L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

giovedì 6 gennaio 2022

Il governo come un ladruncolo sparisce nella notte

Mario Draghi, il retroscena: "Il governo non c'è più". Dopo il Cdm il premier sparisce: il segnale


06 gennaio 2022


Mario Draghi, il retroscena: "Il governo non c'è più". Dopo il Cdm il premier sparisce

"Salviamo vite e aziende". Mario Draghi spiega così il nuovo decreto contro il Covid, a cui il governo ha dato il via libera dopo un consiglio dei ministri particolarmente teso. Convocato a pochi giorni di distanza dall'ultimo, quindi discretamente "d'urgenza" vista l'esplosione dei contagi giornalieri, bollettino alla mano. Eppure le misure, con l'obbligo di vaccino e di Super Greenpass al lavoro per gli over 50, entrerebbero in vigore tra un mese, il 15 febbraio. Serve il tempo per far adeguare i no vax riottosi, è la difesa d'ufficio. Ma l'argomento è utilizzato strumentalmente (ma non senza fondamento) da chi vuole sottolineare come di fatto il premier non sia più SuperMario. E come anzi sia ormai "ingessato" dalle lotte feroci tra i partiti della sua maggioranza, con l'ombra ormai incombente del Quirinale. La precisazione arrivata all'ora di pranzo ("Le misure sull'obbligo vaccinale entreranno in vigore da subito", ha chiarito Andrea Costa, sottosegretario alla Salute) ha sgombrato il campo dalle polemiche specifiche, ma non ha cancellato il ragionamento di fondo.

Molti retroscena parlano di "un pericoloso tiro alla fune", con Draghi in mezzo a cercare di mediare tra posizioni lontanissime. Il Pd voleva l'obbligo vaccinale generale, la Lega si è opposta soprattutto sul Super Green pass al lavoro, i 5 Stelle si sono divisi, come al solito. La mediazione, alla fine, c'è stata e lascia tutti un po' soddisfatti e un po' no. Ma la sensazione, per dirla con la durissima prima pagina del Fatto quotidiano, è quella di uno stallo.

"Il governo non c'è più", urla Marco Travaglio, riecheggiando il retroscena (poi smentito) di Repubblica di mercoledì, che riferiva di un Giancarlo Giorgetti stanco di questa maggioranza. Il ministro dello Sviluppo leghista ha poi disertato cabina di regia e CdM (per motivi familiari) ma alla luce della guerra tra il Carroccio da un lato (insieme a parte dei 5 stelle) e di Pd e Speranza dall'altro, lo sfilacciamento di questa coalizione di unità nazionale forse attende solo il colpo di grazia del Colle. E anche il fatto che subito dopo il vertice non ci sia stata una conferenza stampa ufficiale e che a metterci la faccia più di tutti fuori da Palazzo Chigi sia stato il ministro della Salute, con il premier assente, la dice lunga.

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