L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 30 gennaio 2021

Il riverbero del Grande Cambiamento

Cosenza, svaligiata un’armeria: i ladri sfondano la vetrina con un’auto

VIDEO E FOTO-GALLERY | I malviventi hanno puntato su un negozio frequentato dagli appassionati di caccia e molto ben rifornito di Piazza Loreto in pieno centro. Parte della refurtiva è rimasta per strada per tutta la notte

di Salvatore Bruno 
30 gennaio 2021 08:49


Non è stata lo solita tabaccheria ad essere colpita da un furto con la tecnica della spaccata. Questa volta i malviventi hanno puntato su una armeria di Piazza Loreto in pieno centro a Cosenza. Ed hanno portato via un ingente quantitativi di pistole e fucili perdendone anche qualcuna per strada. Utilizzando un’auto hanno sfondato la vetrina del negozio Diana Sport con una Fiat Stilo grigia, ritrovata nel vicino quartiere popolare di Serra Spiga. 

Secondo quanto si è appreso, nessuno si sarebbe accorto di nulla e alcune armi sono rimaste a terra per tutta la notte. Anche su questo indagano i carabinieri di Cosenza.

L’armeria è un punto di riferimento per gli appassionati di caccia e molto ben rifornita. Sul posto, oltre ai carabinieri, anche il titolare del negozio per quantificare il bottino. Al vaglio degli investigatori le immagini delle telecamere di videosorveglianza del negozio e delle attività commerciali limitrofe.



L'ideologia dell'INGERENZA nella politica interna degli altri paesi si dispiega in questi quattro anni - 1

29 Gennaio 2021 17:42

La Cina "non riconoscerà più" il passaporto rilasciato dal Regno Unito agli abitanti di Hong Kong

La Redazione de l'AntiDiplomatico


La guerra dell’occidente contro la Cina si sviluppa su diversi fronti. Uno di questi è sicuramente quello di Hong Kong. Con le potenze occidentali a fomentare e foraggiare il movimento di protesta contro la Cina nell’ex colonia britannica. 

Un punto di attrito è quello relativo alla legge sulla sicurezza nazionale. Misura che si è resa necessaria per fermare le ondate di violenza golpista scatenata dal movimento di protesta contro la Cina. Il Regno Unito ha ripetutamente condannato il governo cinese per l'imposizione della legge, definendola una "grave violazione" della Dichiarazione congiunta sino-britannica del 1984 che ha aperto la strada al passaggio di Hong Kong alla Cina nel 1997.

La Cina intanto come reso noto dal portavoce del ministero degli Esteri cinese Zhao Lijian, ha informato che riconoscerà più i passaporti nazionali britannici d'oltremare come documento di viaggio e di identità. Secondo il portavoce, il governo si riserva il diritto di intraprendere ulteriori azioni in merito.

I funzionari cinesi, inoltre, hanno esortato il Regno Unito a non interferire negli affari di Hong Kong e ad abbandonare la loro "mentalità da guerra fredda".

Negli ultimi mesi, Londra e Pechino si sono scontrate su diverse questioni. Il 12 gennaio, il ministro degli Esteri, del Commonwealth e dello sviluppo britannico Dominic Raab ha dichiarato che il governo avrebbe implementato un'ampia gamma di misure contro Pechino per i presunti maltrattamenti degli uiguri in Cina. Pechino ha negato tutte le accuse e ha esortato Londra a ritirare le restrizioni al commercio con le aziende della provincia dello Xinjiang imposte con il pretesto di violazioni dei diritti umani e dell'uso del lavoro forzato.

Tornando a Hong Kong, invece, la legge sulla sicurezza nazionale vieta le attività secessioniste, sovversive e terroristiche, insieme a qualsiasi forma di interferenza straniera. Il presidente cinese Xi Jinping ha firmato un decreto per emanare la legge il 30 giugno 2020.

Aumenta la massa circolante di moneta ma l'offerta non diminuisce in modo significativo da far scattare l'inflazione

M3, la BCE continua ad aumentare la liquidità: il grafico della settimana

30 Gennaio 2021 - 09:00

L’aggiornamento relativo l’aggregato monetario M3 diffuso dalla BCE ha evidenziato l’incremento maggiore dal 2017. Ma, rilevano gli esperti, non sarà questo fattore a spingere l’inflazione di Eurolandia.


La Banca Centrale Europea conferma il suo impegno per contrastare la crisi innescata dalla pandemia: nel mese di dicembre, la massa monetaria M3 della Zona Euro è cresciuta del 12,3% annuo.

Per il dato si tratta dell’incremento maggiore dal 2017.

Come si può osservare sul nostro Calendario Economico, gli analisti avevano stimato un incremento in linea con il +11% registrato a novembre. Ma vediamo innanzitutto cosa è l’aggregato monetario M3.
Cosa è l’aggregato M3

Dell’aggregato M3 fanno parte il circolante, i depositi a breve e gli altri strumenti altamente liquidi.

La massa monetaria M3 comprende altri due indicatori, M1 e M2:
dell’aggregato M1 fanno parte il denaro circolante ed i depositi a vista;
l’aggregato M2 è invece composto da M1 più i depositi a scadenza fissa;
sommando a M2 i pronti contro termine, i titoli del mercato monetario e quelli a scadenza fino a due anni, si ottiene l’aggregato M3.

Si tratta di un indicatore particolarmente utilizzato dalla Banca Centrale Europea perché includendo tutti gli strumenti liquidi, altamente sostituibili tra loro, è valutato più stabile di M1 e M2.
Andamento M3 in dettaglio

In particolare, i dati diffusi dalla BCE hanno evidenziato che a dicembre la crescita di M1 è salita dal 14,5 al 15,6 per cento.

Rispetto a un anno prima i depositi a breve, esclusi gli overnight, sono passati dall’1,2 all’1,8% di aumento mentre gli strumenti di mercato sono balzati dal +14,4 al +24,1 per cento.

Stabili i prestiti ai privati (+3,1%) mentre quelli alle società non finanziarie hanno fatto registrare un +7%, non lontano dal 6,9% di un mese prima.

Aggregato M3 e Inflazione Zona Euro. Fonte: Bloomberg

Per Bert Colijn di ING, “al momento, l’outlook economico per le imprese è semplicemente troppo incerto per prendere a prestito in vista di grandi investimenti”.

“Il secondo lockdown sta chiaramente avendo effetti differenti dal primo”, ha rilevato l’analista di ING. “Le imprese non stanno chiedendo linee di liquidità di emergenza come nella prima ondata”.
Inflazione Europa: non sarà la liquidità a spingere i prezzi

Spicca invece l’incremento dei depositi che, rileva l’esperto, è probabilmente legato ai lockdown in tutta la Zona Euro.

La crescita della massa monetaria M3 è in gran parte legata agli acquisti di asset, “che stanno spingendo al ribasso i tassi di interesse di Eurolandia ma che non (ancora) si traducono in una significativa crescita dei prestiti”.

Aggregati M1 e M3. Fonte: Banca Centrale Europea

Questo implica, conclude il Senior Economist di ING, “che l’incremento dell’inflazione che ci attendiamo nel corso del 2021 non sarà probabilmente guidato dall’attuale accelerazione della crescita di moneta ma da fattori più temporanei, come la ripresa del prezzo del greggio, la crescita dell’IVA in Germania e l’inflazione che sarà generata dall’allentamento delle misure di distanziamento sociale”.

Energia pulita - l'Idrogeno verde per il trasporto

Idrogeno verde da eolico: il progetto danese H2RES

H2RES: è il nome del progetto di Ørsted dimostrativo danese di idrogeno verde prodotto da eolico offshore.

Francesca Marasciuolo
29 gennaio 2021


H2RES: è il nome del progetto dimostrativo danese di idrogeno verde prodotto da eolico offshore. Lo rende noto Ørsted, la società danese che si occuperà del progetto ad Avedøre Holme a Copenaghen (Danimarca). L’impianto di produzione, entro la fine del 2021, entrerà in funzione, con una produzione giornaliera di 1000 kg del vettore energetico, per l’alimentazione del trasporto su strada. Un progetto che si inserisce perfettamente nel quadro europeo di investimenti riguardanti tecnologie a sostegno dell’idrogeno.

La produzione da eolico offshore

La produzione da eolico offshore non è una novità. Il progetto H100 Fife di SNG in Scozia prevede anch’esso idrogeno per il riscaldamento prodotto da eolico. L’impianto H2RES avrà una capacità di 2 MW, e studierà come combinare al meglio un elettrolizzatore con l’alimentazione fluttuante dell’eolico offshore, utilizzando le due turbine eoliche offshore da 3,6 MW di Ørsted ad Avedøre Holme.

L’impianto eolico di Avedøre Holme.
fonte: maps.google.it

L’impianto eolico di Avedøre Holme a supporto del progetto H2RES ha le seguenti caratteristiche:
3 turbine Siemens SWT-3.6-120 (potenza di 3600 kW, diametro di 120 m);
potenza totale installata pari a 10.8000 kW;
fattore di carico atteso del 15.8%

L’energia fornita andrà ad alimentare il processo di elettrolisi dell’acqua, un processo elettrolitico nel quale il passaggio di corrente elettrica causa la scomposizione dell’acqua in ossigeno ed idrogeno gassoso. Generalmente quando si produce idrogeno si impiega un catodo di platino o di un altro metallo inerte. La massima efficienza teorica (rapporto tra il valore energetico dell’idrogeno prodotto e l’elettricità impiegata) è tra l’80% ed il 94%. In figura è mostrato il processo.

fonte: it.wikipedia.org

Ørsted ha scelto per il progetto l’azienda danese Green Hydrogen Systems (GHS), leader nel settore dell’elettrolisi, per la fornitura degli elettrolizzatori modulari nell’impianto da 2 MW.
Il trasporto su strada

Come spiega Ørsted, la principale applicazione dell’idrogeno sarà l’alimentazione del trasporto su strada. In particolare per autobus, camion e potenzialmente taxi. Anche in questo caso H2RES segue l’idea del progetto HyAMMED. In questo ambito Air Liquide ha annunciato la realizzazione in Francia della prima stazione di idrogeno ad alta pressione per camion in Europa. L’infrastruttura dovrebbe entrare in funzione dal 2022. Essa sarà in grado di gestire la prima flotta di 44 camion, e sarà in grado di alimentare anche autobus e mezzi commerciali. Il tipo di stoccaggio consiste in serbatoi pressurizzati a 700 bar. La stazione permetterà 20 rifornimenti giornalieri.

l’idrogeno rinnovabile può decarbonizzare i trasporti e l’industria pesante, il che è fondamentale per creare un mondo che funzioni interamente con l’energia verdeMartin Neubert, Vicepresidente esecutivo e CEO di Ørsted Offshore

L’idrogeno al centro della ricerca

L’attenzione mediatica e scientifica dell’idrogeno è ben nota a tutti. Esso rappresenterà un punto cruciale nel processo di transizione energetica. In Italia l’idrogeno ha il potenziale di coprire il 23% della domanda energetica nazionale (con un contributo di oltre 200 TWh) al 2050. A partire dal 2021 i primi progetti in Italia di mobilità ferroviaria sostenibile. Non molto tempo fa abbiamo discusso dei metodi di stoccaggio dell’idrogeno, della sua produzione dalla fotosintesi delle alghe verdi, o dal biogas. Oltre ad essere vettore energetico, l’idrogeno possiede proprietà elettriche, come la superconduttività, se in forma metallica. A tal proposito, uno studio indaga sull’idrogeno metallico come nuovo superconduttore.

La medesima Magistratura democratica che oggi attacca Gratteri, ieri si è schierato con Pignatone, evidenti partecipi del Sistema massonico mafioso politico istituzionalizzato che ha impedito al nostro di essere procuratore di Reggio Calabria

«Pignatone ha bloccato Gratteri (anche) per la procura di Reggio»

Emergono altri particolari e retroscena dal libro intervista di Luca Palamara, il “trainer” degli intrighi e delle trame in magistratura
-28 Gennaio 2021


C’è un pertugio, «un varco» come lo chiama Luca Palamara. A cui è stato affidato un incarico dal “Sistema”, «dovevo portare a Roma Michele Prestipino. Studio la pratica e il varco c’è. Bisogna lavorare al gioco di incastri per eleggere il nuovo procuratore di Reggio Calabria, quello che deve prendere il posto lasciato libero da Pignatone». E qui, su questa partita lungo lo Stretto, l’attuale procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri conosce un altro (il primo) dei “muri” che non è stato possibile scalfire. Ambisce anche lui a dirigere la procura dello Stretto dopo Pignatone, Gratteri. Ma il capo uscente non gradisce e parte un altro progetto.
Emergono altri retroscena e particolari inediti (ammesso che sia tutto vero) dal libro intervista di Alessandro Sallusti a Luca Palamara, considerato il “trainer” degli intrighi e delle trame in magistratura. Pignatone vuole sostanzialmente scegliere il suo successore a Reggio, secondo Palamara. «In campo ci sono Federico Cafiero de Raho, procuratore aggiunto a Napoli, e due dei vice di Pignatone a Reggio Calabria, Nicola Gratteri e lo stesso Prestipinto. Sondo le intenzioni sia di Gratteri – racconta Palamara – sia di Cafiero de Raho, quest’ultimo fortemente sponsorizzato dalla mia corrente Unicost di Napoli, che pensa di poter colonizzare la Calabria…». E dopo aver sondato a dovere tutti e due, evidentemente, Palamara capisce bene chi può diventare procuratore a Reggio e chi no. «Durante una colazione a casa della giornalista Anna La Rosa – continua Palamara – spiego a Gratteri le difficoltà che sta incontrando la sua candidatura; gli confermo che ha sì l’appoggio di Magistratura indipendente, ma è avversato da Magistratura democratica e soprattutto non è in cima ai pensieri di Pignatone, in quale sta manifestando in più sedi, anche al Csm, una forte volontà di scegliersi sia il vice a Roma sia il successore a Reggio. Gratteri, che conosco dai tempi del mio esordio in magistratura, reagisce male e non accetta quella che ravvisa come una mancanza di fiducia nei suoi confronti. Il derby è quindi tra Prestipino e de Raho. Pignatone preferirebbe Prestipino a Reggio Calabria. Ma la corrente napoletana di Unicost, come dicevo, spinge molto per Cafiero de Raho…». E Cafiero de Raho sarà, anche dopo l’ultimo tentativo di farlo desistere (Palamara lo invita ad un incontro e lo incoraggia a lavorare su Roma). Ma a Reggio ci andrà proprio lui, Cafiero de Raho. Che Pinganone non avrebbe preferito come suo successore ma meglio lui che Nicola Gratteri, «non è in cima ai suoi pensieri». Palamara, che conosce bene Pignatone e le sue movenze («ha sempre pensato di cambiare l’agenda della procura di Roma, ma Mafia Capitale è andata male in Cassazione…») e che per certi aspetti ne rimane stupito da alcune sue evoluzioni («un giorno mi comunica che è intenzionato a prendere parte ad un convegno del Pd, io glielo sconsiglio ma lui ci va lo stesso…») non si sottrae al “progetto” di contribuire alla scelta del successore a Reggio a partire dalle richieste dell’uscente. Su Gratteri il veto riesce, su de Raho meno…

RdM

Un fatto è certo gli ebrei sionisti sono l'anima dannato in medio oriente

ISRAELE PREPARA NUOVI PIANI PER ATTACCARE L’IRAN


(di Tiziano Ciocchetti)
29/01/21 

L’Accordo di Vienna, firmato il 14 luglio 2015 dal gruppo 5+1 (i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU più la Germania), aveva lo scopo di limitare le capacità nucleari dell’Iran, in cambio dell’allentamento delle sanzioni, impedendogli così di sviluppare armi nucleari. Tuttavia gli israeliani hanno sempre ritenuto questo accordo insufficiente, preoccupati che un regime teocratico, fortemente ostile allo Stato ebraico, trovasse il modo comunque di dotarsi di un arsenale nucleare.

Nel maggio del 2018 l’Amministrazione Trump ha fatto uscire gli Stati Uniti dall’Accordo e ha ripristinato le sanzioni nei confronti di Teheran. Una delle ragioni di tale decisione è che, secondo il Dipartimento di Stato, l’Iran stava finanziando gruppi jihadisti in Medio Oriente. Inoltre Washington teme fortemente la proliferazione di Teheran nel campo dei missili balistici (che l’Accordo del 2015 proibiva), timore condiviso anche da altri paesi come la Francia e la Gran Bretagna.

Una volta ripristinate le sanzioni, gli iraniani hanno cominciato a svincolarsi dagli obblighi dell’Accordo di Vienna. Nel frattempo l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica ha chiesto chiarimenti circa alcuni siti nucleari che Teheran non ha dichiarato ma che invece gli israeliani sostengono esistere.

Con l’insediamento della nuova Amministrazione Biden, Teheran ha annunciato l’intenzione di produrre, nel sito sotterraneo di Fordo, uranio arricchito al 20%, ovvero una percentuale cinque volte superiore a quella autorizzata dall’Accordo (che prevedeva una quota massima del 3,5%, sufficiente per l’utilizzo in campo civile).


Questo annuncio costituisce ovviamente una grave violazione dell’Accordo di Vienna, che Francia, Germania, Regno Unito e Russia desiderano preservare. Per provocare una reazione a catena supercritica, per un tempo molto breve, per causare un'esplosione, l'uranio deve contenere un minimo di circa il 20% di isotopi 235U. 

Tuttavia, è più facile arricchire l'uranio dal 20 al 90% (cioè il livello richiesto per un'arma nucleare operativa) che dal 3 al 20%. Da qui le osservazioni recentemente fatte dal ministro degli esteri francese Jean-Yves Le Drian.

“L'Iran - lo dico chiaramente - è in procinto di acquisire capacità nucleare. […] Ci saranno anche le elezioni presidenziali in Iran a metà giugno. È quindi urgente dire agli iraniani che questo è molto grave e prendere provvedimenti per garantire che Iran e Stati Uniti tornino all'Accordo di Vienna”, ha detto il capo della diplomazia di Parigi.

Inoltre ha aggiunto che “uscendo da questo accordo, l'Amministrazione Trump ha scelto la strategia conosciuta come massima pressione contro l'Iran. Il risultato è che questa strategia ha solo aumentato il rischio di una escalation nella regione. Dobbiamo quindi fermare questo meccanismo”.

In questo contesto, quali saranno le priorità della diplomazia americana sotto la presidenza di Joe Biden? Considerando la politica del suo predecessore nei confronti dell'Iran come un fallimento, il nuovo presidente ha detto di voler riportare gli Stati Uniti nell’Accordo ma a condizione che Teheran torni a rispettare rigorosamente i suoi impegni.


Da parte sua il presidente iraniano Rouhani (foto) spera che Washington faccia un primo passo conciliante e poi rispetti i termini dell'Accordo di Vienna.

Di contro lo Stato d’Israele ritiene che tornare all’Accordo sarebbe una "cosa negativa". Lo ha affermato il generale Aviv Kochavi (foto apertura), capo di stato maggiore delle IDF, durante uno dei suoi rari interventi pubblici lo scorso 26 gennaio.

"Qualsiasi accordo che riprenda i termini del 2015 è una brutta cosa, sia strategicamente che operativamente", ha dichiarato il generale Kochavi, durante un congresso organizzato dall'Istituto di Ricerca sulla Difesa dell'Università di Tel Aviv.

"Le pressioni sull'Iran devono continuare, l'Iran non può sviluppare le capacità per produrre possedere una bomba nucleare", ha continuato il capo di stato maggiore israeliano. Aggiungendo che sarebbe "inaccettabile e porterebbe alla proliferazione nucleare in tutta la regione", osservando che, "per quanto riguarda il fronte settentrionale (Libano e Siria), non si manifesta da parte iraniana alcuna intenzione di ritirarsi”.

Proprio per non trovarsi impreparato, secondo il generale Kochavi, lo Stato d’Israele sta elaborando nuovi piani operativi contro l'Iran e le sue attività nucleari. “Ci stiamo occupando di questi piani e li svilupperemo nel corso di quest’anno. Poi spetterà ai decisori politici metterli in pratica o meno, tuttavia è indispensabile che siano pronti”.

Probabilmente questi piani operativi comporteranno una combinazione di strike aerei con l’impiego degli F-35I e degli F-15I e di attacchi portati dal Golfo Persico con i sottomarini classe Dolphin equipaggiati con missili da crociera Popeye.

Per Teheran, Israele sta conducendo solo una “guerra psicologica".

"Stanno conducendo una guerra psicologica, non hanno praticamente nessun piano, nessuna capacità", ha sentenziato il 27 gennaio l’iraniano Mahmoud Vaezi, capo di stato maggiore del presidente Rouhani.

Sempre secondo Vaezi, l’Iran non intende iniziare una guerra ma si difenderà da qualunque attacco da parte dei sionisti o di altri paesi.

Foto: IDF / IRNA

Wall Street sotto attacco gli avvoltoi possono piangere

GameStop, ecco come Robin Hood si è vendicato a Wall Street

28 Gennaio 2021, 14:19 | di Ugo Bertone | 1

Un rialzo del 1700% in tre settimane ha messo sotto scacco la finanza dei grandi broker con la tecnica dello short squeeze.E l’approvazione di Elon Musk. Chi sono i nuovi trader, le piattaforme e gli strumenti digitali che possono far scattare la trappola sui mercati



A prima vista sembrava un gioco da ragazzi, un modo sicuro per fare soldi a danno di creduloni illusi di aver trovato “il titolo giusto”. In realtà, complice la tecnologia e l’abbondante liquidità in circolazione a prezzo quasi zero, si è rivelata una trappola infernale dall’esito imprevisto: milioni di Robin Hood scatenati sui listini hanno avuto la meglio sullo sceriffo di Nottingham. Per ora almeno. Ma procediamo con ordine.

Che cosa ha provocato, nel giro di tre settimane, l’aumento del titolo GameStop del 1.700%? Difficile spiegarlo, secondo logica. GameStop è una catena di negozi fisici che vende videogiochi, nuovi e usati. Insomma, una cosa da old economy dai bilanci in rosso, destinata ad esser spazzata via da Internet come Blockbuster. La preda ideale per i venditori allo scoperto, gli sciacalli che vanno a caccia di prede facili. Il gioco consiste nel prendere a prestito i titoli per venderli allo scoperto per poi riacquistarli ad un prezzo più basso.

Ma su GameStop (e non solo) è successo un fatto nuovo. Il titolo, il più venduto allo scoperto nel 2020 fino al 140% del flottante (un’azione può essere shortata più volte) è diventata, complice il basso valore facciale e l’azzeramento delle commissioni da parte dei broker, uno degli investimenti preferiti dai piccoli speculatori che possono puntare cifre davvero minime e possono contare sui passaparola dei social oltre che sul tempo libero consentito dalle restrizioni del lockdown.

Un vero e proprio esercito che si raduna dietro le insegne dei social: in particolare la chat room Reddit r/wallstreetbets, con 2 milioni di iscritti che vanno alla ricerca di titoli trascurati ingiustamente, azioni “rimaste indietro” che nascondono per gli specialisti delle dritte veri e propri tesori da mettere in luce scagliando frecce nella foresta di Sherwood, ovvero comprando azioni call, cioè contratti che danno la facoltà ma non l’obbligo di sottoscrivere azioni a un dato prezzo di esercizio ed entro una certa data.

Che succede quando tanti piccoli Robin Hood (gli iscitti a Reddit sono più di due milioni) comprano opzioni il cui prezzo di esercizio è molto più elevato delle quotazioni correnti, cioè deep-out-of-the money, e ascadenze piuttosto brevi? Il prezzo delle opzioni sale, se il venditore è costretto a “ricoprirsi” prima della scadenza del contratto. Ed è quello che è successo: le opzioni su GameStop mercoledì sono state prestate per far fronte alla scadenza dei contratti ad un tasso del 23,6%, contro interessi per i prestito titoli che normalmente oscillano tra l’1 e il 2 per cento. Si crea quello che in gergo si chiama short squeeze. Cioè, letteralmente, i venditori allo scoperto vengono spremuti come come limoni.

E’ quel che è successo a Melvin Capital, un grande e stimato hedge salvato dal disastro dall’intervento di due big del mercato. Ma nell’ultimo anno il fenomeno ha provocato perdite per 5 miliardi di dollari ai venditori allo scoperto. E martedì scorso a giubilare per la disfatta dei venditori è stato nientemeno che Elon Musk che in un tweet ha esultato commentando “Gamestonk!!”.


Il fenomeno non riguarda solo Game Stop. Qualcosa del genere si sta verificando su Nokia o altri nobili decadute, come Blackberry. Senza che la Sec abbia finora individuato un motivo per intervenire. E’ il mercato, insomma, che si sta vendicando dei vari inghippi per costringere i prezzi nei binari voluti dalle banche centrali.

https://www.firstonline.info/gamestop-ecco-come-robin-hood-si-e-vendicato-a-wall-street/

La nemesi - Se fosse vero ci sarebbe da ridere

Populisti online piegano Wall Street

Maurizio Blondet 29 Gennaio 2021 

“E’ come l’insurrezione dei populisti che abbiamo visto alle elezioni”: così il finanziere Bill Gross commenta l’aumento di azioni di Gamestop (un’azienda qualunque, in difficoltà) che gli squali di Walll Street – gli odiati hedge funds – avevano preso di mira, vendendone le azioni allo scoperto (cioè senza averle) contando di comprarle dopo che il prezzo è calato, facendo profitti sulla differenze.

Facevano, profitti. Perché adesso i fondi speculativi sono in perdita per miliardi, avendo dovuto “coprirsi” comprando le azioni a prezzi enormemente maggiorati rispetto al pattuito: l’azione Gamestop che era a 18 ( e loro si aspettavano di comprarla a 15 o 5), è salita a 350 e oltre.

Hanno perso letteralmente miliardi di dollari, e stanno sull’abisso del default.

Miriadi, forse un milione di piccoli investitori si sono concertati sui social ed hanno comprato a man bassa le azioni Gamestop; a volte anche usando +i 600 dollari dello “stimolo” ricevuto contro il lockdown. Hanno concepito l’attacco sulla piattaforma online Reddit dedicata a far giocare in Borsa piccoli investitori dilettanti e per hobby. Che poi usano le nuove piattaforme di trading online come il broker online Robinhood, che viene utilizzato principalmente dagli utenti di Reddit, perché non fa pagare commissioni.

“Cittadini americani comuni si sono alleati contro il sistema e hanno iniziato a scommettere contro i grandi fondi di investimento di Wall Street”, dice Cesare Sacchetti centrando il punto politico “In altre parole, gli americani stanno punendo gli squali della finanza che hanno finanziato l’amministrazione fantoccio di Biden”.

Ad un certo punto, quando l’azione Gamestop ha sfiorato i 500 dollari, “il servizio online di scambi borsistici Robinhood è andato in soccorso del mercato e ha proibito di comprare ancora le azioni di Gamestop. … Ora il sistema impedisce di comprare ulteriori azioni di Gamestop per non far perdere altri soldi a Wall Street. Il neoliberismo si è rivelato essere la più grande frode della storia. Il mercato è libero solo se le élite ci guadagnano. Se avviene il contrario, il mercato si chiude.


“Se normali cittadini si mettono insieme e decidono di fare dei profitti contro gli squali di Wall Street comprando le azioni di Gamestop, il mercato va “regolamentato”. Se invece accade l’opposto, il mercato deve essere libero. Il mercato deve essere libero, ma solo se sono i ricchi a guadagnarci”.

Per protesta, masse di piccoli investitori hanno abbandonato Robinhood, il trader che .li ha traditi: l’equivalente di una corsa agli sportelli bancari. Sicché Robinhood ha dovuto cercar di raccogliere 1 miliardo di dollari per far fede ai suoi impegni.

Un fondo hedge, Melvin Capital, ha il 30 per cento del suo patrimonio netto cancellato in un giorno: “le voci di un suo fallimento”, racconta Zero Hedge, “ hanno spinto un salvataggio in contanti di 2,75 miliardi di dollari da parte di investitori miliardari per mantenere Melvin Capital solvibile. “Point 72” di Steve Cohen, “Citadel” di Ken Griffin e altri partner stanno investendo un totale di 2,75 miliardi di dollari in Melvin Capital, hanno detto lunedì gli hedge fund. Riceveranno quote di reddito di minoranza in Melvin in cambio del loro denaro.

Solo che i fondi speculativi soccorritori sono anche loro in perdita colossale. E , annuncia CNN, adesso “giovani cinesi si stanno organizzando nelle chat per emulare quelli americani e trovare titoli piccoli di società in crisi (e quindi scese sul fondo) da far esplodere in su in borsa….”

Quanto al trader Zibordi, “anche 20 anni fa o 10 anni fa sentivo parlare sempre della manipolazione in basso tramite posizioni short sull’Argento (anche Oro…), usando derivati…di JP Morgan. Se ora centinaia di migliaia di trader dilettanti si convincono che può essere vera, si buttano sull’Argento”.

E JP Morgan fallisce. Può essere l’inizio di un collasso generale della immane bolla azionaria creata da speculatori che usano denaro a basso costo della Fed? Detto fra noi, cominciano ad “andare in malora le loro macchinazioni” per le quali preghiamo?

Domani vedremo.

Per adesso, l’atmosfera è di trionfo: giustizia è fatta.

“Il campione di kickboxing Andrew Tate ha detto: “Se devo perdere sei milioni per distruggere Wall Street, sono pronto, kazzo. F * ck ‘em. Queste persone su Reddit sono dei geni “. Perché a lui e a molti non piacciono i magnati degli hedge fund di Wall Street: “Sono le persone peggiori sulla terra … non hanno talento, non fanno soldi, hanno solo una pentola di soldi e manipolano i mercati per far salire la loro pentola con i soldi degli altri e vengono salvati dal governo Comunque. Sono le persone peggiori del mondo.

Qualcuno dice che è una “primavera araba” che comincia , una rivolta generalizzata contro la repressione finanziaria e le regole asimmetriche

L’establishment finanziario è nel panico e chiede alle “autorità” di fare qualcosa al riguardo. “Perché? Il mercato azionario è tutto incentrato sul gioco d’azzardo”, replica il blog PJMedia: “I fratelli della finanza sono semplicemente arrabbiati perché alcuni ragazzi su Reddit hanno giocato meglio dei gestori di hedge fund che sono abituati a vincere. Prendere miliardi dal mercato e mandare in bancarotta le persone è qualcosa che solo i gestori di hedge fund possono fare, non voi persone in mutande che fanno trading a casa?2.

Adduco foto di un populista nell’atto di sconfiggere ilsistema speculativo globale, riportata da Elon Musk:

Per una spiegazione migliore della mia sul piano tecnico, qui:
28 Gennaio 2021, 14:19 | di Ugo Bertone

25 gennaio 2021 - Nasrallah: 'It was Iran's Soleimani who convinced Putin to enter Syria war'

La fame, la disperazione fanno muovere le masse diseredate a Tripoli

DAL LIBANO/ “La gente è alla fame e contro il lockdown mentre il Covid dilaga”

Pubblicazione: 29.01.2021 Ultimo aggiornamento: 07:54 - int. Camille Eid

Il Libano, da tempo impoverito da una crisi economica e bloccato da uno stallo politico, non riesce più a curare i malati di Covid. Intanto scoppiano rivolte contro un lockdown severissimo

Proteste contro il governo a Beirut (LaPresse)

Libano allo sfascio totale. Quello che una volta era definito “l’ospedale del Medio Oriente”, come ci ha detto in questa intervista Camille Eid, giornalista libanese residente in Italia e collaboratore fra gli altri di Avvenire, “perché qui grazie all’eccellenza sanitaria degli istituti privati, allora in parte sovvenzionati dallo Stato, si recavano cittadini di tutte le nazioni confinanti, oggi non ci sono più posti letto per il devastante espandersi della pandemia”. Dallo scorso febbraio a oggi in Libano si sono registrati 1.740 decessi accertati per Covid e 231mila casi positivi, anche se esperti affermano che queste cifre sono al ribasso rispetto all’emergenza sanitaria in corso nel paese. Secondo fonti ufficiali, dei 784 posti totali di terapia intensiva in un paese con una popolazione di oltre 5 milioni di abitanti, 627 risultano occupati. E’ stato imposto un coprifuoco di dodici ore giornaliere, dalle 17 del pomeriggio alle 5 del mattino, con fortissime limitazioni, con chiusura anche dei supermercati. Le scuole sono chiuse e la didattica a distanza non può essere applicata perché pochissime famiglie possono permettersi un computer e anche le linee telematiche non funzionano. Molte famiglie non hanno cibo da mettere in tavola. I tamponi sono pochi e a pagamento e il Libano non ha soldi per comprare il vaccino. Nelle ultime ore sono scoppiate manifestazioni e rivolte per le strade soprattutto della città di Tripoli, che hanno visto oltre 200 feriti e anche un morto, un giovane di 18 anni: “A Tripoli il 90% della popolazione è sunnita” ci ha detto ancora Eid “e la popolazione fa la fame. E’ infuriata con i propri rappresentanti in Parlamento. Il lockdown non permette loro di lavorare e dicono, tra lockdown e virus moriremo ugualmente”.

A Beirut non si sono verificati incidenti?

Per ora non risulta, hanno interrotto le vie di comunicazione fra la capitale e la città di Sidone.

Perché proprio Tripoli è il centro di questa rivolta?

Tripoli era già stata al centro delle sommosse del 2019, è una città per il 90% composta da sunniti e si trova prostrata dal punto di vista economico per la crisi. Il motivo dietro a queste manifestazioni va verificato, adesso è troppo presto.

Qualche ipotesi?

La comunità sunnita non è simpatizzante del primo ministro in carica, Hariri, ma è molto arrabbiata nei confronti dei suoi deputati in Pparlamento. In particolare ce l’hanno con due fratelli che sono imprenditori miliardari e dicono che non fanno niente per la città. E’ sempre più povera per via del lockodwn. Qua la gente guadagna giornalmente, se un giorno non lavora fa la fame.

Hariri è sempre la figura controversa che ormai conosciamo bene?

Di più, adesso è contrastato anche da un fratello che si propone come alternativa ed è sostenuto dall’Arabia Saudita. Potrebbero esserci dietro interessi, ha fondato una tv, mentre prima stava in disparte adesso gioca a carte scoperte e ha pretese politiche. Difficile dire che stia aizzando la popolazione, ma potrebbe esserlo.

Cosa potrà succedere adesso?

Vedremo se dopo il funerale del giovane ucciso nelle manifestazioni si scateneranno altre proteste, la situazione è molto pesante. La classe politica non fa nulla, non ci sono soluzioni, i politici si comportano come se il tempo fosse a loro disposizione, si disinteressano del virus, della crisi, la loro preoccupazione è concentrata su fatti banali di lotta di potere tra di loro.

E’ vero, come si legge, che la pandemia è aumentata per colpa della riapertura delle attività commerciali nel periodo natalizio?

Sì, è proprio così. Ristoranti e luoghi di divertimento hanno voluto approfittare della stagione per compensare la situazione delle perdite, ma questo ha contribuito a diffondere il virus: ristoranti che dovevano accogliere 50 persone ne hanno accolte anche 150, non rispettando alcuna regola di sicurezza.

L’aspetto più grave è quello sanitario: la mancanza di posti in ospedale è un problema di carenza oggettiva o è aggravata dalla crisi economica che colpisce il Libano da mesi?

E’ aggravata dal numero di richieste che ha superato i posti di ricovero. Gli ospedali non possono più accogliere tutti. Ho sentito testimonianze di persone a cui viene negato l’ingresso in ospedale. Abbiamo esaurito i posti, parlo non tanto dei positivi in quarantena a casa, ma di chi ha bisogno di terapie intensive

E il vaccino? E’ arrivato?

Assolutamente no, e questo ha sollevato tante lamentele. Il ministro della Sanità ha dichiarato in questi giorni che sta accelerando l’autorizzazione, ma se si pensa che in Israele il 20% della popolazione è già vaccinata e noi non lo abbiamo ancora ricevuto, si può ben comprendere quale sia la situazione. Se guardiamo i dati di Israele o dei paesi del Golfo, siamo gli ultimi degli ultimi. Gli altri paesi si sono affrettati a procurarsi il vaccino, mentre noi stiamo ancora aspettando che arrivi.

Perché bisogna pagarlo, giusto?

Prima la Banca centrale o il governo pagavano una parte delle spese mediche per l’acquisto dei medicinali, c’erano agevolazioni, adesso questo non esiste più e ovviamente il vaccino dobbiamo comprarlo.

In aperto contrasto con quanto ha chiesto il Papa, cioè di non far diventare il vaccino uno strumento di sfruttamento economico, è così?

La sanità in Libano già aveva i suoi problemi, gli ospedali pubblici erano un servizio scarso, avevamo rinomati ospedali privati, ma alcuni si sono riempiti dopo l’esplosione del 4 agosto, quando si contarono migliaia di feriti. Inoltre per essere ricoverato in un istituto privato si deve versare un anticipo, altrimenti non si viene ammessi. Oggi nessuno se lo può permettere, prima il governo versava una percentuale per chi non aveva la possibilità, adesso il governo, che è pieno di debiti, non dà più nulla e gli ospedali privati non accolgono nessuno, sapendo che il governo non verserà alcun contributo. Questo significa ragionare come un’azienda, non come un ospedale. Dopo l’esplosione di agosto, poi, gli ospedali non riescono più a pagare gli stipendi. Quello americano, per esempio, ha licenziato 700 persone e molti medici ora vanno all’estero.

Un altro settore in crisi è la scuola. E’ vero che non tutti possono permettersi la didattica a distanza?

Sì, è così. Fino a quando le scuole sono rimaste aperte, si praticava una didattica alternata, una settimana in classe e una settimana a casa per diminuire il numero delle presenze a scuola. Adesso tutte le scuole sono chiuse e non tutte le famiglie possono permettersi di dare un computer a testa, soprattutto se si hanno più figli. Ormai oltre la metà della popolazione è diventata povera.

In Libano fa i conti con una crisi politica che attanaglia il paese da più di un anno. A che punto siamo?

E’ tutto fermo e in via di peggioramento. E’ dall’11 agosto che sono state presentate le dimissioni, ma Hariri è ancora il presidente incaricato e non ha intenzione di dimettersi, anche se tutti lo chiedono. Si continua a litigare fra le parti, è tutto bloccato da liti interne.

(Paolo Vites)

Le masse diseredate di Tripoli in Libano sono strumentalizzate per fini politici ma alla base c'è un malessere reale la sopravvivenza


Libano, la protesta figlia di fame e disperazione. Padre Zgheib: sta crollando lo Stato

Grave bilancio di feriti e morti a Tripoli, in Libano, a causa degli scontri in atto negli ultimi giorni a causa della situazione socio-economica del Paese che, aggravata da un drastico lockdown per la pandemia, sta mettendo in ginocchio la popolazione


Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
29 gennaio 2021

Crisi economica, disoccupazione, Covid-19: i drammi del Libano che hanno portato agli scontri di ieri a Tripoli, grande città del nord, tra le più povere del Paese, tra manifestanti e forze dell’ordine, con l’incendio del Comune, centinaia di feriti e almeno due morti. Tripoli è stata epicentro delle proteste antigovernative che hanno segnato la fine del 2019 e i primi mesi del 2020, e che si sono riacutizzate dopo le tragiche esplosioni al porto di Beirut, il 4 agosto scorso, con 200 morti e circa seimila feriti. Il Paese è in bancarotta da marzo 2019 il crollo del potere di acquisto della moneta locale, che ha perso fino all'80 per cento del suo valore, ha travolto la classe media moltiplicando il numero di poveri.

Appello dei capi religiosi per il popolo e la salvezza del Paese

In questo scenario, ieri, il monito alla politica perché si impegni a trovare una via di uscita dalla crisi, è arrivato dai principali rappresentanti delle comunità cristiane e musulmane libanesi. La richiesta è a mettere da parte i veti incrociati e a dare al Paese un governo di “salvezza nazionale” per evitare il collasso e risparmiare la popolazione da ulteriori sofferenze. L’appello è sottoscritto, tra gli altri, dal Patriarca maronita Bechara Boutros Rai, dal Mufti della Repubblica libanese Abd al-Latif Derian, dallo Sheikh Abd al-Amir Qabalan, capo del Consiglio supremo sciita, dallo Sheikh druso Akl Naim Hassan e dal metropolita greco-ortodosso di Beirut, l’arcivescovo Elias Audi. I capi religiosi chiedono che i leader e gli schieramenti politici rinnovino il loro impegno di fedeltà nei confronti dell’identità nazionale libanese, delineata nella Costituzione e connotata dallo spirito di coesistenza e dall’impegno comune a tutelare la dignità umana e la libertà, rifuggendo dai conflitti e dalle alleanze con forze esterne per far prevalere interessi di parte. La crisi in cui si dibatte il Libano – rimarcano – rischia di essere fatale per il Paese proprio perché non è una semplice emergenza di natura politica, ma affonda le sue radici in una grave crisi morale”. Padre Rouphael Zgheib, sacerdote maronita, Direttore delle Pontificie opere missionarie libanesi e docente di teologia all’Università dei gesuiti di Beirut:

R. – Le manifestazioni di Tripoli sono un segnale che è in atto un crollo dello Sato libanese. Questo è molto pericoloso perché, dopo l'esplosione di Beirut – che ha avuto conseguenze sociali in tutto il Paese – e dopo anche la pandemia, il peso sociale è diventato troppo forte per il popolo, con uno Stato quasi assente. La zona di Tripoli è povera, è questo il problema e ancora lo Stato non si è mosso, lo ha fatto a livello di sicurezza per controllare questa situazione, ma non è intervenuto a livello sociale e umano, e questo lascia un sentimento di disagio molto forte in questa zona.

A livello politico i manifestanti di Tripoli sono stati definiti teppisti. Da quello che ci racconta lei si tratta soltanto di povera gente affamata …

R. – Sì, però in Libano, dietro le manifestazioni, ci sono sempre gli interessi politici, tutte le forze politiche che cercano di strumentalizzare la povertà della gente per guadagnare qualcosa, specialmente nella costituzione del governo che da 2-3 mesi non si nasce perché ogni partito politico vuole la sua parte. E non siamo usciti da questa logica: dopo un anno di manifestazioni, dopo la pandemia, dopo le esplosioni di Beirut, c'è ancora questa mentalità di condividere il guadagno, non dico il potere. Ci sono interessi politici, ma anche economici, dietro a questa lotta. Secondo me però ora le strumentalizzazioni non riescono, perché il peso della povertà. è più forte, il grido dei poveri è più forte della politica. L’area di Tripoli è stata sempre disagiata e tralasciata anche dai politici della zona che sono i più ricchi del Libano, non è la prima volta che ci sono degli scontri, perché questa gente è stata sempre strumentalizzata da queste forze politiche.

Qual è il ruolo dell’esercito?

R. – L’esercito cerca sempre di controllare la situazione, di salvaguardare la sicurezza nazionale, di non lasciare che cellule di fondamentalisti si infiltrino in questa zona. L’esercito cerca di rimanere neutrale, di non entrare in uno scontro, ecco perché ieri non è intervenuto direttamente, per non entrare in un confronto con questa gente, con il rischio di allargare queste manifestazioni a tutto il Paese.

Lei faceva riferimento al rischio fondamentalista, altro grave aspetto. Questa situazione potrebbe favorirne l’infiltrazione…

R. – Certo, quando il corpo nazionale è molto debole tutti i virus cercano di infiltrarsi, così è dentro il tessuto libanese, per poterne approfittarne e seminare un po' il caos. C’è questa paura, perché qualche mese fa è stata scoperta una cellula, un gruppo fondamentalista, proprio in quella zona, che cercava di seminare anche il caos.

Questa cellula a chi si collegava?

R. – Era collegata ad Al Qaida.

C’è stato un appello dei capi religiosi affinché si mettano da parte i veti incrociati per dare al Paese un governo di “salvezza nazionale” per evitare al popolo ulteriori sofferenze. Quanto possono servire questi richiami, non solo di fronte al popolo, ma di fronte alle autorità politiche?

R. – Sinceramente non lo so, però qualcuno deve pur parlare alla coscienza, qualcuno deve alzare la voce di fronte a questi politici che non si saziano mai del potere e del sangue della gente, per dire di finirla, che bisogna superare questo confronto per costituire questo governo, perché siamo davanti ad un bivio storico, molto importante. Se non prendiamo in mano la sorte, il destino del nostro Paese, sarà qualcun altro a farlo. Diciamo che davanti a noi c’è una occasione storica, per una volta, forse, occorrerebbe lasciare da una parte gli interessi politici regionali per costruire un Paese neutrale, come dice il nostro Patriarca, una neutralità, diciamo attiva, che si distacca da tutti gli interessi per fare, per una volta, l’interesse della nazione.

Qual è la sua speranza e quali sono, soprattutto, le sue paure?

R. – Io spero che tutta la sofferenza che ancora viviamo dentro il nostro Paese possa far nascere un Libano nuovo, su fondamenta più solide. Questa è la mia speranza e, secondo me, è possibile perché il Libano è stato sempre così, è un segno di speranza, noi viviamo sotto il segno della speranza e viviamo in questa speranza, però la paura c'è sempre di precipitare dentro un caos completo.

Guerra illimitata - Gli Stati Uniti in cerca di una strategia per battere la Cina. La più avanzata è quella di imitare il dirigismo cinese e asservire le multinazionali tutte anche quelle di Silicon Valley agli interessi strategici statunitensi

Xi o non Xi? Un rapporto anonimo dell’Atlantic Council fa discutere gli Usa

Di Gabriele Carrer | 29/01/2021 - 


Un rapporto Atlantic Council firmato da un anonimo ex funzionario Usa indica la strada all’amministrazione Biden: scommettere contro Xi. Ma alcuni esperti sono scettici: meglio rafforzarsi sul fronte tecnologico

La sfida tecnologica con la Cina continua a tenere banco negli Stati Uniti, come raccontiamo da giorni su Formiche.net. Basti pensare che di confronto tra “tecno-democrazie e tecno-autocrazie” ha parlato anche il segretario di Stato Antony Blinken durante la sua audizione di conferma al Senato.

E così un articolo firmato da un anonimo che si descrive come “ex alto funzionario governativo con profonde competenze ed esperienza sulla Cina”, pubblicato su Politico.com, sta facendo discutere gli addetti ai lavori. Si tratta di un estratto di un rapporto pubblicato dall’Atlantic Council con il titolo “Toward a new American China strategy”. “È ora urgente che questo Paese sviluppi una strategia nazionale integrata e bipartisan per guidare la politica degli Stati Uniti verso la Cina di Xi [Jinping] per i prossimi tre decenni”, si legge. Sbagliato pensare che ci sia già: la dichiarazione di “concorrenza strategica” pronunciata dall’ex presidente Donald Trump come la “sfida centrale” per il Paese ha “lanciato l’allarme”. Tuttavia, gli sforzi per attuare una politica organica sono stati “caotici e, a volte, contraddittori”: in sintesi, “competizione strategica è una dichiarazione di atteggiamento dottrinale, non una strategia globale che è stata messa in pratica”.

Il documento invita Washington a scommettere contro Xi. E lo fa alimentando la teoria secondo cui la sua figura abbia creato lacerazioni nel Partito comunista cinese e dipingendo il presidente cinese quasi come se fosse Vladimir Putin sottolineandone arricchimento personale e familiare per esempio. Un’impostazione che però un esperto di Cina come Bill Bishop rifiuta. Come scrive nell’ultima edizione della sua newsletter Sinocism, il rapporto anonimo “sopravvaluta” le divisioni e “erroneamente presume” che un Partito comunista cinese senza Xi possa avere una natura diversa da quella attuale. Potrebbe finire anche peggio, dice, con un ultranazionalista o uno dei vertici dell’Esercito.

Bishop si interroga anche sull’identità dell’autore e scrive: “Non ne ho idea. La mancanza di citazioni in lingua cinese nelle note a piè di pagina dell’intero articolo mi fa pensare che sia qualcuno che non ha grandi competenze di lingua cinese, il che potrebbe restringere [la rosa d]i candidati. Il documento è critico nei confronti dell’approccio dell’amministrazione Trump, ma non penso implichi che l’autore non abbia prestato servizio durante l’amministrazione Trump”.

È lo stesso Bishop a suggerire però un’altra lettura, “molto più importante” per l’approccio statunitense. Si tratta di un’analisi pubblicata su War on The Rocks. L’autore è James Mulvenon, director of intelligence integration della SOS International, esperto di cyber, trasferimento di tecnologia, spionaggio e questioni militari cinesi. Il suo nome circola per un posto al dipartimento del Commercio: potrebbe essere lui il nuovo capo del cruciale Bureau of Industry and Security. “La Repubblica popolare cinese odierebbe vederlo ottenere un ruolo del genere, e così farebbero i lobbisti dell’industria tecnologica”, commenta Bishop. “La scelta per questo lavoro sarà uno dei segni più chiari che avremo della visione del team Biden per il rapporto tra Stati Uniti e Cina”.

Ecco cosa scrive Mulvenon, che parla di “rinnovato tecnonazionalismo cinese”: “Piuttosto che concentrarsi eccessivamente sui dazi e altre azioni punitive, l’amministrazione entrante deve trovare un delicato equilibrio, perseguendo investimenti aggressivi e, in alcuni casi, ricostruendo la ricerca, la tecnologia e la base industriale degli Stati Uniti, perseguendo anche politiche estere che cercano di promuovere il commercio caratterizzato da mutuo vantaggio e reciprocità”. In questo sarà fondamentale il lavoro del dipartimento del Commercio e quello del Bureau of Industry and Security, che avranno il compito di “promuovere le opportunità degli Stati Uniti nei mercati esteri e proteggere allo stesso tempo la tecnologia americana da esportazioni e furti illegali”.

Come fare? Servono anche le Big Tech, come sembra suggerire l’esperto. Il Bureau “dovrebbe iniziare ponendo gli interessi degli Stati Uniti, la loro vitalità economica a lungo termine e il loro popolo, davanti agli interessi finanziari a breve termine di Silicon Valley, Wall Street e altre multinazionali, che non sempre sono in linea con gli interessi degli Stati Uniti”, scrive.

Che la sua sia una proposta di accordo ai colossi della tecnologia? Staremo a vedere. Perché, anche se noi europei volessimo tenerci alla larga dalla sfida tra Stati Uniti e Cina oltre che da quella tra tecno-democrazie e tecno-autocrazie, visto il pressing di molte capitali del Vecchio continente per la digital tax, la questione ci riguarda da vicino.

Verso nuovi equilibri mondiali

Gli Usa come l'Impero Romano nella crisi del III secolo?

Scritto da Cristiano Vignali Categoria: Speciale Pubblicato: 28 Gennaio 2021


(ASI) Washington - Il 2021 é iniziato a livello internazionale con un avvenimento epocale, per la prima volta dalla proclamazione dell’indipendenza americana nel 1776, un gruppo di cittadini ha preso d'assedio il palazzo del Congresso americano. 

I sostenitori del presidente uscente, il repubblicano Donald Trump, il 6 gennaio 2021 hanno assaltato Capitol Hill, cittadella della democrazia statunitense, per contestare il risultato elettorale delle elezioni presidenziali che ha visto prevalere il democratico Joe Biden, mentre senatori e deputati stavano certificando l'elezione del nuovo presidente. 

I supporter di Trump, sono insorti denunciando brogli nelle elezioni presidenziali dopo che alcuni deputati e senatori repubblicani avevano sollevato il problema mettendo in discussione la volontà dei Grandi Elettori. 

Il fatto è tanto più storicamente rilevante se si tiene conto che le elezioni americane rappresentano il più importante avvenimento politico delle democrazie occidentali dal secondo dopoguerra a questa parte, e un modello di governo che la super potenza militare degli Stati Uniti ha esportato nel mondo per i suoi fini imperialistici, a tal punto che diversi analisti di scienza politica a livello internazionale hanno azzardato un parallelismo fra il sistema imperiale degli Usa e quello dell'Impero Romano che, tra gli altri, è stato oggetto degli studi del politologo e consulente del Pentagono Edward Luttwak che ha pubblicato anche in italiano due importante opere di carattere storico - politico e geopolitico "La Grande Strategia dell'Impero Romano" (1981) e "La Grande Strategia dell'Impero Bizantino" (2009) che interpretano una possibile evoluzione della strategia imperiale degli Stati Uniti nelle varie fasi della storia politica mondiale fra la fine del XX e l'inizio del XXI secolo. 

Il politologo statunitense Edward Luttwak ha ovviamente analizzato dal punto di vista strategico anche le politiche dei maggiori antagonisti degli Usa, nella fase della "Guerra Fredda" dell'Urss con la pubblicazione della "La Grande Strategia dell'Unione Sovietica" (1983) e negli ultimi anni, in cui la situazione è molto fluida ed è ancora in fase di evoluzione, della Cina con "Il Risveglio del Drago. La minaccia di una Cina senza strategia" (2012). 

Se nel 1981, in piena "Guerra Fredda" con l'Urss, facendo un parallelismo con Roma, gli Usa si trovavano nel momento storico in cui la Res Publica Romana si confrontava con Cartagine per il dominio del mondo allora conosciuto, con la dissoluzione dell'Unione Sovietica (26 dicembre 1991), l'America era nella stessa fase in cui Roma vittoriosa su Cartagine (146 anni prima dell'era comune) si trovò con le mani libere per la costituzione del suo impero. 

A tal proposito, dal 1991, infatti, sono iniziate una serie di guerre per esportare la democrazia nel mondo ed avanzare verso i centri di controllo delle risorse energetiche mondiali e per accerchiare ed isolare la Russia, come le due Guerre del Golfo (1990 - 1991) e (2003 - 2011), la Guerra in Kosovo (1998 - 1999), la Guerra in Afghanistan (dal 2001), l'avanzamento della Nato verso l'Est Europa con l'adesione di diversi paesi dell'ex Patto di Varsavia, gli incidenti politico - diplomatici con l'Iran e la Corea del Nord, l'appoggio all'Ucraina per staccarsi dall'influenza politico - militare sovietica, sfociata nel 2014 nel conflitto del Donbass, (bombardamento umanitario della Libia e omicidio di gheddafi, 2011)

Questa fase ė durata fino alla prima parte del decennio appena concluso con la fine di una situazione geopolitica che vedeva negli Usa la pressoché unica superpotenza mondiale in grado di creare e consolidare un impero planetario usando l'ideologia del capitalismo mondialista, cioè la Globalizzazione che dopo aver svuotato gli Stati Nazione dei poteri sovrani, si teorizzava avrebbe creato un organismo universalistico imperiale mondiale che vedeva nella maggiore democrazia occidentale il suo fulcro centrale, come l'Italia col Principato inaugurato da Augusto (27 anni prima dell'avvento dell'era comune) che trasformò definitivamente tutti i protettorati militari di Roma su molti regni in province con un governatore romano. 

Ma, da una decina di anni a questa parte la situazione geopolitica è cambiata e il progetto imperialista mondiale americano "stile Principato di Roma" sembra entrato in crisi.

La situazione sembra diventata più fluida con varie potenze che sono riemerse e un sistema poliarchico che va configurandosi: la rediviva politica imperiale della Russia di Putin, la Nuova Via della Seta della Cina di Ci Jinping che ha ridimensionato in Asia il Giappone, il neo colonialismo anglo - francese e le tendenze egemoniche continentali della Germania in Europa sulla "pelle" degli altri Stati ed in particolare dell'Italia che a causa della sua debolezza politica è marginalizzata nel Vecchio Continente e non riesce a svolgere un ruolo importante in un Mediterraneo che dopo le "Primavere Arabe" (fine 2010 inizio 2011) ha visto stravolto il suo equilibrio. 

Nel 2009, col suo libro sulla strategia militare dell'Impero Bizantino, Luttwak teorizzò un nuovo possibile sistema dell'imperialismo americano basato non sul controllo diretto dei territori, ma solo su una influenza economica e finanziaria degli stessi, come fece l'impero Romano d'Oriente nel Medioevo almeno fino al XII secolo.

Ma la situazione sembra essere cambiata repentinamente dal 2009 ad oggi. Gli Stati Uniti, dopo essere entrati ufficialmente in crisi economica col Presidente Obama, sotto la cui presidenza si è rotto l'equilibrio internazionale pro Usa, ha visto messo in discussione il suo ruolo egemonico finanche nella Nato con Trump e le sue politiche protezionistiche contro la Russia, la Cina e la stessa Unione Europea che hanno reso più isolato lo Stato a "Stelle e Strisce". 

I fatti di Capitol Hill sono solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso di una situazione esplosiva interna agli Usa a livello economico - sociale che lo scoppio della pandemia da Covid19 ha visto acuirsi, dove ne hanno pagato le conseguenza soprattutto le fasce più povere della popolazione, cioè i cittadini di origine latino - americana e afro - americana, il cui divario con quelli di origine europea è aumentato.

La crisi della democrazia americana ė legata alla rivoluzione dei social network, il cosiddetto "Blog Power" che se fra 2009 e 2011 ha definitivamente incrinato il potere di controllo centralizzato degli Stati sulle notizie e sui mass-media, dall'altro canto ha negli ultimi anni messo in crisi anche gli organismi di governo e il sistema di rappresentatività democratica (nato alla fine del Settecento), portando avanti il principio del voto digitale e delle piattaforme social di democrazia diretta che fino ad ora hanno sostituito i comizi che si svolgevano nelle arene politiche novecentesche, e che mirano nel futuro a sostituire le assemblee parlamentari (si veda anche il mio speciale di approfondimento su Agenzia Stampa Italia "Il futuro, una democrazia partecipativa diretta tramite le piattaforme web?").

Così, la crisi della repubblica statunitense, con la lotta fra i sostenitori di Trump e quelli Biden, che se fosse avvenuta venti anni fa sarebbe sembrata una mera lotta per il potere all'interno dello Stato egemone nell'ecumene del capitalismo globale come ad esempio lo scontro fra Cesare e Pompeo o fra Ottaviano ed Antonio, nel 2021 può essere paragonata dagli analisti geopolitici agli albori della crisi dell'Impero Romano del III secolo.

Nell'ambito degli equilibri di potere del capitalismo internazionale globale, oggi saremmo nel momento in cui fra la fine del II e l'inizio del III secolo dell'era comune gli equilibri di potere nell'Impero Romano cambiarono definitivamente con maggior peso delle province rispetto all'Italia, periodo che con i corsi e ricorsi storici coincise con lo scoppio di una pandemia, quella della "Peste Antoniniana" (165 - 166 sotto l'Impero di Marco Aurelio e Lucio Vero) che decimò la popolazione imperiale, e con un periodo di guerra civile ed anarchia militare nel corso del III secolo, susseguente alla concessione della cittadinanza a tutti gli abitanti dell'impero tranne che agli arresi e ai sottomessi (diditicii) che porterà agli inizi del IV secolo alla nascita di una nuova capitale imperiale romana più ad Oriente, lontana dall'Italia, fondata da Costantino I (Costantinopoli) che divenne imperatore a scapito di Roma e della Penisola che appoggiavano il rivale sconfitto a Ponte Milvio, Massenzio. 

La crisi americana inevitabilmente sta portando conseguenze a livello internazionale, dove si sta configurando una poliarchia di potenze egemoniche mondiali continentali che hanno sviluppato un loro modello di sviluppo capitalistico emergente, soprattutto quello cinese che nei prossimi anni, se continuerà a crescere con i ritmi attuali, farà diventare la Cina la prima potenza capitalistica mondiale a scapito proprio degli Usa, il cui sistema socio - economico è stato fortemente colpito dal Covid19.

Le premesse non sembrano le migliori, soprattutto per la democrazia e il rispetto delle libertà e dei diritti umani dei cittadini, vista anche la tendenza autoritaria che si sta sviluppando nei governi occidentali con lo sviluppo del controllo tecnocratico e digitale di massa, accentuato in maniera sensibile con le misure di sicurezza anti Covid19. 

Staremo a vedere cosa succederà, ma si prevedono gravi tensioni internazionali, soprattutto nel momento in cui gli Usa cercheranno di rialzarsi dallo scivolone che hanno avuto, per tentare di conservare la supremazia e la guida del capitalismo mondiale, magari sfruttando la superiorità militare che ancora hanno sulla Cina, o le altre carte che restano di giocare al Pentagono, addossando le responsabilità dello scoppio della Pandemia Covid19 al Drago d'Asia per avere l'opinione pubblica internazionale dalla loro parte. 

Un ruolo fondamentale avranno in questo scenario di scontro "Usa vs Cina", il terzo grande incomodo, cioè la Russia (prima potenza nucleare e primo esercito di terra del mondo) e gli altri attori geopolitici come le potenze emergenti di India e Brasile, le redivive potenze coloniali anglo-francesi, i signori dello sviluppo della tecnologia digitale che con la fondazione di Bill Gates sono arrivati a competere con gli Stati (risultando ad esempio il terzo finanziatore dell'Organizzazione Mondiale della Sanità); mentre l'Unione Europea tormentata dai fantasmi del passato e dai nazionalismi mai sopiti, rischierà di essere marginalizzata definitivamente dalla storia, subendo il corso degli eventi che ci saranno in un nuovo Medioevo Tecnologico (si veda anche mio speciale su ASI "l'Europa verso un nuovo Medioevo Tecnologico?").

Il nuovo ordine mondiale che sta venendo fuori da questa situazione fluida di certo sarà più autoritario di quello che abbiamo conosciuto negli ultimi decenni, con una minore presenza e rappresentatività dei territori e dei popoli, come avvenne col definitivo passaggio dal Principato al Dominato romano alla fine del III secolo. 

Cristiano Vignali - Agenzia Stampa Italia

venerdì 29 gennaio 2021

Gli Stati Uniti non hanno titolo per chiedere il ritiro dalla Libia di truppe straniere lo potrebbe acquisire solo se almeno finisse di rimanere non invitato nelle terre di Siria a rubare petrolio, a proteggere i terroristi mercenari tagliagola

CRISI IN CORSO
Libia, gli Stati Uniti chiedono all’Onu il ritiro delle truppe russe e turche

Blinken chiama Di Maio e ricorda i dossier aperti tra gli Usa, l’Italia e l’Europa. Emergenza Covid e rapporti con Mosca e Pechino in cima all’agenda

di Redazione Esteri
Biden mette subito nel mirino la Russia e la Cina
29 gennaio 2021

Gli Stati Uniti hanno chiesto alle Nazioni Unite il ritiro immediato delle forze di Russia e Turchia dalla Libia. «Chiediamo a tutte le parti esterne in campo, comprese la Russia e la Turchia, di rispettare la sovranità della Libia e di porre immediatamente fine ad ogni tipo di intervento militare», ha affermato l'ambasciatore reggente degli Usa, Richard Mills, parlando al Consiglio di Sicurezza.

Intanto sono stati avviati i primi contatti tra l'amministrazione Biden e il governo italiano, con una telefonata tra il neosegretario di Stato americano, Anthony Blinken, e il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio.

Blinken e Di Maio

Una telefonata nella quale sono stati menzionati i principali dossier aperti tra gli Stati Uniti da una parte e l'Italia e l'Europa dall'altra, anche in vista della presidenza italiana del G20. Il capo della diplomazia Usa ha in particolare auspicato che gli sforzi di cooperazione tra Washington e Roma in uno scenario di crisi come quello della Libia e del Mediterraneo possano andare avanti. Ma al centro del colloquio anche i rapporti con Mosca e Pechino, con il caso Navalny che sta ulteriormente inasprendo le relazioni tra la Russia e il mondo occidentale, e la Cina con cui le relazioni diventano una delle sfide sempre più determinanti per il futuro del mondo.

L’emergenza sanitaria

La chiacchierata tra Blinken e Di Maio ha affrontato anche la crisi sanitaria mondiale legata al Covid. Il titolare della Farnesina ha ribadito la profonda amicizia tra Italia e Stati Uniti e, alla luce dell'attuale presidenza italiana del G20, la volontà di cooperare per dare nuovo impulso a un «multilateralismo efficace». E ha aggiunto: «L'Italia sarà sempre un partner e un alleato strategico degli Stati Uniti».Blinken ha enfatizzato il desiderio dell'amministrazione Biden di lavorare con l'Italia, con l'obiettivo di «ricostruire e rafforzare la partnership di lunga durata» tra i due Paesi.

28 gennaio 2021 - Discorso integrale del Presidente Putin a Davos: "I Big Tech pericolo pe...

Il debito italiano continua ad essere appetibile e sostenibile

Debito pubblico, boom nel 2021 al 160% ma rimane sostenibile: parola del Fmi

29 Gennaio 2021, di Alessandra Caparello

Il debito pubblico italiano è il secondo tra quelli delle economie avanzate, superato soltanto da quello giapponese. Nel dettaglio il debito tricolore toccherà nel 2020 il 157,5%, con un balzo di oltre 20 punti percentuali rispetto al 134,6% del 2019, e con una stima del 159,7% nel 2021.

La proiezione arriva dal Fiscal Monitor del Fondo monetario internazionale secondo cui il rapporto tra deficit e Pil è pari al 10,9% nel 2020 e al 7,5% nel 2021. Il Fondo in particolare ha rivisto al rialzo la previsione sul deficit di Bilancio dell’Italia del 2020, al 10,9% del Pil, e al contrario ha attenuato la previsione sull’aumento del debito-Pil del 2020, al 157,5% ma ha alzato quella sul 2021 al 159,7%. Tuttavia dice l’Fmi, il debito pubblico italiano è sostenibile, grazie a tassi di interesse bassi e alla prevista ripresa della crescita economica.

Lo sforzo di bilancio globale contro la pandemia “ha contribuito a salvare vite e a mitigare l’effetto della crisi”. Un andamento che inevitabilmente, assieme alla contrazione economica e di gettito fiscale, ha portato a peggioramenti delle finanze pubbliche. E su questo aspetto “ora sono necessarie strategie di bilancio credibili sul medio termine, specialmente dove i debiti sono elevati e dove le condizioni di finanziamento sono tirate o a rischio”.
Il debito pubblico globale

Secondo l’FMI inoltre, il debito pubblico globale arriverà a sfiorare il 100% del Pil a fine 2021. Nel dettaglio, afferma l’istituto di Washington, sono le economie avanzate ad aver registrato il maggior deterioramento dei conti pubblici.

Il debito dei Paesi del gruppo, prevede il Fondo, ha chiuso il 2020 al 122,7% e terminerà il 2021 al 124,9%. L’Italia, con rispettivamente 157,5 e 159,7%, fa meglio solo del Giappone il cui debito resta stabile al 258,7% nei due anni. Terzo posto agli Stati Uniti, con 128,7 e 132,5%. Nell’Eurozona, il debito si attesta al 98,1% nel 2020 e al 99% nel 2021.

Ad uno a uno a pezzi a gruppi li stanno stanando tutti

Rinascita-Scott, arrestato Domenico Cracolici: era tra i 100 latitanti più pericolosi

VIDEO | L'uomo è stato catturato in un casolare nelle campagne di Maida. Nell'inchiesta è accusato di associazione mafiosa

di Redazione 
29 gennaio 2021 10:58


È finita nella notte la latitanza di Domenico Cracolici, elemento di spicco della omonima 'ndrina, catturato in un casolare isolato nelle campagne di Maida (Catanzaro) dai carabinieri della Compagnia di Serra San Bruno e del Nucleo Investigativo di Vibo Valentia, unitamente a personale dello Squadrone Eliportato Cacciatori Carabinieri Calabria.

L'uomo era sfuggito alla cattura il 19 dicembre 2019 nell'operazione Rinascita-Scott, inchiesta nella quale è accusato di associazione mafiosa in qualità di promotore della struttura attiva su Maierato e Filogaso. Il suo nome era inserito nell'elenco dei 100 latitanti più pericolosi.

Le indagini, condotte dai carabinieri con il coordinamento della Dda di Catanzaro guidata dal procuratore Nicola Gratteri, sono state continue per rintracciare il latitante e sono state rese difficoltose dall'estrema mobilità di Cracolici che, muovendosi su un territorio a lui ben noto, è riuscito a confondere e coprire le proprie tracce impegnando gli investigatori in una estenuante attività di ricerca. Grazie alla tenacia dei carabinieri e del pool di magistrati antimafia, negli ultimi mesi è stata individuata un'area all'interno della quale gli investigatori ritenevano probabile la presenza di Cracolici. Partendo da questo, l'indagine ha trovato nuovo impulso fino a portare i carabinieri ad individuare il nascondiglio.

La notte scorsa il blitz concluso con la cattura del latitante che, sorpreso nel sonno, non ha opposto alcuna resistenza. Durante la latitanza, Cracolici ha evitato un'ulteriore ordinanza di custodia cautelare nell'ambito dell'operazione Imponimento, eseguita dal Gico della Guardia di Finanza di Catanzaro il 21 luglio 2020. Domenico Cracolici è stato portato nella casa circondariale di Vibo Valentia.