L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 27 novembre 2021

"Parole disgustose e indegne di un Presidente del Consiglio, comunque la si pensi su vaccini & Co. Chiunque sostenga questo personaggio, mediocre quanto pericoloso, è complice"

25 NOVEMBER 2021


Credo che il video che sto per mettere concernente il discorso di Draghi su come creare una "gabbia apposita" per i non vaccinati, parli da sé. Il prof. Vladimiro Giacché, che ho avuto modo di incontrare durante la campagna del referendum del 2016 promossa da Renzi per privarci di diritti costituzionali, ha commentato il discorso di Draghi su un tweet, in questo modo : "Parole disgustose e indegne di un Presidente del Consiglio, comunque la si pensi su vaccini & Co. Chiunque sostenga questo personaggio, mediocre quanto pericoloso, è complice".

Draghi, non solo "vuol salvare il Natale" secondo la retorica che fu di Conte, ma si porta già avanti per salvare il Natale dell'anno prossimo, contando sulla parabola del Figliol Prodigo. "Spero che questo sarà un Natale normale. Se abbiamo un po' di restrizioni sarà normale per i vaccinati e speriamo che la situazione consenta che il prossimo Natale lo sia per tutti, anche per coloro a cui saranno riservate le restrizioni. L'auspicio è che queste persone attualmente penalizzate dalle misure adottate possano tornare a essere parte della società come tutti noi". Avete capito? Chi non si vaccina non fa parte della società.


Innanzitutto Draghi non può togliere "diritti" a nessuno, poiché i cittadini che non si vaccinano a differenza di lui, agiscono ai sensi della legge. L'obbligo vaccinale in Italia non c'è e non si può privare di diritti civili chi rispetta la legge. Poi i cittadini italiani non hanno mai eletto Draghi, ma questo lui lo dimentica troppo spesso e i partiti reggicoda del suo governo (che purtroppo per noi, invece, sono stati eletti), non glielo ricordano. Fa parte della loro convenienza, ma questi conti li regoleremo dopo. Torno a Draghi, il Velociraptor che si muove alla velocità della luce per espropriare diritti, lavoro e denari agli Italiani. Dicono che in questi ultimi giorni si sia incontrato con l'oligarca Klaus Schwab, incontro segreto dal quale è tornato così ringalluzzito da sacrificare (è la parola giusta) un numero consistente di Italiani, allo scopo di mandare avanti la sua famigerata Agenda. Chiunque non abbia diritto, né documenti di riconoscimento, può sbarcare in Italia (in teoria, paese sovrano) dall'Africa, spacciare, stuprare, delinquere, occupare case non sue, mentre i bravi italiani che lavorano e pagano tasse vengono esclusi da tutti i diritti naturali, in barba a secoli di civiltà del Diritto. Quest'uomo è venuto a noi per dividere gli Italiani tra "vaccinati e non vaccinati", e per fare spezzatino della nazione sempre più in svendita ai potentati stranieri. "Vile affarista, liquidatore" (copyright: Cossiga) e ora pure divisivo e istigatore di guerre intestine come una serpe infida.

Attenzione! Lo stare rinchiusi, tagliati fuori e senza diritti non ci deve fare smarrire la vigilanza. Le peggiori porcherie vanno avanti mentre si parla di terza dose e altre prelibatezze del genere, di cui si occupa costantemente Tele Siringa a reti unificate. C'è il cosiddetto Trattato del Quirinale con Macron (detto "patto Italo-Francese") il quale si profila un patto oscuro che permetterà alla Francia di fare dell'ulteriore bottino delle risorse italiane. C' è in atto un fondo americano che cerca di scalare Telecom Italia (Tim) , in un probabile cinico gioco delle parti con quella Vivendi dei soliti francesi che sta compiendo incursioni un po' dappertutto nelle società di comunicazione italiane. Difficile che Draghi faccia valere una "golden share" nazionale, lui che è sempre stato il grand commis della finanza apolide. Nel mentre, va avanti la solita narrazione sulla "crescita" che va interpretata in modo orwelliano, ovvero, all'inverso. Non cresciamo per niente, siamo in recessione e tutto ciò è funzionale all'insana distopia del Great Reset di quel pazzoide di Schwab. Togliersi dai piedi i "non vaccinati" e rinchiuderli con l'etichetta idiota di "no vax" o "terrapiattisti" magari col cappellino di carta stagnola in testa, serve a mettersi al riparo dalle immancabili tensioni sociali. Vedremo se di fronte al lavoro che manca, alle bollette assassine, alle cartelle esattoriali che non conoscono lockdown, si riuscirà a trovare un minimo di coesione sociale tra vaccinati e non. Al di là delle siringhe, ne vanno di mezzo le sorti di una nazione e quindi le nostre.

Santa Caterina d'Alessandria

24 novembre 2021 - Super Green Pass Conferenza stampa del Presidente Draghi con i Ministr...


"Speriamo che anche coloro che saranno oggetto di restrizioni possono tornare a far parte della società con tutti noi" APPARTEHEID - ieri i neri, oggi chi rifiuta di essere cavia all'inoculazione dei vaccini sperimentali, domani chi avrà i capelli bianchi

27 novembre 2021 - NEWS DELLA SETTIMANA (26 nov 2021)

Linea rossa - Gli studi esistenti dicono che sono gli adulti che contagiano i bambini

I bambini contagiano gli adulti? Ecco lo studio internazionale che fa chiarezza

di Il Paragone
23 novembre 2021

Il governo italiano in questi giorni si sta accanendo sempre di più sui bambini. Pur di vaccinare anche loro si stanno inventando di tutto: prima hanno detto che sono loro la causa della quarta ondata; poi hanno sostenuto che i più piccoli (che inizialmente non si contagiavano) ora contagiano i più grandi (vaccinati) che finiscono in terapia intensiva e muoiono; nel mentre pensano di non far entrare a scuola gli alunni non vaccinati. Insomma, un vero disastro, l’ennesimo, fondato sul nulla, senza alcune base scientifica a confermare le loro tesi scellerate. Fortunatamente, però, in altre parti del mondo gli studi li fanno e i dati li leggono. E da un recentissimo studio curato da Jonas F. Ludvigsson, e pubblicato dal National Center for Biotechnology Information degli Stati Uniti, emerge che la verità è evidentemente un’altra.

L’autore dello studio, il dottor Jonas F. Ludvigsson (Dipartimento di Epidemiologia Medica e Biostatistica, Karolinska Institutet, Stoccolma Svezia, Dipartimento di pediatria, Ospedale universitario di Orebro, Orebro Svezia, Divisione di Epidemiologia e Salute Pubblica, Scuola di Medicina, Università di Nottingham, Regno Unito, Dipartimento di Medicina, Columbia University College of Physicians and Surgeons, New York), non uno Speranza qualsiasi, ha sostenuto: “La pandemia di coronavirus 2019 (COVID-19) ha colpito centinaia di migliaia di persone. I dati sui sintomi e sulla prognosi nei bambini sono rari”.

Scrive il ricercatore: “È stata effettuata una revisione sistematica della letteratura per identificare i documenti su COVID-19, che è causato dalla sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2 (SARS-CoV-2), utilizzando i database MEDLINE ed Embase tra il 1 gennaio e il 18 marzo 2020. La ricerca ha identificato 45 articoli scientifici e lettere rilevanti. La revisione ha mostrato che i bambini hanno finora rappresentato l’1%-5% dei casi diagnosticati di COVID-19, spesso hanno una malattia più lieve rispetto agli adulti e i decessi sono stati estremamente rari”.

Continua Ludvigsson: “I risultati diagnostici sono stati simili agli adulti, con febbre e sintomi respiratori prevalenti, ma un minor numero di bambini sembra aver sviluppato una polmonite grave. I marcatori infiammatori elevati erano meno comuni nei bambini e la linfocitopenia sembrava rara. I neonati hanno sviluppato COVID-19 sintomatico, ma le prove di trasmissione intrauterina verticale erano scarse. Il trattamento suggerito includeva la fornitura di ossigeno, inalazioni, supporto nutrizionale e mantenimento di liquidi ed equilibri elettrolitici”.

In conclusione Ludvigsson sostiene: “La malattia da coronavirus 2019 si è verificata nei bambini, ma sembravano avere un decorso più lieve e una prognosi migliore rispetto agli adulti. I decessi erano estremamente rari”. Che se le leggano le ricerche al ministero della Salute. Riportiamo qui l’articolo integrale in inglese. Inoltre, un’altra importante autorità, il dottor Eugenio Serravalle, Pediatra specializzato in Pediatria Preventiva e Puericultura e Patologia Neonatale e Presidente di ASSIS (Associazione di studi e informazione sulla Salute), in un’intervista a L’Antidiplomatico, citando il suddetto studio, ha fatto presente: “La credenza che siano i bambini a contagiare gli adulti andrebbe ribaltata. Lo studio ha evidenziato che nelle famiglie con almeno un bambino o un genitore positivi, la combinazione genitore sieropositivo con bambino sieronegativo è stata 4,1 volte più frequente del contrario”.

Le diseguaglianza produttrici di morti

Figli, figliastri e commercianti nel Niger

di Mauro Armanino
25 novembre 2021

Niamey, 14 novembre 2021. Nel Paese il potere l’hanno loro, i commercianti di mercanzie e di vite umane. Dalle elezioni presidenziali e legislative all’adesione alla Zona di Mercato Africano Libero, Zlecaf in un acronimo improbabile, tutto passa dalle mani e soprattutte dalle borse dei mercanti. Un caso particolare di questa egemonia, che si conferma tramite scelte politiche e la dimissione in blocco della classe intellettuale nigerina, è appunto l’ambito dell’educazione scolastica. Lo smantellamento graduale, coerente e sistematico dell’impianto educativo è iniziato, al dire dei più, coi ‘Piani di Aggiustamento Strutturale’, i PAS negli anni ’80. La batteria di misure economico-ideologiche per ‘normalizzare’ i Paesi troppo ‘nazionalisti’ ed autonomi rispetto alla narrazione dominante ha colpito il Niger e altri Paesi dell’Africa subsahariana. Tra i settori colpiti si noterà la scuola.

La deriva dell’educazione formale ha gradualmente prosperato e le scuole statali, che si erano complessivamente distinte negli anni post indipendenza, hanno visto confiscato il loro ruolo trainante e la qualità dell’insegnamento. Il peso delle scuole private è andato crescendo fino a costituire ciò che in definitiva si voleva dall’inizio e cioè la creazione di una classe subalterna di marginali che non potranno mai scalzare le elite dal potere.

In effetti i figli e i figliastri della scuola sono i figli e i figliastri della società: alcuni nati per comandare e arricchirsi e gli altri funzionali al sistema e ‘merce’ spendibile sul mercato globale. I figli, le figlie e in genere la parentela delle famiglie che hanno soldi in banca e possono viaggiare all’estero, sono mandati nelle scuole private, nelle università private per un mondo privato agli altri, chiamati, appunto, figliastri. I figli, le figlie, i nipoti e le cugine dei poveri vanno, per l’ordine naturale delle cose, nelle scuole dello stato dove l’insegnamento e la fatiscenza delle strutture rivelano l’abbandono come destino quasi segnato.

Una ventina i bambini bruciati l’anno scorso in un quartiere prossimo dell’aeroporto internazionale di Niamey e un numero ancora maggiore arso il passato lunedi nella capitale economica Maradi, rappresentano la tragica metafora del sistema educativo nigerino. Esso è uno specchio fedele della società da cui è generato. Perchè, in realtà, a morire sono anzitutto i poveri, i giovani, i bambini e il loro futuro, bruciato sull’altare degli interessi delle classi privilegiate. Classi che commerciano e speculano su tutto e tutti, dalla politica all’economia per garantirsi la conservazione e la trasmissione del potere da padre a figlio. I ‘figliastri’ invece, le folle immense degli scarti sociali, sono sacrificati agli interessi dei potenti che dispongono delle loro vite senza alcun scrupolo. Nel Paese le classi di paglia si calcolano a 36 mila e sono i figli dei poveri che ivi sono ospitati per imparare a memoria che la loro vita sarà differente da quella dei figli dei commercianti. Il governo ha recentemente decretato il divieto di usare queste classi per i più piccoli.

Nel Paese il potere l’hanno loro, i figli dei poveri. L’incendio delle classi di paglia di Niamey e quello delle classi di Maradi, che ha consumato la vita di decine di bimbi e delle loro famiglie, è stata come l’apocalisse che smaschera la violenza nascosta del sistema. Questo gruppo di bimbi, sepolti in fosse comuni e rivestiti della bandiera nazionale, continuano la scuola e mettono nella mani dei commercianti delle braci che mai si spegneranno.

Uffa, basta parlare dell'ideologia dei vaccini sperimentali parliamo e diamo risalto alle cure a casa ancora ferme alla VIGILE ATTESA e alla Tachipirina

Probabilità e dogmatismo aggressivo

di Andrea Zhok
23 novembre 2021


Nell'intento di mantenere forme di confronto civile in una situazione che sta travalicando da tempo civiltà e decenza, propongo di riflettere sull’attuale vicenda della strategia pandemica a partire dal problema generale dell’idea di probabilità.

È possibile, almeno in parte, descrivere le attuali divergenze tra chi accondiscende all’inoculazione, per sé e/o per i propri figli, e chi non lo fa, in termini di diversità nella valutazione di probabilità.

In una valutazione costi-benefici relativi ad una certa azione noi siamo chiamati a giudicare alcuni scenari possibili, attribuendovi un valore, e poi a considerare la probabilità che questo scenario si presenti.

La questione che dobbiamo affrontare innanzitutto è: esiste un modo in cui possiamo fissare queste probabilità in modo definito ed obiettivo?

Per fissare le idee è utile rimandare alle tre principali concezioni esistenti della probabilità (versione un po’ semplificata, non me ne vogliano matematici e statistici).

In primo luogo abbiamo la concezione classica o logicista della probabilità, definita come rapporto tra casi positivi (realizzazioni) e casi possibili. Questa definizione è perfettamente chiara e idealmente predittiva: di principio un dado ideale a sei facce ha una probabilità di 1/6 che ciascuna faccia appaia verso l’alto in ciascuno lancio.

Il problema di questa concezione è che funziona in modo rigoroso solo nei limiti in cui abbiamo a che fare con entità ideali, con enti matematici, ma nel mondo reale non fornisce nessuna garanzia. Nessun dado reale è davvero perfettamente uniforme dal punto di vista dell’omogeneità del peso, dei materiali, degli attriti, e per verificare se davvero un certo dado materiale sia all’altezza del dado ideale l’unica cosa da fare è svolgere un gran numero di lanci, controllando se la distribuzione delle occorrenze delle diverse facce sia equilibrata.

Questa considerazione ci porta al secondo modello della probabilità, che è quello fondamentale nelle scienze della natura e che viene chiamato modello frequentista. Questo modello definisce la probabilità di un certo evento nei termini della frequenza delle sue occorrenze in una serie temporale. Nel caso di cui sopra, dello specifico dado empirico, per controllare che non sia truccato possiamo registrare una lunga serie di lanci e valutare la distribuzione delle occorrenze delle varie facce. Se nel lungo periodo ciascuna faccia tende a presentarsi un numero di volte più o meno eguale alle altre, avremo verificato che il dado è una buona esemplificazione di equiprobabilità.

Ma naturalmente potremmo anche trovare tutt’altro, ad esempio che il 6 compare molto più spesso, e ciò indicherebbe semplicemente che il dado non è omogeneo e che le nostre facce hanno probabilità differenti da quelle attese secondo la teoria classica; in ogni caso avremmo un risultato interessante.

Un singolo dado è un caso estremamente semplice, ma anche in questo caso avremo bisogno di prolungare per un certo tempo i lanci di dadi per poter ottenere un risultato affidabile. Nel breve periodo non è inusuale che certi numeri possano uscire con una frequenza atipicamente alta o bassa, e solo estendendo nel tempo le serie possiamo vedere se avviene una progressiva convergenza stabile su certe frequenze.

Quanto più complessi i sistemi sottoposti a valutazione, tanto maggiore dev’essere il numero di tentativi e la loro registrazione nel tempo. Qui è importante capire che una probabilità di tipo frequentista non consente mai di definire probabilità future in modo certo. Tuttavia (sulla base di un assunto di ‘uniformità della natura’) se si riscontra nel lungo periodo una convergenza stabile, questo è un indice del fatto che una probabilità sta emergendo in maniera definita. Non esiste tuttavia un modo a priori in cui possiamo stabilire quando il ‘lungo periodo’ sia lungo a sufficienza. Di principio potremmo sempre incontrare sequenze in cui per un certo periodo si verifica una certa asimmetria, che poi viene rotta da un’asimmetria differente (anche alla roulette capitano volte in cui il rosso esce venti volte di fila). A definire l’estensione appropriata delle verifiche è di solito la tradizione di ricerca nello specifico campo di studio, che garantisce sulla base dei successi passati l’appropriatezza di una certa stringa temporale.

Posto che la probabilità frequentista è la probabilità rilevante in qualsiasi indagine nel campo delle scienze naturali (e di una scienza che opera su sistemi complessi come la medicina, a maggior ragione), questa breve descrizione ci dice già una prima cosa significativa: il tempo di osservazione in una sperimentazione non è una variabile arbitrariamente comprimibile, se vogliamo valutare la probabilità con cui un certo effetto può presentarsi. Questo significa che la conoscenza intorno alla probabilità dell’occorrere di certi effetti (ad esempio: effetti collaterali avversi o efficacia di risposta del sistema immunitario) risulta compromessa in presenza di una forte compressione dei tempi di sperimentazione. Inutile ricordare come tale forte compressione è proprio ciò cui si è assistito nell’elaborazione dei vaccini anti-Sars-Cov-2 ora in uso nel nostro paese.

Ma ipotizziamo per un momento che questo problema non ci fosse o fosse trascurabile. Avremmo con ciò risolto sul piano probabilistico la questione intorno all’opportunità o meno di ricevere l’inoculazione?

In verità no, non l’avremmo affatto risolta, perché nel caso in ispecie la forma di probabilità cui ci rivolgiamo è una forma più complessa di quella frequentista, e che prende il nome di probabilità soggettiva o soggettivista.

Una delle definizioni date alla probabilità soggettiva dal suo inventore, Bruno De Finetti, suona: “la probabilità di un evento E, secondo l'opinione di un determinato individuo, è uguale al prezzo che egli ritiene equo pagare per ricevere un importo unitario al verificarsi dell'evento E.”

Il riferimento al prezzo qui è un modo per quantificare il valore attribuito ad una certa opzione. La probabilità soggettiva è quella che applichiamo in tutti i casi in cui la ripetizione del medesimo evento non è disponibile: se devo valutare la probabilità di chi vinca il Campionato svolgerò la valutazione sulla base di una serie di indici qualitativi, dati dalla ricchezza della rosa disponibile, dalla tradizione di un certo team, dalla qualità dell’allenatore, ecc. Gli allibratori e i quotisti svolgono continuamente questo tipo di valutazioni, che ovviamente non possono affidarsi a reiterazioni degli eventi.

Ora, nel caso della valutazione intorno ai vaccini è importante capire qual è l’oggetto della nostra decisione. L’oggetto non è semplicemente il dato scientifico relativo all’occorrere di un certo evento, bensì l’effetto da noi vissuto di un certo evento (dell’inoculazione). Non stiamo cioè facendo scommesse sulla mera frequenza obiettiva di alcune conseguenze, conseguenze che magari scopriremo nel lungo periodo o magari no, ma sul peso di queste eventuali opzioni nella nostra vita, cioè sulla loro dimensione intensiva. Qui di ripetibile non c’è proprio nulla. Anche laddove la probabilità, supponiamo di un evento avverso, fosse definita in modo affidabile come estremamente bassa, questo non dice ancora nulla sulla probabilità soggettiva che qui si valuta, perché quella eventuale probabilità frequentista dev’essere moltiplicata per il peso attribuito soggettivamente alle sue conseguenze.

E questo processo pur avendo base soggettiva non è affatto irrazionale, perché semplicemente parte da una non intercambiabilità e non ripetibilità delle situazioni.

Facciamo un esempio tratto da rischi differenti. Immaginiamo che si debba decidere se costruire una nuova centrale nucleare in un certo territorio. Immaginiamo anche che le statistiche sulle centrali nucleari ci dicano che esse sono straordinariamente sicure, con solo tre gravi incidenti nella loro storia (Three Miles Island, Chernobyl e Fukushima). Nel momento in cui volessero costruirla nei pressi di X (e qui ognuno ci metta la città del cuore; se ne ha una) inizierebbero ad intervenire una serie di considerazioni ulteriori, che moltiplicano la bassa probabilità dell'evento per la gravità di cosa potrebbe succedere nel peggiore degli scenari. Già, perché se è la vita mia e dei miei figli e dei miei cari, o l’esistenza della mia città ad essere in questione, beh questo non è oggetto di un esperimento ripetibile.

Le ragioni soggettive per attribuire un peso massivo ad un certo rischio possono essere numerosissime e perfettamente ragionevoli:

“Non sono in fascia a rischio per la malattia, ma se mi capita qualcosa di serio come effetto avverso la mia famiglia non ha un piano B per mantenersi”;

“Ho un lavoro precario, ma non a rischio contagio, mentre se ho conseguenze significative da vaccino perdo il posto e sono in mezzo a una strada”;

“Ho una storia pregressa di reazioni avverse, ma non posso documentarla”;

“Ho già avuto la malattia, ma non posso certificarlo e temo un’iperreazione del sistema immunitario”;

“Sono in una fase delicata (gravidanza, allattamento), mi preservo, ma non voglio correre nessun rischio inutile”; ecc. ecc.

Naturalmente ci possono essere anche ragioni soggettive che amplificano il peso del rischio e che i più considererebbero infondate, tipo: “Ci somministrano sostanze per accorciarci la vita e pagare meno pensioni”, o “Ci somministrano sostanze per distruggere la fertilità e abbattere la crescita demografica”, ecc.

Sia come sia, se questi fossero tutti e soli gli elementi in campo non ci sarebbe niente da discutere. Ogni discorso intorno alla “irrazionalità” delle scelte in questione sarebbe da cestinare in partenza, visto che con riferimento agli attuali processi di inoculazione: a) non esistono valutazioni stabilizzate sul piano frequentista per valutarne in modo solido gli effetti, b) non esiste una piattaforma condivisa di ragioni soggettive atte a conferire pesi definiti a un rischio potenziale.

Chi afferma forfettariamente la “irrazionalità” o il “pregiudizio antiscientifico” di chi decide di non sottoporsi a vaccinazione dimostra semplicemente una scarsa conoscenza delle forme della decisione umana (oltre che uno scarsissimo rispetto per il prossimo e la sua autonomia).

Ma purtroppo su questa base di trattazione semplice viene ad innestarsi un elemento di interferenza. Una parte della popolazione ritiene infatti che l’altrui scelta relativa a sottoporsi o meno alla vaccinazione metta a repentaglio la propria vita. Questo passaggio complica terribilmente il quadro, perché sotto queste premesse è come se ciascun soggetto di principio decidesse sempre anche per tutti gli altri. Tesi di questo tipo hanno una forma che tende a generare strutturalmente conflittualità, e dovrebbero essere fatte circolare con molta parsimonia. Nell'attuale fattispecie questa tipologia viene supportata sulla base di due idee:

1) l’idea di una minaccia indiretta, tale per cui il non vaccinato potrebbe occupare un posto ospedaliero che, forse, se si fosse vaccinato, sarebbe stato disponibile, e questa occupazione del posto letto potrebbe danneggiare qualcun altro che, in caso di saturazione di tutti i posti, si vedrebbe negato l’accesso a quel posto;

2) l’idea di una minaccia diretta, tale per cui il non vaccinato potrebbe essere portatore di un contagio per me nocivo che forse, se si fosse vaccinato, non sarebbe avvenuto.

La prima motivazione è non solo indiretta, ma proprio distorta, in quanto di principio applicabile a chiunque: potremmo egualmente accusare di essere una minaccia per il prossimo il fumatore, o l’obeso, o lo sportivo infortunato (o, perché no, il vaccinato con effetti avversi), che se avessero agito diversamente non avrebbero occupato quel posto letto di cui potrei avere bisogno. Chi ragiona in questi termini, ritiene di avere il diritto di stabilire quali scelte altrui sulla propria vita siano accettabili e quali no. Chi ragiona così, anche se non lo sa, semplicemente rigetta l’idea di servizio sanitario universalistico, e dovrebbe più coerentemente chiedere la privatizzazione del sistema, perché quello è il punto di caduta della sua lamentela.

La seconda motivazione invece amplifica una probabilità marginale ma effettiva (la potenziale maggiore contagiosità del non vaccinato rispetto al vaccinato) fino a farne la protagonista di un danno dai contorni indefiniti: a questo modesto e incerto differenziale statistico vengono imputati morti, lockdown, e catastrofi economiche future.

In un quadro del genere, come dovrebbe essere chiaro, il principale protagonista è l’incertezza.

Abbiamo a che fare con molteplici gradi di inevitabile ignoranza, di elevata incertezza scientifica, con assegnazioni di probabilità oscillanti e mutevoli, con probabilità soggettive dai pesi variabili e in evoluzione, sulla base di nuove informazioni in corso di dispiegamento.

In questo quadro, più che in ogni altra situazione, si sarebbe dovuto procedere con moderazione e cautela, con flessibilità e massima trasparenza, ampliando quanto più possibile gli spazi del dialogo, della circolazione di informazioni, del dibattito pubblico.

Ciò che è stato fatto è andato in senso esattamente opposto: si è operato in modo autoritario, dogmatico, censorio, bloccando l’informazione, punendo il dissenso, irrigidendo le posizioni, rifiutando ogni mediazione, rilanciando sempre di più la posta, esacerbando gli animi, costruendo un capro espiatorio su cui far convergere l’odio pubblico. Si è fatto letteralmente tutto ciò che si poteva fare per creare una spaccatura sociale insanabile.

Che lo si sia fatto intenzionalmente, con l’intento di distrarre l’opinione pubblica, o con l’intento di creare le condizioni per un giro di vite nei meccanismi di controllo, o che lo si sia fatto per semplice sciatteria e stupidità, questo oramai conta poco.

La gravità di questi atti, di cui l’attuale esecutivo porta la piena responsabilità, sono un unicum nella storia della Repubblica, qualcosa di cui - se c’è ancora giustizia in questo mondo - qualcuno dovrà rispondere.

26 novembre 2021, in India i milioni e milioni di contadini vincono

Created: 22 November 2021 

India. Storica vittoria del movimento dei contadini
Una svolta epocale. Forse

di Marinella Correggia

Prima, storica vittoria di un grande movimento, quello degli agricoltori indiani, che andrà studiato per le sue modalità (pacifiche), le sue dimensioni (oceaniche), la sua costanza (quotidiana), e un contesto interamente sfavorevole (la crisi sanitaria).

Il Samyukt Kisan Morcha (Skm, Fronte unitario contadino), coordinamento di quaranta organizzazioni contadine, ha potuto annunciare che il 19 novembre 2021, «nel 358esimo giorno di una lotta che ha visto gli agricoltori uniti, perseveranti e pacifici per il ripristino della democrazia nel paese», si è verificata una «storica prima vittoria» per l’abrogazione di tre leggi – approvate in fretta nel 2020 –, che liberalizzavano il mercato agricolo a favore delle grandi imprese e a tutto scapito del mondo rurale. Infatti, a sorpresa, il primo ministro ha annunciato che le leggi in questione saranno cancellate.

All’annuncio ha fatto seguito l’esultanza composta dei contadini mobilitati da novembre 2020 alle porte di New Delhi (Singhu border).

Una presenza di piazza oceanica e andata avanti senza sosta, con decine di migliaia di persone. In allegato alcune foto, ma è utile seguire su Twitter e YouTube il costante lavoro di documentazione svolto da Kisan Ekta Morcha, il gruppo comunicazione del movimento.

Nel silenzio del resto del mondo - in altre faccende affaccendato -, i contadini attivisti hanno sopportato il freddo, poi il caldo, gli assalti della polizia, in modo pacifico e organizzato, con le loro tende, le cucine da campo solidali, il presidio medico. Nel mese di gennaio 2021, decine di milioni di contadini sono scesi nelle strade indiane per lo sciopero nazionale di protesta (Bharat Bandh), riconvocato a settembre. Movimenti di donne, tribali, lavoratori e partiti di opposizione hanno offerto il loro appoggio. Centinaia di contadini hanno perso la vita in quest’anno, chi stremato dagli sforzi, chi ucciso. Ma nessuno è riuscito a fermare il movimento; nemmeno il tentativo da parte del governo di criminalizzare i partecipanti. Non sono riusciti nemmeno ad accusarli di diffondere il Covid.

Giorni fa, il movimento agricolo internazionale La Via Campesina presente in oltre 80 paesi, aveva lanciato l’idea di celebrare l’anno di lotta, il 26 novembre, con eventi e prese di posizione: «E’ una mobilitazione storica, la più grande dei tempi recenti». «La lotta paga»,sintetizza l’Associazione rurale italiana (Ari), che di Via Campesina è membro: «Dopo un anno di mobilitazione ininterrotta, il governo nazionalista e neoliberista ha ritirato le tre controverse leggi che colpivano il mondo contadino. Complimenti ai contadini e alle contadine indiani».

Ma che questo movimento «storico e nonviolento» (così l’ha definito Ashish Mittal, uno dei principali promotori del gruppo All India Kisan Mazdoor Sabha), pacifico e di massa non possa ancora interrompersi appare chiaro nel comunicato del coordinamento Samuykt Kisan Morcha: «Aspettiamo che l’annuncio del primo ministro abbia seguito in Parlamento. Ricordiamo che l’agitazione degli agricoltori non riguarda solo l’abrogazione delle tre leggi, ma anche per una garanzia legale di prezzi remunerativi per tutti i prodotti agricoli e per tutti gli agricoltori. Questa importante richiesta degli agricoltori è ancora in sospeso». Skm «valuterà tutti gli sviluppi, e nella sua prossima riunione prenderà le ulteriori decisioni necessarie. Skm rende il suo umile omaggio a circa 675 agricoltori che hanno perso la vita in questa agitazione finora, e afferma che il loro sacrificio non sarà vano. Il governo del Punjab ha annunciato che dedicherà loro un memoriale. La vittoria è dedicata anche ai lavoratori, alle donne e ai tribali diventati parte del movimento». Gli agricoltori chiedono anche che vadano avanti celermente i procedimenti giudiziari contro i colpevoli di omicidio contro diversi agricoltori e anche azioni contro un leader del partito al governo (Bjp) che aveva insultato pesantemente i membri del movimento.

E Rakesh Tikait, leader del sindacato Bhartiya Kisan Union (Bku) ha avvertito che l’annuncio di Modi potrebbe essere una manovra elettorale, visti i timori del suo partito per le prossime elezioni in vari Stati.

La situazione del mondo rurale nel subcontinente indiano, peggiorata negli ultimi tempi a causa di misure scriteriate come un lockdown totale imposto nel marzo 2020 (con il risultato dell’espulsione dalle città di milioni di lavoratori informali inurbati), risulta chiara dai dati sui suicidi. Perfin quelli ufficiali, sottostimati. Il National Crime Records Bureau (Ncrb) on Accidental Deaths and Suicides in India ha registrato per il solo anno 2019 ben 10281 suicidi fra agricoltori (proprietari della terra che coltivano) e 32559 fra i braccianti agricoli…

Creare e mantenere paura&caos questo da l'Occidente

Created: 22 November 2021 

Le tre frontiere del Sahel

di Mauro Armanino

Niamey, 24 ottobre 2021. …’E’ la zona, oggi, nella quale abbiamo più vulnerabilità, dove le popolazioni sono veramente nel bisogno, spogliate di tutto, con persone sfollate e dove i bisogni sociali sono enormi. Pertanto il programma che abbiamo lanciato è destinato a dotare le popolazioni di dispensari, scuole e, cosa ancora più importante, di pozzi’, spiega Mikailou Sidibé, capo del dipartimento strutture del G5 Sahel. Sidibé allude a un finanziamento del governo tedesco che, nel quadro del G5 Sahel (forza congiunta di militari della Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger e Chad), darà la priorità alle popolazioni vittime del terrorismo. La zona scelta è quella del Liptako-Gourma chiamata delle ‘tre frontiere’: Burkina- Mali-Niger, dove la presenza dei gruppi terroristi accentua la povertà e l’insicurezza. In realtà le tre frontiere sono altre!

La prima è quella dell’ipocrisia bellico-umanitaria e che consiste, come da copione di un film già visto altrove, nel preparare il terreno alla creazione del caos, facilitarne il mantenimento e infine arrivare, tramite gli attesi finanziamenti, come i salvatori della patria. Fuochisti e pompieri a seconda delle convenienze, per ‘attirare’ fondi, finanziamenti per progetti di sviluppo.

Esattamente come per i Gruppi Armati Terroristi e le ‘Forze Regolari’, di militari locali e stranieri. Commerci, armi e geopolitiche delle risorse si aggrovigliano per formare un fronte unico: finché c’è guerra c’è futuro per i fabbricanti di guerre.

Analogamente, accade lo stesso processo nel delicato ambito migratorio. Prima si crea la frontiera esteriore dell’Europa nel Sahel, impedendo ‘manu militari’ la libera mobilità dei migranti e, in cambio, si introducono piani fasulli di sviluppo, chiamati ‘Fondi Fiduciari’, che vanno alle ‘radici profonde delle migrazioni’. La logica è la stessa di cui sopra: solo cambia il settore di intervento, gli attori e i necessari dispositivi di applicazione. Anzitutto con la fabbricazione e l’imposizione di un concetto applicabile ed esportabile di ‘frontiere’. Seguono poi i meccanismi di formazione e di gestione delle stesse con EUCAP Sahel (Missione civile di sostegno alle capacità di sicurezza interiore), l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, OIM, per i rimpatri (naturalmente volontari) e infine il mondo umanitario. Quest’ultimo si occupa, grazie ancora ai finanziamenti europei, di lenire le ferite della carne dei migranti, senza beninteso mettere in discussione il sistema che produce ciò. Questa è la seconda frontiera del Sahel.

La terza frontiera, invece, somiglia paurosamente ad un abisso che separa, attraversandolo da cima a fondo, il mondo stesso. Un abisso che, come nella nota parabola del ricco che banchetta quotidiamente con gli amici nel suo palazzo e del povero Lazaro che, invisibile ai suoi occhi, giace alla porta cercando di sfamarsi con le briciole che cadono dalla sua mensa. L’abisso esiste e cresce grazie anche alla globalizzazione dell’invisibilità dei numerosi ‘Lazzari’ che oggi assumono l’onore e l’onère di trasformare il mondo a partire dalla debolezza. L’abisso tra Nord e Sud non è solo tra i continenti ma si riproduce all’interno degli stessi continenti, nei Paesi, nelle città e nelle campagne dimenticate, tra le generazioni e infine nello spirito umano più profondo chiamato cuore. Questa terza frontiera, l’abisso, è quella che rappresenta il modello e la produzione delle altre due precedentemente citate. In genere si manifesta all’esterno con muri, reticolati, campi di detenzione, cimiteri delocalizzati e confinamenti di popoli interi.

Ecco perché i guardiani delle radici e i costruttori di ponti sono visti dall’abisso come una minaccia. Solo da loro germoglia il futuro della quarta frontiera chiamata utopia.

Il declino del logos democratico, della parola che argomenta e problematizza è stata sostituita dal sensazionalismo irrazionale

Created: 22 November 2021

L’era del gabbiano

di Salvatore Bravo

Filippo Facci definisce i non vaccinati “armi batteriologiche che camminano” e ne propone l’arresto. A queste affermazioni se ne potrebbero aggiungere innumerevoli, vi sono virologi che hanno proposto di far pagare le cure agli ammalati, se si ascoltano le TV statali e private si incita al terrore, i non vaccinati sono indicati come la causa della recrudescenza del virus. Sono i sintomi di una democrazia che ha perso il suo fondamento essenziale: la ragione pubblica come condizione imprescindibile per trascendere posizioni ideologiche, pregiudizi e chiusure private. La malattia si diffonde con la paura che si trasforma in terrore e angoscia, su di essa si innesta la società dello spettacolo, l’abitudine a forme di narcisismo deteriore, la ricerca spasmodica del “mezzo” più efficace per essere al centro dello spettacolo favorisce forme parossistiche di narcisismo deleterie. Siamo dinanzi al capitalismo che divora le istituzioni come le persone. Simili affermazioni vengono evidenziate dai mezzi di comunicazione, non solo perché coerenti con gli ordini delle oligarchie con annesse strategie di dominio, ma anche in quanto il declino del logos democratico, della parola che argomenta e problematizza è stata sostituita dal sensazionalismo irrazionale: si grida sempre più forte in modo da poter apparire, i messaggi non sono filtrati dalla razionalità, ma usati per l’attenzione mediatica.

Nel regno dei fuchi il concetto muore, la ragione declina, non resta che la violenza verbale dei tarantolati che prepara la violenza fisica. La democrazia è salda, se le minoranze sono protette, se la libertà del concetto diviene patrimonio comune. Vi sono i tragici sintomi di una patologia che sta divorando il corpo della democrazia da più fronti: la privatizzazione-valorizzazione di ogni servizio pubblico è alleata con la caccia ai dissidenti. Questi ultimi derisi, colpevolizzati e annientati nelle loro ragioni sono rappresentati come colpevoli. Si alzano le barriere della violenza per dirigere l’attenzione pubblica verso i dissenzienti e nel frattempo le oligarchie del capitale nazionali e globali si impossessano dei beni pubblici e dei residui della vita comunitaria esistente. Si sta volutamente immettendo nel corpo pubblico il veleno della divisione orizzontale per permettere alle nuove divinità del capitale di prendersi tutto. Il veleno inoculato nella pubblica opinione per essere smaltito necessita di pubblica ed equilibrata discussione, invece la menzogna è diventata verità, il bene pubblico è definito come male. Oggi la totalità del sistema è falsa, e non è difficile constatarlo, è sufficiente raccogliere dati e affermazioni per verificarlo. In questa trasvalutazione di ogni valore democratico la parola precipita nell’irrazionale, è parte della violenza in atto, forse prepara la violenza fisica. Ogni sistema totalitario saggia i livelli d’azione, se ad ogni sfondamento di ciò che era impensabile nulla accade, nessuna reazione da parte del pubblico si oppone, procede al livello superiore. Nessuna pubblica responsabilità delle parole vige, ma solo azione finalizzata a distruggere i dissidenti più fragili per dominare in toto i sudditi passivizzati da una campagna di terrore e contraddizioni scientifiche dinanzi alle quali si deve tacere e avere fede. La sudditanza alla scienza è diventata, in tale clima, una forma perversa di educazione collettiva alla passività, si insegna a dire di “sì” e a offrirsi corpo e mente alla patria dei capitali che con i suoi sgherri ha perso il senso del limite. L’Europa tace e dimostra di essere al servizio del capitale, pertanto interviene per condannare presunte derive fascistoidi, nel caso vi siano Stati che pongano un limite alle liberalizzazione e alla negazione delle identità (Ungheria, Polonia), nessuna parola sulla pericolosa deriva italiana. La verità nella sua brutalità è dinanzi a noi.

Prima della foto di rito del G 20 a Roma dinanzi alla fontana di Trevi un gabbiano col suo becco poderoso e tagliente ha sventrato una cornacchia, le cronache riportano l’episodio come un dato privo di significato. La storia si fa palese con i simboli, siamo dinanzi al gabbiano colonizzatore che sventra il più debole per farne pasto, per non finire come la cornacchia dinanzi al volo dei mille gabbiani che stanno planando malvagi sulle nostre teste dobbiamo opporre la parola resa pubblica nelle manifestazioni, non cadere nella trappola della contraddizione violenta dei gabbiani colonizzatori del corpo e dello spirito, ma difendere la civiltà dai deliri programmati che minacciano e preparano tempi peggiori. Il virus che stanno inoculando nell’opinione e nella vita pubblica resterà per molto tempo, sta a noi non permettere che sedimenti e crei mostri. Non è il momento di arretrare, ma di avanzare per difendere quello che resta della democrazia, la quale è patrimonio di ogni cittadino, è res publica, per cui ciascuno è invitato ad opporre alla barbarie la parola della civiltà.

Linea rossa - i dati inventati dal Bambino Gesù di Roma e l'incompetenza di conoscenza del patogeno virus

Dubbi sui vaccini ai bimbi
di CoScienze Critiche
18 novembre 2021

Riceviamo e pubblichiamo la lettera inviata dall’associazione CoScienze critiche, con la quale i promotori rispondono al Professor Carlo Federico Perno, intervistato da HuffPost. L'associazione CoScienze Critiche ha lanciato negli scorsi giorni l’appello contro il Green Pass sottoscritto da diversi professori universitari


Come accademici e come genitori non possiamo che esternare la nostra contrarietà e preoccupazione per le parole del Professor Carlo Federico Perno dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.

La questione parte dalla recente autorizzazione negli USA da parte della Food and Drug Administration (FDA) all’uso in emergenza (si legge emergenza) del vaccino Pfizer-BioNTech COVID-19 per i bambini di età compresa tra 5 e 11 anni. Il Prof. Perno, intervistato dall’Huffington Post il 3 novembre, sostiene che i bambini di età compresa tra 5 e 11 anni devono essere vaccinati anche in Italia e rassicura i genitori che il vaccino è sicuro e necessario. Il professore si spinge ben oltre, sostenendo la vaccinazione per tutti i bambini, anche per i più piccoli di 0-5 anni.

Il ragionamento alla base delle rassicurazioni del Prof. Perno è articolato su tre piani. Il primo riguarda i motivi che dovrebbero spingere alla vaccinazione. Il pediatra fa riferimento in modo generico a statistiche internazionali e alla sua esperienza di ricoveri all’ospedale Bambino Gesù e afferma che la vaccinazione serve per preservare i bambini dal virus, poiché non sono immuni al Covid. Quando si sostiene una vaccinazione dell’intera popolazione, e soprattutto per i bambini, è necessario essere accurati. Guardiamo quindi i dati da vicino.

Dal report dell’Istituto Superiore di Sanità del 20 ottobre 2021 si rileva che in Italia, nella fascia di età 0-5, il numero complessivo di casi positivi al test RT-PCR per il Sars-Cov-2 è pari 138.167, con una percentuale di decessi dello 0,00008%; per la fascia di età 6-10 anni il numero di positivi è 179.660 con una percentuale di decessi dello 0,00003%. Considerando l’intera popolazione 0-19 anni, essa è pari a circa 10.600.000 bambini/ragazzi (dati ISTAT) e i casi positivi rilevati fino a ottobre 2021 sono circa 770.000, con 35 decessi da inizio pandemia.

Ciò significa che il rischio in questa fascia d’età di contrarre il virus e poi morirne è stimabile in 2,9 per milione. Da notare che la quasi totalità dei decessi nei bambini positivi per il Sars-Cov-2 è concomitante con gravissime patologie pregresse e che la probabilità media di morte per qualsiasi causa per la fascia 1-19 è 112 per milione, quindi 38 volte più elevata di quella legata alla singola COVID-19.

Chiaramente ogni vita è preziosa e va difesa. Come genitori sicuramente pensiamo alla salute dei nostri propri figli e non alle statistiche. Non ci sarebbero dubbi sulla vaccinazione se vi fossero solo benefici, o almeno benefici noti superiori a rischi altrettanto noti, ossia se il vaccino fosse inequivocabilmente uno strumento per proteggere la salute dei bambini. Tuttavia, ogni farmaco ha effetti avversi e la decisione di somministrare un qualunque trattamento medico deve basarsi necessariamente su un bilancio rischi/benefici. Questo lo sa bene il Prof. Perno che, proseguendo nel suo ragionamento, affronta la questione della sicurezza dei vaccini. Egli afferma che “i dati che ci sono, sono già molto solidi e dicono che non ci sono effetti collaterali gravi. La miocardite? Nessun caso nello studio dei bambini di 6-11 anni, e casi sporadici tra gli adolescenti, a risoluzione benigna.”

Questa parte del ragionamento è la più discutibile, poiché giunge a conclusioni in assenza di evidenze scientifiche. Andiamo a guardare il report su cui è basata la decisione della FDA. Per quanto riguarda i bambini 0-5 anni, non ci sono dati disponibili circa l’efficacia e la sicurezza dei vaccini. Poiché non è possibile affermare che il vaccino sia sicuro né il suo contrario, non possiamo nemmeno affermare che devono essere vaccinati anche i bambini 0-5 anni perché i vaccini sono efficaci e sicuri. In generale, i vaccini anti COVID-19 quando usati su ampia scala nel mondo reale hanno mostrato molti più effetti collaterali che nella sperimentazione del trial clinico, con effetti avversi maggiori per la fascia dei giovani, come dimostrato da diversi studi pubblicati su riviste scientifiche (per esempio, Alghamdi et al., Frontiers in medicine, 2021, 760047, o anche Cari et al., J. of Epidemiology, 2021, 125, 102742), al punto di non essere più raccomandati o addirittura sconsigliati in questa fascia.

Il secondo piano del ragionamento riguarda la vaccinazione sui bambini 5-11 anni e la sicurezza del vaccino. Il Prof. Perno riporta che “tutti e 3.000 i bambini che sono stati studiati per questa vaccinazione non hanno avuto effetti collaterali gravi”. Se osserviamo i dati effettivamente disponibili, constatiamo che non sono a tutt’oggi disponibili specifiche pubblicazioni scientifiche a riguardo. I dati che la FDA ha utilizzato per giustificare la vaccinazione dei bambini dai 5 agli 11 anni (circa 4.600 volontari tra cui 3.100 hanno ricevuto il vaccino) sono riassunti e consultabili qui.

In breve: i bambini a cui è stato somministrato il vaccino Pfizer-BioNTech COVID-19 hanno avuto effetti collaterali simili a quelli sperimentati dalle persone di 16 anni e più. Gli effetti collaterali più comunemente riportati includono: dolore nel punto ove è stata praticata l’iniezione; fatica; mal di testa; brividi; dolore muscolare; febbre; dolore alle articolazioni; linfonodi gonfi; nausea; diminuzione dell’appetito. Similmente agli adulti, entro 2 giorni dalla vaccinazione i bambini manifestano effetti collaterali, che in genere durano da 1 a 3 giorni. Più bambini hanno riportato questi effetti collaterali, tranne il dolore al sito di iniezione, dopo la seconda dose del vaccino.

La principale preoccupazione per gli effetti avversi riguarda le miocarditi. Il Prof. Perno afferma: “La miocardite? Nessun caso nello studio dei bambini di 6-11 anni, e casi sporadici tra gli adolescenti, a risoluzione benigna”. Anche in questo caso, l’affermazione appare superficiale e non basata sui dati, che invece indicano un rapporto rischi/benefici che non supporta la vaccinazione di massa, come già discusso sul prestigioso British Medical Journal. Per i bambini maschi di età 5-11 anni, il rischio di ricovero in terapia intensiva a causa della miocardite post vaccinazione è dello stesso ordine dei presunti ricoveri in terapia intensiva a causa COVID, che il vaccino eviterebbe. Inoltre, il rischio di miocardite stimato (1 su 10.000, con un terzo che richiede cure intensive) è stato ottenuto per estrapolazione dalla popolazione adulta. La stessa FDA nel documento di valutazione sulla sicurezza/efficacia del vaccino BNT162B2 sui bambini di 5-11 anni dichiara che “La dimensione del database di sicurezza non è abbastanza grande per rilevare qualsiasi rischio potenziale di miocardite associati alla vaccinazione. Per questo motivo, la sicurezza a lungo termine del vaccino COVID-19 in partecipanti da 5 a <12 anni di età sarà studiata in 5 studi di sicurezza post-autorizzazione, compreso uno studio di follow-up di 5 anni per valutare le sequele a lungo termine della post-vaccinazione miocardite/pericardite”.

A questo punto è necessario fare almeno tre osservazioni:

i) Un campione di 3.600 bambini non è evidentemente sufficiente a valutare un rischio di miocardite stimato in 1 su 10.000. I bambini sani sono soggetti che hanno una bassissima probabilità di prendere il virus e, anche qualora ciò accadesse, essi hanno un’altissima probabilità di guarire e sviluppare, o aver già sviluppato, un’immunità naturale più efficace di quella da vaccino;

ii) i dati utilizzati per calcolare il rischio di effetti collaterali nei bambini 5-11 anni non sono stati effettivamente misurati, ma solo stimati sulla base di quanto osservato nello studio sulla popolazione adulta! Ogni medico dovrebbe sapere che gli effetti possono essere ben diversi e più gravi tra bambini in età pediatrica e adolescenti o adulti e questo vale sia per la fascia 5-11 sia per quella 0-5;

iii) i bambini sottoposti ai test clinici sono stati monitorati solo nel breve termine (circa 2 mesi). La FDA stessa dichiara: “Non sono ancora disponibili informazioni sulle potenziali sequele a lungo termine e sugli esiti negli individui colpiti, o se il vaccino possa essere associato inizialmente a una miocardite subclinica (e se sì, quali sono le conseguenze a lungo termine)”. A tale proposito, come chiarisce un’analisi di cardiologi tedeschi, a dispetto della risoluzione benigna a brevissimo termine, la prognosi per la miocardite virale è generalmente piuttosto sfavorevole: quasi il 40% dei pazienti affetti è morto entro i successivi dieci anni, la maggior parte per cause cardiache, e uno su dieci ha sofferto di infarto con esito fatale.

Sottolineiamo questo aspetto: per i bambini, a fronte di una possibilità di ammalarsi di COVID-19 quasi trascurabile, nulla conosciamo degli effetti a lungo termine di questi vaccini anti-COVID. Inoltre, i bambini non sono affatto dei piccoli adulti, poiché il loro sistema immunitario si sviluppa nel corso del tempo. Anche se i bambini raggiungono livelli di immunità simili a quelli degli adulti intorno ai 6 anni di età, il ritmo varia da bambino a bambino, in base a fattori genetici e ambientali. Valutare i vaccini anti COVID-19 nei più piccoli richiederebbe quindi una strategia totalmente nuova per rilevare se hanno bisogno di una formulazione e/o di un dosaggio diversi.

Proprio in relazione ai potenziali effetti sul lungo termine, giungiamo quindi alla parte più preoccupante delle dichiarazioni del Prof. Perno che ricorda che “ci sono i Post Authorisation Study: d’ora in poi il vaccino sarà somministrato ai bambini e continuerà l’osservazione attentissima sugli effetti collaterali dopo ciascuna somministrazione. Quindi lo studio su 3.000 bambini continuerà con un’osservazione su numeri ben più ampi. Qualcuno potrebbe ripetere la banalità che quindi è un vaccino sperimentale, laddove tutte, ripeto tutte, le vaccinazioni richiedono un registro di osservazione delle reazioni avverse che prosegue per anni. Quindi non sperimentazione, ma osservazione”. Infine, riferendosi ai 28 milioni di bambini da vaccinare negli USA afferma: “Ebbene, provi ad immaginare che tutti questi bambini, ammesso (e temo non concesso) che si vaccineranno tutti, uno per uno entreranno nella valutazione quando saranno vaccinati e saranno seguiti per registrare qualsiasi effetto collaterale dovesse emergere”. Dovremmo dunque valutare i rischi derivanti dalla vaccinazione anti-COVID nei bambini grazie alla somministrazione di massa? Una valutazione dei rischi a posteriori è una valutazione del danno.

Giungiamo all’ultimo piano affrontato dal Prof. Perno e dunque al fatto che, oltre alle questioni pratiche e tecniche, sia imperativo discutere le considerazioni etiche riguardanti la vaccinazione infantile COVID-19. Poiché l’incidenza e la gravità della malattia COVID-19 sono molto basse nei bambini, la vaccinazione non dovrebbe essere eseguita principalmente per la loro protezione, ma per quella della comunità, principalmente degli anziani o degli individui ad alto rischio. Come è possibile sostenere che la società dovrebbe vaccinare i bambini, sottoponendoli a qualsiasi rischio, non allo scopo di conferire loro un beneficio diretto, ma per proteggere gli adulti? Noi crediamo che l’onere di proteggere sia a carico degli adulti verso i bambini e non viceversa. In diverse giurisdizioni del mondo, la stragrande maggioranza degli adulti, compresi quelli ad alto rischio, non sono stati vaccinati completamente contro il COVID-19. Se l’obiettivo fosse quello di proteggere gli adulti, non si dovrebbero concentrare gli sforzi per assicurare che gli adulti siano completamente protetti (tramite iniziative terapeutiche e sanitarie adeguate e aggiornate) piuttosto che puntare sui bambini? La considerazione rischio/beneficio può essere diversa nei bambini a rischio relativamente più alto di malattia grave, come quelli che sono obesi o immunocompromessi.

Lo ribadiamo, certi che non possa esserci smentita: i rischi a lungo termine dei nuovi vaccini COVID-19 su una popolazione di milioni di bambini sono al momento sconosciuti, dato che le sperimentazioni cliniche hanno coinvolto poche migliaia di soggetti e per pochi mesi. Semplicemente, non ci sono dati. Vaccinare i bambini sarebbe perciò un modo per trattarli come mezzi per servire gli interessi di altre persone o una qualche forma di bene collettivo, come già fatto attraverso lockdown e altre restrizioni, quali la chiusura delle scuole, su cui non ci sono evidenze e consenso unanime circa l’efficacia nel mitigare o contenere la diffusione del virus. Inoltre, i vaccini COVID-19 pediatrici dovrebbero essere dimostrati efficienti nell’interruzione o nella riduzione della trasmissione del virus. Sfortunatamente e dato il nostro attuale stato di conoscenza, i vaccini anti COVID-19 attualmente disponibili non soddisfano nessuna delle due condizioni neanche negli adulti. Non solo, vaccinare i bambini comporterebbe per loro rischi senza alcun beneficio diretto sostanziale. Inoltre, vaccinare i bambini potrebbe andare a vantaggio della collettività solo se ciò riducesse in effetti i livelli di diffusione della infezione nel corpo sociale. Tuttavia, sebbene i vaccini COVID-19 forniscano quasi certamente una protezione a medio termine contro i sintomi gravi e contro il rischio di decesso, la loro efficacia nel bloccare l’infezione è incompleta e molto probabilmente transitoria (3-6 mesi). Un articolo pubblicato nel 2021 sulla prestigiosa rivista Lancet, infatti, riporta che “La vaccinazione riduce il rischio di infezione con variante delta e accelera la clearance virale. Tuttavia, gli individui completamente vaccinati che hanno preso l’infezione hanno una carica virale di picco simile ai casi non vaccinati e possono trasmettere efficacemente l’infezione”. Ciò significa che, in realtà, non c’è alcun beneficio collettivo a compensare il possibile danno individuale causato ai bambini attraverso la vaccinazione. A maggior ragione se la vaccinazione dovesse essere effettuata in massa e su base regolare per via del rapido decadimento della protezione conferita, ad esempio ogni sei mesi o un anno, aggravando ulteriormente i potenziali rischi di effetti avversi.

Alla luce di tutte queste considerazioni, l’affermazione che vaccinare i bambini contro SARS-CoV-2 possa proteggere gli adulti rimane ipotetica. Anche supponendo che questa protezione esista, considerando i bassi tassi di trasmissione, l’elevata percentuale di bambini già post-COVID e la maggior parte degli adulti vaccinati o post-COVID, il numero di bambini che dovrebbero essere vaccinati per proteggere un solo adulto da un grave attacco di COVID-19, sarebbe straordinariamente alto.

Un ulteriore punto del ragionamento del Prof. Perno necessita un’ultima discussione e riflessione. Secondo il professore, la ragione per vaccinare anche nella tenera infanzia è legata tra l’altro all’obiettivo di eliminare la circolazione del virus: “Vogliamo lavorare in tutto il mondo per l’eradicazione del virus? Allora dobbiamo cercare di vaccinare tutti e quindi anche i bimbi tra 0 e 5 anni”.

A questa affermazione del Prof. Perno rispondiamo che non solo l’eradicazione dei virus non è minimamente plausibile, ma anche la supposta immunità di gregge con la vaccinazione di massa è irraggiungibile perché:

- gli attuali vaccini riducono solo parzialmente la trasmissione e sono molto meno efficaci sulle varianti dominanti a oggi;

- le nuove varianti, con probabile resistenza ai vaccini, si diffondono velocemente con i movimenti delle popolazioni. Alti tassi di immunizzazione con vaccini imperfetti, come quelli attuali, potrebbero creare pressioni selettive con vantaggi per varianti più virulente, che potrebbero diffondersi con maggiore facilità tra i vaccinati (Read et al. 2015. PLoS Biology, 13(7), e1002198.);

- l’efficacia e la durata della protezione da vaccino sembra ridursi dopo pochi mesi (da 2 a 6 in base alla tipologia di vaccino) e a oggi è stabilita la necessità di dosi di richiamo per mantenere l’immunità, restando sconosciuto l’effetto di richiami periodici;

- le campagne vaccinali procedono a ritmi diversi nei diversi paesi e nelle regioni, e comunque i problemi per vaccinare/rivaccinare otto miliardi di persone non sembrano gestibili;

- i vaccinati possono tendere a comportamenti meno attenti per eccesso di sicurezza.

In più, la popolazione pediatrica è eterogenea, con caratteri fisiologici distinti anche nelle varie fasce d’età. I bambini sono più suscettibili degli adulti a effetti avversi dei farmaci, reagiscono in modo molto diverso a seconda dell’età. L’aggiunta di nuove vaccinazioni nei calendari vaccinali potrebbe fare insorgere interazioni con le vaccinazioni di routine con esito non prevedibile.

Con riferimento alle prove scientifiche disponibili, senza rinunciare a discutere delle strategie più efficaci contro la pandemia e rifiutando strumentalizzazioni antivacciniste, rivendichiamo l’imperativo ippocratico primum non nocere come principio base per ogni medico e misura di sanità pubblica. I bambini sono i meno colpiti dalla pandemia, ma rischiano di essere le sue più grandi vittime.

Prof. Leonardo Vignoli

Prof. Daniele Porretta

Prof. David Conversi

Prof.ssa Maria Luisa Chiusano

Dott.ssa Marina Piscopo

Dott.ssa Lucia Cicchillitti

Prof. Marco Milanesio

Prof. Nicola Schiavone

Prof. Gandolfo Dominici

Prof. Salvatore Valiante

Prof. Lorenzo Maria Pacini

Associazione CoScienze Critiche

Crollo di un'altro giocatore. Nessuna correlazione

Un altro giocatore di calcio professionista crolla improvvisamente nel bel mezzo di una partita

Tyler Durden's Photo
DI TYLER DURDEN
VENERDÌ 26 NOVEMBRE 2021 - 05:00

Scritto da Paul Joseph Watson via Summit News,

Ancora un altro calciatore professionista è crollato improvvisamente nel bel mezzo di una partita ieri sera durante il pareggio di Champions League del Real Madrid con lo sceriffo Tiraspol in Moldavia.

Il 26enne ala dello Sherrif Tiraspol Adama Traore è stato visto stringersi il petto mentre si accasciava a terra al 77 ° minuto.

L'attaccante del Mali è rimasto giù mentre i medici si precipitavano in campo per aiutarlo, inizialmente cercando di rianimarlo con sali odorosi con scarso successo.

"È stato visto scuotere la testa in risposta alle domande dei medici e alla fine è stato sollevato in una posizione seduta prima di essere aiutato fuori dal campo e di nuovo nello spogliatoio", riferisce il Daily Mail.

"La parte moldava deve ancora dettagliare le ragioni per cui Traore soffriva di dolori al petto".

Il crollo di Traore avvenne la notte dopo che un altro giocatore, John Fleck dello Sheffield United, andò giù allo stesso modo durante una partita contro il Reading.

Fleck ha dovuto essere portato via su una barella dopo aver ricevuto un lungo trattamento e aver ricevuto una maschera di ossigeno prima di essere portato in ospedale.

Come abbiamo evidenziato in precedenza,quando un esperto radiofonico ha tentato di mettere in discussione se Fleck avesse ricevuto il vaccino COVID, il feed live dello spettacolo è stato rapidamente tagliato.

Come riportatoin precedenza, il principale quotidiano tedesco Berliner Zeitung ha recentemente pubblicato un rapporto che cerca di rispondere al motivo per cui un "numero insolitamente elevato di calciatori professionisti e dilettanti è crollato di recente".

L'articolo elencava un gran numero di casi recenti di calciatori che hanno avuto problemi cardiaci o sono crollati sul campo, in alcuni casi portando alla morte

Anche altri atleti professionisti hanno recentemente sofferto di problemi di salute simili, tra cui il 24enne giocatore di hockey slovacco Boris Sádecký, morto tragicamente dopo essere crollato sul ghiaccio durante una partita il mese scorso.

Secondo un rapporto della dottoressa Yaffa Shir-Raz, c'è stato un "aumento di 5 volte delle morti cardiache improvvise dei giocatori FIFA nel 2021".

"Allora, cosa sta causando questa improvvisa epidemia?" chiede Shir-Raz

Cosa potrebbe causare tutti questi improvvisi crolli di atleti professionisti altrimenti d'élite, in forma e sani?

La mente sbalordisce.

https://www.zerohedge.com/medical/another-professional-soccer-player-suddenly-collapses-middle-game?utm_source=&utm_medium=email&utm_campaign=306

L'intera proposta politica che siede nell'attuale Parlamento è tutta tesa a giocare la propria partita per rosicchiare un pochino di consenso in più della vita reale, non pervenuto

SPY FINANZA/ La vera partita che si gioca in Italia dietro il super green pass

Pubblicazione: 26.11.2021 - Mauro Bottarelli

Con il super green pass l’Italia non cerca solo di salvare il Pil. In gioco c’è la ridefinizione degli equilibri politico-istituzionali

Palazzo Chigi (LaPresse)

Missione: salvare il Natale. Quanto annunciato dal Governo ricorda il titolo di uno di quei film destinati a diventare un classico delle festività, come Una poltrona per due o Mamma ho perso l’aereo. In realtà, tradisce qualcosa di ben più serio. E per una volta, generalizzato. Perché a confermare come la lotta al Covid sia di fatto diventata a tutti gli effetti una strategia politica sistemica ci ha pensato per prima la Germania, poche ore prima della conferenza stampa di Mario Draghi.

Olaf Scholz annunciava la nascita del Governo semaforo e immediatamente Angela Merkel battezzava il ciclo di opposizione della Cdu, rendendo noto come il nuovo esecutivo abbia bocciato l’ipotesi di lockdown nazionale sul modello austriaco per due settimane che giaceva sul tavolo e attendeva solo la firma del nuovo Cancelliere. Il tutto alla luce di oltre 60.000 nuovi contagi in un giorno, il superamento di quota 100.000 vittime da inizio pandemia e una performance millenaristica da Nostradamus del virus messa in campo solo 48 ore prima dal ministro della Sanità. Invece no, si farà in altro modo. Perché l’economia tedesca rallenta troppo e una chiusura adesso è un lusso che nessuna terapia intensiva affollata può far permettere all’esecutivo socialdemocratico di correre.

Come vedete, nulla che si basi su evidenze scientifiche o su raccomandazioni dell’autorevole Istituto Koch: solo scelta politica, mero calcolo costi/benefici in chiave di Pil e indice Ifo. E ripeto, rispetto all’Italia, la Germania con i suoi numeri appare realmente in emergenza nera.

Veniamo a noi, adesso. E alla missione di salvare il Natale. Quantomeno, alla luce dell’arco temporale di validità di questa nuova stretta, il cosiddetto super green pass. Nel mio articolo dell’altro giorno dicevo che se fosse prevalsa la linea dura voluta da ministro Speranza e Regioni, avremmo avuto un chiaro segnale di indirizzo politico: Mario Draghi ha optato per il Quirinale e Matteo Salvini vede la sua leadership sgretolarsi ogni giorno di più, fiaccata più di quanto credesse nelle fondamenta dallo scontro con il ministro Giorgetti. È andata così. Vi faccio notare solo una questione, a mio avviso decisamente dirimente e significativa: davvero un canarino nella miniera della strategicità extra-sanitaria di quanto sta avvenendo. Contro ogni previsione, persino del professor Bassetti che nel pomeriggio di ieri escludeva il provvedimento evocando problemi di ordine pubblico ed economico, è stato introdotto l’obbligo di green pass base per accedere ai mezzi del trasporto pubblico locale. Per Milano sapete cosa significa? Ogni giorno sulla rete di trasporto del capoluogo lombardo transita una media di 800.000 utenti: impossibile controllarli tutti.

Primo perché manca il personale ATM e si spera che vigili urbani, polizia e carabinieri vengano utilizzati per arrestare stupratori e rapinatori e non portoghesi del vaccino, stante l’obbligo di mascherina su tutta la rete e tutti i mezzi di trasporto. Secondo perché o si schierano i controlli a tutti i tornelli della metro, su tutti i tram e gli autobus, creando ritardi e file a tutta l’utenza (e quindi potenziali rivoluzioni in una città come Milano) oppure l’ATM, il sindaco Sala e anche il Prefetto dovranno alzare le mani di fronte all’evidenza. Terzo, l’unico modo sarebbe creare a tempo di record un software che blocca la possibilità di caricare l’abbonamento ATM di dicembre in assenza di green pass da parte del richiedente: ce la faranno, in meno di una settimana? E poi, è costituzionale o siamo alle soglie del Trojan di Stato?

Insomma, il classico, enorme spot con attuabilità ed efficacia a forte rischio dalla prova dei fatti. Serviva inviare un segnale politico e non sanitario. Serviva fare una scelta e la scelta è stata quella di colpire il 10-13% di popolazione ancora renitente al vaccino per garantirsi l’approvazione dell’87-90%, già preoccupato per veglioni deserti e cenoni con la mascherina. Di fatto, consenso. Ci sarà qualche prima dose in più, grazie al ricatto nemmeno troppo sottile di un Natale in solitaria e senza cinema il giorno di Santo Stefano? Magari sì. Meglio. Ma signori, vogliamo guardarla in faccia la realtà? Quanto appena deciso è stata l’instaurazione di un regime di anestesia sociale che accompagni il Paese da qui alla fase calda dell’affaire Quirinale, ovvero la scelta del nuovo capo dello Stato. Panem et circenses in salsa natalizia e sponsorizzato da Pfizer, l’illusione di un mondo festivo senza untori sul tram o a teatro o allo stadio. Dove, ad esempio, per Inter-Napoli erano presenti circa 65.000 persone, tutte con green pass ma tutte senza mascherina. Quanti di loro avevano ricevuto la prima dose (e magari unica, quella necessaria appunto per ottenere il certificato verde) da più di sei mesi, quindi con un potenziale immunitario crollato di oltre il 60% e una vita sociale il cui carico virologico è stato potenzialmente portato dentro lo stadio, insieme alla sciarpa della squadra del cuore? E ho fatto solo l’esempio più eclatante.

Mentre Mario Draghi parlava, lo spread chiudeva la sua giornata di oscillazioni in area 130 punti base, dopo aver toccato il massimo di 135. Questo, nonostante la Bce stia dando vita da giorni a una compilation di rassicurazioni, cui proprio mercoledì si era unito a sorpresa anche il numero uno della Banca centrale austriaca, Robert Holzmann, il quale aveva messo in guardia dai rischi di un ritiro troppo rapido delle misure di sostegno. Insomma, come dicono gli anglosassoni, aveva nevicato all’inferno. E poi con mezza Europa alle prese con la quarta ondata, la prosecuzione del Pepp dopo il 31 marzo appare assicurata. Esiste un problema pandemico-sanitario? Eccome, lo testimoniano i dati. Quanto deciso in ordine sparso dai vari Stati, Italia in testa, appare un contrasto efficace e coordinato? No, l’Europa sta operando in totale autogestione sovrana. Qualcuno chiude come l’Austria, qualcuno azzarda come la Germania, altri se ne fregano come la Slovenia, pur avendo un tasso di contagi di oltre il 50% sui tamponi. D’altronde, Natale significa consumi.

Regali, spesa per le cene e i pranzi, sciate in montagna o viaggi al caldo per chi può permetterselo. Insomma, Pil. In Italia, paradossalmente, significa ancora di più: la ridefinizione degli equilibri politico-istituzionali con un’opinione pubblica ammansita e tranquillizzata dalle misure-poster appena prese e comunicate, debitamente spaventata H24 da media ansiogeni e unidirezionali nella narrativa e soprattutto distratta dalle festività. Il Natale da salvare, insomma.

Nel frattempo, dietro a TIM sta consumandosi una battaglia campale e silenziosa. Ovviamente, mentre la Consob dorme il solito sonno dei giusti, a fronte dell’altalena del titolo in Borsa che sta facendo la gioie di speculatori e, temo, insiders. Sospenderlo in attesa di chiarimenti, appare troppo cinese come provvedimento? Facciamo come con Alitalia, un pump’n’dump di mesi e mesi? Nel frattempo, al Quirinale si firma la cessione di quanto resta in cambio del sostegno della Francia in sede Bce per il nostro debito e la santa alleanza in nome della revisione del Patto di stabilità, cercando di silenziare del tutto gli ultimi falchi rimasti in Commissione. Perché signori, senza quella riforma strutturale nemmeno Draghi potrebbe fare nulla. Non a caso, dall’Europa è arrivato il primo richiamo a Roma: bellissima la Manovra, splendido il Pnrr, ma sulla riduzione del debito siete, come al solito, pressoché a zero. E sempre non a caso, un padre nobile degli eurobond e della mutualizzazione come il professor Alberto Quadrio Curzio in un’intervista di inizio settimana sull’Huffington Post auspicava un allungamento dei tempi per l’intero Recovery Plan e non solo per il Pepp. Occorre battere il ferro dell’uscita di scena di Jens Weidmann finché è caldo, insomma.

E poi l’ammutinamento in casa leghista sul tema green pass, destinato a trasformarsi in oro colato per Fratelli d’Italia. Tradotto, è in atto la demolizione controllata della leadership sovranista di governo, al fine di sostituirla con una dialogante e che potrebbe addirittura flirtare con il Ppe. Insomma, creazione di un ghetto di opposizione dura e sterile consenso dorato per Giorgia Meloni ma totale immunizzazione da derive di destra in sede di esecutivo. Almeno finché durerà, in attesa del cambio della guardia e del liberi tutti per il ritorno al voto. Sullo sfondo, il Covid. Ma molto, molto sfumato rispetto alle reali priorità in gioco.