L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

lunedì 29 agosto 2022

Dovunque intervengono gli Stati Uniti/Nato lasciano caos&terrore. Sono intervenuti in Libia, chissà chi dovevano difendere

La Libia rischia di tornare ad esplodere
29 agosto 2022


Si torna a combattere a Tripoli dopo la battaglia del 2019 conclusasi con il fallimento del tentativo dell’eercito Nazionale Libico del generale Khalifa Haftar di conquistare la capitale libica.

Il 27 agosto si sono affrontate le milizie affiliate al Governo di Unità Nazionale libico (GUN), guidato da Abdulhamid Dabaiba(nella foto sotto), e quelle vicine al premier designato del Governo di Stabilità Nazionale (GSN), Fathi Bashagha.

Dopo circa 24 ore di combattimenti, Tripoli è tornata ieri stabilmente sotto il controllo delle forze affiliate a Dabaiba composte dalla Forza Rada, guidata da Abdel Raouf Kara, dalla Brigata 444 guidata da Mahmoud Hamza; e dalla Forza di sostegno alla stabilizzazione, guidata da Abdel Ghani al Kikli.


Le milizie vicine a Bashagha, incentrate sulla Brigata 777 e il Battaglione 92 guidati da Haitham al Tajouri, si sono ritirate dopo una serie di scontri che secondo il ministero della Sanità hanno provocato 32 morti (tra i quali 17 civili) e 159 feriti.

Come riferisce l’agenzia di stampa Nova, tutte le forze fedeli a Bashagha (nella foto sotto) hanno dovuto ripiegare: la Brigata Al Nawasi ha perso anche tutte le sue postazioni all’interno di Tripoli e il comandante della Brigata, Mustafa Kaddour, sarebbe fuggito via mare. A ovest di Tripoli le brigate Al Dhawi e Abu Zariba si sono ritirate. Sul fronte orientale, le forze della Brigata 217, guidata da Salem Juha, non hanno potuto entrare a Tripoli, bloccate dalle forze di Dabaiba.

Per Bashagha si tratta dell’ennesimo fallimento di prendere Tripoli e dare un solo governo alla Libia. A maggio un tentativo di insediare il suo governo a Tripoli aveva innescato scontri che si conclusero con il suo ritiro dalla capitale. Dabaiba ha accusato il rivale di avere innescato le violenze a Tripoli dopo avere rifiutato colloqui di pace per tenere nuove elezioni alla fine di quest’anno.


La battaglia per Tripoli, anche se breve, rischia di riportare la Libia a una condizione di conflitto aperto, situazione particolarmente sgradita per l’Italia che già deve fare i conti con il nuovo boom dei flussi di immigrati illegali dalle coste della sua ex colonia (che si aggiungono a flussi altrettanto in crescita da Tunisia e Turchia). Meglio poi non dimenticare che sui flussi dalla Libia, questa volta di gas, l’Italia punta in modo particolare per compensare il taglio delle forniture dalla Russia: un tracollo anche di questa fonte di approvvigionamento aggraverebbe i già drammatici effetti della crisi energetica in Italia ed Europa.

Ciò nonostante da tempo il quasi totale disinteresse di Roma per quanto avviene a Tripoli sembra confermare che l’Italia sembra aver perso ogni influenza sulla Libia.


Il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica /Copasir) nella relazione approvata il 19 agosto aveva segnalato una “permanente conflittualità” sottolineando che “l’impegno della Russia in Libia rimane molto intenso, in forza della presenza delle milizie del Gruppo Wagner nella Cirenaica controllata dal generale Haftar”.

La crisi determinata dagli scontri delle ultime ore potrebbe rafforzare ulteriormente Haftar (e di certo rafforza “i signori della guerra” di Tripoli schierati con Dabaiba) ma probabilmente l’enfasi posta a Roma e in Europa sul ruolo di Mosca è legato soprattutto al contesto generale determinato dal conflitto in Ucraina ma sembra trascurare il fatto che le tensioni in Libia dipendono in questa fase forse più da rivalità interne che dal ruolo delle potenze che esercitano maggiore influenza sulla nostra ex colonia (Turchia, Russia, Egitto ed Emirati Arabi Uniti).

Foto Libya Express, Libya Herald e Libya Observer

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