L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

domenica 21 agosto 2022

Piazza affari perde pezzi, il declino dell'Italia è inarrestabile grazie al VOSTRO Mario Draghi

Anche Diego Della Valle fa le scarpe a Piazza Affari, la crisi di Milano si fa pesante
Diego Della Valle punta a comprarsi tutta Tod's per ritirare il titolo da Piazza Affari (delisting). E' il secondo caso in pochi giorni.
di Giuseppe Timpone, pubblicato il 04 Agosto 2022 alle ore 06:34



Sono passati pochi giorni da quando la famiglia Agnelli ha annunciato l’addio a Piazza Affari, spostando la quotazione di Exor da Milano ad Amsterdam. La holding è già da anni società di diritto olandese, tra poche settimane le sue azioni saranno negoziabili solamente in Olanda. Un altro brutto colpo a Borsa Italiana lo ha dato ieri Diego Della Valle con il lancio dell’OPA sul 25,55% del capitale di Tod’s non posseduto direttamente o in concerto con Lvhm. Offre 40 euro per ciascuna azione portata in adesione. Il 2 agosto il titolo chiudeva a 33,42 euro, per cui l’offerta incorpora un premio del 19,7% sulla quotazione vigente al termine della seduta precedente all’annuncio.

Anche Della Valle saluta Milano

Diego Della Valle dovrà sborsare fino a un massimo di 338,149 milioni di euro nel caso in cui aderissero tutti gli azionisti di minoranza. L’obiettivo dell’imprenditore è di valorizzare i marchi del gruppo (Tod’s, Roger Vivier, Hogan e Fay) e per farlo ritiene che si renda necessario effettuare il delisting, cioè il ritiro della quotazione da Piazza Affari. Secondo l’azionista di riferimento, infatti, tale opera di valorizzazione sarebbe poco compatibile con il mantenimento della struttura societaria attuale. A suo dire, meglio che non fosse quotata, perché altrimenti sarebbe necessario continuare a rendere conto periodicamente dei risultati agli azionisti.

Le azioni Tod’s erano schizzate a 63,85 euro nel giugno dello scorso anno, quando Della Valle cooptò l’influencer Chiara Ferragni nel consiglio di amministrazione. Da allora, la quotazione si era dimezzata prima dell’offerta, ragione per cui oggi la famiglia marchigiana può impossessarsi della totalità del capitale a forte sconto rispetto al suo valore potenziale.

Sarà stata anche questa la ragione che ha indotto Della Valle, in concerto con il socio francese Lvhm, a lanciare l’OPA.

Piazza Affari perde pezzi e valore

Fatto sta che Piazza Affari perde un altro gioiello, il secondo in appena una settimana. In termini di capitalizzazione, la perdita appare risibile. Prima dell’OPA, la società in borsa valeva intorno a 1,1 miliardi. Poca roba. Ma il nome Tod’s ha un valore che va oltre la capitalizzazione stretta. E’ un marchio del lusso, rappresentante del Made in Italy, che se la dà a gambe dal mercato borsistico italiano. Certo, non saremmo dinnanzi al trasferimento della quotazione in un’altra borsa. A meno che l’accordo di prelazione a favore del socio francese nel caso di cessione futura non sia prodromico a un trasferimento del controllo a Parigi, dove magari avverrebbe pure la quotazione in borsa. Rimane il fatto che, anziché attirare nuove società, Milano perda pezzi. Chi dopo la Brexit cianciava di una sua capacità attrattiva, con ogni probabilità non sapeva di cosa parlasse.

Ai valori attuali, Piazza Affari capitalizza meno di un terzo del PIL. E con l’addio di Exor e Tod’s, la situazione peggiorerà. La sola cassaforte degli Agnelli sfiorava ieri i 16 miliardi di euro di capitalizzazione. La marginalità di Milano è nei dati: incide per appena mezzo punto percentuale rispetto al valore complessivo delle borse mondiali. Era sopra il 2,20% nel 2005. E’ vero che il numero delle società quotate al 31 marzo scorso era salito a 410, ma si tratta di ingressi di scarso peso, mentre gli addii sono di quelli che fanno male.

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