L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 1 maggio 2021

Guerra feroce ai contanti, perchè?

Prelievi, batoste e controlli: la "bomba" sui contanti

1 Maggio 2021 - 11:34

Gli Istituti di credito, sostenuti dalle politiche finanziarie dell’Unione Europea, spingono verso la riduzione del contante: Ing chiude i suoi ATM e casse automatiche


Prima lo shock della banca Fineco che dal 18 maggio farà scattare una modifica unilaterale del contratto: i conti con grandi depositi inattivi (sopra i 100mila euro) dovranno alleggerire le proprie giacenze in favore di investimenti altrimenti il conto verrà chiuso. E poi banca Ing che ha deciso di chiudere tutte e 63 le proprie casse bancomat (dal 1°luglio) a favore della digitalizzazione che avanza a discapito dei contanti dicendo addio, di fatto, al cash.

Cosa sta cambiando

L'abolizione della commissione interbancaria ed il pagamento della commissione applicata al prelievo - da parte del consumatore - direttamente all’istituto di credito dove è collocato l’ATM, sta cambiando rapidamente le carte in tavola: l'esempio di Ing, per così dire, viene seguito in modo indiretto anche dalla Deutsche Bank che ha deciso di chiudere ben 150 filiali entro il 2021 e consentirà consentirà ai dipendenti di lavorare da casa fino a tre giorni alla settimana, una volta riaperti gli uffici. Come riporta AdnKronos, la banca tedesca ha deciso di chiudere i battenti dopo il miglior profitto trimestrale da 7 anni a questa parte con un utile di 908 milioni di euro e ricavi per 7,2 miliardi di euro. UniCredit e Bper, invece, hanno iniziato ad alzare i conti di gestione dei conti correnti.

I contanti non tirano più

Il nocciolo di tutte le questioni è che il denaro, liquido o contante che dir si voglia, non rientra più negli interessi delle banche: secondo l'Associazione bancaria italiana (Abi), il volume dei depositi bancari degli italiani ha raggiunto i 1.746 miliardi di euro, un ristagno di liquidità sui conti correnti che non si muove nell'economia reale. È per questo motivo che la Banca Centrale Europea, con la sua politica monetaria espansiva, ha reso la liquidità più costosa e spinto i tassi di interesse in negativo per incentivare lo sviluppo delle tecnologie digitali applicate ai pagamenti.

Come crescono i pagamenti digitali

Il più recente Osservatorio Innovative Payments ha rilevato, infatti, come la pandemia di abbia avvicinato gli italiani al mondo dell’e-commerce e dei pagamenti online a discapito dei contanti: questo settore vale ormai 30,6 miliardi di euro e registra una crescita del 31%, le transazioni effettuate dallo smartphone per il pagamento di bollette, bollettini e ricariche crescono invece del 15% per un totale di 1,3 miliardi di euro. Il contactless, infine, nel corso del 2020 è salito del 29% in termini di valore transato, raggiungendo 81,5 miliardi di euro.

I controlli del Fisco

Attenzione, però, perché pagamenti digitali non significa "liberi tutti" applicato al denaro: in pratica, le transazioni sospette saranno attentamente vigilate dall'Agenzia delle Entrate, pronta ad assumere 4mila 007 con la missione di colpire chi sgarra le regole. Come ci siamo recentemente occupati con questo articolo, il Fisco scopre chi effettua pagamenti in contanti oltre i limiti con i movimenti bancari. Questo accade, soprattutto, quando l’ammontare complessivo dei versamenti supera, di molto, la giacenza media del proprietario di conto bancario o postale. A tal proposito, è importante conoscere come versare contanti in banca senza il rischio di segnalazione e quali sono le cifre massime consentite da versare sul conto corrente dei propri figli senza destare sospetti

Lo stesso Oms il 20 gennaio 2021 ha dichiarato però INATTENDIBILE la diagnosi di covid attraverso i tamponi invalidando così l’intera banca dati della pandemia sulla cui base si è instaurata la narrativa emergenziale

Illogica dell’emergenza e dei vaccini


La Trahison des images (Ceci n’est pas une pipe). 1929. Oil on canvas, Overall: 25 3/8 x 37 in. (64.45 x 93.98 cm). Unframed canvas: 23 11/16 x 31 7/7 inches, 1 1/2 inches deep, 39 5/8 inches diagonal. Purchased with funds provided by the Mr. and Mrs. William Preston Harrison Collection (78.7).

“Ma lei è un medico per dire queste cose?” La domanda è come un rilevatore automatico di idiozia per alcuni semplici motivi il primo dei quali è che la domanda proviene da uno che a sua volta non è medico e dunque non si dovrebbe considerare in grado di giudicare, la seconda è che un medico potrebbe non essere poi così ferrato su alcuni argomenti e la terza è che nella narrazione pandemica ci sono dei paradossi logici che non hanno nulla a che vedere con l’argomento in sé, o con particolari cognizioni, sono semplicemente sbagliati di qualsiasi oggetto trattino. Punto e basta. Trovarsi di fronte alla vox stupidi è come entrare in un negozio, pagare e ricevere un resto sbagliato, ma alle nostre rimostranze viene opposto un serafico, “ma lei è laureato in matematica per dire questo?” Ora vi porto un esempio assolutamente lampante di contraddizione insanabile che tuttavia non riesce ad essere chiara ed efficace, rimane come avvolta da una densa nebbia a causa della continua baraonda mediatica:
I vaccini sperimentali godono di una cosiddetta autorizzazione all’uso di emergenza, benedetta dall’Oms, in ragione della quale essi vengono addirittura imposti, nonostante i molti dubbi dei migliori ricercatori e i problemi riguardo alle reazioni avverse che vengono superati solo manipolando i dati e dandoli in maniera tale da rendere difficilissimo aggregarli.
L’emergenza viene asseverata dai numeri della cosiddetta pandemia, ricavati esclusivamente dai tamponi, ovvero dai test Pcr

Lo stesso Oms il 20 gennaio 2021 ha dichiarato però inattendibile la diagnosi di covid attraverso i tamponi invalidando così l’intera banca dati della pandemia sulla cui base si è instaurata la narrativa emergenziale e dunque l’uso di vaccini del tutto sperimentali.

Naturalmente questo non è che un esempio, anche se clamoroso, fra i tanti che non abbisognano di lauree e di specializzazioni per essere compresi, anche perché certe linee di azione sono prese da organismi burocratico – politici che hanno un legame solamente strumentale con la scienza. Insomma viviamo prigionieri di falsi sillogismi talmente evidenti e stridenti che la loro accettazione non può essere solamente frutto della paura o della scarsa pratica del ragionamento: la resa all’assurdo implica anche se non soprattutto una tendenza radicata alla passività e alla subordinazione che porta a sopportare le prese in giro e i sofismi del potere, anche a costo di pericoli reali per la salute.

Racconti primaverili del 2021 - 8 - La Strategia della Paura poggia sulla "mascherata"

L’omo-logazione e il caffè

1 maggio 2021

In questi giorni riflettevo sulle modalità di gestione attuate riguardo a bar e ristoranti. Una delle cose apparentemente più sciocche è l’accanimento riguardante la modalità con cui si debba prendere il caffè. Perché , dopo aver ordinato il caffè al banco del bar, bisogna berlo fuori? Non è possibile rispondere a questa domanda con un criterio logico se non quello di andare a cercare le vere ragioni che potrebbero essere di natura psicologica.

Parlando ieri al telefono con un mio amico scrittore di Edimburgo John Wight, che conobbi a Los Angeles nel 1991, abbiamo riflettuto molto su quanto stia accadendo. Le conclusioni che abbiamo tratto, confrontandoci su schemi che sono ripetuti nello stesso modo in tutto il mondo, sono del tutto concordi nel affermare che il piano di riprogrammazione mentale affidato ai media sia quello di dividere le persone sotto qualsiasi tipo di linea possibile: razza, identità, “gender”,censo, dualismo politico, età anagrafica, sesso, religione, tifoserie, vaccino si e vaccino no, eccetera. Una specie di mantra: “umani, litigate e dividetevi. Noi metteremo zizzania in qualche modo e voi ci cascherete. Tutte le volte”!

Questo è ultra evidente. Quindi è innegabile che tutto lo sforzo propagandistico sia incentrato sul frammentare il pensiero delle persone e confondendo le idee il più possibile. Ed ecco che arriva la coercizione del caffè al bar. Forse il più abituale dei gesti della nostra Italia. Penso che ci sia qualcosa di estremamente malvagio nell’aver deciso di puntare tantissimo su questo punto, con la finalità di disabituare le persone a certi gesti della quotidianità che danno delle certezze. Certezze alle quali ci si abitua e ci si aggrappa. Sono dei pattern mentali che devono essere abbattuti. La certezza di un gesto quotidiano, piacevole, e con una radicata valenza sociale: “prendiamo un caffè insieme”, “ti offro un caffè”, “hai il caffè pagato”! Prendere un caffè ha un significato profondo. Distruggere queste radicate certezze, contribuisce a spezzare l’anima delle persone, togliendogli ogni punto d’appoggio. Le abitudini, i cosiddetti “usi e costumi” sono importantissimi elementi della cultura di un popolo. Anche la mascherina è una diabolica trovata. Abituarsi alla non identità rinunciando al volto. Il perfetto sinonimo di “mutismo e rassegnazione, come si dice in gergo militare, dove non a caso si indossa l’uniforme, per essere “uniformi”. La mascherina ci costringe a essere senza faccia e quindi emotivamente ed esteticamente ininfluenti e irrilevanti. Il piano di dominio psicologico pare proprio essere incentrato sul meccanismo di omologazione delle masse che si attua con:

1. La privazione dell’identità tramite la mascherina.

2. Con l’eterna paura dell’uno verso l’altro tramite la divisione e il conflitto su ogni tipo di linea possibile e immaginabile.

3. Con la distruzione delle certezze eliminando ciò che poteva dare un senso di sicurezza e di appartenenza.

4. Con la paura diffusa 24/7 – 365 giorni all’anno.

5. Il costante ribaltamento del significato di tutto. Non è difficile capire cosa si nasconda dietro l’inversione: il simbolo capovolto.

6. Il progressivo distacco dall’utilizzo dei soldi contanti che una volta dematerializzati faranno più dolcemente accettare il non averne più.

Le persone ormai diffidenti del prossimo, distaccate dalla famiglia e senza amici, potranno contare solo sullo Stato, che avrà il controllo totale e il potere dispotico di vita e di morte.

L’omologazione serve principalmente al potere perché una massa informe di unità diffidenti e tra di sé non più assimilabili è molto più facile da gestire. Stiamo notando il lavoro sul campo necessario alla creazione di una massa culturalmente omogenea che viene progressivamente scollegata dei propri gesti abitudinari. Il caffè al banco è un’abitudine tipicamente italiana. Dalle altre parti, si prende il caffè “alla Starbucks”: bicchiere di carta con coperchio di plastica, rigorosamente da asporto.

Ho scelto di usare il caffè come esempio, ma ci sono moltissime altre abitudini che stanno progressivamente sparendo: darsi la mano, un bacino, abbracciarsi, andare al mare liberamente, uscire di casa quando si vuole, giocare insieme, pagare con i soldi e mille altre.

Lo scopo finale, dopo l’annientamento dell’identità, della dignità, del contatto con gli altri e di tutte le certezze è quello di aver creato proprio una massa omogenea, informe e inerme di sudditi-bestiame il cui numero è così più facilmente gestibile dall’intelligenza artificiale che regolerà tutto. Una volta omologato il bestiame, sarà compito degli algoritmi affidati ai super computer calcolare con estrema esattezza il perimetro di spostamento lineare del bestiame, il suo fabbisogno alimentare, energetico e farmacologico, e intervenire prontamente nel caso di anomalie, sopprimendo con cura gli elementi non conformi agli standard desiderati. Un mondo in cui la produzione e lo sfruttamento delle risorse del pianeta deve seguire una programmazione centralizzata, eliminando ogni spreco e ogni possibilità di errore. Un po’ come avviene nella produzione delle borse di alta moda, dove la griffe fornisce al pellettiere l’esatto quantitativo di pelle per cucire un numero prestabilito di borse, così che non possa sfuggire neanche un ritaglio di pellame al planning commerciale industriale.

Tutta questa progressiva privazione della libertà sarà imposta con sempre più terrorismo sanitario, sventolando la bandiera ecologica che ricorderà a tutti, in ogni momento, che la vita umana è sinonimo di infezione sia reciproca che per l’ambiente.

La pianificazione economica, tolte le variabili di un’umanità variegata, sarà quindi molto più semplice da affidare alle programmazioni dell’intelligenza artificiale. Sono calcoli di convenienza. Le nostre passionalità danno fastidio ai computer gestionali che ancora non le hanno capite.

Ebbene, se questo è il piano, a me non piace. A me non piace un’umanità omologata, A me piacciono le differenze. Le razze umane sono bellissime, così come le lingue, i dialetti (cosa sarebbe il mondo senza la canzone napoletana?), le usanze e le capacità individuali che ci distinguono l’uno dall’altro. L’umanità ha raggiunto adesso dei livelli eccezionali di perfezione in tantissimi campi. Basta guardare i video degli sport estremi. Gente che fa capriole con le motociclette, che si tuffa da altezze vertiginose, atleti audaci che si lanciano dalle montagne con gli sci compiendo salti incredibili. Alessia Zecchini, che è scesa in apnea a 112 metri. L’ingegno umano ha creato cose inimmaginabili, e continua a sfornare opere d’arte, di ingegneria, di architettura di una bellezza e di un genio incalcolabile.


E allora lo dico forte: UMANI NON FATE SCHIFO!

Non facciamo schifo, non facciamocelo dire e non facciamoci mai convincere di questo! La nostra vita ha valore! Non facciamoci privare delle nostre abitudini. Bisogna resistere e mantenere in alto il nostro valore e le nostre differenze iniziando proprio dai gesti quotidiani, come se fossero dei rituali per lottare contro l’omologazione di un sistema che ci vuole tutti uguali come oggetti e non come soggetti. Resistere all’invasione degli ultracorpi? Forse basta un caffè!

e ci sono degli imbecilli che definiscono l'India un paese democratico

India: una donna Dalit diventa la voce degli agricoltori

29.04.2021 - Sania Farooqui. - Nuova Delhi, India - Inter Press Service

Quest'articolo è disponibile anche in: Inglese

L’attivista Nodeep Kaur parla al raduno dei contadini al Manesar Palwal Expressway in Haryana. (Foto di Sania Farooqui)

Il 12 gennaio di quest’anno, da qualche parte nella periferia della capitale New Delhi, l’attivista 24enne Dalit Nodeep Kaur è stata arrestata dalla polizia dello stato di Haryana per aver protestato fuori da una fabbrica. Durante il lockdown del 2020, Nodeep si è unita a un’organizzazione locale per i diritti dei lavoratori chiamata Mazdoor Adhikar Sangathan (MAS) nella zona industriale di Kundli in Haryana. A gennaio Nodeep è stata accusata di aver maltrattato la direzione e il personale di una zona industriale durante una protesta e di aver anche aggredito la squadra della polizia.

Nodeep aveva partecipato alla protesta dei contadini anche contro le nuove riforme agricole del governo centrale. È stata arrestata, accusata in tre casi separati e poi incriminata in conformità con alcuni capi d’accusa della legge indiana, tra cui tentato omicidio, estorsione, assemblea illegale, sommossa e intimidazione criminale. Le è stata concessa la libertà provvisoria, ma i suoi casi sono ancora in sospeso. Il caso di Nodeep è stato ampiamente trattato dai media internazionali quando Meena Harris, nipote della vicepresidente americana Kamala Harris, ha chiesto il suo rilascio.

A proposito del suo crimine, Nodeep ha detto a IPS (Inter Press Service): “Sono una donna, sono una Dalit (fuori casta nel sistema sociale induista, in passato definiti come «intoccabili», N.d.R.) e sto dando voce alle persone che spesso vengono oppresse con estrema facilità. Mi hanno arrestata, mi hanno picchiata e maltrattata; persino all’interno della prigione c’erano tanti pregiudizi tra persone di casta superiore e di casta inferiore. Mi hanno torturata a lungo, non potevo camminare, provavo molto dolore, non mi hanno permesso di vedere un medico e mi hanno tenuta in isolamento per giorni. Sono grata di esserne uscita viva e di essere qui, dove dovrei essere, con la mia gente, con la classe operaia e con i contadini”.

Nodeep proviene da una famiglia di attivisti e i suoi genitori sono stati associati al sindacato degli agricoltori del Punjab. Nel 2014, sua madre Swaranjeet Kaur ha guidato una protesta chiedendo giustizia per una ragazza Dalit minorenne che era stata violentata da un gruppo nel loro villaggio. Ha ricevuto molteplici minacce di morte, è stata arrestata e tenuta in custodia per giorni.

“Sono chi sono oggi grazie a mia madre. La nostra non è una società egualitaria, ci sono così tanti pregiudizi basati sulle caste e se sei una donna, e una donna con le mie origini Dalit, è una sfida ancor più grande. Fin da piccola ho imparato a combattere non solo per me stessa, ma anche per gli altri”, ha detto Nodeep.

L’attivista Dalit Nodeep Kaur. Foto di Sania Farooqui

“La solidarietà che si può vedere oggi tra i contadini e la classe operaia è molto potente. Potete immaginare cosa può accadere ora che siamo tutti uniti e ci difendiamo a vicenda?” dice Nodeep. “La mia battaglia è iniziata lottando per i salari non pagati e i trattamenti ingiusti della classe operaia in una zona industriale, e oggi sono qui a sostenere e dare la mia voce ai contadini. Non so come o quando sia successo, ma hanno iniziato a chiamarmi il loro leader, e io non li deluderò”.

Migliaia di agricoltori, soprattutto del Punjab, dell’Haryana e dell’Uttar Pradesh occidentale, stanno protestando da novembre dello scorso anno ai confini di Delhi contro tre leggi agricole. Gli agricoltori hanno chiesto l’abrogazione delle seguenti leggi del 2020: la Legge sul commercio e sugli scambi di prodotti agricoli]; l’Accordo per l’emancipazione e la protezione degli agricoltori sull’assicurazione dei prezzi e la legge sui servizi agricoli e la Legge sui beni primari.

Gli agricoltori hanno anche chiesto una garanzia legale sui prezzi minimi di sostegno (MSP) per le loro colture e di ritirare la proposta di legge sull’elettricità del 2020, poiché temono che metterà fine all’elettricità sovvenzionata.

“Tutto quello che chiediamo è di ritirare queste tre leggi che deregolamenteranno la vendita dei nostri raccolti”, ha detto Sukhdev Singh, segretario generale del Bharti Kisan Union a IPS.

“La nostra più grande preoccupazione è che le recenti leggi che sono state promulgate dal governo centrale smantelleranno completamente il sistema dei prezzi minimi di sostegno. Solo i privati ne beneficeranno e noi agricoltori finiremo fuori dal business. Non possiamo permetterci di chiudere il sistema dei prezzi agricoli regolamentati, è così che possiamo avere un guadagno. Più di 300 contadini sono morti finora accampandosi e protestando alle frontiere di Delhi. Abbiamo già perso tanto, ma la nostra lotta continuerà”, ha detto Sukhdev Singh.

La protesta degli agricoltori è considerata una delle più grandi manifestazioni che abbiano mai avuto luogo in India, non solo per le sue dimensioni e la sua ampiezza, ma anche perché ha messo in prima linea le donne che ora sono spesso alla guida delle proteste, nonostante gli sia stato chiesto di andarsene.

l’attivista Nodeep Kaur con un contadino. Foto di Sania Farooqui

“Questa è una rivoluzione, siamo qui per alzare la voce. Se non lo facciamo oggi, cosa avranno le nostre generazioni future”, dice Ratinder Kaur*, una 65enne contadina del Punjab. Ratinder è accampata al confine di Singhu dal gennaio 2021, e prevede di rimanere lì mentre suo marito torna in Punjab per i raccolti di questa settimana.

“Come può qualcuno dirci che non possiamo partecipare? Anche noi donne siamo contadine, andiamo nei campi, coltiviamo, facciamo altre attività di sostegno e ci occupiamo anche delle nostre famiglie”, dice Ratinder.

Il gruppo umanitario internazionale OXFAM afferma che quasi l’80% dei lavoratori a tempo pieno nelle fattorie indiane sono donne. I dati comprendono il 33% della forza lavoro agricola e il 48% degli agricoltori autonomi, ma solo il 13% circa delle donne possiede della terra. Le società agrarie in India sono estremamente patriarcali, caratterizzate da strutture feudali profondamente radicate in cui donne e uomini raramente hanno uguale accesso alle risorse.

Mettere fine a questo divario di genere è essenziale per accelerare il ritmo di crescita del settore agricolo. La discriminazione basata sul genere continua a prosperare nel paese in diversi modi. Le donne contadine in India non sono tuttora riconosciute come lavoratrici agricole dalle politiche indiane, “negando così loro i supporti istituzionali di banche, assicurazioni, cooperative e dipartimenti governativi”, dice OXFAM.

“Sapete perché chiamiamo Nodeep il nostro leader? Lei è proprio come noi contadini, forte e resistente. Niente può fermarla, e quando sale sul palco e parla, tutti la ascoltano”, dice Kiranjeet*, una contadina 57enne del Punjab che si è unita ai manifestanti accampati al confine di Tikri e poi a quello di Singhu da marzo.

“Ho lasciato i miei figli a casa in Punjab e resterò qui, proprio come le altre mie sorelle contadine. È importante per noi donne combattere questa battaglia. Quando l’inflazione colpisce, quando i prezzi salgono, quando non ci sono soldi a casa, sappiamo quanto abbiamo faticato per avere un pasto in tavola.

“Nodeep è il futuro, abbiamo bisogno di giovani come lei, e di tante altre sorelle che sono venute a sostenerci. Quando una donna parla, tante altre si uniscono a lei. I nostri mariti sono tornati a casa, è la stagione dei raccolti e ora saremo qui per i prossimi mesi. E’ un nostro diritto e la nostra lotta”, dice Kiranjeet.

La protesta dei contadini non è la prima occasione in cui le donne in India assumono ruoli di leadership, sia nei movimenti politici che nelle proteste di massa. Le donne hanno costituito una parte significativa dei manifestanti di strada durante le proteste contro il CAA (Citizenship Amendment Act) nel paese dal dicembre 2019. La più grande sfida in India rimane tuttavia come trasformare la loro leadership in rappresentazioni paritarie nelle posizioni governative di alto livello, senza discriminazioni di genere, casta e religione.

Il movimento dei contadini nel paese sta trasformando la presenza e l’influenza delle donne all’interno delle strutture patriarcali e castali, e non c’è modo di renderle invisibili. “Senza le donne non c’è rivoluzione”, dice Nodeep. “Noi donne abbiamo passato così tanto, abbiamo combattuto così tanto, siamo sopravvissute così tanto, e hanno pensato di potermi mettere dentro una prigione per farmi stare zitta. Sono qui per combattere e sono qui per restare, succeda quel che succeda. Mi hanno fatta la leader del loro popolo, e io non li deluderò”, dice Nodeep.

*Nomi cambiati per mantenere l’anonimato.

Di Sania Farooqui

Traduzione dall’inglese di Angelica Cucchi. Revisione di Thomas Schmid


Gli ebrei sionisti possono sequestrarti, e tenerti imprigionato per mesi

Libertad por Juani, cooperante spagnola arrestata senza accuse in Israele

29.04.2021 - InfoPal
Israele è quel posto dove possono arrestarti senza accuse, e tenerti dentro per mesi.
Questo sta succedendo a Juana Ruiz Sanchez, cooperante umanitaria spagnola in Palestina da più di 30 anni e coordinatrice di una Ong sanitaria che da tempo opera in Beit Sahur, vicino a Betlemme.
È stata prelevata 13 giorni fa senza nessuna accusa, così come succede a moltissimi palestinesi, con lo scopo di interrogarla.
Secondo la legge israeliana potrebbe restare in carcere fino a due mesi.
Si chiede che Juana venga al più presto liberata insieme agli attivisti palestinesi Mohammed Ghazawnah Nasser K. Sharayaa Basil Elias Khair.
Per ora di lei non si hanno altre notizie.

In Spagna sta già nascendo un movimento di solidarietà internazionalista per chiedere la sua scarcerazione. Di seguito riportiamo il manifesto per il rilascio immediato di Juana Sanchez, prigioniera in Israele:

“I sottoscritti, organizzazioni e persone legate alla solidarietà nel nostro Paese, vogliono trasmettere all’opinione pubblica e alle Istituzioni la grande preoccupazione che abbiamo per la situazione di Juana Ruiz Sánchez, cittadina spagnola residente in Palestina da più di 35 anni, che lavora come coordinatrice del progetto presso i comitati di lavoro sanitario dell’organizzazione sanitaria palestinese. Juana è stata arbitrariamente detenuta e imprigionata dallo Stato israeliano negli ultimi 10 giorni e senza alcuna accusa specifica.

L’arresto è avvenuto martedì 13 aprile 2021, alle 5:45 del mattino, quando più di 20 soldati israeliani sono apparsi a casa della famiglia di Juana, nella città di Beith Sahur, in Cisgiordania, vicino alla città di Betlemme, pesantemente armati. Dopo aver intimidito Juana, suo marito palestinese e sua suocera che vive nella casa di famiglia, Juana Ruiz Sánchez è stata portata via per essere interrogata. Si tratta quindi di un interrogatorio lunghissimo che proseguirà per altri tre giorni, fino a lunedì, 26 aprile con decisione del giudice che gestisce il caso. Saranno, se il giudice non decide di prorogarlo ancora di più, 13 giorni privi di libertà, senza accuse definite.
Detenuto anche Saeed Abbad, che attualmente non ha alcun rapporto di lavoro con HWC, ma fino a due anni fa era capo del dipartimento contabilità. Questo Manifesto cerca anche di chiedere la libertà per entrambi che sono, allo stesso modo, in detenzione amministrativa.

Queste circostanze fanno sospettare che i responsabili degli arresti cerchino di dimostrare un qualche tipo di crimine legato al finanziamento dei progetti portati avanti dall’HWC e che intendono coinvolgere Juana Ruiz in questa accusa.

I sottoscritti ritengono che sia impossibile che i progetti finanziati dalla cooperazione nel nostro paese possano avere connotazioni criminali poiché la cooperazione spagnola, per lo più pubblica, richiede lo svolgimento delle attività previste e la completa giustificazione del finanziamento dei diversi progetti che sono state realizzate con il nostro supporto.

L’HWC ha realizzato decine di progetti sanitari e sociali con l’aiuto della cooperazione del nostro Paese. Sono attività come portare la prevenzione sanitaria nei villaggi della Cisgiordania, vaccinare i bambini a Gerusalemme Est, cosa che il governo israeliano ha sistematicamente rifiutato di fare, portare la salute prenatale e natale alle donne in Cisgiordania, condurre campagne di informazione e formazione su innumerevoli questioni legate alla salute, alle abitudini sanitarie o alla prevenzione delle malattie più diffuse sul territorio.

Nonostante il suo carattere umanitario e sanitario, o forse proprio per questo, l’HWC viene attaccato a intermittenza dallo Stato di Israele in una politica di repressione, logoramento e smantellamento delle organizzazioni della società civile palestinese.

Con questo Manifesto chiediamo:
– il rilascio immediato di Juana Ruiz Sánchez
– il rilascio del resto delle persone arrestate nel corso di questa nuova operazione di molestie contro l’organizzazione HWC.
– che lo Stato di Israele rispetti il ​​diritto internazionale umanitario e i diritti umani della popolazione palestinese.
– che lo Stato di Israele effettui una riparazione materiale per i beni danneggiati e/o confiscati all’HWC, alcuni dei quali finanziati dalla cooperazione spagnola.
– che il governo spagnolo agisca in merito e faccia pressione su tutto ciò che è in suo potere per ottenere l’immediato rilascio di Juana Ruiz Sánchez.

Chiediamo a tutte le persone e alle organizzazioni che lottano per i diritti umani, in generale, e per i diritti del popolo palestinese, in particolare, di aderire a questo Manifesto e chiedere con questo mezzo l’immediato rilascio di Juana Ruiz Sánchez e dei suoi compagni detenuti”,

https://www.freedomforjuana.com/

La "VIGILE ATTESA" è il dogma. non si deve curare l'influenza covid a casa

Pandemia, la verità soffocata dal dogma e dalle sue formule



In questi mesi per mia sventura ho fatto la conoscenza ravvicinata con la letteratura medico scientifica, tanto per non essere del tutto disarmato di fronte all’infierire del partito pandemico, ai suoi sacerdoti, ai suoi più deprimenti chierichetti ai suoi riti ipnotici mi sono trovato di fronte a una inaspettata frequenza di due espressioni spesso collegate fra di loro a cui solitamente non si fa troppo caso e che anzi sembrano esprimere la più convinta e normale correttezza. Queste due frasi sono: “non ha mai ricevuto conferme” e ” la comunità scientifica”. Ora andando avanti si scopre che la “mancanza di conferme” in un gran numero di casi non significa che una certa ipotesi sia stata sperimentata sul campo e abbia dato risultati negativi, ma che nessuno si sia dato la pena di verificarla il che ovviamente si traduce in una mancanza di “significativo consenso”. Ora se in campo medico – sanitario l’80% delle ricerche viene svolta grazie ai soldi dell’industria farmaceutica è fin troppo chiaro che la tendenza principale è volta ad evitare il finanziamento di studi che possano portare a risultati negativi per i bilanci di Big Pharma e che molti degli spazi aperti alla discussione e alla ricerca indipendente siano aperti dove si scontrano gli interessi fra le varie multinazionali del farmaco: ma sono pertugi angusti per le persone di buona volontà.

Quando però incappate nella tipica espressione “comunità scientifica” la quale sosterrebbe questo o quello e negherebbe quell’altro , siete autorizzati a pensare che vi stiano prendendo per il naso e che l’intenzione reale sia solo quella di imporre un punto di vista attribuendolo a un’autorità indiscutibile. In questi casi dovreste chiedere agli spacciatori di oppio comunicativo che vendono tale sostanza dove abita la “comunità scientifica”, quale sia il suo indirizzo, la sua mail e se magari esce di sera. Perché il fatto è che la comunità scientifica non ha alcun senso, non esiste, è solo un modo di dire che tuttavia non è affatto innocente perché nasconde sotto il tappeto l’espressione corretta che si dovrebbe usare, ovvero quella della tesi prevalente per dire che in merito a una certa questione esiste un orientamento più rilevante rispetto ad altri pur legittimi. Se ciò sia vero o falso nello specifico, se tale orientamento maggioritario sia euristicamente significativo o espressione più o meno consapevole di interessi è un altro paio di maniche che va esaminato caso per caso, ma è evidente che quando sono in gioco questioni di vitale importanza per il potere e per i profitti, come ad esempio nella cosiddetta pandemia, appoggiarsi solo a una prevalenza ( anche ammesso che essa ci sia realmente tra esperti veri e non compromessi) sarebbe davvero troppo poco: chi si farebbe mettere ai domiciliari o accetterebbe la museruola per una opinione prevalente? Anzi proprio questa espressione finirebbe per dare una legittimazione e una dignità ai dubbi invece di relegarli in una sorta di consorteria eretica e negazionista da esorcizzare.

E infatti se si va a vedere nello specifico invece di citare studi scientifici per giustificare maschere, blocchi e vaccini, i pretonzoli del culto citano l’Oms, il Cdc, l’Ema, l’Iss insomma i centri burocratici da cui emana la narrazione pandemica e il cui compito è difendere un dogma non una verità. Questa immagine deforme del “consenso scientifico” è il modo nel quale la tecnocrazia medica vuole far credere che i vaccini siano l’unica risposta disponibile per questa pandemia bocciando tutte le strategie preventive e le terapie farmacologiche più sicure, minimizzandone l’efficacia nel migliore dei casi, mettendole al bando nel peggiore e lavorando alacremente come fa l’Ema per trattare i dati in maniera che sia difficilissimo avere un’idea globale di ciò che accade con i vaccini. il fatto è che se la mitica comunità scientifica non esiste, quella dei bugiardi e dei venduti è invece viva e vegeta.

NoTav - a Torino c'è una lunga tradizione di manifestazioni comprate e pompate dai giornali contro i movimenti critici e pensanti verso le buffonate delle istituzioni, ultimo esempio l'inutile raddoppio di una linea ferroviaria chiamata alta velocità in cui già la Torino-Lione del Frejus viene sottoutilizzata in quanto si preferisce far viaggiare le merci su gomma

A una delle madamine Sì Tav nel 2018 un incarico di 90mila euro da Telt

E’ la società che gestisce i lavori per il Tav. Lei: «C’è stato un regolare bando di gara pubblica. E’ falso e diffamatorio che questo abbia influenzato abbia condizionato e influenzato la mobilitazione a sostegno della Tav »

 

BERNARDO BASILICI MENINI
PUBBLICATO IL30 Aprile 2021

Un incarico da 90mila euro da parte di Telt, la società che gestisce i lavori per la Tav, a una delle madamine che avevano organizzato la mobilitazione del 2018. Il tutto poco tempo prima di quella manifestazione.

Al centro della vicenda Simonetta Carbone, da anni impegnata a Torino in un’agenzia di comunicazione specializzata nelle media relations. I fatti risalgono a tre anni fa, quando (anche in seguito all'uscita del Comune di Torino dall'osservatorio sulla Torino-Lione) sette donne avevano organizzato una protesta a supporto dell'opera in piazza Castello, partecipata da decine di migliaia di persone. Una di quelle «madamine», appunto Carbone, pochi mesi prima (dall'agosto del 2018) ricevette un incarico da Telt per 90mila euro, incarico che sul sito dell'Anticorruzione viene motivato come «Prestations de revue de presse», vale a dire «prestazioni di rassegna stampa».

A rivelarlo è Notav.info, portale di informazione che fa parte della galassia no Tav, che ha diffuso il link al sito dell'Anac dove sono presenti i documenti di quell'incarico affidato direttamente a Carbone. «Che le madamine fossero più o meno eterodirette era evidente - attaccano i No Tav - Ma chi avrebbe immaginato che dietro ci fosse niente di meno che la società promotrice del TAV». L'accusa, insomma, è chiara: Telt avrebbe pagato una persona per co – organizzare una manifestazione a sostegno dell'opera che gestisce.

La replica

«I miei rapporti con Telt sono nati nel 2014 a seguito di regolari bandi di gara pubblici, per fornire un servizio di rassegna stampa su tutte notizie e le prese di posizione sulla vicenda Tav – replica Simonetta Carbone -. Avanzare il sospetto che questo fatto abbia condizionato e influenzato la mobilitazione a sostegno della Tav è falso e diffamatorio». Anche il comitato «Sì, Torino va avanti» protesta: «Riteniamo offensive e diffamatorie le affermazioni secondo le quali qualcuna delle promotrici avrebbe portato avanti le iniziative a sostegno della Tav Torino-Lione per interessi diversi da quelli di un impegno civile a favore dello sviluppo economico e sociale della città». Sul fronte della trasparenza, «Siamo a disposizione per mostrare i nostri conti, dai quali risulta chiaramente l' inesistenza di qualsiasi rapporto, in particolare di tipo economico, con la società costruttrice della Tav. I cosiddetti gruppi No Tav possono fare altrettanto?».

Le reazioni

Adele Olivero, una delle altre madamine, prende le distanze: «Di questo suo incarico non eravamo al corrente e in ogni caso non c'entra niente con quello che abbiamo fatto. Quella che abbiamo organizzato era una manifestazione civica e civile, a cui, riconoscendosi nelle stesse nostre idee sulla Tav, hanno partecipato migliaia di persone. I nostri contributi sono alla luce del sole». Olivero parla di «strumentalizzazioni. Anche all’epoca tutti avevano provato a salire sul carro, ma noi abbiamo sempre mantenuto la nostra indipendenza».

Nel frattempo i contrari all'opera attaccano a tutto campo. Francesca Frediani, consigliera regionale del Movimento 4 Ottobre e storica attivista No Tav: «E' l'ennesima dimostrazione che dietro alla Torino-Lione non c'è un bene comune o un interesse nazionale, ma solo interessi personali». La collega in Regione del Movimento 5 Stelle Sarah Disabato dice che «se i fatti fossero confermati, crollerebbe del tutto la narrazione che ha accompagnato la discesa in campo delle madamine. Non solo la loro indipendenza politica è stata smentita pochi mesi dopo, al primo turno elettorale. Oggi si aggiunge anche questo dettaglio imbarazzante. C’è da porsi serie domande sulla spontaneità di questa operazione».

venerdì 30 aprile 2021

Non sarà certo Biden a cambiare il sistema economico a come quanto cosa produrre

Da Reagan a oltre Roosevelt: Biden cambia il paradigma?

Maurizio Blondet 29 Aprile 2021 0


“Il piano di enorme stimolo di Biden lascerà la classe media americana “tossicodipendente dallo Stato … e dal Partito Democratico“: il sibilo rabbioso del Wall Street Journal non consente dubbi. Stanziando 1,8 trilioni “per la classe media”, “Biden calpesta il vecchio contratto sociale: “Soldi solo in cambio di lavoro”.

Ha ragione il giornale della speculazione : da oltre mezzo secolo (Thatcher, Reagan) il capitale finanziario ha aumentato i suoi profitti retribuendo sempre meno il lavoro in Occidente, o detto altrimenti frodando la giusta mercede agli operai. Anzi peggio: è stato il capitale che ha trasformato la Cina da immenso paese arretrato in potenza tecnologica assoluta, trasferendo là i brevetti e il know how (saper-fare) perché là poteva pagare gli operai specializzati e gli ingegneri un decimo di quelli USA; una visione avida e corta, che ha sottovalutato per spregio morale anche i cinesi: la loro cultura (classica), la loro civiltà (superiore perché millenaria, antica), la loro intelligenza e il loro orgoglio nazionale, nonché ovviamente gli americani del lavoro: con l’esito della de-industrializzazione delll’Occidente, ridotto a consumatore di prodotti cinesi, prima semplici, via via sempre più complessi ed inbarrivabili tecnologicamente.

Cambio di paradigma tributario: Dopo 50 anni che i capitalisti speculativi, sempre più giganteschi e perciò più potenti degli Stati, strappavano ai governi e parlamenti (comprati: coi superprofitti) sempre più succosi tagli e tagli alle tasse sul capitale finanziario, il loro, fino a non pagare niente grazie ai paradisi fiscali – adesso Biden vuole aumentare l’aliquota dell’imposta sulle società degli Stati Uniti dal 21% al 28% per contribuire a finanziare il suo piano infrastrutturale da 2 trilioni di dollari. Anche il vostro modesto cronista diceva che si dovevano tassare se non altro i mega-profitti dei GAFA. Mai ha pensato potesse diventare programma politico a Washington.

“Un tempo le corporations pagavano più tasse”. In blu la tassazione delle persone fisiche in confronto a quella delle aziende.

MENTRE sotto i lockdown l’economia americana crollava del 32%, Google Amazon Facebook e Apple si sono accaparrati “ 109 miliardi di dollari in extra-guadagni”, secondo Oxfam. “Il discorso di Biden è una dichiarazione di guerra all’America”, ha tuonato Conrad Black.

Ciò suggerisce che il cambio di paradigma – dietro cui intravvediamo la saggezza studiosa della Yellen (stasera non ho tempo di elaborare) – non avverrà senza scontro epico, non sarà affatto pacifico. Tuttavia, già l’enunciazione di un simile piano è una rivoluzione propriamente culturale; pensate come fa sembrare meschino (già lo era) il PNRR della Ursula e di Draghi, e ripugnante il braccino corto della Germania che già si pente di aver concesso troppo e sostiene che il “patto di stabilità” (3% di debito sul Pil, non di più) deve tornare in vigore subito, subito, subito, con l’accordo degli Spilorci.

Proprio questo confronto dice che la taccagneria ordoliberista sembra di colpo vecchia e sorpassata. Siccome da un secolo è dall’America che arrivano le mode culturali che poi l’Europa ufficiale adotta col consueto ritardo, se Biden ha la meglio, la moda americana della spesa pubblica abbondante verrà anche sulle nostre rive. Sarebbe ora.


Il Sistema mafioso massonico politico istituzionalizzato ha il fiato sul collo della procura e delle forze dell'ordine di Catanzaro e non solo

‘Ndrangheta, blitz di Ros e Finanza: 49 arresti in Calabria

Inchiesta della Dda di Catanzaro contro il clan Mancuso. Disposti pure quattro obblighi di dimora e 3 misure interdittive
-29 Aprile 2021


Il Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri e il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Catanzaro, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, hanno dato esecuzione, nella mattinata odierna, all’Ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice del Tribunale di Catanzaro, Valeria Isabella Valenzi, nei confronti di 56 indagati, dei quali 28 sottoposti alla custodia cautelare in carcere, 21 agli arresti domiciliari, 4 all’obbligo di dimora e 3 a misura interdittiva, su richiesta del Procuratore della Repubblica, Nicola Gratteri, e dei sostituti Andrea Mancuso, Annamaria Frustaci e Antonio De Bernardo.

Il provvedimento cautelare è stato emesso nell’ambito della manovra di contrasto alla ‘ndrangheta unitaria, prosecuzione della attività di indagine portata avanti nella operazione cosiddetta “Rinascita”, che ha portato, il giorno 8 aprile scorso, nell’ambito dell’operazione congiunta delle Dda di Roma, Napoli, Reggio Calabria e Catanzaro denominata “Petrol Mafie SPA”, all’esecuzione di un decreto di fermo di indiziato di delitto emesso da questa Direzione distrettuale antimafia nei confronti di 15 persone.

Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione di stampo mafioso, associazione per delinquere finalizzata alle estorsioni, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza illecita in attività economiche, intestazione fittizia di beni, evasione delle imposte e delle accise anche mediante emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, contraffazione ed utilizzazione di documenti di accompagnamento semplificati; reati aggravati dall’essere stati commessi al fine di agevolare le associazioni ‘ndranghetistiche attive sul territorio calabrese.

Le attività investigative, dirette dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro e portate avanti dai ROS dei Carabinieri e dalla componente specialistica in materia di accise del Nucleo di Polizia Economico-Finanziario della Guardia di Finanza di Catanzaro, chiudono il cerchio sulle attività illecite di interesse dell’associazione di stampo mafioso capeggiata dal clan “Mancuso” di Limbadi (Vibo), nell’ambito del remunerativo commercio fraudolento di prodotti petroliferi, colpendo gli assetti organizzativi e logistici del sodalizio.

I beni già sottoposti a sequestro di urgenza, sequestrati nelle province di Catanzaro, Vibo Valentia, Reggio Calabria, Crotone, Napoli, Salerno, Verona, Catania, Palermo, Messina, Ragusa, Siracusa, Caltanissetta, riconducibili a società di capitali e a ditte individuali operanti nel settore del commercio di carburanti e dei trasporti, a seguito di convalida, da parte del gip, del provvedimento emesso d’urgenza dalla Procura della Repubblica, sono stati affidati agli amministratori giudiziari.

VINCOLO ESTERNO SI, lotta alle mafie NO, il governo dello "stregone maledetto"


Mafia: Gratteri, lotta a cosche non in cima agenda politica
Di ANSA • ultimo aggiornamento: 29/04/2021 - 07:09

Magistrato interviene a rassegna letteraria nel Vco

(ANSA) – SANTAMARIAMAGGIORE, 22 AGO – ‘‘Non vedo interesse
nel contrasto alle mafie. La lotta non è al primo posto
nell’agenda è politica: il malaffare non è mai stato una
priorità.’‘ Lo ha detto Nicola Gratteri, procuratore capo a
Catanzaro, nel corso di un intervento a ‘Sentieri e Pensieri’,
rassegna letteraria in corso a Santa Maria Maggiore (Vco).
Davanti a una platea di 500, Gratteri ha presentato “La rete
degli invisibili”, libro che ha scritto con Antonio Nicaso.
Secondo il procuratore ‘‘il 416 bis è uno strumento ancora
attuale e va mantenuto’‘ e uno dei problemi maggiori è che in
Italia ‘‘non ci si scandalizza più di nulla e si dimentica tutto
il giorno dopo. Oggi non si arrossisce neppure se ti arriva un
avviso di garanzia’‘. ‘‘E’ il politico che va cercare il mafioso – ha anche
osservato – mentre una volta era il mafioso che andava dal
politico col cappello in mano. E la politica è distante dal
quotidiano e si scoccia a parlare col popolo’‘. (ANSA).

Basta liberalizzare i brevetti sui vaccini e l'ipocrisia mondiale cadrebbe

Esteri Attualita' Estera
Crisi sanitaria in India: un problema globale
By Irene Gianola
-29 Aprile 2021



Con oltre 200mila vittime per il coronavirus e picchi di 3mila al giorno, la crisi sanitaria in India sta mettendo in ginocchio l’intero subcontinente indiano. Tuttavia un articolo dell’Atlantic ricorda come gli effetti di questa ondata vadano ben oltre i confini nazionali. Dalla diffusione del virus, alla pericolosità delle varianti e l’assenza di solidarietà sulla gestione dei vaccini tutto il mondo è ormai coinvolto nella crisi indiana

Crisi sanitaria in India: quali sono i dati del bollettino?

Da settimane il bollettino sanitario in India è diventato drammatico. Le vittime per il coronavirus hanno superato le 200mila, con picchi di oltre 3mila nell’arco di 24 ore. Solo nel mese di aprile il numero di nuovi casi ha raggiunto i sei milioni, con un nuovo record di contagi giornalieri: oltre 345mila. Sempre secondo i numeri ufficiali, l’India sembrava in una fase di miglioramento fino a poche settimane fa, con i contagi in diminuzione e la condizione degli ospedali in alleggerimento. Oggi è l’epicentro globale del coronavirus.

Un problema globale

Tuttavia gli effetti di questa nuova ondata vanno ben oltre il subcontinente indiano: è un grande problema anche per il resto del mondo. Il problema principale sta a livello sanitario. Infatti la variante indiana del virus preponderante nel Paese, è già stata identificata in almeno altre 10 nazioni. Inoltre una questione delicata riguarda i vaccini, dal momento che oltre novanta nazioni in via di sviluppo si affidano all’India per le proprie dosi.

Come è arrivata l’India a questa crisi sanitaria?

Per capire come l’India sia arrivata a questo punto bisogna tenere insieme tutti i fattori che possono aver contribuito a creare una situazione tanto compromessa. Dalle nuove varianti, all’assenza totale di misure di prevenzione come il distanziamento sociale o le mascherine, al flusso continuo di comizi politici e raduni religiosi senza alcuna restrizione. Inoltre un ruolo decisivo l’ha giocato l’atteggiamento del governo di Narendra Modi con il susseguirsi di manifestazioni politiche e dell’insabbiamento del numero di morti e contagi. La conseguenza di tutto ciò sta negli elevati numeri di morti. “Il mese prossimo si potrebbe salire fino a 4.500 morti giornaliere, o addirittura fino a 5.500“, scrive l’Atlantic sottolineando che il peggio, forse, deve ancora venire.

Le speranze di una situazione migliore

La speranza di poter uscire da questa situazione risiede ovviamente in un duplice sforzo, a livello di politica interna. Da un lato il rispetto di nuove e più stringenti limitazioni, per contenere l’aumento dei contagi, dall’altro l’accelerazione della campagna vaccinale. Tuttavia il problema di questo ultimo punto sta nel fatto che “Quella che una volta era considerata la farmacia del mondo, ora è costretta a importare dosi di vaccino“. Si legge sull’Atlantic. Il Paese ha la capacità di produrre 70 milioni di dosi al mese, ma pur immaginando di dirottare tutte quelle dosi al suo fabbisogno interno non basterebbero a soddisfare la domanda di vaccini.

E il resto del mondo?

Il problema principale sta nel fatto che il resto del mondo non ha ancora messo in campo uno spirito di solidarietà tale da impegnarsi a fondo per aiutare i Paesi più in difficoltà, come l’India o il Brasile. Questo perché la maggior parte di coloro che hanno vaccini non ne hanno abbastanza e quelli con un immenso surplus, come gli Stati Uniti, non sono ancora abbastanza sicuri della loro fornitura per separarsi dalle scorte in eccesso. Ma questi Paesi potrebbero aiutare in molti altri modi. Per esempio abolendo i limiti alle esportazioni di materie prime utilizzate per produrre vaccini o donando macchinari per le terapie intensive. Sebbene la vaccinazione di massa abbia fornito una via di fuga dalla pandemia, c’è una lunga strada da percorrere. Il mondo è sulla buona strada per registrare più morti per Covid-19 quest’anno rispetto al 2020.

La tecnologia missilistica iraniana come principale deterrenza strategica

28 Aprile 2021 18:41

Pepe Escobar: A Vienna, il tema è il potere missilistico dell'Iran, non il nucleare

Sono ripresi a Vienna i negoziati per la ripresa dell'accordo sul nucleare iraniano nella formula tra Russia, Cina, Francia, Regno Unito e Germania e l'Iran, con gli Stati Uniti non direttamente coinvolti. Secondo l'analista Pepe Escobar, a Vienna si discute di un'altra questione: il potere missilistico dell'Iran, di cui Israele, secondo l'analista, ha già cominciato a provare le conseguenze nella risposta della Siria lanciando un missile in risposta agli attacchi israeliani, lo scorso 22 aprile, finito nei pressi del complesso nucleare di Dimona, oltrepassando le difese aeree di Tel Aviv.

di Pepe Escobar* - The Saker/AsiaTimes

Poche persone, a parte gli specialisti, possono aver sentito parlare della commissione mista JCPOA (Acronimo per indicare accordo sul nucleare iraniano NDT). Questo è il gruppo incaricato di una fatica di Sisifo: il tentativo di rilanciare l'accordo nucleare iraniano del 2015 attraverso una serie di negoziati a Vienna.

La squadra negoziale iraniana è tornata ieri a Vienna, guidata dal viceministro degli Esteri Seyed Abbas Araghchi. Le ombre cinesi iniziano con il fatto che gli iraniani negoziano con gli altri membri del P + 1 - Russia, Cina, Francia, Regno Unito e Germania - ma non direttamente con gli Stati Uniti.

È già qualcosa: dopotutto, è stata l'amministrazione Trump a far saltare in aria il JCPOA. C'è una delegazione americana a Vienna, ma parlano solo con gli europei.

Le ombre cinesi diventano un turbo quando ogni tavolino viennese conosce le linee rosse di Teheran: o si torna al JCPOA originale come era stato concordato a Vienna nel 2015 e poi ratificato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, o niente.

Araghchi, mite ed educato, ha dovuto tornare sul leitmotiv ancora una volta per sottolineare che Teheran se ne andrà se i colloqui vireranno verso il "bullismo", la perdita di tempo o anche un ballo da sala passo dopo passo , che è tempo sprecato.

Né decisamente ottimista né pessimista, rimane, diciamo, cautamente ottimista, almeno in pubblico: “Non siamo delusi e faremo il nostro lavoro. Le nostre posizioni sono molto chiare e ferme. Le sanzioni devono essere revocate, verificate e poi l'Iran deve tornare ai suoi impegni ".

Quindi, almeno nella tesi, il dibattito è ancora acceso.

Araghchi: “Ci sono due tipi di sanzioni statunitensi contro l'Iran. In primo luogo, sanzioni categorizzate o cosiddette divisionali, come petrolio, banche e assicurazioni, spedizioni marittime, petrolchimiche, edilizie e automobilistiche, e in secondo luogo, sanzioni contro persone fisiche e giuridiche ".

La "seconda" è la questione chiave. Non c'è assolutamente alcuna garanzia che il Congresso degli Stati Uniti revocherà la maggior parte o almeno una parte significativa di queste sanzioni.

Tutti a Washington lo sanno - e la delegazione americana lo sa.

Quando il ministero degli Esteri a Teheran, ad esempio, afferma che è stato concordato il 60% o il 70%, questo è il codice per la revoca delle sanzioni divisorie. Quando si parla di "secondo", Araghchi deve essere evasivo: "Ci sono questioni complesse in questo settore che stiamo esaminando".

Ora confrontatelo con la valutazione di addetti ai lavori iraniani informati a Washington come l'esperto di politica nucleare Seyed Hossein Mousavian: sono più realisti dei pessimisti.

Ciò tiene conto delle linee rosse non negoziabili stabilite dallo stesso leader supremo Ayatollah Khamenei. Più pressioni continue da parte di Israele, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, che sono tutti contrari al JCPOA.

Ma poi ci sono ombre in più. L'intelligence israeliana ha già notificato al gabinetto di sicurezza che un accordo sarà sicuramente raggiunto a Vienna.

Dopotutto, la narrazione di un accordo di successo è già stata costruita come una vittoria della politica estera dall'amministrazione Biden-Harris - o, come preferiscono i cinici, Obama-Biden 3.0.

Nel frattempo, la diplomazia iraniana rimane al limite. Il ministro degli Esteri Javad Zarif è in visita in Qatar e Iraq e ha già incontrato l'emiro del Qatar, lo sceicco Tamim al Thani.

Il presidente iraniano Hassan Rouhani, praticamente alla fine del suo mandato prima delle elezioni presidenziali di giugno, torna sempre allo stesso punto: niente più sanzioni statunitensi; La verifica dell'Iran; allora l'Iran tornerà ai suoi "obblighi nucleari".

Il ministero degli Esteri iraniano ha addirittura diffuso una scheda informativa piuttosto dettagliata , sottolineando ancora una volta la necessità di rimuovere “tutte le sanzioni imposte, reimposte e rietichettate dal 20 gennaio 2017”.

La finestra di opportunità per un accordo non durerà a lungo.

Agli intransigenti di Teheran non potrebbe importare di meno. Almeno l'80% dei membri del Parlamento di Teheran sono ora intransigenti.

Il prossimo presidente sarà sicuramente un intransigente. Gli sforzi del Team Rouhani sono stati etichettati come un fallimento dall'inizio della campagna di "massima pressione" di Trump. Gli intransigenti sono già in modalità post-JCPOA.

Quella fatidica Fateh

Quello che nessuno degli attori del gioco delle ombre può ammettere è che la rinascita del JCPOA impallidisce rispetto al vero problema: la potenza dei missili iraniani.

Nei negoziati originari del 2015 a Vienna - seguiteli nel mio e-book Persian Miniatures - Obama-Biden 2.0 ha fatto tutto ciò che era in loro potere per includere i missili nell'accordo.

Ogni granello di sabbia nel deserto del Negev sa che Israele non avrà esclusioni di colpi per mantenere il primato delle armi nucleari in Medio Oriente. Attraverso uno spettacolare kabuki, il fatto che Israele sia una potenza nucleare rimane “invisibile” alla maggior parte dell'opinione pubblica mondiale.

Mentre Khamenei ha emesso una fatwa affermando chiaramente che la produzione, lo stoccaggio e l'uso di armi di distruzione di massa - nucleare compreso - è haram (bandito dall'Islam), la leadership israeliana si sente libera di ordinare acrobazie come il sabotaggio tramite il Mossad del nucleare iraniano (civile), il complesso a Natanz.

Il capo della commissione per l'energia del parlamento iraniano, Fereydoun Abbasi Davani, ha persino accusato Washington e Londra di essere complici del sabotaggio di Natanz, poiché presumibilmente hanno fornito informazioni a Tel Aviv.

Eppure ora un missile solitario stava letteralmente esplodendo gran parte del gioco d'ombre.

Il 22 aprile, nel cuore della notte prima dell'alba, un missile siriano è esploso a soli 30 km dal reattore nucleare israeliano ultrasensibile di Dimona. Ufficialmente insistente per gli israeliani: questo è stato considerato un missile “vagante”.

Beh, non proprio.

Qui - il terzo video dall'alto - è il filmato dell'esplosione piuttosto significativa. Inoltre, è significativo che Tel Aviv sia rimasta assolutamente come una mummia quando si tratta di offrire una prova di identità missilistica. Era un vecchio SA-5 sovietico del 1967? O, piuttosto, più probabilmente, un Fateh-110 iraniano del 2012 a corto raggio da superficie a superficie, fabbricato in Siria come l'M-600 e posseduto anche da Hezbollah?

Un albero genealogico di Fateh può essere visto nel diagramma allegato. L'inestimabile Elijah Magnier ha posto alcune ottime domande sul quasi successo di Dimona. L'ho completato con una discussione piuttosto illuminante con i fisici, con il contributo di un esperto di intelligence militare.


Il Fateh-110 funziona come un classico missile balistico, fino al momento in cui la testata inizia a manovrare per eludere le difese ABM. La precisione è fino a 10 metri, nominalmente 6 metri. Quindi ha colpito esattamente dove avrebbe dovuto colpire. Israele ha ufficialmente confermato che il missile non è stato intercettato, dopo una traiettoria di circa 266 km.

Questo apre una nuova lattina di vermi. Ciò implica che la performance del tanto pubblicizzato e recentemente aggiornato Iron Dome è tutt'altro che stellare - per usare un eufemismo. Il Fateh volava così in basso che Iron Dome non poteva identificarlo.

L'inevitabile conclusione è che si trattava di una combinazione messaggio / avviso. Da Damasco. Con un timbro personale di Bashar al-Assad, che ha dovuto cancellare un lancio missilistico così delicato.

Un messaggio / avvertimento consegnato tramite la tecnologia missilistica iraniana pienamente disponibile per l'Asse della Resistenza, a dimostrazione che gli attori regionali hanno una seria capacità di occultamento.

È fondamentale ricordare che quando Teheran ha inviato una raffica di versioni di Fateh-313 deliberatamente più vecchie alla base statunitense Ayn al-Assad in Iraq, in risposta all'assassinio del Gen Soleimani nel gennaio 2020, i radar americani si spensero.

La tecnologia missilistica iraniana come principale deterrenza strategica. Questo è il gioco delle ombre che trasforma Vienna in uno spettacolo secondario.

*Giornalista investigativo e scrittore, esperto in analisi geopolitiche

Le Vie della Seta - il trasporto ferroviario risulta essere almeno due volte più veloce delle navi e costare la metà di quello aereo

MERCI: EUROPA E CINA COLLEGATE DAI TRENI, COSTANO DI MENO E SONO ECOLOGICI


di Giuseppe Gagliano –
28 aprile 2021

Procede a gonfie vele lo sviluppo del collegamento merci ferroviario tra Cina ed Europa. Benchè l’80 percento del commercio mondiale sia marittimo, il trasporto ferroviario risulta essere almeno due volte più veloce delle navi e costare la metà di quello aereo. Una cifra ci dà la misura di questa rivoluzione nei trasporti dalla Cina: Terespol è una piccola città polacca al confine bielorusso ed è l’ingresso principale dell’Unione Europea per le merci provenienti dalla Cina: da 17 treni dalla Cina durante tutto l’anno 2011 è passata a 379 per il singolo mese di aprile 2020. Ne viene che la pandemia del Covid 19 ha anche contribuito ad accelerare lo sviluppo del trasporto merci su rotaia. Il fattore scatenante è stata la coincidenza degli interessi economici e logistici dei paesi attraversati da questi corridoi ferroviari, con l’istituzione in Cina di una nuova base “terrestre” per la produzione elettronica. Lo sviluppo del trasporto piggyback consente di evitare che centinaia di migliaia di camion circolino sulle autostrade ed è quindi anche in linea con gli impegni ecologici europei di essere carbon neutral nel 2050 e con il recente impegno cinese di essere carbon neutral nel 2060.
Le due più grandi basi di produzione elettronica in Cina si trovano nel delta del fiume Pearl vicino a Canton / Shenzhen e nel delta dello Yangtze vicino a Shanghai. Per alleviare gli aumenti salariali e promuovere lo sviluppo nelle regioni occidentali, il governo cinese ha creato il Terzo delta, un’area lontana dal mare e delimitata da Chengdu, Chongqin e Xi’An. Sono stati messi in atto incentivi politici, finanziari e fiscali per stimolare i fornitori, in particolare quelli di Taiwan, a sostenere questo movimento verso l’occidente. Ma i prodotti devono essere trasportati a un costo contenuto e in tempi ragionevoli: il trasporto merci su rotaia si è rivelato la soluzione più adatta. Una joint venture Trans-Eurasia Logistics è stata costituita nel 2008 tra Deutsche Bahn, Kasachstan Temir Scholy, China Railway Corporation e Russian Railways Company. Consente ai treni merci tra la Germania e la Cina attraverso la Russia di completare questo viaggio in diciotto giorni. La soluzione terra-ferrovia presenta numerosi vantaggi rispetto al trasporto aereo e marittimo.
Allo stesso tempo, la rete di trasporto merci su rotaia si sta diversificando anche nell’Europa occidentale. Nel 2019 ad esempio è nata una nuova linea Barcelona-Perpignan-Luxembourg, che collega il porto di Barcellona tramite la piattaforma Saint Charles a Perpignan (la prima piattaforma logistica europea per frutta e verdura fresca) e Bettembourg, in Lussemburgo. C’è anche un interesse ecologico e ambientale nel trasporto piggyback, poiché una tale linea ad esempio elimina la circolazione di oltre 22mila camion all’anno e 23mila tonnellate di CO2.
Anche l’Europa centrale sta beneficiando del boom del trasporto piggyback, come in Finlandia: Ningbo Suzhou e Jinan link; in Lituania: treno postale proveniente dalla Cina che trasporta pacchi poi distribuiti nel centro Europa da camion lituani; in Ungheria: viene costruito un nuovo terminal ferroviario a Fényeslike, vicino all’Ucraina, per aggirare la congestionata Ucraina; in Polonia: verrà ampliato il terminal Terespol. Ma la posizione nei confronti della Cina dipende anche dalle relazioni tra i paesi europei e gli Stati Uniti. L’Ungheria di Viktor Orban ha decisamente adottato la posizione più favorevole alla Cina e i due paesi hanno concordato di finanziare una linea ferroviaria Budapest-Belgrado da aprire nel 2025 e Budapest sarà collegata al porto greco del Pireo. La trasformazione e lo sviluppo della logistica, accelerati dalla pandemia Covid 19, è una delle chiavi dello sviluppo economico delle nostre città e dei nostri porti negli anni a venire.
Geograficamente l’Eurasia è il supercontinente che collega l’Europa occidentale dall’Oceano Atlantico alla Cina. Francia, Spagna e Portogallo costituiscono la punta occidentale di questa massa di terra, ma grazie al tunnel sotto la Manica il Regno Unito può essere associato a tutto questo.
L’ascesa della Cina e dei suoi progetti logistici continentali stanno riportando l’Eurasia all’importanza centrale. La Russia sta cooperando sempre più con la Cina, la Germania sta ponendo in essere una politica a geometria variabile fra Nato e Russia, promuovendo la cooperazione con la Cina e infine difendendo i suoi interessi in Asia centrale. La conclusione, il 20 dicembre 2020, dell’accordo sugli investimenti Ue / Cina al termine della presidenza tedesca dell’Unione ne è un perfetto esempio.
Quale valutazione geopolitica dare allora? La logica terrestre contesta il suo ruolo egemonico con quello riservato fino ad ora all'oceano. Le linee ferroviarie saranno ancora in grado di correre più velocemente una volta risolti i problemi di larghezze ferroviarie eterogenee. Paesi come la Spagna e la Russia avevano fissato larghezze ferroviarie diverse per motivi di sicurezza militare per prevenire rapide invasioni dai loro vicini. Con le stesse larghezze dei binari e velocità notevolmente aumentate, i treni saranno in grado di viaggiare più velocemente.
Il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha recentemente accolto con favore la presenza della prima commissione geopolitica. La questione delle tratte ferroviarie transcontinentali, come quella della strategia digitale di Thierry Breton e Margrethe Vestager, sono casi emblematici di questa consapevolezza geopolitica che potrebbe consentire all’Unione Europea di progettare queste reti secondo i propri interessi, evitando di dipendere dalle logiche di Russia, Cina, Gran Bretagna e Stati Uniti. Insomma potrebbero esserci le condizioni perché la centralità delle linee ferroviarie nel contesto eurasiatico possa andare a vantaggio anche dei paesi dell’Unione Europea.

In assenza di pari opportunità la “meritocrazia” dà luogo a ingiustizie, favoritismi, pratiche familistiche e clientelari ancora più discriminatorie in un sistema, quello liberista, che produce disuguaglianze insormontabili

Semplificazione, non è roba da poveri



È proprio venuta l’ora di una rivolta semantica contro l’uso di parole e stilemi impiegati come armi rivolte contro l’intelligenza e la dignità delle persone.

La prima, portatrice di infinite discriminazioni e abusi, è merito e per perversa estensione: meritocrazia, che, lo dice perfino Wikipedia, è un neologismo coniato dal sociologo britannico Michael Young, nel romanzo fantascientifico L’avvento della meritocrazia del 1958 per raccontare del dominio di una oligarchia nella quale la posizione sociale di un individuo viene determinata dalla sua attitudine al lavoro, dal suo potenziale produttivo e dalla sua fidelizzazione. E che ha assunto invece un significato positivo e progressivo, quando nella nostra realtà, più distopica del romanzo, starebbe a indicare che la selezione del personale, l’affermazione e le carriere sono soggette a criteri di merito, e non di appartenenza dinastica o castale.

Niente di più falso da quando il mercato è diventato un principio regolativo universale, che giudica perfino l’esistenza in vita sulla base della produttività, da quando i sistemi educativi e formativi si sono adattati ai format importati dal mondo dell’impresa privata, da quando, in sostanza, in assenza di pari opportunità la “meritocrazia” dà luogo a ingiustizie, favoritismi, pratiche familistiche e clientelari ancora più discriminatorie in un sistema, quello liberista, che produce disuguaglianze insormontabili.

A liquidare l’illusione di poter compiere “una lunga marcia dentro le istituzioni democratiche” verso il socialismo, si sono messe di traverso alcune componenti di sistema, l’accentramento della conoscenza, la riduzione – in netto contrasto con la narrazione di una comunicazione di massa e per la massa, aperta e disponibile – dell’accesso alle informazioni necessarie a garantire la partecipazione al processo decisionale, la detenzione del possesso e della gestione degli strumenti e dei processi informatici che anziché favorire l’accessibilità ai servizi, l’ostacola generando emarginazione e penalizzazione di larghi strati di pubblico “escluso”.

Per quello un altro termine contro cui indirizzare il nostro incollerito scontento è “semplificazione”, abusato da tutti quelli che hanno sempre adoperato la burocrazia e il dispotismo amministrativo e che, per favorire la concentrazione dei poteri di controllo nelle loro mani, hanno dissolto la rete dei soggetti di vigilanza e controllo, tentano di cancellare principi costituzionali, sconfinano nell’illecito autorizzato a norma di legge per rimuovere lacci e laccioli che ostacolerebbero la “libera iniziativa” privata e il .

Quella semplificazione uno dei capisaldi della weltanschauung leopoldina ha intriso come un veleno gli esecutivi succeduti ai governi Berlusconi, che non avevano osato tanta provocatoria sicumera: Renzi, Letta, Gentiloni e poi il governo Conte 2 nel quale il Pd ha soffocato le ultime codarde resistenze 5Stelle, introducendo licenza di abuso e facendo incombere ancora una volta la minaccia del silenzio- assenso, secondo un approccio esemplarmente rappresentato dalla faccia di tolla dell’allora presidente che schiaccia esultante il bottone per alzare le paratie dell’oltraggio, quelle del Mose, rivendicando con la frase: noi non siamo qui a fare passerelle, il ruolo decisivo e dirimente della “politica” contro i capricci conservatori e passatisti dell’ambientalismo che non si è arreso alle magnifiche sorti della green economy.

Come era prevedibile la semplificazione è uno dei motori del piccone demolitore della legalità, della tutela ambientale, della trasparenza impugnato dal Governo Draghi con la benedizione dell’Anticorruzione, incaricata di “dettare le regole per far parlare fra loro e in prospettiva unire le diverse banche dati della pubblica amministrazione in materia di investimenti e appalti…. per promuovere l’interoperabilità che ha come obiettivo ultimo la digitalizzazione spinta del sistema degli appalti che la stessa Anac e Bankitalia considerano la via maestra per tagliare i tempi delle procedure, ridurre gli adempimenti a carico delle imprese, dare efficienza al sistema”.

Come attori di una commedia degli equivoci, l’Esecutivo e i suoi fantocci tecnici avocano a sé tutte le competenze in forma opaca e autoritaria, ma alimentano il mito che automaticamente informatizzazione e digitalizzazione oltre a garantire efficienza assicurino l’accesso di tutti alle informazioni e disciplinino gli obblighi di pubblicità. Quando qualsiasi pensionato dell’Inps, qualsiasi correntista delle poste, qualsiasi cittadino che voglia saperne di più su interventi che interessano il suo territorio conosce l’avvilente esclusione che lo riporta alla condizione di analfabetismo e ignoranza di cento anni fa.

Che invece la modernizzazione dell’apparato vada a beneficio esclusivo delle grandi imprese è confermato da una norma allo studio del Governo, l’assegnazione di un «punteggio per l’uso nella progettazione dei metodi e strumenti elettronici specifici», si chiamerà Bim (Building Information Modeling), e premierà le aziende più strutturate e dunque più competitive, in modo da contribuire alla concentrazione dei grandi a danno dei medi e piccoli.

Circolano già le bozze dei provvedimenti che si collocano nel quadro disegnato dal Dl 76/2020, il decreto semplificazioni del luglio 2020, in modo da approfittare della corsia privilegiata aperta dall’emergenza sanitaria, secondo la prassi consolidata che, per una volta i cinesi diventano un modello da imitare, fa di una crisi l’opportunità per ricorrere a leggi speciali, per l’affidamento a soggetti e autorità eccezionali (gestione, realizzazione e controlli dei cantieri delle 57 opere infrastrutturali strategiche sono già affidati a commissari straordinari, alcuni dei quali sotto inchiesta per reati commessi nello svolgimento delle loro funzioni tecniche), per l’aggiramento di regole(expo 2015 docet, per abbattere le opposizioni si sono scatenati i branchi al servizio dello stato, nell'immensa manifestazione di Milano).

Così la semplificazione da approccio procedurale è stato trasformato in “riforma” strategica cui deve ispirarsi il nuovo sistema degli appalti, delle concessioni e dei contratti pubblici da adottare e applicare con una delega al governo da approvare entro la fine dell’anno, e che ha investito il percorso disegnato dal Recovery plan nazionale per “razionalizzare” le norme destinate ad accompagnare gli investimenti finanziati dal Next Generation Eu, secondo criteri che devono riguardare non solo la fase di affidamento, ma anche quelle “di pianificazione programmazione e progettazione”, rafforzando e prolungando fino al 2023 il regime speciale introdotto dal decreto Semplificazioni del governo Conte.

Aspettiamoci dunque uno snellimento delle verifiche antimafia, il concentramento della fasi decisionali delle conferenze dei servizi che diventano marinettiane “conferenze veloci”, la limitazione della responsabilità per danno erariale ai casi di dolo, escludendo dunque «omissioni e inerzia» dei funzionari; la conferma dell’istituto del collegio consultivo tecnico; l’indicazione di un termine massimo di aggiudicazione degli appalti, il tutto normato dal ricorso a leggi delega.

E d’altra parte è l’Europa che ce lo chiede, condizionando l’erogazione delle sue carità pelose alla messa a punto di misure che garantiscano più efficienza nell’approvazione e esecuzione dei lavori pubblici, invitando il Paese che registra più macchinosità e lentezza, il nostro, sia nell’amministrazione della giustizia civile e amministrativa che in quella della Pa, a impegnarsi “per un’attuazione rapida dei progetti d’investimento, in particolare nelle infrastrutture”, minacciando il congelamento degli esborsi del Recovery Plan qualora non si adegui con le “riforme richieste”.

Inutile dire che né l’Europa né i suoi colonnelli, nell’elenco delle grandi opere strategiche da realizzare improrogabilmente con metodi snelli, licenze autorizzate, non hanno pensato di inserire quella fondamentale, primaria, la manutenzione ordinaria e continuativa del territorio, la messa in sicurezza dei coste e montagne, la cura della qualità delle acque e dell’aria e del patrimonio boschivo, fronte ineguagliabile per contrastare frane e alluvioni.

E se è per quello anche un altro cantiere del dopoguerra non è annoverato tra quelli di interesse primario, quella della vera ricostruzione che si aspettano nel cratere del sisma del Centro Italia e dell’Aquila i dimenticati indegni di comparire tra i sopravvissuti.

E non a caso, perché quelle sono attività poco profittevoli, cantieri poco redditizi per le grandi cordate del cemento, non prevedono l’affidamento per i controlli e le verifiche alla cerchia dei tecnici della sorveglianza un tanto al metro cui è stata delegata la vigilanza su ponti e viadotti, non offrono scappatoie e scorciatoie al giro di poltrone di manager e imprenditori corrotti fino al crimine, ai quali è doveroso rendere la vita e i profitti, facili e “semplici”.