L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 2 maggio 2020

Il circo mediatico è impegnato quotidianamente a costruire fake news sulla Corea del Nord, ci sarà un perchè

Kim non è morto. Ma il mainstream lancia subito un'altra imbarazzata bufala: "era tenuto in isolamento per paura del coronavirus"


Kim non è morto. Il leader della Corea del Nord ha smentito in modo spettacolare la bufala che gli organi mainstream (sono sempre loro del resto) hanno reso virale per giorni e giorni.

Nelle foto la partecipazione del leader della Corea del Nord all'inaugurazione di una fabbrica di fertilizzanti nella città di Sunchon, in occasione delle celebrazioni per il Primo Maggio.

Mentre Repubblica imbarazzata si para con una nuova bufala di immagini satellitari che dimostrerebbero come Kim "fosse tenuto in isolamento per paura del coronavirus" (anche se proprio l'ultima foto pubblicata anche dal giornale della famiglia Agnelli la auto-smonta subito), noi vi rimandiamo a questo video che raccoglie le ultime esilaranti fake news contro la Corea del Nord:


I tedeschi piegano i principi alla politica delle convenienze

Iran contro Germania in difesa Hezbollah

'Berlino fornì armi di distruzione di massa a Saddam Hussein'


Redazione ANSATEHERAN
02 maggio 202010:39 NEWS

(ANSA) - TEHERAN, 2 MAG - Un alto dirigente iraniano ha condannato oggi la decisione annunciata nei giorni scorsi dalla Germania di avere inserito il movimento libanese filo-iraniano Hezbollah tra le organizzazioni "terroriste", vietandone ogni attività sul suolo tedesco.
"Una nuova sorpresa, i fornitori di armi di distruzione di massa all'ex dittatore iracheno Saddam Hussein sono diventati difensori dei diritti umani e chiamano il movimento di resistenza Hezbollah 'terrorista' per paura dei loro amici israeliani uccisori di bambini", ha affermato in un tweet l'ammiraglio Ali Shamkhani, segretario del Supremo consiglio per la sicurezza nazionale di Teheran. L'Iran accusa da molti anni la Germania di avere fornito armi chimiche a Saddam Hussein durante la guerra con l'Iran, dal 1980 al 1988.
"La maschera dei principali sostenitori e sponsor del terrorismo è caduta", aggiunge Shamkhani, affermando che Hezbollah ha combattuto l'Isis impedendogli di raggiungere l'Europa.

Togati &istituzioni malate - Il tentativo palese di chiudere le stalle dopo che i buoi sono scappati

Il procuratore generale di Reggio Calabria Petralia nuovo capo delle carceri

Il magistrato ha dato la disponibilità al ministro Bonafede, dopo le polemiche seguite alle scarcerazioni dei boss in piena pandemia da Covid-19. Ora si apre la partita sullo Stretto per la successione alla pg. Sostituisce Basentini

di Consolato Minniti 
2 maggio 2020 12:10

Reggio Calabria, il magistrato Petralia

Arriva da Reggio Calabria il nuovo capo del Dap, il dipartimento per l’amministrazione penitenziaria. Si tratta dell’attuale procuratore generale Bernardo Petralia, magistrato esperto e sempre in prima linea nella lotta alla mafia. Toccherà a lui sostituire Francesco Basentini, dimessosi dopo le polemiche seguite alle scarcerazioni eccellenti a causa dei rischi connessi alla pandemia da Covid-19. La scelta è stata del Guardasigilli Alfonso Bonafede che ha contattato il magistrato pochi giorni addietro, ottenendo la disponibilità a ricoprire un ruolo certamente di grande rilievo e responsabilità.

Dopo la scelta di Roberto Tartaglia quale vice direttore del Dap, dunque, ora si aggiunge un’altra importante casella con il nome di Petralia. Una coppia che si ricompone dopo gli anni di Palermo, in cui Petralia era procuratore aggiunto e diretto coordinatore di Tartaglia che si occupava di reati contro la pubblica amministrazione.

Chi è Bernardo Petralia

Come riporta il sito nonsiamofannulloni.it, che traccia la biografia di personaggi della pubblica amministrazione che si sono particolarmente distinti, Bernardo Petralia, 67 anni, inizia la sua carriera negli anni ’80 a Trapani, quale sostituto procuratore, lavorando assieme al giudice Ciaccio Montalto, poi ucciso dalla mafia. È proprio su Cosa nostra che Petralia inizia ad indagare con grande attenzione. Sono gli anni in cui Totò Riina e i corleonesi vogliono conquistare la leadership assoluta. Nel 1985 si trasferisce al Tribunale di Sciacca quale giudice istruttore, portando a termine il primo processo contro le cosche di cosa Nostra della parte occidentale della provincia agrigentina. Amico di vecchia data di Giovanni Falcone, Petralia nel ’90 diviene giudice al Tribunale di Marsala, per poi divenire a 43 anni, procuratore capo a Sciacca. Transita anche nel Csm nel 2006 con la corrente Movimento per la giustizia. Poi l’incarico di sostituto procuratore a Marsala, procuratore aggiunto a Palermo e, infine, procuratore generale a Reggio Calabria.

Proprio qui, un anno fa, ha rischiato di diventare procuratore generale di Torino. Le carte erano tutte in regola, ma poi la bufera arrivata su Palamara e il Csm lo ha portato a rinunciare per evitare qualsiasi tipo di strumentalizzazione.

Si apre la partita su Reggio Calabria

Con la nomina di Petralia a capo del Dap, dunque, si apre un’altra interessante partita a Reggio Calabria. La poltrona di procuratore generale rimarrà vacante nel giro di pochi giorni ed è chiaro che ci sarà più di qualche magistrato che già pensa di poterla occupare. Si tratterà di attendere l’insediamento di Petralia e poi il via ufficiale alle candidature. Com’è facile immaginare, infatti, quel ruolo rappresenta un grimaldello fondamentale per il buon funzionamento della Giustizia in tutto il distretto.

Togati&carabinieri malati - Il Sistema massonico mafioso politico istituzionalizzato tutto mangia tutto digerisce

La scalata massonica di Nino Creazzo e i silenzi della moglie Ivana Fava

Le strategie del fratello dell’ex consigliere regionale per salvare dall'usura un pezzo grosso delle logge della Piana e le omissioni della consorte, ufficiale dei carabinieri e figlia del brigadiere Nino ucciso dalla 'ndrangheta, oggi indagata

di Alessia Candito 
2 maggio 2020 09:16


Un intervento interessato con l’obiettivo di una scalata massonica. Coinvolgere i clan per puntare ad una migliore collocazione all’interno delle logge. Era questa la manovra pensata da Nino Creazzo, finito prima in carcere poi ai domiciliari per associazione mafiosa nell’inchiesta Euphemos, quando ha chiamato in causa il potente clan Crea per obbligare gli strozzini a smettere di vessare l’imprenditore Cosimo Petrolino. Una delle tante per Creazzo, che per i magistrati insieme ai clan ha costruito il successo elettorale del fratello, l’ex consigliere regionale di Fdi Domenico Creazzo, grazie ad una strategia definita insieme ai clan. Ma almeno in privato, una di cui vantarsi.

Quel giro di usura costato un’indagine a carico a Ivana Fava

«Una cosa che manc’i cani» la definisce lui nel parlare con la moglie Ivana Fava, che per aver taciuto su quel giro di usura il 14 gennaio è stata iscritta sul registro degli indagati dalla procura antimafia di Reggio Calabria. Un reato, per gli investigatori che ascoltavano le conversazioni di Creazzo, tanto grave da indurli ad inviare una nota al pm, invocando anche «urgenti ed idonei provvedimenti restrittivi della libertà personale» per «arginare ed interrompere le condotte illecite tutt'ora in atto e scongiurare la realizzazione di ulteriori delitti, e/o che tali reati vengano reiterati o portati a conseguenze ulteriori».
Il copione dell’oppressione
E ci tengono a «rimarcare» - questo il verbo che usano - «la peculiarità della vicenda che risiede, senza alcun dubbio, nella circostanza che persone della cultura di Petrolino Cosimo, in situazioni di difficoltà, a seguito di pressioni e minacce poste in essere da parte di soggetti criminali, si rivolgano a persone che orbitano in quella zona "grigio/scura" della società, i quali, a loro volta, interessano soggetti criminali per ottenere un risultato che, per logica, dovrebbe essere richiesto allo Stato e non all'antistato».

Per gli investigatori «per logica», per altri no

Un copione già visto, espressione di una logica di asservimento alla dittatura della ‘ndrangheta che indagine dopo indagine si cerca faticosamente inquirenti e investigatori cercano di scardinare, strappando palmo a palmo i pezzi di società, economia, politica, ma anche vita quotidiana ai clan. Per questo, per gli agentii del commissariato di Palmi che hanno redatto l’informativa, «per logica» Petrolino avrebbe dovuto rivolgersi in primo luogo allo Stato. Per Ivana Fava, no.
I silenzi e le omissioni di Ivana Fava

Per lei, ufficiale dei carabinieri e figlia del brigadiere Nino che insieme al collega Cecè Garofalo, nel gennaio ’94 è stato sacrificato dai clan sull’altare della stagione degli attentati continentali, quella che il marito le racconta è una circostanza come un’altra. Quando Creazzo in dettaglio le spiega le vessazioni che Petrolino aveva subito per aver osato chiedere soldi in prestito alle persone sbagliate, lei, ufficiale dell’Arma, non pensa di segnalare la cosa. Anzi ride, quando il marito tace e cambia discorso alle sue domande su chi sia stato il latore di tanto convincente «ambasciata». E quando alla fine le confessa di averla mandata «con i suoi parenti veri (il clan Crea ndr) con quelli che lui dice che sono suoi parenti ... (incomprensibile)», lei si limita a prenderne atto. «Infatti immaginavo che gliel'hai mandata con qualcuno di...» risponde. Come se fosse un comportamento abituale, noto anche a lei.

Lacrime e giustificazioni ex post

Eppure ci ha tenuto a mostrarsi assolutamente incredula, anzi pentita di essere stata «superficiale, bonacciona» quando Creazzo è finito in manette nell’operazione Euphemos come uomo dei clan e l’inchiesta ha svelato selfie con i parenti di boss, frequentazioni inopportune e conversazioni imbarazzanti anche di lei. Trincerata dietro lacrime e sospiri, all’epoca non ha spiegato nulla, non ha chiarito neanche una di quelle circostanze. Si è scagliata contro gli «articoli che gettano fango su di me» e ha provato a giustificarsi. «Tante volte mi sono arrabbiata con mio marito per certe sue frequentazioni, se ci sono le intercettazioni in casa sentiranno anche le mie urla» ha sostenuto.

Le frequentazioni scivolose di Nino Creazzo

Ma per gli investigatori, è con una «frase pronunciata ridendo» che ha chiesto a Creazzo di rivelarle il nome «dell’amico» tramite cui ha ordinato a Crea di smettere di vessare Petrolino «perché io mi preoccupo di questa cosa». E d’altra parte né allora, né poi, Ivana Fava ha spiegato se a impensierirla fossero i rapporti di ‘ndrangheta o quelli para- massonici più o meno impastati di ‘ndrangheta, che – è emerso dall’inchiesta Euphemos - sembrano essere stati i canali attraverso cui il marito ha tentato di aggiustare sentenze per far scarcerare piccoli e grandi boss. O se sapesse che anche quell’intervento in favore di Petrolino era in realtà dettato – ricostruiscono gli investigatori - dalla volontà di guadagnare considerazione e peso nel mondo delle logge ufficiali, di cui Petrolino era espressione.
«Cosimo si deve tenere buono perché comanda nella Piana»

«Cosimo si deve tenere buono perché sennò non prende nie ...» dice Creazzo, intercettato «Cosimo è ... io ti dico io, che Cosimo con Tonino Seminario, lo so io per certo, vanno bene». Gran Maestro aggiunto del Goi, faccia pubblica dell’obbedienza in Calabria, Seminario nel mondo dei grembiuli calabresi è un nome di peso. Così come Petrolino – spiega Creazzo – lo è nella Piana. «Poi di fatto, c'è chi comanda per la Piana, chi comanda a Reggio, chi comanda la Jonica ... la fatta è così! E qua nella Piana è Cosimo il numero uno! Però poi quando ... quando Tonino si deve relazionare, non si relaziona con questo! Tonino chiama a Cosimo! Senti che ti dico io!».

Le parentele pesanti “dell’amico di sempre” Domenico Alvaro

Per Creazzo, che nel mondo dei grembiuli ci sta con passione e dedizione, un motivo sufficiente per scomodare anche l’amico di sempre Domenico Alvaro. E il marito di Ivana Fava dimostra di conoscere bene tutta la famiglia. Inclusi i trascorsi del padre di Domenico, Nicola Alvaro «arrestato per l'omicidio del Generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, all'epoca Prefetto di Palermo, poi scagionato dall'imputazione dal Giudice Giovanni Falcone che non aveva ritenuto credibile e/o attendibile il pentito che lo accusava».

E quei sospetti su Matteo Messina Denaro

Anche sulle accuse recenti, ci tengono a sottolineare gli investigatori –sembrava particolarmente informato. «Aggiungeva – si legge nella sintesi delle conversazioni ascoltate - che la famiglia di Alvaro Domenico, segnatamente il padre, fosse stato indicato come il soggetto che favoriva la latitanza di Matteo Messina Denaro, nella loro zona di influenza, ovvero il territorio compreso tra i comuni di Sinopoli e San Procopio».

Frequentazioni notoriamente pericolose

Tutti elementi che non sembrano aver mai turbato più di tanto Creazzo. E neanche la moglie, che sapeva perfettamente dello storico del legame del marito con Domenico Alvaro, al pari dei guai giudiziari di quest’ultimo. Anzi lei stessa lo sospettava impegnata in attività illecite. «Mi pare che hanno un tenore di vita che manco il Re Filippo se lo può mantenere! Dai! (..)Senti, da qualche parte gli devono entrare i soldi? Magari non lo sa nemmeno lui da dove gli entrano, però gli entrano» commenta intercettata l’ufficiale. Sospetti che per la sua famiglia erano una certezza, se è vero che quando Alvaro ha sposato la cugina di Ivana Fava. «Hanno fatto un manicomio, tipo per non... che non lo volevano a lui, hai capito, i parenti. Ti parlo di quindici anni, venti anni fa. Il papà di Graziella, che è il cognato dello zio di Ivana non lo voleva, non lo voleva in nessun modo».

A tavola con i boss

Insomma, che fosse un soggetto poco raccomandabile era notorio. E l’ufficiale ci è finita a cena ma – si giustifica - «me la sono trovata organizzata», con la coppia c’è una conoscenza antica ma una frequentazione nulla. Però il «selfie sorridente» scattato a fine pasto, che gli investigatori del commissariato di Palmi hanno acquisito e viene citato più e più volte nelle carte, non restituisce alcuna sensazione di disagio o di rapporti interrotti. Una cosa che magari Ivana Fava, adesso che è indagata, dovrà spiegare anche in sedi ufficiali. Al pari forse di quell’intervento nell’Ufficio Interdittive della Prefettura su richiesta del marito che le indagini hanno interamente documentato.

L’intervento in Prefettura

È lì che in passato Ivana Fava ha prestato servizio, è lì che dopo il ritorno nei ranghi della Difesa civile puntava a tornare a lavora, ma soprattutto è lì – emerge dalle carte – che, su richiesta del marito, ha cercato di forzare la mano ai funzionari per regalare certificazioni antimafia all’imprenditore Antonio Bivone. Uno «che non aveva i requisiti di legge» ma era utile per la campagna elettorale del cognato, il neoconsigliere regionale di Fdi, Domenico Creazzo, finito ai domiciliari per corruzione elettorale. Se non le sia sembrata inopportuna quella richiesta, viziata – e ne era cosciente – da un tornaconto elettorale non lo ha mai spiegato. Tanto meno se nel progettare di tornare in quell’ufficio non abbia mai temuto di ricevere altre sollecitazioni del genere. Domande a cui oggi si potrebbe trovare a dover rispondere.


Gli affaristi dei vaccini tremano - La sieroterapia avanza nel silenzio colpevole del circo mediatico. Complottista è colui che la verità la nasconde

COVID-19
Coronavirus, Tarro: ''La sieroterapia sarà la svolta per debellare il virus''

Coronavirus, ci sarebbe la terapia e funziona, anche in breve tempo, ne ha parlato il professor Giulio Tarro.

| Pubblicata il: 24/04/2020 - 18:32:03


Ci sarebbe la terapia e funziona, anche in breve tempo. Ce ne ha parlato il professor napoletano Giulio Tarro, allievo del grande Albert Sabin, l’inventore del vaccino contro la poliomielite. Tarro, più volte candidato al Nobel per la Medicina e insignito a dicembre 2018 del premio virologo dell’anno dall’Associazione internazionale dei migliori professionisti del mondo, è presidente della Commissione sulle biotecnologie della virosfera all’Unesco e autore di numerose ricerche presso le università statunitensi.

Nel giorno della premiazione una sua gigantografia capeggiò in Time Square a New York, ma sui giornali italiani non se ne trovò traccia. Il professore ha più volte criticato media e presunti esperti per la gestione della pandemia da Coronavirus. Sarà per questo che non fa parte di nessuna delle decine di task force italiane? Prima c’è stato Paolo Ascierto, dell’Istituto Pascale di Napoli che ai suoi pazienti ammalati di Covid ha somministrato un potente antinfiammatorio usato proprio per l’artrite reumatoide (Tocilizumab) ottenendo risultati strabilianti anche su soggetti già intubati, ora Tarro.

Professore, quando ne usciamo?
“Dovremmo dire all’americana: ieri!”

Perché ieri?
“Perché dovremmo già esserne fuori. E tornati ad una vita abbastanza normale. Siamo nel cuore del problema. C’è la terapia e non è l’uovo di Colombo”

Ah si!? Ma come?
“Mi sto battendo per la sieroterapia che è la cosa più naturale di questo mondo. E funziona! Ci sono studi e interventi che lo dimostrano ampiamente”.

Cioè?
“Cioè curarsi con gli anticorpi dei guariti. Si iniettano nei pazienti, anche quelli attaccati al respiratore o in situazioni gravi, 200 ml di plasma, e non ci sono problemi di incompatibilità, e le persone si salvano. In 48 ore non c’è più il virus”.

Ma chi lo dice ha pubblicato in merito degli studi scientifici?
“Io lo dico sulla base delle argomentazioni che lo possono dimostrare. C’è uno studio proprio dei cinesi che lo dimostra. Poi ho pubblicato a fine gennaio, anche io, su una rivista scientifica Usa uno studio simile e proponevo come esempio l’utilizzo di questo tipo di terapia per il virus del Medio Oriente, dove purtroppo c’era una mortalità molto più alta di questo Coronavirus”.

Ci spieghi meglio il principio di funzionamento della terapia…
“Le faccio un esempio: il discorso del vaccino qual è? Di poter poi far produrre al vaccinato gli anticorpi che lo debbono proteggere dall’eventuale virus. Con la sieroterapia gli anticorpi delle persone guarite vengono usati e introdotti nel paziente tramite il plasma”.

E cosa pensa di quello che ha fatto il professor Paolo Ascierto del Pascale di Napoli, che ai suoi pazienti ammalati di Covid, fin da subito ha somministrato un potente antinfiammatorio usato proprio per l’artrite reumatoide (il Tazimuldin) ottenendo risultati incredibili anche su soggetti già intubati?
“Si ottimo, infatti è uno dei pochi che ha fatto l’analisi giusta, ma qui con gli anticorpi siamo molto più avanti nella possibilità di cura”.

Se avessimo fatto le scelte giuste saremmo già fuori. Questo intende?
“Appunto!”

In Italia è usata?
“La sieroterapia viene attualmente usata con successo negli ospedali di Mantova, Pavia e Salerno. Ci siamo chiesti perché in Germania ci sono così pochi morti? Si sta usando sempre di più”.

Ma di recente ha parlato con il Corriere della Sera e non ha detto…
“Come no. Ho detto tutto nel dettaglio, anche spiegando la mia carriera, anche facendo capire che a Napoli c’erano gli unici che sul Coronavirus facevano la diagnosi giusta. Ma da quello che è uscito sul giornale, francamente, mi sono sentito preso in giro.”

“Addirittura ho raccontato uno dei miei grandi successi personali, documentato, di quando con la sieroterapia ho consigliato come curare Papa Giovanni Paolo II, Papa Wojtyła, con l’interferone per bloccare il cytomegalovirus, nell’81 dopo un’infezione post attentato. Non hanno fatto menzione di nulla. Ma montano davvero delle polemichette da niente”.

Ha visto lo studio di Montagnier e Perez sul Coronavirus che sarebbe da laboratorio?
“Lui ha fatto un’analisi statistico matematica del virus. Non è un’analisi che riguarda esclusivamente la genetica del virus. Ma devo dire questo, avendo visto sia il suo studio che altri. I cinesi hanno mandato subito uno studio negli Stati Uniti ma anche altri hanno studiato il virus dal punto di vista genetico. Ci sono ad esempio studi dei tedeschi a metà gennaio e degli australiani che hanno addirittura ‘coltivato’ il virus’ nelle cellule o l’Istituto Pasteur che a fine mese è ‘uscito’ sul tema.

Non c’è nulla che faccia pensare a qualcosa di fantascientifico, costruito in laboratorio. Non c’è nessuna prova sperimentale neanche di Montagnier. Niente! Il virus è un derivato dal pipistrello, presumibilmente attraverso un altro animale. Questo Coronavirus è addirittura un virus più semplice della prima Sars e ancora molto più lontano dalla seconda Sars, quella del Medio Oriente. E’ molto più vicino al pipistrello. E’ naturale. Ma ora con la sieroterapia possiamo debellarlo”.

Fonte: Affari Italiani

Gli affaristi dei vaccini tremano il covid-19 si combatte con la sieroterapia. Il circo mediatico è silente, non è un caso. Complottista è colui che la verità la nasconde

CRONACHE
Sabato, 25 aprile 2020 - 17:45:00
Coronavirus, la cura c’è ma non se ne parla. Da Pavia e Mantova la svolta

Ospedali di Pavia e Mantova che non hanno morti da un mese. Curano con la sieroterapia, le trasfusioni di plasma dei guariti. Sintomi eliminati in 2 - 48 ore

di Antonio Amorosi


Quanto sta accadendo tra Pavia e Mantova ne è la prova: abbiamo medici eccezionali in un sistema globale discutibile, in tanti casi marcio. E’ stato normale mandarli a morire senza protezioni, come per la Cina ritardare di 2 settimane la comunicazione della sequenza del genoma o per l’OMS ripetere il 14 gennaio, a contagio diffuso, quanto affermava l’autorità cinese: “non ci sono trasmissioni da uomo a uomo”. Il 21 febbraio ancora dicevano che gli asintomatici non erano fonte di contagio.

Quando i morti sono tanti è sempre tardi per chiedersi se si poteva fare altro e se qualcuno ne risponderà mai.

Nel nostro Paese ad un sistema sanitario che funziona a macchia di leopardo si contrappongono medici in prima linea che per salvarci ci stanno lasciando “le penne”. Per fortuna lo abbiamo nel dna: quando a noi italiani dici di fare qualcosa, non la facciamo. Cerchiamo prima di capire perché ci è stato dato quel comando. Come sarà successo al parassitologo molecolare Andrea Cristanti che facendo tamponi di massa a Vò Euganeo ha compreso che gli asintomatici sono fonte di contagio e andavano isolati. 


IN ALCUNI OSPEDALI NON CI SONO PIU' DECESSI PER COVID DA UN MESE 

L’autonomia di pensiero e una buona dose di coraggio e responsabilità, unita a molta competenza in un mare di mediocrità, porta oggi alcuni centri medici a raccontare la loro terapia di successo contro il Covid 19: la sieroterapia. Si, perché in alcuni ospedali non si verificano più decessi per Covid da un mese e il Coronavirus sparisce dopo un trattamento che va dalle 2 alle 48 ore, eliminando ogni traccia di sintomo. Wow, direte, e come mai non lo dicono in tv e non se ne sente parlare? 

“Non abbiamo un decesso da un mese. I dati sono splendidi. La terapia funziona ma nessuno lo sa”, racconta entusiasta ma con una vena di sarcasmo Giuseppe De Donno, direttore di Pneumologia e Terapia intensiva respiratoria del Carlo Poma di Mantova. In questo strano cortocircuito tra scienza, politica ed informazione accade infatti altro. “Tutti i giorni in tv ”, dice De Donno, “ascoltiamo chi negava che il Coronavirus potesse arrivare in Italia o parlava di influenza o che colpiva solo gli anziani. Gli unici che ci capiscono qualcosa lavorano ventre a terra dal primo giorno dell’epidemia e non hanno il tempo di vivere in televisione. Hanno inventato questa terapia fantastica ma purtroppo lo spazio avuto fino ad ora sui media è esiguo”.

De Donno: “Sono entusiasta di vedere le persone guarite così velocemente. E’ l’unico trattamento razionale, sia biochimico che immunologico del Coronavirus che c’è in questo momento. Non esisterà farmaco più efficace del plasma. E’ come il proiettile magico, si usano immunoglobuline specifiche contro il Coronvirus. Va utilizzato in fase precoce. Se invece si aspetta che il paziente sia moribondo... allora si fa un errore e ci vuole solo il prete, ecco! Ma è lo stesso discorso dell’aspirina nella prevenzione dell’infarto. Se la usi in una persona che è già cardiopatica, non conta nulla”. I limiti della terapia? Ce li spiega De Donno ridendo: “Costa poco, è fattibile e pure democratica. Abbiamo 7 o 8 donatori tutti i giorni”.

Sono circa 80 i pazienti del Carlo Poma di Mantova curati con successo, tra loro anche una donna incinta di nome Pamela, uscita dal Covid in poche ore. Tra i medici del Carlo Poma guariti c’è chi dona il sangue, come il dottor Mauro Pagani, direttore della Plasmaferesi: “Ora sto bene e voglio aiutare chi ha bisogno”.

Funziona così. “Chi dona deve essere sano, guarito dal Covid e ad avere degli anticorpi neutralizzanti”, racconta il direttore di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale Massimo Franchini. “Si prelevano 600 ml di plasma, da cui si ricavano 2 dosi da 300 ml ciascuna. Il protocollo prevede 3 somministrazioni. Dopo la prima somministrazione c’è un monitoraggio clinico di laboratorio e nel caso di mancata risposta c’è la seconda somministrazione e così di seguito. A distanza di 48 ore l’una dall’altra. La compatibilità per il plasma viene fatta sul gruppo sanguigno”. Franchini ci spiega che il plasma ha un notevole livello di sicurezza virale ed è un prodotto assolutamente sicuro e rigoroso e va nei dettagli: “Se il vaccino, che non abbiamo, ti farebbe produrre gli anticorpi, questa che è un immunoterapia passiva trasferisce gli anticorpi dal guarito al malato. Il paziente non produce nulla e non crea nulla. Ma funziona per salvarlo”. 

Quando gli chiediamo perché non si diffonde questa strada ci spiega che effettivamente in Lombardia si sta adottando. Tra Mantova e il San Matteo di Pavia è partita la sperimentazione su un nucleo di 45 persone, tutte curate con successo.

Chi di sicuro non ha tempo per le passerelle tv è il Direttore del Servizio Immunoematologia e Medicina Trasfusionale del policlinico San Matteo di Pavia, Cesare Perotti, che ha sviluppato il protocollo e lo studio sul sangue e si chiama “plasma iperimmune”.

Ma è un intervento empirico?

Perotti: “Qui di empirico non c’è niente ma si fa in situazioni di grandi epidemia. C’è una validazione della terapia con il plasma iperimmune che non ha eguali nel mondo. Sono conosciuto per non essere uno che ‘le spara’ e le posso dire che in questo momento è il plasma più sicuro al mondo, perché la legislazione italiana ha delle regole stringenti che non ci sono in Europa e in nessun altro Paese al mondo, neanche negli Stati Uniti. Non solo abbiamo gli esami obbligatori di legge sul plasma per essere trasfuso, ma abbiamo degli esami aggiuntivi e il titolo neutralizzante degli anticorpi che è una cosa che facciamo solo noi al policlinico di Pavia. Neanche gli americani sono in grado di farlo in questo momento. Non ha eguali al mondo. Noi sappiamo la potenza, la capacità che ciascun plasma accumulato ha di uccidere il virus. Ogni plasma è fatto in modo diverso perché ogni paziente è diverso, ma noi siamo in grado di sapere quale usare per ogni caso specifico”.

Uno strumento importante questo da utilizzare nel caso, usciti dalla quarantena, si ripresentasse uno scenario di contagio. Perotti: “Stiamo accumulando plasma per un’eventuale seconda ondata di contagi. E’ una terapia per chi sta male oggi. Ben venga il vaccino ma in attesa il protocollo funziona eccome! Lo studio è stato depositato. Tutto quello che le hanno detto, che si esce in 48 ore, è vero”.

Certo non ci sono ancora migliaia di persone testate ma la sieroterapia è una cura moderna utilizzata dal 1880.

Il M5S è un falso ideologico. Zingaretti il burocrate al servizio degli affaristi del vaccino

Impadronirsi della Fase Tre - In galera! - Contributi a Cinque Stelle (non spente)

di Fulvio Grimaldi
26 aprile 2020


Viviamo in un mondo in cui i medici distruggono la salute, i giuristi distruggono la giustizia, le università distruggono la conoscenza, i governi distruggono la libertà, la stampa distrugge l’informazione, la religione distrugge la morale e le nostre banche distruggono l’economia” (Chris Hedges, giornalista e scrittore statunitense, premio Pulitzer, professore a quattro delle maggiori università USA)

A convalida di quanto qui sopra epitomizzato da un illustre giornalista, poniamo una citazione, tanto celebre quanto artatamente fatta dimenticare, di un personaggio centrale nella strategia economica, sociale e biologica dell’UE. Una personalità francese di altissimo rango, ascoltata dai potenti, venerata dai media e che riassume in sé le categorie citate da Hedges. Jacques Attali è giurista amministrativo, eminenza grigia politica e capo di gabinetto di Mitterand, massimo consigliere economico dello stesso Mitterand e poi di Sarkozy e Macron, banchiere internazionale quale presidente della Banca Europea per lo Sviluppo e presidente della Commissione Attali incaricata di promuovere il neoliberismo finanzcapitalista in Europa e specialmente nei paesi ex-comunisti. Infine autonominato, ma riconosciuto, medico e biologo, come risulta dal programmino di sfoltimento dell’umanità riassunto in questa sua dichiarazione. Per pura coincidenza, appartiene alla stessa confessione di tutti i protagonisti della strategia del vaccino e della depopolazione mondiale:

Un programmino per lo sfoltimento

“Quando si sorpassano i 60-65 anni, l’uomo vive più a lungo di quanto non produca e costa caro alla società. L’eutanasia sarà uno degli strumenti essenziali delle nostre società future. Macchine per sopprimere permetteranno di eliminare la vita allorché essa sarà troppo insopportabile, o economicamente troppo costosa” (Jacques Attali, “La médicine en accusation“, in AA.VV., L’avenir de la vie, Seghers, Paris 1981).

In galera!

I più pivelli tra noi ricorderanno l’urlo strozzato dalla rabbia e indignazione del comico di stirpe arboriana Giorgio Bracardi? Eccolo: https://youtu.be/pKKOXbRMwUY E’ un urlo che allora proveniva da un fascistuccolo cartonato (come quelli contro cui si scatenano oggi gli appassionati violinisti del nuovo, vero, bio-tecno-fascismo in marcia), ma che ora dovrebbe scaturire dai polmoni di 60 milioni di italiani, al netto di alcune decine di migliaia tra untori politico-economico-sanitari e monatti mediatici e dello spettacolo. A questi ultimi, invece, l’urlo dovrebbe essere diretto, per travolgerli e spazzarli via. Però viene da chiedersi, ci sarà mai una magistratura, come quella di Woodcock, Borsalino, Di Matteo, De Magistris, piuttosto che l’altra dei Palamara, Bruti Liberati, Pignatone e vastissima compagnia passata e presente?

Antifascismo in direzione ostinata e contraria

Perché se ci fosse, quell’invocazione di Bracardi, che oggi riecheggia, ancora flebile, ma segno di primi sussulti di rivolta, nelle camere penali di Cagliari e Trieste, tra i magistrati di Aosta, in un numero crescente di professionisti della Costituzione e della Giustizia, ma anche tra iniziali frammenti di popolo, dovrebbe portare a un rovesciamento del paradigma. Da una carcerazione collettiva nazionale di innocenti, che si dice a termine, ma che si prevede reiterabile a capriccio di chi la decide, a una detenzione selettiva in base ai reati e delitti commessi contro il popolo, lo Stato di Diritto, la Costituzione, il vivere civile, la libertà, i diritti umani. Da un regime che oggi vede gli istinti belluini di gendarmi di varia natura, grazie all’arbitrio concessogli dai decreti del caudillino, scatenati contro vecchietti in panchina, ragazzini isolati su spiagge vuote e sconfinate, ragazzine cicliste, runner solitari nei boschi, signore che cercano fuori paese un farmaco introvabile, si passerebbe ad altri soggetti che delinquono. Tutti, per una volta, dagli immacolati colletti bianchi, con cravatta e pochette. E se il criterio punitivo precedente era di 3000 euro per una camminatrice di bosco con pensione sociale di 500 euro, quello nuovo sarà delle stesse proporzioni rispetto a un reddito lievemente diverso. Il che, tuttavia, non smorzerà l’urlo di cui sopra: In galera!!!


Abbiamo circa 60mila detenuti nei nostri 231 istituti di pena. Basterebbe costruirne altrettanti per ospitare coloro che verrebbero processati per aver fatto all’Italia quello che vediamo. Per avere cancellato la Costituzione, imprigionato un popolo intero senza colpa e sotto falsi pretesti, circonvenzionato quasi 60 milioni di resi incapaci, abusato di potere, distrutto un’intera economia, provocato milioni di disoccupati e nuovi milioni di poveri assoluti, azzerato la cultura, la socialità, l’associazione, la comunità. Tutto ai fini di un potere spietato, irrazionale, ma che garantisca profitti incommensurabili a una ristretta schiatta di cospiratori finanziari, farmaceutici, digitali. E, a tali fini, provocando una diffusione di patologie e di decessi senza precedenti. Con al seguito tutto il grottesco cucuzzaro di eroici bonzi della medicina, in delirio di protagonismo (e non parliamo di infermieri e medici di corsia), delle milizie fondamentaliste mediatiche, di una grottesca iperfetazione di task forces chiamate ad avallare, con pretesti scientifici strumentali, la strategia della distruzione del paese insieme al resto dell’umanità

Siamo sopravvissuti alla rivoltante colata di retorica, ipocrisia, paternalismo, patriottismo d’accatto, inflittaci dagli schermi dagli ominicchi che ci governano per conto di terzi da raffigurare con le corna e lo zoccolo di caprone. Melensaggini e consolazioni, avvertimenti e zuccherose minacce per farci accettare di stare rinchiusi un altro po’. Dal colle più alto ai bassifondi di ottusi pubblicitari, analfabeti culturali, che ci rifilano i loro formaggi avvolti in santimonia e tartufismo repellenti. Solenni solitudini pontificali e quirinalizie, che interrompono il loro agiato vissuto tra lussi ambientali e sconfinati spazi verdi e che dovrebbero muoverci alla compassione. Tartufi e baldracche dello spettacolo, intellighenzie da incarichi ministeriali, tutti avvolti in antifascismi da passerella, con addosso la chincaglieria luccicante della più impudica ipocrisia, con l’unico scopo di distoglierci dalla contemplazione, pur passiva, del colpo di globalizzazione tecno-bio-fascista in atto.

E dal taxi uscì nessuno. Era Zingaretti.

Dall’inciucio, di cui Pippo Conte Decretista e Manganellaro è una manifestazione altrettanto spudorata, ma più chic, di Scilipoti o Razzi, è emerso dal nulla Nicola Zingaretti, a dispetto di tutto ancora presidente del Lazio. E l’ha fatto con un botto, tale da imbarazzare non dico l’inetto Luigi XIII, mandatario, ma addirittura il Richelieu vero, Burioni, e financo il mandante papa Paolo V, cioè Bill Gates, che tutti si erano finora astenuti dal rivelare e ordinare la vaccinazione coatta dell’universo mondo. Si parva licet componere magnis, il piccino Zingaretti ciò che i suoi superiori preparano a 7,3 miliardi di persone, lui lo farà subito ai suoi 2,3 milioni corregionali sopra i 65 anni: vaccino antinfluenzale obbligatorio (Zingaretti non può imporre un vaccino per l'influenza dell'anno precedente, il RIFIUTO DI MASSA E' OBBLIGATORIO), coatto, forzato, forzoso, ineludibile. Naturalmente volontario. Solo che se non lo fai, sei fuori, out, kaputt. Ti schiferà perfino il parroco.

Ma questa prodezza del fratello scarsetto di Montalbano ci porta a un argomento un po’ più tonificante. Il troppo stroppia e come gli eccessi carcerari hanno portato a qualche sussulto nella cittadinanza, soprattutto oltre le Alpi e oltre oceano, anche l’ignominia del PD-IV e della ruota di scorta (fattasi ruotino) Cinque Stelle nel lasciar sodomizzare l’Italia alla greca da Bruxelles con il MES, ha suscitato un inizio di reazione. Al Grillo, ormai pienamente rientrato nel suo ambito comico, che plaude a UE e al PD e li incita a continuare nella pratica sodomitica e al Di Maio che, a proposito, farfuglia di “pragmatismo”, ha risposto Alessandro Di Battista. Uno che annusa l’aria quando diventa davvero irrespirabile.

Di Battista, un ritorno? Una ripartenza?

Ha anche rinnovato l’appello contro un Descalzi confermato alla guida dell’ENI, ovviamente per il giusto tic pentastellato dell’integrità morale e legale (della cui mancanza, però, Descalzi deve essere ancora sentenziato). Da una vita mi batto contro gli idrocarburi- E da anni il Fatto Quotidiano, meno interessato alle rinnovabili, vicediretto da uno Stefano-Bilderberg-Feltri, conduce la più feroce delle sue campagne contro l’Eni di Descalzi per accuse non provate e, comunque, valevoli per ognuna delle Sette e più sorelle. Allora una botta all’ENI potrebbe significare uno sgabello alle petrolifere angloamericane per il petrolio libico ed egiziano, come ai tempi di Mattei. Se viene dall’organo antlanto-sionista FQ non mi convince. Se viene da Dibba, mi viene da pensare che non ha considerato questo aspetto.

Comunque ben venga Dibba, e ben vengano altri come Paragone e Cunial e come coloro che hanno votato per la proposta anti-MES della Meloni, o, in Europa, contro la Von der Leyen e contro i coronabond (Corrao, Pedicini, D’Amato). E ben venga Davide Barillari, consigliere regionale, espulso dal Movimento per essersi differenziato dalla scellerata politica coronavirus della maggioranza. E, dunque, per essere rimasto un Cinque Stelle autentico, diversamente da altri mangiati vivi dal velluto delle poltrone parlamentari.

Barillari è la risposta

Se non è questo il momento, mentre si stanno davvero decidendo le sorti del nostro paese per decenni, forse per secoli, che dal Movimento 5Stelle si facciano sentire gli autentici, coloro che ne hanno fatto la prima forza politica d’Italia. Se ci si muove e si fa quel che i 5Stelle avrebbero dovuto fare dall’inizio, con i leghisti e, dopo, con il PD, cioè mandarli al diavolo e al macero, compiendo finalmente la scissione che sola può salvare il progetto tradito. Farci uscire dalla Fase Due, che ci vuole dettare l’uomo di due organismi tutta vita, giustizia sociale e salute, l’ennesimo uomo delle banche americane, ma anche del 5G. In mancanza, ci dovremo rassegnare a un altro piantarello e chissà a quanti anni di domiciliari. Se gli si rovina la Fase Due, la Fase Tre è nostra.

Mazzucco vs Zingaretti

In fondo la dichiarazione di Barillari. Ma, prima, una sistematina a Nicolino Zingaretti da parte del grande Massimo Mazzucco (sito luogocomune): tutto da godersi.

https://www.youtube.com/watch?v=ITC4pHZv2T8 è il link all’imperdibile disintegrazione che il giornalista e regista maestro Massimo Mazzucco infligge allo sventurato diffamatore istituzionale e vaccinatore abusivo, fratello minus habens del commissario Montalbano.

* * * *
Invito tutti voi ad unire le forze

di David Barillari*

Combatto Zingaretti da 7 anni proprio dall'antro buio della sua tana, la Regione Lazio.

E' una lotta impari contro il "sistema di potere" del PD nel Lazio che ha corrotto, svenduto e poi privatizzato la sanita' pubblica, ha infettato le nomine di tutti gli organismi indipendenti di controllo, ha premiato i dirigenti yes-men con la tessera del partito in tasca mettendo all'angolo tutte le persone capaci ed indipendenti.

Dopo un lungo travaglio, la battaglia politica contro Zingaretti è stata la causa della mia espulsione dal M5S, mentre i miei colleghi si sono venduti in cambio di poche briciole.

In questo particolare momento, nel quale con il pretesto di una pandemia gonfiata ad arte subiamo per la prima volta nella storia repubblicana un cosi' forte attacco ai nostri diritti costituzionali, vi invito quindi a unire tutte le forze....partendo proprio dalla nostra rete di informazione libera ed indipendente, che deve reagire con rigore per bloccare subito questo rigurgito censorio, questo attacco alla libertà di stampa e all'informazione indipendente non allineata al mainstream del terrorismo psicologico delle mascherine e del "state tutti a casa".

Io sto portando avanti, proprio nel cuore della tana di Zingaretti, interrogazioni, mozioni e proposte di legge per la tutela della salute, contro il 5G, contro i vaccini obbligatori, contro il sistema corrotto, mafioso e clientelare che governa il Lazio e questo paese. E per questo sto subendo tutte le ritorsioni possibili. Ma non ho la minima intenzione di abbassare la testa o rinunciare alla battaglia, perchè migliaia e migliaia di cittadini sono consapevoli e pronti ad attivarsi.

Uniamo le forze.

Se deve nascere un coordinamento fra noi, per una Nuova Resistenza....allora....che nasca subito, senza tentennamenti o timori.

Se deve nascere un nuovo contenitore politico, senza più capi o capetti, che non si venda al sistema, che abbia come bandiera tutte le battaglie concrete dei comitati e delle associazioni sul territorio, che avvii veri processi partecipativi di intelligenza collettiva e democrazia dal basso, che restituisca speranza e coraggio a milioni di italiani delusi e rassegnati.....allora....che nasca grazie a tutti noi.

Una rete di reti, ognuno con la propria identità ma con una strada comune.

Una Nuova Resistenza.

Questa è la tempesta perfetta.

Scateniamo la rivoluzione.


*Presidente della III Commissione “Vigilanza sul Pluralismo dell’Informazione

2 maggio 2020 - "LA SIEROTERAPIA FUNZIONA" - NEWS DELLA SETTIMANA (25 apr. - 1 mag. 2020)

30 aprile 2020 - DIEGO FUSARO: Articolo decisivo! Forse erano sbagliati i dati con cui ci...

Rinforzare il Sistema immunitario mondiale solo lui può sconfiggere il covid-19

Coronavirus: la pandemia durerà 2 anni, ecco perché

1 Maggio 2020 - 15:43 

La pandemia di coronavirus durerà almeno due anni e non sarà sotto controllo fino a che due terzi della popolazione mondiale non saranno immuni.






La pandemia di coronavirus potrebbe durare fino a 2 anni e ciò che stiamo vivendo è solo l’inizio di una battaglia lunga e complicata per rallentare la diffusione del virus.

Ci vorrà ancora molto prima che tutto diventi solo un vecchio ricordo. Prima di allora circa due terzi della popolazione dovranno aver sviluppato anticorpi e dovranno aver generato un’immunità.

È questo il risultato di una ricerca condotta dal Center for Infectious Disease Research and Policy dell’Università del Minnesota nella quale vengono ipotizzati tre scenari che si potrebbero concretizzare nei prossimi mesi.

Tra le soluzioni che contribuiranno ad accorciare i tempi c’è sicuramente il vaccino, che però sarebbe decisivo solamente in parte. Quel che è certo è che non ci libereremo tanto facilmente dal SARS-COV-2.



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Pandemia coronavirus durerà fino al 2022: lo studio

Dovremo aspettare fino al 2022 prima che la pandemia di coronavirus si esaurisca. Almeno due anni nella sua morsa prima di poter tornare - davvero - alla normalità. Ad affermarlo uno studio del Center for Infectious Disease Research and Policy dell’Università del Minnesota che ha voluto indagare sui risvolti futuri della COVID-19. Il fattore che rende il nuovo virus un avversario particolarmente ostico è la trasmissione da asintomatici, che come viene evidenziato nella ricerca è la grossa differenza con l’influenza stagionale. Secondo alcuni esperti si è addirittura contagiosi giorni prima dei sintomi.

Tre in totale gli scenari cui potremmo andare incontro presentati dal CIDRAP. Nel primo l’ondata attuale è seguita una serie di picchi fino a fine 2021; nel secondo lo sviluppo della pandemia è simile a quello dell’influenza spagnola, con tre ondate, un ripristino del lockdown nei mesi invernali e uno spegnimento nel 2021 mentre nell’ultimo si parla di una “combustione lenta”, senza grosse oscillazioni nel numero di contagi, mantenuto stabile grazie alle misure restrittive e a un monitoraggio rigoroso delle strutture ospedaliere.
Il ruolo del vaccino


Come rivela lo studio, il vaccino per il coronavirus fornirebbe un grosso aiuto. Tuttavia potrebbe non essere in commercio prima del 2021, per questo l’immunità di gregge dovrà svilupparsi gradualmente nella popolazione. È ovvio che rimanga comunque di un sostegno fondamentale nella lotta alla COVID-19, per ora si sta cercando di tamponare la pandemia sperimentando cure e farmaci.

Il comportamento del SARS-COV-2 è imprevedibile e provare a delineare il percorso che seguirà nei prossimi mesi risulta un’impresa ardua. Ciò che preoccupa gli scienziati è che in futuro possano presentarsi problematiche fino ad oggi sconosciute che complicherebbero un’uscita completa dall’emergenza.

E' guerra vera è guerra totale, niente illusioni - ci possono essere momenti bassi alternati a quelli alti ma una dei due sarà sconfitto

USA-Cina: torna la guerra commerciale con la pandemia?

1 Maggio 2020 - 17:55 

Donald Trump all’attacco della Cina: si intensifica la retorica anti-Pechino ai tempi del coronavirus. Quali conseguenze? Il rischio è il riaccendersi della guerra commerciale USA-Cina, che aveva trovato una prima intesa solo a gennaio.


Stati Uniti contro Cina: mai come in questi tempi dominati dal coronavirus il rapporto tra le due potenze è tornato a farsi teso. E il vento della guerra commerciale potrebbe soffiare nuovamente.

La retorica acuta di Washington contro Pechino riflette la sua crescente frustrazione per gli effetti della pandemia, che è costata molto cara agli USA, ancora saldamente al primo posto al mondo per contagiati e vittime. Oltre, naturalmente, ad aver scatenato una contrazione economica grave e minacciato le sue possibilità di rielezione a novembre.

Un tema, quest’ultimo, di primaria importanza per la Casa Bianca, tanto che Trump ha insinuato che proprio i cinesi stiano tramando per una sua sconfitta.

L’ultima minaccia proveniente dagli USA, però, sta allarmando i mercati: il tycoon starebbe pensando a ritorsioni economiche contro la Cina, anche a costo di rivedere l’intesa sulle tariffe raggiunta a gennaio.

La guerra commerciale sta per riaccendersi?

Effetto pandemia per USA-Cina: torna la guerra commerciale?

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che lo storico accordo commerciale firmato a gennaio con la Cina ora, in piena emergenza coronavirus, è di secondaria importanza.

Cosa significa? Che la minaccia di nuove tariffe contro Pechino - o di altre ritorsioni di tipo economico - non sono affatto da escludere.

Come riportato da alcuni media internazionali, due funzionari statunitensi, parlando in anonimato, hanno affermato che sono effettivamente in discussione delle opzioni contro la Cina. L’obiettivo è colpire la potenza asiatica in modo equilibrato, per danneggiarla senza compromettere gli interessi economici USA.

Il terreno, infatti, è scivoloso per Washington, considerando i legami con Pechino per le importazioni di dispositivi di protezione individuale e per gli acquisti agricoli stabiliti con l’accordo commerciale.

Trump ha chiarito, tuttavia, che le sue preoccupazioni sul ruolo della Cina nell’origine e nella diffusione del coronavirus sono attualmente prioritarie rispetto ai suoi sforzi per consolidare l’intesa sulle tariffe. Anzi, potrebbero spingerlo proprio a infliggere ritorsioni economiche contro Pechino, reo di aver diffuso il virus.

La prima fase dell’accordo commerciale, si ricorda, prevede il taglio di dazi statunitensi sui beni cinesi in cambio dell’impegno della nazione asiatica per l’acquisto di beni agricoli energia e manufatti da aziende USA.

Condizioni, quindi, che non sarebbe proprio prudente per Trump rivedere o cancellare. Anche se, mantenere una posizione dura nella politica delle tariffe contro la Cina potrebbe significare per il presidente USA tenere la leva sui cinesi negli eventuali negoziati per la Fase 2.
Guerra commerciale come strategia elettorale per Trump?

La campagna elettorale di Trump in vista delle elezioni di novembre passa anche attraverso la Cina, questo è ormai chiaro.

Puntare su Pechino come nemico non era il piano originale per la rielezione. A gennaio, Trump ha pianificato di candidarsi sulla forza di un’economia in grande espansione e di un impegno a continuare a combattere la burocrazia governativa.

Ma tutto è cambiato non appena la pandemia di coronavirus ha preso piede negli Stati Uniti. Minacciando e sgretolando proprio le certezze economico-finanziarie del presidente repubblicano.

Da allora, il team di rielezione di Trump ha faticato a trovare un messaggio post-coronavirus davvero vincente sugli elettori. Il compito è diventato più urgente negli ultimi giorni, poiché i sondaggi hanno mostrato che l’approvazione pubblica di Trump è scivolata sotto il 50%.

Guerra commerciale alla Cina, protezionismo economico, ritorsioni verso Pechino potrebbero essere temi di successo per l’elettorato repubblicano frustrato dal lockdown. Il conflitto commerciale contro Pechino funzionerà come strategia per la rielezione di Trump?

In Italia solo i profitti


La gara vinta da Fincantieri negli USA non darà lavoro agli italiani

1 Maggio 2020 - 19:43 

Verranno creati oltre 5.000 posti di lavoro grazie alla gara vinta da Fincantieri. Ma non in Italia


Fincantieri si è aggiudicata una gara da oltre 5 miliardi e mezzo di dollari per la realizzazione di dieci fregate lanciamissili del programma FFG(X). Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha parlato di una conferma dell’eccellenza “di Fincantieri nelle costruzioni navali”. “Una commessa di elevata rilevanza tecnologica e commerciale che testimonia la qualità dell’industria italiana e la capacità di rilancio del nostro Paese”, ha aggiunto Gualtieri.

Ma Gualtieri omette un dettaglio: la costruzione delle navi da guerra non sarà in Italia.
Fincantieri vince gara da 5,5 miliardi negli USA

Anche il ministro della Difesa in quota PD, Lorenzo Guerini, ha comunicato su Twitter il proprio orgoglio per la vittoria di Fincantieri. “Un grande risultato per l’industria italiana del comparto Difesa, che racchiude molte delle eccellenze del Paese. Un’iniezione di fiducia per la ripresa delle attività produttive colpite dalla crisi”.

La scelta di parole di Guerini non è casuale: il ministro ha parlato di “un’iniezione di fiducia” e non di altro. La Marina statunitense, infatti, ha assegnato l’appalto al cantiere del Wisconsin, il Marinette Marine, acquistato da Fincantieri nel 2009.

“È un’enorme vittoria per il Wisconsin, per l’America, e per il mondo libero”, ha detto il parlamentare repubblicano Mike Gallagher. Il senatore Tammy Baldwin ha parlato di “una grande vittoria per l’economia del Wisconsin che supporterà migliaia di bravi lavoratori del cantiere Marinette Marine”.

Secondo i parlamentari, la commessa dovrebbe generare oltre 5.000 posti di lavoro diretti e indiretti. Ma i posti di lavoro non verranno creati in Italia. Certo, Fincantieri è un’azienda italiana e i suoi dipendenti nel Belpaese potranno sentirsi più stabili in un momento di crisi, ma la notizia ne esce senz’altro ridimensionata.

Fincantieri, le fregate non verranno realizzate in Italia

Il Movimento 5 Stelle, prima di arrivare al governo, si è sempre opposto alla compravendita di armi e mezzi da guerra. Già da tempo, però, l’azionista di maggioranza del governo Conte ha fatto, più che una marcia indietro, una vera e propria inversione a “U”.

La realizzazione su suolo statunitense delle fregate implica che le maestranze italiane non parteciperanno alle commesse, e che la filiera delle materie prime e delle energie che verrà messa in moto sarà principalmente statunitense. La vincitrice dell’appalto, tecnicamente, è Fincantieri USA, LLC con sede a Miami. Anche le tasse, dunque, saranno con tutta probabilità pagate negli Stati Uniti.

Come la prenderanno gli attivisti del Movimento quando sapranno che la vittoria di Fincantieri è principalmente una vittoria del Wisconsin?

Hezbollah insieme al governo siriano ha sbaragliato i mercenari tagliagola terroristi appoggiati anche dalla Germania Stati Uniti e gli ebrei-palestinesi è nella logica la dichiarazione dei tedeschi contro chi li ha sconfitti

Iran e Siria condannano fermamente la decisione della Germania di dichiarare Hezbollah un'organizzazione terroristica


1 maggio 2020

I ministri degli Esteri di Siria e Iran condannano la decisione della Germania di designare il movimento Hezbollah del Libano come organizzazione terroristica definendola una misura per soddisfare le pressioni di USA e Israele.

Il ministero degli Esteri siriano della Repubblica araba siriana ha condannato, nei termini più forti, la decisione del governo tedesco che considera Hezbollah un'organizzazione terroristica.

"La decisione del governo tedesco incarna francamente la sua resa ai dettami del sionismo mondiale e la sua assurda sottomissione alle politiche statunitensi che sostengono l'entità dell'occupazione", ha dichiarato una fonte del ministero degli Esteri all'Agenzia SANA.

La Siria, stretta alleata di Hezbollah, attualmente non ha legami diplomatici con il governo tedesco, ma mantiene un canale di comunicazione attraverso l'ambasciata della Repubblica Ceca a Damasco.

Molti paesi hanno etichettato l'ala militare di Hezbollah come entità terroristica, ma la Germania si è unita agli Stati Uniti e al Regno Unito nel designare l'ala politica dell'organizzazione in quanto tale.

L'ala politica di Hezbollah ha un ruolo nel governo libanese, poiché vanta un certo numero di ministri in parlamento.

A sua volta, il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Seyed Abás Musavi, ha condannato fermamente la misura di Berlino, denunciando che alcuni paesi europei prendono posizione ignorando le realtà della regione dell'Asia occidentale e tenendo conto degli obiettivi del regime israeliano e gli Stati Uniti.

"La decisione (...) è stata presa con totale mancanza di rispetto per il governo e il popolo libanese, dal momento che Hezbollah è sempre stata una parte ufficiale e legittima del governo e del parlamento di questo paese e un influente partito politico nel processo di stabilizzazione politica in Libano, che ha il sostegno del popolo libanese e della regione ", ha aggiunto.

Secondo Musavi, la Germania dichiara questo movimento come un "terrorista" mentre svolge un ruolo importante nella lotta contro la banda di takfirí ISIL (Daesh e Arabo) nella zona, dato che Berlino deve essere ritenuta responsabile delle conseguenze negative della sua decisione sulla lotta. contro i veri gruppi terroristici nella regione.

Il governo dei bugiardi teso solo a creare fake news

La bufala del MES senza controlli è stata svelata, l’Italia rischia il commissariamento

Gli aiuti del Fondo salva-stati non sarebbero pasti gratis, nemmeno nel caso fossero richiesti per lottare contro il Coronavirus. La "sorveglianza rafforzata" sui conti pubblici smentisce il governo Conte.

di Giuseppe Timpone , pubblicato il 01 Maggio 2020 alle ore 08:37


Ai boccaloni che avevano creduto alla storiella degli aiuti del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) erogati senza condizioni non sarà parso vero ieri aver letto sulla stampa della “sorveglianza rafforzata” sui conti pubblici dei paesi richiedenti, in accordo con le regole del “Two Pack”, e anche per il caso dei prestiti utilizzati per la lotta al Coronavirus. Questo è contenuto nella bozza dell’accordo inviato ai governi dell’Eurozona e che dovrà essere discussa in videoconferenza al Consiglio europeo del prossimo 5 maggio. In sostanza, l’assenza di condizioni di cui sinora abbiamo discusso si rivelerebbe una grossa bufala raccontata agli italiani per convincerli ad ingoiare il rospo degli aiuti europei.


Com’era ovvio che fosse, le erogazioni avverrebbero dietro monitoraggio dei conti pubblici da parte di Bruxelles. Attenzione, i controlli non ricadrebbero sulle sole voci di spesa finanziate, ma su tutti i conti dello stato, perché il non detto di queste settimane e denunciato dalle opposizioni è che la richiesta di aiuto al MES equivarrebbe all’attivazione di una procedura di assistenza finanziaria, per quanto nel caso specifico connessa alla lotta contro la pandemia. Non a caso, l’Italia sinora con il premier Giuseppe Conte vorrebbe che i prestiti da 240 miliardi in tutto, ovvero del 2% del pil dell’Eurozona, fossero richiesti da tutti i paesi o, comunque, da un nutrito gruppo di paesi, così che la procedura scatti nei confronti di tutti e non crei alcuna stigmatizzazione ai danni degli assistiti.

La convenienza di facciata dei prestiti MES

All’Italia spetterebbero 36 miliardi di euro scarsi, probabilmente a un tasso d’interesse prossimo allo zero, data la capacità del MES di emettere obbligazioni sul mercato a rendimenti sostanzialmente nulli anche per le lunghe scadenze.
Considerando che i rendimenti a 10 anni dell’Italia sfiorano e oltrepassano a tratti la soglia del 2%, comprensibile come questa liquidità faccia gola a Roma, in quanto ci costerebbe almeno mezzo miliardo all’anno in meno di interessi, nel caso in cui fosse richiesto il massimo ammontare possibile. Tuttavia, quello sarebbe il costo della sorveglianza rafforzata a cui i nostri bilanci statali verrebbero sottoposti dal MES fino a quando non venisse rimborsato l’ultimo centesimo del prestito erogato.


Cosa significherebbe nel concreto? Va da sé che dopo la conclusione della sospensione, il Patto di stabilità tornerà a valere con tutte le sue regole fiscali. Bisognerà non solamente tagliare il deficit sotto il 3% del pil, ma tendere a un rapporto debito/pil del 60%, anche attraverso il raggiungimento del pareggio di bilancio e il conseguente taglio del rapporto debito/pil di un ventesimo all’anno per la quota eccedente il 60%, come imposto dal Fiscal Compact del 2012. Sin qui, a dire il vero, nulla che non dovremmo rispettare comunque vada. Il problema è che l’Italia ha già oggi un debito pubblico al 135% e che dovrebbe esplodere a fine anno nei pressi del 160%.

Data l’enorme montagna di stock passivo, Bruxelles si mostra da anni più rigorosa con l’Italia sul rispetto dei vincoli fiscali, tant’è che le relazioni con Roma sono state burrascose dal 2011, in particolare, nonostante il nostro deficit sia stato significativamente più basso di quello di paesi come Francia e Spagna, addirittura sempre sotto il 3% dopo il 2011. Con la sorveglianza rafforzata del MES, l’Italia subirebbe un commissariamento vero e proprio, in quanto ci verrebbero imposte misure extra di contenimento della spesa e/o di aumento delle entrate per tendere al pareggio di bilancio strutturale prima degli altri, così da tagliare il rapporto debito/pil più celermente.

Rischio tensioni con i partner dell’euro

Il problema rivelato da queste misure di austerità fiscale alla cieca, cioè senza una chiara linea sul come tendere al pareggio, consiste nel deprimere i tassi di crescita, finendo per aggravare il problema che si vorrebbe risolvere. Ma al MES importerebbe poco, perché essendo nei fatti la “banca” degli stati dell’euro, il suo unico obiettivo sarebbe di recuperare il prestito nei termini concordati, monitorando il “cliente”, affinché non metta in atto comportamenti capaci di intaccare il credito concesso.


Il punto sta tutto qui. Nell’Eurozona, i rapporti tra stati vengono regolati come fossero tra creditori e debitori e da organismi terzi, tecnici, nei fatti ricadenti sotto il controllo degli azionisti forti, cioè Germania e Francia, in primis. Il MES non solo non fa eccezione a questa regola, ma non può nemmeno volendo attenuare le condizioni annesse alle sue erogazioni, altrimenti contravverrebbe ai Trattati europei. E ciò sarebbe possibile solo in assenza di paesi che ne chiedessero il rispetto, un po’ come quando in un comune tutti vanno in moto senza casco e la polizia municipale fa finta di non vedere fino a quando il sindaco non pretenderà che la norma venga rispettata. Paesi come Olanda, Austria e Finlandia, in particolare, ci farebbero le pulci dal giorno dopo che ricevessimo denaro di cui, quota parte, sarebbero i titolari. E rischiamo non solo un’umiliante ingerenza negli affari interni, ma anche l’esplosione di tensioni politiche con il resto dell’area, stavolta con conseguenze irreparabili.

Non è la prima volta non sarà l'ultima che il circo mediatico sparge fake news a piene mani

Nord Corea, Kim riappare in pubblico

02/05/2020 00:00

0.00 Il leader nordcoreano Kim Jong-un è riapparso in pubblico dopo tre settimane di speculazioni sul suo stato di salute. Kim Jong-un ha tagliato il nastro alla cerimonia di apertura di una fabbrica di fertilizzanti venerdì, lo ha riferito l'agenzia nordcoreana KCNA. Indiscrezioni dei media,durante la sua assenza, lo avevano dato gravemente malato o addirittura morto in seguito ad un delicato intervento chirurgico.

venerdì 1 maggio 2020

1 maggio 2020 - IL CONCENTRAMENTO DEL DISCORSO PUBBLICO NELLE MANI DEI PADRONI DEL PENSI...



L'intervento di Claudio Messora nella piazza virtuale del primo maggio, organizzata da Gianluigi Paragone. Tema: l'involuzione delle libertà che la rete ha consegnato ai cittadini, dando così concreta attuazione al senso dell'articolo 21 della Costituzione, dopo le aggressioni progressive dei gruppi di interesse organizzati e del sistema di Potere. Ripercorriamo in pochi minuti la storia di come, dalla rete libera dei primi anni del 2000, passando per l'elezione di Trump, per l'affossamento del Referendum Costituzionale di Renzi e per la Brexit, siamo arrivati alle delibere AgCom che chiedono ai social network di oscurare e denunciare chi intervista personaggi "non autorizzati" e alle Task Force di Governo contro le Fake News. Hanno tutto, decidono tutto, sono i padroni della conversazione pubblica, concentrando in una unica élite organizzata la proprietà di giornali e televisioni e quindi potendo decidere ogni giorno cosa il popolo debba pensare. 

Ma non gli basta: il loro obiettivo è controllare l'unico mezzo di comunicazione che ancora parzialmente gli sfugge: internet. 

Glielo concederemo?

Il segnale della Bce è chiaro e forte. Salvataggio delle banche accettando come collaterali titoli spazzatura. Lo spread dipende dagli acquisti della Bce sul mercato secondario dei titoli di stato

SPY FINANZA/ I messaggi della Bce per banche e Italia

Pubblicazione: 01.05.2020 - Mauro Bottarelli

Il board della Bce di ieri, nonostante le apparenze, ha mandato dei messaggi molto chiari alle banche e all’Italia

Christine Lagarde, presidente della Bce (LaPresse)

Definire deludenti o interlocutorie le determinazioni prese dal Consiglio della Bce di ieri significa, né più né meno, non capire assolutamente nulla. Meglio essere chiari e netti fin da principio. Perché se c’è stato un board che ha inviato due segnali chiarissimi a governi e soggetti finanziari dell’eurozona è stato quello di ieri. Primo, le banche facciano la loro parte. O pagheranno le conseguenze. Secondo, l’Italia faccia bene i suoi conti. Ma bene davvero.

Partiamo dal primo dato. Il board dell’Eurotower ha infatti annunciato l’ennesimo acronimo destinato a entrare nelle nostre vite: Peltro (Pandemic Emergency Longer-Term Refinancing Operation), ovvero un nuovo programma di aste di rifinanziamento a lungo termine per il sistema bancario a partire da questo mese e fino al settembre 2021. Motivo della scelta? Semplice, stimolare sempre di più il meccanismo di trasmissione del credito da istituti bancari a imprese e famiglie in un’eurozona che sempre ieri ha visto precipitare il suo Pil al livello più basso da quando vengono tracciate le serie storiche, ovvero dal 1995, come mostra questo grafico.


Se si vuole sperare che la Fase 2 del post-lockdown possa rimettere minimamente in carreggiata la situazione, allora occorre che le banche garantiscano liquidità pressoché a pioggia ai soggetti produttivi e ai consumi. Esattamente come la Bce la garantisce a loro, visto che il costo a cui ci si potrà finanziare a quelle aste toccherà il minimo storico assoluto di un tasso del -1%. Insomma, game over. Adesso gli alibi sono davvero tutti terminati, perché a questa mossa della Bce va unita quella che l’altro giorno ha visto la Commissione europea varare un pacchetto di sostegno sempre al sistema bancario senza precedenti.

Tra le misure contemplate, infatti, compaiono la sospensione temporanea dell’applicazione degli standard internazionali di accounting, un trattamento più favorevole delle garanzie pubbliche, sospensione dell’applicazione dei cuscinetti prudenziali sulla ratio di leverage a bilancio e l’esclusione delle voci più gravose dalla stessa ratio di leverage. Manca giusto il bacino delle buonanotte e la caramella sul comodino. Diciamo che a questo punto, davvero non ci sono più scuse. Sempre che, fino a oggi, non si sia mentito più o meno spudoratamente sul proprio stato di salute.

Ci sono, infatti, rischiosi redde rationem potenziali all’orizzonte, come infatti ha sembrato confermare la virata al ribasso dell’EuroStoxx Banks dopo la pubblicazione del comunicato post-board della Bce. E, cosa più preoccupante, il tonfo del comparto bancario a Piazza Affari. Se infatti, a oggi, le banche europee paiono nelle condizioni per poter operare nel migliore dei modi possibili, dall’altro un simile panorama di sostegno porta con sé l’effetto collaterale di un effetto “cartina di tornasole”. Come reagirà, infatti, il mercato di fronte a un’eventuale prosecuzione di un atteggiamento troppo precauzionale da parte degli istituti di credito, sia a livello di partecipazione alle nuove aste di finanziamento Bce che di numeri nell’erogazione di prestiti a imprese e famiglie?

Il rischio è che prezzi immediatamente criticità finora tenute nascoste e portate a galla proprio dal supporto che Commissione Ue e Bce hanno offerto alle banche: come dire, certi bilanci imbellettati e certe detenzioni illiquide o a rischio ora non possono più essere nascosti con l’alibi socialmente edificante di atteggiamenti prudenziali, quasi da buon padre di famiglia, stante un’emergenza senza precedenti e un trattamento di favore altrettanto unico nel suo genere. Vuoi vedere che, paradossalmente, proprio nel momento di maggior aiuto formale nei loro confronti, alcuni giganti (o presunti tali) del credito sveleranno i loro piedi d’argilla?

E attenzione, un ragionamento simile lo sta facendo una persona che è conscia dell’importanza del sistema creditizio per un’economia florida e avanzata, non certo un populista che grida contro i banksters un giorno sì e l’altro pure per raccattare due like o vendere due libri. Ora, però, è tempo di essere seri, perché la situazione appare in tutta la sua drammaticità. Come dire che se fino a oggi sei rimasto in vita a dispetto dei santi e grazie a continui aumenti di capitale, aiuti di Stato, magheggi di vario genere (fra cui processi di razionalizzazione dei costi sostanziatisi in migliaia e migliaia di posti di lavoro bruciati), adesso si tira una bella riga per terra: chi sta in piedi con le proprie gambe lo faccia, chi non riesce venga acquisito, si fonda oppure vada in commissariamento. I tempi allegri del fare i banchieri con i soldi degli altri è finito. E a dirlo è un soggetto che certo non è tacciabile di pregiudizio anti-bancario come la Bce.

La quale, però, oggi sa che il discrimine è quello fra una recessione senza precedenti che può portare all’implosione stessa dell’eurozona e la tutela di rendite di posizione e di potere sedimentate negli anni: prepariamoci a un cambio di nomi e poltrone del gotha degli intoccabili, magari con la farsesca pantomima del “cavaliere bianco” ad annunciarne l’avvento. Perché qualche mostro sacro è destinato alla pensione anticipata.

Secondo messaggio, quello che a mio avviso è direttamente indirizzato all’Italia. La Bce si è detta pronta ad ampliare ulteriormente il controvalore e (la durata) del programma di acquisti legato all’emergenza pandemia (Pepp) anche oltre i 750 miliardi originari e la data del 31 dicembre 2020 e di variarne anche la composizione, se necessario. Messaggio rassicurante, ancorché ampiamente prezzato da giorni. Proprio per questo, molti osservatori si attendevano un primo aumento da subito, ancorché magari solo simbolico nell’ammontare.

Perché la Bce si è astenuta dal farlo? Opposizione interna dei cosiddetti “falchi”? Può essere, al netto di un allargamento della platea di collaterale accettato anche ai bond spazzatura che Germania e Olanda ancora faticano a ingurgitare del tutto. Ma soprattutto per ciò che ci mostra questo grafico, su elaborazione proprio del centro studi della Bce e basato su scenari ipotetici di sviluppo temporale del programma Pepp in base al valore di titoli acquisti a livello settimanale.


Come si nota, la linea rossa di quello che viene definito “ritmo alto” porta come controvalore quotidiano 7 miliardi, quindi praticamente il volume di acquisti della settimana conclusasi il 15 aprile scorso. Continuando con quella dinamica di ammontare, però, i 750 miliardi stanziati per il Pepp non durerebbero fino a fine anno, bensì fino a metà ottobre. Per garantire una schermatura agli spread più sensibili almeno fino a metà dicembre, il ritmo di acquisti dovrebbe scendere a circa 4 miliardi al giorno o un totale di 83 miliardi al mese. Insomma, meno volume di fuoco per il bazooka. E, quindi, minor intensità di difesa per il firewall della Bce, lo stesso che sta letteralmente mantenendo artificialmente compresso e sotto controllo il nostro spread.

Quali i rischi? Stante la risorgente questione delle sofferenze bancarie e del loro potenziale di criticità a causa del lockdown da pandemia che porterà con sé un inevitabile aumento delle criticità di bilancio e dei fallimenti corporate, difficilmente Paesi come Spagna e Grecia accetteranno che la deviazione della capital key negli acquisti pro quota di debito sovrano da parte delle Banche centrali nazionali su mandato dell’Eurotower veda ancora per molto l’Italia a circa il 32% del totale, come accaduto fino a oggi. Soprattutto, se calcoliamo che Roma partiva dal 17%, sua quota statutaria nel precedente ciclo di Qe, quello lanciato e gestito da Mario Draghi.

E signori, senza scomodare il ridicolo downgrade a orologeria operato da Fitch (altro segnale in codice, soprattutto perché sostanziatosi la sera prima di un’asta di Btp decennali) sul nostro rating sovrano, questo ultimo grafico ci mostra chiaramente e plasticamente quale effetto-schermo gli acquisti della Bce stiano garantendo ai nostri costi di servizio del debito. E a quelli di finanziamento sul mercato, ancora oggi in un’area dell’1,85%. La quale appare alta sul lungo termine, ma più che accettabile nel brevissimo, al netto di un ambiente finanziario europeo (e globale) di allentamento monetario, normativo (sospensione del patto di Stabilità) e regolamentare (liberi tutti per il sistema bancario, almeno dai vincoli più stringenti di accountability).


Ma a dispetto di quanto sperino certi economisti molto in voga e molto social, questo regime di new normal non solo non è normale, ma non potrà nemmeno durare per sempre. Magari la Bce riuscirà a strappare alla Bundesbank l’ok per un aumento di altri 500 miliardi, stante i dati macro tedeschi sempre più preoccupanti (l’ultimo, quello della disoccupazione), ma resta il fatto che la sostenibilità della nostra ratio debito/Pil – attesa a fine anno oltre il 153%, stando ai calcoli più ottimisti di calo del prodotto interno lordo – non può basarsi di default sul fatto che a calmierare i costi e acquistare i Btp in automatico ci sia sempre Francoforte. Non funziona così, l’irresponsabilità al potere del far pagare ad altri i propri debiti spacciata per lotta all’austerity e riconquista della sovranità ormai ha i giorni contati. Esattamente come gli alibi per le banche, intente a utilizzare soldi a costo zero e con fini emergenziali per rimettere a posto i propri buchi di bilancio, figli di gestioni dissennate e investimenti esotici.

Perché tra poco, giorno più o meno, si rialzeranno molte saracinesche di negozi, fabbriche e magazzini. E allora sarà la realtà macro a fare prepotentemente irruzione sulla scena. Cacciando a calci le panzane assistenzialiste di chi odia l’Europa ma vuol farsi mantenere dalla Bce, così come le farraginosità burocratiche di chi tutto prende e poco concede, leggi quelle banche che si finanziano a costo zero e senza garanzie, ma chiedono anche gli esami del sangue e delle urine a chi ha bisogno di liquidità per provare a ripartire.

Stavolta, siamo davvero al redde rationem. E la Bce, con il suo comunicato solo apparentemente temporeggiante e interlocutorio, lo ha certificato. Forte e chiaro.