!) ed ottenere risultati che altrimenti non avrebbero.

L'idea di fondo del progetto Red Alert è questo: realizzare uno strumento capace di combinare differenti tecnologie e realizzare una piattaforma utile a differenti utenti finali.

L'analisi predittiva in corso di sviluppo in Paesi come gli Stati Uniti c'entra qualcosa?

No. Stanno investendo in campi e strumenti differenti.

Non è semplice il lavoro che è stato fatto. È difficile integrare tecnologie diverse in un unico sistema.

Gli USA stanno investendo molto denaro ma in questo campo Israele è in vantaggio.


Prima ha usato come esempio l'interpretazione di una lingua straniera. Israele ha il vantaggio di avere cittadini provenienti da ogni parte del mondo e capaci di interpretare perfettamente ogni sfumatura...

Ha ragione. Israele è un Paese di immigrati. Tuttavia, al giorno d'oggi, i linguaggi non sono più quelli originari. E questo è uno dei problemi che affrontiamo nel programma Red Alert.

Mi spiego meglio: i giovani si esprimono mischiando termini di differenti dialetti o lingue. I mussulmani possono usare termini arabi o gergali abbinati talvolta a passi del Corano. Se dobbiamo valutare la radicalizzazione dobbiamo tenere presente che il lessico non è più quello tradizionale. Uno scoglio per qualsiasi Intelligenza Artificiale.

Le parole spesso vengono troncate e lo stesso arabo ha un notevole numero di varianti.

Pensiamo poi ai social network...

Su Instagram si comunica per immagini!

Esatto. Come si possono analizzare? Possono fornire falsi positivi o falsi negativi.

Quali risultati avete raggiunto?

Non abbiamo di certo finito ma possiamo già ora dimostrare che il Sistema funziona, nonostante siano presenti aggiustamenti e perfezionamenti da compiere.

Uno delle questioni che ha complicato tutto è stata l'introduzione della GDPR (General Data Protection Regulation - Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati, nda).

Finora il programma ha comunque dimostrato che l'idea funziona ed è applicabile.

Le piattaforme Social collaborano?

Il libero accesso alle piattaforme di informazione è talvolta un impedimento. Non tutte lo consentono. Paradossalmente è più facile ottenere informazioni da un social network come Facebook per un privato cittadino o per un libero professionista che per la Polizia Municipale di Roma!

Le difficoltà sono quindi diverse...

Tornando alla minaccia, la sfida di fondo è riuscire ad identificare un terrorismo che riesce ad utilizzare ogni possibilità fornita dal web.


Ci sono video e messaggi di minaccia, propaganda o reclutamento che ricalcano fedelmente quelli di informazione legati alla stampa, la pubblicità, il cinema o le stesse istituzioni! (nell'immagine un messaggio di un'organizzazione terroristica riprende in maniera identica un manifesto per il reclutamento delle forze armate tedesche).

L'Intelligenza Artificiale non potrà quindi ancora a lungo rimpiazzare quella umana?

Il lavoro di intelligence è su due livelli: la raccolta di informazioni e la valutazione ed analisi. Per la prima parte è indispensabile, vista l'enorme mole di dati, l'Intelligenza Artificiale. Per la seconda, nonostante i progressi, sarà sempre necessario l'uomo.

Nonostante questo le possibilità fornite dalle nuove tecnologie sono strabilianti. Lavoro nell'intelligence da 40 anni, gli strumenti a disposizione stanno cambiando in maniera incredibilmente veloce, quello che è possibile oggi non lo era non 10 ma nemmeno 5 anni fa, talvolta l'anno precedente.

Anche il lavoro dei terroristi però si adatta al progresso tecnologico.

È vero. Sono sempre più sofisticati e raffinati; sono le “regole del gioco”. Il compito dell'Intelligence e della Sicurezza è mantenersi sempre un passo avanti a loro. Red Alert è uno strumento per farlo.


Foto: web / ICT / UE

Togati malati - niente è un caso ad Arezzo sempre assolti i dirigenti di Banca Etruria

Ostacolo a vigilanza, condannati ex vertici Etruria

di G.I. 13 Febbraio 2020


Per la corte d'appello di Firenze gli ex vertici di Banca Etruria furono colpevoli di ostacolo alla vigilanza: un anno e un mese di reclusione, con sospensione della pena, la condanna inflitta all'ex presidente Giuseppe Fornasari e all'ex dg Luca Bronchi. Una sentenza che ribalta l'esito del giudizio, con rito abbreviato, di primo grado ad Arezzo: tre anni fa il gup mandò assolti i tre imputati, tra cui l'ex direttore centrale della banca, Davide Canestri, assolto anche in appello. Fornasari e Bronchi sono stati anche condannati dai giudici di secondo grado a risarcire, in solido, Bankitalia, parte civile nel procedimento: stabilita una provvisionale di 327 mila euro.

Quella per ostacolo alla vigilanza è il primo filone dell'inchieste su Banca Etruria: fu aperta nel 2013 dall'allora procuratore di Arezzo Roberto Rossi, al quale gli ispettori di Bankitalia consegnarono una relazione in cui si ipotizzavano possibili irregolarità nel bilancio 2012. L'accusa di ostacolo alla vigilanza era stata contestata con riferimento alla cessione di immobili, in particolare quelli della società Palazzo della Fonte e sui presunti crediti deteriorati che non sarebbero stati contabilizzati correttamente ma come incagli e, quindi, ancora recuperabili.

Operazioni che, con quelle messe in campo dal Cda successivo, per l'accusa avrebbero contribuito a portare al dissesto l'istituto aretino. Il gup di Arezzo, in primo grado, mandò assolti gli imputati perchè 'il fatto non sussiste' con riferimento al capo di imputazione relativo alla cessione di immobili e perchè 'il fatto non costituisce reato' per quello relativo ai presunti crediti deteriorati.

Una sentenza contro la quale fecero ricorso in appello la procura, con Rossi e tutto il pool di magistrati che avevano lavorato sul primo filone d'inchiesta. Slittato di un anno, dal 2018 al 2019 tra le proteste dei risparmiatori, il processo d'appello ha visto anche la riapertura dell'istruttoria per ascoltare l'ispettore capo di Bankitalia Emanuele Gatti, che guidò le ispezioni del 2013. Oggi infine la sentenza per la quale dalla procura di Arezzo non arriva alcun commento anche se negli uffici c'è soddisfazione per il riconoscimento del lavoro svolto. Proprio ad Arezzo intanto prosegue il processo per il crac di Banca Etruria.

L'udienza, dedicata principalmente alla sofferenza per il credito al gruppo Sacci: secondo quanto ricostruito in aula, con un complicato intreccio di passaggi, sarebbero stati 62 i milioni di finanziamento mai rientrati. Nell'ambito di questo processo il 27 febbraio era stato citato come teste, dal legale di un risparmiatore, il governatore di Bankitalia Ignazio Visco.

Bankitalia ha fatto però sapere che Visco è impegnato all'estero e che un suo rappresentante sara' presente all'udienza al suo posto. Lo stesso 27 sarà il presidente del tribunale di Arezzo a decidere se riconvocarlo oppure no.


giovedì 13 febbraio 2020

Le truppe d'invasione statunitensi sono odiate dai siriani

(Video) Siria. Le truppe USA sparano sui civili, un morto e diversi feriti nei pressi di Qamishli. 

Lancio di sassi contro i convogli statunitensi


Un civile è morto e altri sono rimasti feriti in un attacco delle forze di occupazione americane sui villaggi di Khirbet Ammo e Hamou ad est di Qamishli orientale dopo che si erano radunati vicino a una postazione dell'esercito arabo siriano per impedire l'attraversamento dei veicoli delle truppe USA

Secondo quanto riferisce l'agenzia SANA, nel frattempo, la popolazione del villaggio di Bweir al-Bouassi ha lanciato pietre contro i veicoli dell'occupazione statunitense e hanno divelto la
bandiera americana dai blindati

Il reporter di SANA ad Hasaka ha affermato che “un posto dell'Esercito arabo siriano nella zona questa mattina ha fermato quattro veicoli di occupazione americani mentre attraversavano al-Suwais - Alaia- Khirbet Ammo road ad est della città di Qamishli, poi centinaia di persone di Khirbet Ammo e Hamou i villaggi si sono radunati vicino alla postazione per impedire l'attraversamento dei veicoli di occupazione americani e per costringerli a tornare da dove venivano”.

Il reporter ha dichiarato che "i soldati dell'occupazione americana hanno sparato proiettili contro la gente del posto. Un civile del villaggio di Khirbet Ammo è rimasto ucciso, un altro ferito".
In risposta all'attacco delle forze di occupazione americane, i residenti hanno danneggiato quattro veicoli corazzati dell'occupazione, mentre le forze di occupazione si sono precipitate per portare rinforzi nell'area che comprende 5 veicoli corazzati, per ritirare i loro veicoli danneggiati ed evacuare il loro personale.

Video SANA
Siria. Popolazione in rivolta contro le truppe di occupazione USA lanciano pietre contro i loro con

Nello stesso contesto, e durante il passaggio di una serie di veicoli corazzati d'occupazione americani attraverso il villaggio di Bweir al-Bouassi, nella campagna della città di al-Qamishli, i residenti del villaggio li hanno intercettati e attaccato i veicoli blindati con pietre costringendoli a fermarsi mentre un certo numero di giovani sono saliti sul tetto di uno dei veicoli e ha tolto la la bandiera americana.

Più tardi, il giornalista della SANA ha riferito che ci sono notizie sull'assalto aereo dell'occupazione americana nel villaggio di Khirbet Ammo, nella campagna di Qamishli
Il giornalista ha aggiunto che sono scoppiati scontri diretti con armi leggere tra i locali del villaggio e l'occupazione statunitense.

Il reporter ha indicato che le forze di occupazione si sono ritirate dal villaggio sotto una copertura dagli aerei da guerra statunitensi.

Notizia del: 12/02/2020

Continuare a sparare ai bambini palestinesi è quello che dicono e pensano gli ebrei-palestinesi sionisti

l portavoce dell'esercito israeliano annuncia: continuate a sparare ai bambini palestinesi


Leggendo il titolo dell'articolo che segue si potrebbe pensare che sia stato scritto dal BDS, da un portavoce dei vari partiti palestinese, invece no, questa toccante editoriale è stato scritto da un giornalista israeliano, Gideon Levy

I soldati israeliani sparano ai bambini. A volte li feriscono e a volte li uccidono. A volte i bambini finiscono in morte cerebrale, a volte disabili. A volte i bambini lanciano pietre contro i soldati, a volte Molotov. A volte per caso finiscono nel mezzo di uno scontro. Quasi mai mettono in pericolo la vita dei soldati.

A volte i soldati sparano intenzionalmente ai bambini, a volte per errore. A volte mirano alla testa dei bambini o alla parte superiore del corpo, a volte sparano in aria e mancano, colpendo i bambini alla testa. Ecco come va quando un corpo è piccolo.

A volte i soldati sparano con l'intento di uccidere, a volte di punire. A volte usano proiettili regolari e talvolta proiettili rivestiti di gomma, a volte a distanza, a volte in un'imboscata, a volte a distanza ravvicinata. A volte sparano per paura, rabbia, frustrazione e la sensazione di non avere altra opzione o una perdita di controllo, a volte a sangue freddo. I soldati non vedono mai più le loro vittime dopo. Se vedessero ciò che hanno causato, potrebbero smettere di sparare.

I soldati israeliani sono autorizzati a sparare ai bambini. Nessuno li punisce per aver sparato ai bambini. Quando un bambino palestinese viene ucciso, non è una notizia. Non c'è differenza tra il sangue di un bambino palestinese e il sangue di un adulto palestinese. Entrambi valgono poco. Quando un bambino ebreo viene ferito, tutto Israele trema, quando un bambino palestinese viene ferito, Israele fa finta di nulla. Troverà sempre, sempre una giustificazione per i soldati che sparano ai bambini palestinesi. Non troverà mai, mai una giustificazione per i bambini che lanciano pietre contro i soldati che fanno irruzione nel loro villaggio.

Per sei mesi un ragazzo di nome Abd el-Rahman Shatawi è stato in cura all'ospedale di riabilitazione di Beit Jala. Per 10 giorni un suo parente, Mohammed Shatawi, è stato all'Hadassah University Hospital, Ein Karem, a Gerusalemme. Entrambi provengono dal villaggio di Qaddum in Cisgiordania. I soldati israeliani hanno sparato a entrambi alla testa . Hanno sparato con proiettili regolari da una grande distanza ad Abd el-Rahman mentre si trovava all'ingresso della casa di un amico, hanno sparato un proiettile rivestito di gomma a Mohammed da una collina vicina mentre cercava di nascondersi da loro lungo la stessa collina. L'esercito ha dichiarato di aver sparato una pallottola di gomma.

Abd el-Rahman ha 10 anni e sembra piccolo per la sua età. Mohammed ha 14 anni e sembra più grande. Questi sono i bambini della realtà palestinese, entrambi in bilico tra la vita e la morte. La loro vita e quella dei loro genitori sono state distrutte. Il padre di Abd el-Rahman lo porta a casa da Beit Jala a Qaddum una volta alla settimana per un weekend nel villaggio, il padre di Mohammed non si allontana dalla porta dell'unità di terapia neuro-intensiva di Hadassah Ein Karem, dove è solo di fronte a suo figlio e il suo destino. Nessuno di questi bambini avrebbe dovuto essere colpito. Nessuno dei due avrebbe dovuto essere colpito alla testa.

Dopo che Abd el-Rahman è stato colpito, l'ufficio del portavoce dell'esercito ha dichiarato che "durante l'atatcco è stato ferito un minore palestinese". Dopo che Mohammed è stato colpito, il portavoce ha aggiunto: "È noto un reclamo su un palestinese che è stato ferito da un proiettile di gomma", l'ufficio conosce il reclamo. Il portavoce dell'esercito è la voce delle forze di difesa israeliane. L'IDF è un esercito popolare, quindi il portavoce dell'IDF parla anche per Israele.

Il portavoce pubblicano le loro dichiarazioni strazianti da una nuova torre per uffici a Ramat Aviv vicino a Tel Aviv, dove l'ufficio si è recentemente trasferito. Si riferiscono a un ragazzo di 10 anni come un "minorenne palestinese" e osservano che "la pretesa palestinese è nota" su un ragazzo che lotta per la sua vita perché i soldati gli hanno sparato alla testa. La disumanizzazione dei palestinesi ha raggiunto i portavoce dell'IDF. Persino i bambini non suscitano più sentimenti umani come il dispiacere o la misericordia, certamente non nell'IDF.

L'ufficio del portavoce dell'IDF fa bene il suo lavoro. Le sue dichiarazioni riflettono lo spirito del tempo e del luogo. Non c'è spazio per esprimere alcun rimpianto per aver sparato ai bambini in testa, non c'è spazio per la misericordia, le scuse, un'indagine o una punizione e certamente non per alcun risarcimento. Sparare a un bambino palestinese è considerato meno grave rispetto a sparare a un cane randagio, per il quale c'è ancora una possibilità che qualcuno faccia qualche indagine.

Il portavoce dell'IDF annuncia: continuate a sparare ai bambini palestinesi.

Fonte: Foto Alex Levac Haaretz
Notizia del: 12/02/2020